Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Blood Red - L'ombra del vampiro (eLit): eLit
Blood Red - L'ombra del vampiro (eLit): eLit
Blood Red - L'ombra del vampiro (eLit): eLit
E-book373 pagine5 ore

Blood Red - L'ombra del vampiro (eLit): eLit

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Quando la polizia rinviene il cadavere di una donna senza testa, Mark, cacciatore di vampiri, capisce che l'ora della resa dei conti con il suo mortale nemico Stephen è vicina. La sua convinzione si rafforza quando conosce Lauren Crow, ma lei, nonostante l'attrazione che vibra tra loro, non gli crede. Come convincerla che i suoi non sono soltanto i vaneggiamenti di un folle?



I volumi della serie:

1)Blood red - L'ombra del vampiro

2)Blood night - Ombre su New Orleans
LinguaItaliano
Data di uscita30 dic 2016
ISBN9788858964156
Blood Red - L'ombra del vampiro (eLit): eLit
Autore

Heather Graham

New York Times and USA Today bestselling author Heather Graham has written more than a hundred novels. She's a winner of the RWA's Lifetime Achievement Award, and the Thriller Writers' Silver Bullet. She is an active member of International Thriller Writers and Mystery Writers of America. For more information, check out her websites: TheOriginalHeatherGraham.com, eHeatherGraham.com, and HeatherGraham.tv. You can also find Heather on Facebook.

Autori correlati

Correlato a Blood Red - L'ombra del vampiro (eLit)

Ebook correlati

Narrativa romantica paranormale per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Blood Red - L'ombra del vampiro (eLit)

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Blood Red - L'ombra del vampiro (eLit) - Heather Graham

    successivo.

    Prologo

    Non si era mai vista una sposa più bella né un matrimonio più perfetto. Perfino il tempo si era inchinato all'occasione e una leggera brezza rinfrescava l'aria. La serata non era né troppo calda né troppo fredda e il momento era stato scelto con cura: a occidente, il sole stava calando oltre l'orizzonte. La sposa aveva sempre desiderato sposarsi in un castello, e avevano trovato un'antica cattedrale appollaiata su una collina, all'interno di una vecchia città fortificata.

    Lo sposo faceva del suo meglio per apparire in tutto e per tutto il principe azzurro delle favole. Aveva sempre cercato di vivere seguendo un proprio codice morale, che gli imponeva di rispettare gli altri esseri umani. Non si piegava facilmente ai desideri altrui, ma aveva imparato l'importanza del compromesso e della compassione. Sapeva di poter commettere degli errori ed era pronto ad ammetterlo. Poteva dire onestamente di essere pronto a combattere per i poveri e gli oppressi e aveva affrontato abbastanza battaglie da rendersi conto dei molti errori che venivano commessi intorno a lui. Soprattutto, mentre si preparava a prendere in moglie la bellissima sposa, poteva dire di amarla teneramente, più della vita stessa.

    Ecco perché si sposava.

    Era pronto a darle qualsiasi cosa desiderasse: un castello sperduto in un paese a lui sconosciuto, un'elegante carrozza trainata da muli o qualsiasi altra cosa potesse rendere ancor più perfette le nozze da favola che lei sognava. Era stata una fortuna che le cose avessero improvvisamente iniziato a girare a suo favore: per molti anni aveva lavorato duramente per coltivare quello che si augurava fosse autentico talento, e all'improvviso si era ritrovato ricco, quasi dalla sera alla mattina. Anche se la sposa era originaria del paese in cui si trovavano per le nozze, l'aveva conosciuta negli Stati Uniti. Lei l'aveva sentito suonare la chitarra; lui aveva sollevato il capo... ed era stato amore a prima vista. Dal momento che molti dei loro amici più stretti avevano ancora delle difficoltà finanziarie, i due sposi erano riusciti con molto tatto – o almeno così speravano – a regalare il viaggio agli amici che non potevano affrontarlo, procurando loro una gradita tregua dalle difficoltà quotidiane insieme al piacere di assistere alle nozze.

    Una sontuosa passatoia percorreva l'intera lunghezza della navata centrale. Lo sposo, elegante nel suo smoking nero, aspettava accanto ai due testimoni. Quando l'organo attaccò la marcia nuziale e il prete si schiarì la voce, tutti si voltarono verso l'ingresso della chiesa in attesa di veder comparire la sposa e il suo seguito.

    La prima a entrare fu un'adorabile ragazzina che spargeva tutt'intorno petali di fiori, concentrata sull'importante compito che le era stato affidato. Seguivano le damigelle, deliziose nei loro abiti color argento con rifiniture nere.

    E infine giunse la sposa...

    Era incantevole. I capelli, lunghi e luminosi come oro rosso, le ricadevano sulle spalle, incorniciando il viso come un'aureola. Indossava un abito moderno con suggestioni in stile rinascimentale e lo sposo rimase senza fiato nel vederla. Sotto il velo le brillavano gli occhi, lucidi di commozione. Le sorrise, e sentì il cuore battere più forte.

    Lei avanzò con grazia lungo la navata.

    Poi...

    Una goccia di sangue apparve sul suo vestito, un puntino rosso sul cuore che si allargò rapidamente fino a coprire il seno... l'intero corpetto...

    La sposa si fermò.

    Lo fissò.

    Sul suo volto comparve un'espressione d'orrore. I suoi occhi lo guardarono imploranti.

    Si lanciò verso di lei, ma non riuscì a raggiungerla. Sentì un rombo assordante, come una tempesta, un assedio, una corsa precipitosa...

    Poi il sangue si riversò verso di lui come un'onda di marea. Come se un fiume cremisi fosse esploso, rompendo gli argini e riversandosi lungo una collina...

    Batté le palpebre.

    Vide il suo viso, i suoi occhi che imploravano aiuto.

    Poi il sangue fu dappertutto, invase la navata e i muri coperti di licheni della cattedrale e salì, salì.

    Stava affogando nel sangue.

    Si sentiva soffocare.

    Molto lontano da quelle montagne remote, un uomo si svegliò da un incubo con un grido rauco e scattò a sedere. Il sogno era stato così vivido, i dettagli così realistici che per un istante credette davvero di essere coperto di sangue. Stava tossendo come se nel sonno avesse lottato per respirare.

    Scostò le lenzuola madide di sudore, si alzò e andò alla portafinestra che dava sul balcone, spalancandola. La realtà irruppe nella stanza accompagnata dal profumo delle magnolie in fiore.

    Non finirà mai? Quest'incubo non finirà mai di perseguitarmi?

    Era la fine della primavera, l'inizio dell'estate. Di giorno faceva caldo ma di notte una piacevole brezza fresca accarezzava la pelle come una mano gentile.

    Guardò il cielo. Le nuvole velavano la luna tingendola di un colore sinistro.

    Strinse i denti, sul viso un'espressione rigida e determinata.

    Sembrava tutto come allora...

    Come il giorno di quelle nozze di sangue.

    1

    Mark Davidson osservava una coppia seduta al bar, uguale a tutte le coppie in qualunque locale.

    L'uomo si sporgeva verso la donna, una ragazza graziosa, con un top attillato che lasciava scoperto l'ombelico e una gonna corta che attirava lunghi sguardi sulle gambe ancora più lunghe. Batteva le ciglia di tanto in tanto, chinando il capo e sorridendo timidamente, quasi con aria dispiaciuta, al tipo alto e scuro di fianco a lei. Nonostante l'apparente disinvoltura con cui rispondeva al suo atteggiamento provocante, c'era in quell'uomo una certa tensione, un'energia trattenuta che faceva pensare – quanto meno a Mark – che ci fosse qualcosa che non andava.

    I due ridevano insieme, flirtando. Il linguaggio del corpo diceva che lei era in cerca di avventure quella sera; e lui era senza dubbio entrato in azione.

    «Un altro drink, signore?» La voce della cameriera, una donna attraente ma più matura, con grandi occhi e una bella figura, attirò momentaneamente la sua attenzione. Era gentile ma anche stanca, pensò. Forse gli ultimi anni non erano stati facili per lei.

    «Ehm...» Non sapeva perché gliel'avesse chiesto, visto che aveva appena toccato la birra che aveva ordinato. Del resto il locale doveva guadagnare, quindi forse il suo era un velato suggerimento.

    «Scusi, immagino che la risposta sia no» disse la donna con un lieve sospiro. Dal marcato accento del sud, Mark ebbe la sensazione che fosse originaria del posto. Non che a New Orleans abitassero solo nativi. Era il tipo di città di cui le persone si innamorano, come se avesse una personalità tutta sua. I più, in effetti, arrivavano presto a odiare la sua atmosfera spensierata e Mark stesso doveva ammettere che il vomito nelle strade dopo un Mardi Gras particolarmente scatenato non era esattamente un'attrattiva. Ma a lui non importava. Amava New Orleans, con le sue stradine strette, i vecchi edifici e il crogiuolo di culture. Amava tutto di quella città.

    Tutto tranne...

    Si rese conto che la cameriera gli bloccava la visuale. Aveva scelto un tavolino in fondo al locale, un po' in ombra, lontano dalla jazz-band che suonava all'estremità sinistra del bancone, accanto all'ingresso. I musicisti erano bravi; Mark sarebbe andato volentieri nel locale anche solo per sentirli. Era una delle cose che amava di più di New Orleans; si poteva ascoltare buona musica, tra le migliori al mondo, e spesso bastava camminare lungo le strade. Giovani e promettenti talenti iniziavano spesso la loro carriera suonando in Jackson Square o all'angolo di una strada qualsiasi, esibendosi nella speranza che i passanti gettassero qualche dollaro nella custodia di una chitarra o in un cappello.

    C'erano così tante cose da amare a New Orleans.

    Come tutte le volte che era andato lì con Katie...

    No.

    Mandò giù un lungo sorso di birra ormai tiepida e strinse i denti. Non era lì per percorrere il viale dei ricordi.

    «Ma sì, dai, un'altra birra. Fredda, per favore» disse, cercando di sbirciare oltre la cameriera. Ma quando lei si spostò, si accorse che la coppia se n'era già andata.

    Scattò in piedi e frugò in tasca alla ricerca di una banconota che tese alla cameriera. «Non importa, ho cambiato idea» disse, dirigendosi verso l'uscita.

    «Signore, il resto» protestò la donna, fissando il biglietto da cinquanta dollari.

    «Lo tenga pure» mormorò lui, lo sguardo già fisso sulla porta che dava sulla strada.

    Fuori il mondo era luminoso, animato dai neon, dalle risate e dai ritmi di jazz e rock che si riversavano nell'aria umida dai bar e dai locali allineati lungo la strada. Insegne luminose reclamizzavano ogni tipo di drink e di divertimento; vecchi edifici sembravano scrutare la fiumana di gente con un'eleganza ammaliante, anche se un po' decrepita, nonostante la pubblicità che li ricopriva.

    Donne e uomini, in gruppo, in coppia o da soli, passeggiavano; alcuni erano un po' alticci, e barcollavano urtando gli altri passanti, altri camminavano di buon passo.

    Mark imprecò tra sé perché non riusciva a localizzare la coppia del bar.

    Dove diavolo avrebbe portato la ragazza? Non era costretto a scegliere il buio di un cimitero per commettere un omicidio; avrebbe potuto affittare una stanza ovunque. Maledizione, poteva anche essere una casa di proprietà. Ma dove? Da solo poteva muoversi veloce come il vento, tuttavia aveva la donna con sé, che lo rallentava.

    «Signore?»

    Si voltò. La cameriera l'aveva seguito.

    «Le ho detto di tenere il resto» disse in tono gentile.

    Lei gli sorrise. «Il barista ha detto che la coppia che stava tenendo d'occhio è andata a sinistra. Il tizio l'ha convinta a fare una visita notturna al cimitero.» Si strinse nelle spalle, lanciandogli un'occhiata dolce e riconoscente. «Ci sono un sacco di idioti che per rimorchiare una donna la convincono a entrare nei cimiteri di notte. Un posto pericoloso. Ci bazzicano trafficanti di droga e peggio. Stia attento.»

    «Grazie» rispose lui. «Molte grazie.»

    Sapendo in che direzione dirigersi, si mise a correre lungo la strada. Figurarsi se aveva optato per una stanza d'albergo o per il cortile di un grazioso Bed&Breakfast.

    Mentre correva, tastò la tasca dei pantaloni di tela, controllando che la fiala fosse ancora lì. Aveva anche un'arma tradizionale, ma sapeva che non gli sarebbe servita a molto, visto con chi aveva a che fare.

    Raggiunse il cimitero. Di notte era vietato entrare, ma non fu difficile scalare l'inferriata. Mentre atterrava con un tonfo sordo dalla parte opposta udì la risata. I due si trovavano in mezzo a un campo, dietro la lapide in marmo e stucco di una tomba, con i suoi angeli tristi e i cherubini in preghiera.

    «Oh, questo sì che è decadente. Mette i brividi e ha qualcosa di eccitante» disse una voce femminile.

    «Sì, lo so.»

    «Vuoi... farlo qui? Proprio qui?» mormorò la donna. Sembrava esitante. Ora che si trovava nel cimitero, forse si sentiva un po' turbata da quella mancanza di rispetto per la morte. O forse era solo la paura di essere scoperti da un poliziotto.

    «Dimmelo tu» rispose l'uomo. «Vuoi sentire le mie labbra sulla pelle?»

    La ragazza emise un suono che Mark non riuscì a identificare. Serrò la mascella, cercando di controllare il dolore e la collera che gli montavano dentro. Non poteva biasimare la ragazza. Era possibile che fosse stata ipnotizzata.

    «Io... sì» mormorò lei.

    Mark si avvicinò strisciando ai due. Eccoli.

    L'uomo si era sfilato la camicia. La ragazza era distesa su una delle tombe e il suo addome nudo risplendeva alla luce della luna. L'uomo si chinò su di lei e fece scorrere una mano per tutta la lunghezza delle gambe, sfiorandole con le labbra la pelle intorno all'ombelico.

    «Ti prego, aspetta!» C'era una nota di paura nella voce della donna, adesso.

    «Troppo tardi.»

    «No. No!»

    «Sei molto bella... ci saremmo potuti divertire un po', prima. Ti avrei fatto provare un piacere inimmaginabile. Peccato che stanotte... be', sono davvero affamato. Temo di essere a digiuno da troppo tempo.»

    Lei cercò di protestare con voce strozzata. Aveva appena capito che stava per morire, Mark lo sapeva, e cercava disperatamente di gridare, ma il terrore, dolce come zucchero nel sangue, incominciava a paralizzarla e lei non riusciva a dar voce all'agonia che le bloccava la gola.

    Ora!

    Mark fece un respiro profondo, tendendo i muscoli. Se non avesse agito subito, la donna sarebbe potuta morire da un istante all'altro. Infilò la mano in tasca e spiccò un balzo.

    Era in perfetta forma: dopo aver prestato servizio nei Marines, aveva fatto il buttafuori per anni mentre cercava un produttore interessato alla sua musica. Ma per quanto veloce fosse stato, l'uomo avvertì la sua presenza. Mark udì il suo ringhio rabbioso prima che si girasse verso di lui per affrontarlo, il viso distorto da un'orribile maschera di furore. Vide la bocca spalancata, i denti acuminati scintillare nel buio. Stranamente avevano un affascinante bagliore opalescente.

    Imprecò tra sé a bassa voce. Non era lo stesso individuo cui dava la caccia con ostinata determinazione da tempo immemorabile. Era un altro, senza dubbio altrettanto malvagio.

    Avvertì un tuffo al cuore. Eppure...

    Quella creatura stava per uccidere. Non doveva dimenticare la giustizia; doveva porla al di sopra della vendetta. Non poteva permettersi di abbassare la guardia né di esitare un solo istante.

    Prima che potesse raggiungerlo, però, l'uomo scoppiò a ridere. «Hai intenzione di spararmi?» chiese.

    «Per l'inferno, no» gli assicurò Mark. La fiala era piena e già aperta. La scagliò mirando al viso e agli occhi dell'avversario.

    Quando l'acqua benedetta gli bagnò il viso, la creatura lanciò un raccapricciante grido di rabbia e stupore. Ci fu un rapido fluttuare di ombra e buio, un debole frullare d'ali, prima che fuggisse e si schiantasse su una lapide.

    Mark lo seguì. Tirò fuori dalla tasca il piolo di legno dalla punta aguzza che portava sempre con sé e lo conficcò nel petto della creatura della notte che giaceva accanto alla tomba.

    La notte fu illuminata per un istante da un'esplosione di colori, poi si alzò una nube di polvere, rossa del sangue di molte vite.

    Il frullare d'ali cessò. Per un istante accanto alla tomba si vide l'essenza annerita di un uomo... poi più nulla. Polvere e cenere. Polvere alla polvere.

    Mark si rialzò senza distogliere lo sguardo da quel punto. Poi tutto a un tratto iniziò a tremare e si ritrovò in un bagno di sudore freddo.

    Improvvisamente la ragazza gridò e quel suono lo riportò alla realtà. Si voltò. Lo stava fissando con occhi colmi di terrore, il trucco che le colava sul viso insieme alle lacrime, in palese stato di shock.

    «Zitta» le disse in tono fermo ma non scortese.

    «Era un... un vampiro!» La ragazza batté le palpebre, incapace di credere alle sue stesse parole.

    «Sì.»

    «L'hai ucciso!» ansimò. «Ma era... reale.» Scosse il capo. «È... impossibile.»

    «Temo di no.»

    La ragazza vacillò. Tremava come se avesse la febbre alta. «Era... era davvero un vampiro?»

    Mark poteva sentire le sirene della polizia che si avvicinavano. Qualcuno doveva aver udito le grida. «Sì» ammise. Anche se non era quello cui davo la caccia, aggiunse tra sé.

    «Io... non... non posso crederci.»

    «Dobbiamo andarcene di qui. Sta arrivando la polizia.»

    «Non dovremmo aspettare e riferire... ehm... spiegare cos'è successo?»

    Lui inarcò un sopracciglio. «Vorresti raccontare ai poliziotti quello che è successo qui?»

    Lo fissò, senza smettere di tremare. «Sì, ma... No, non è vero... non può essere reale...»

    «È reale» le assicurò. Si sforzò di essere paziente, ma non c'era tempo da perdere. Sospirò. «Non ti crederebbero comunque. Dobbiamo andarcene di qui.»

    Lei aprì e richiuse la bocca, cercando di formulare le parole. «Puoi aiutarmi a scavalcare il muro, per favore?»

    «Certamente. Da questa parte.»

    Anche lui poteva muoversi veloce come il vento – da giovane aveva giocato nella squadra di football del college – ma la donna era ancora così stordita che gli sembrava di trascinare un peso morto. Dovette sollecitarla perché si aiutasse mentre la spingeva oltre il muro, poi scavalcò anche lui e la portò in salvo sul marciapiede.

    Una volta posati i piedi a terra, lei lo guardò scuotendo il capo. «Era davvero un vampiro?»

    «Sì.»

    «No» negò, ostinata. «Sì» capitolò infine.

    Avrebbe avuto bisogno di supporto psicologico, pensò Mark. In dosi massicce.

    «Tu... mi hai salvato la vita. Io... io... oh, Dio, ti devo...»

    «Dobbiamo andarcene di qui tutti e due. Penseranno che siamo ladri, drogati o qualcosa del genere» disse in tono neutro.

    «Sì, ma... io devo... devo ringraziarti in qualche modo.» I suoi occhi erano enormi, spaventati; non aveva intenzione di flirtare con lui, era soltanto riconoscente e incerta sul da farsi.

    Poi raddrizzò la schiena, ancora incapace di credere a ciò che era successo ma decisa a mantenere almeno una parvenza di dignità.

    «Mi hai salvato la vita. Sono in debito con te.»

    Le auto della polizia si stavano avvicinando ai cancelli.

    «Vuoi davvero fare una cosa per me?» le chiese Mark. «Sii più prudente. Non andare in giro per cimiteri con il primo idiota che incontri in un bar, okay?» La prese per mano. «Andiamo.»

    Corse, trascinandola con sé lungo Canal Street e per tutta la strada fino al casinò dell'Harrah's Hotel.

    «Non so nemmeno come ti chiami» mormorò lei.

    «Meglio così» le rispose con gentilezza. «Entra. Telefona a qualcuno e fatti venire a prendere. Vai a casa.»

    Le voltò le spalle e se ne andò, improvvisamente esausto e più deluso di quanto fosse disposto ad ammettere.

    Era convinto di essere sulle tracce di... qualcuno.

    Invece si era sbagliato, semplice.

    Imprecò tra sé.

    Dannazione, c'erano una quantità di creature disgustose che se andavano in giro per il mondo in cerca di preda.

    Mentre tornava all'albergo, stanco e deluso, gli venne in mente che anche l'uomo poteva essere considerato un predatore... anche prima che fosse contaminato dalla malvagità assoluta.

    Si fermò e guardò il cielo nuvoloso. Quella notte aveva ucciso un succhiasangue assassino.

    Ed era solo l'inizio.

    2

    «Sto venendo a prenderti. Sarai mia, in un mondo di sangue, tenebra e morte» mormorò con voce cupa Deanna Marin.

    «Oh, per l'amor del cielo, smettila» la implorò Lauren Crow.

    «Sul serio. Forse apriremo una porta su un altro mondo e i demoni ne usciranno per portare tenebre e malvagità sulla terra» rincarò la dose Heidi Weiss, ridendo, senza riuscire a parlare con il tono basso e minaccioso di Deanna.

    Entrambe guardavano con un sorriso divertito l'amica seduta all'altro capo del tavolo all'aperto. Stavano sorseggiando un drink preso in uno dei tanti bar di Jackson Square, anche se Lauren non riusciva a ricordare quale. Il bicchiere di Deanna aveva la forma di un contenitore di materiale radioattivo e quello di Heidi era sagomato come un uomo nudo, completo di glutei e pettorali scolpiti. Forse per effetto dell'alcol e dell'atmosfera di New Orleans combinati, improvvisamente le due amiche non vedevano l'ora di far visita a una delle numerose veggenti che tenevano banco nei dintorni di Jackson Square, munite di Tarocchi e sfere di cristallo.

    Lauren era felice di essere lì: New Orleans era uno dei posti che amava di più al mondo. Pochi luoghi offrivano una tale ricchezza artistica, fatta non solo di stimoli visivi ma anche della storia della città e della vitalità delle persone che si respirava per le strade.

    Eppure quella sera...

    Forse era colpa dell'unico drink che aveva bevuto, ma anziché sentirsi allegra e spensierata, aveva l'impressione di essere oppressa da una bizzarra sensazione di angoscia e timore.

    «Lauren, si può sapere che cosa ti prende?» le chiese Heidi. «È solo per divertirsi.»

    Semplicemente non le andava l'idea. Non sapeva perché – non era particolarmente superstiziosa – ma non voleva farsi leggere le carte né tanto meno lasciare che qualcuno vedesse il suo futuro in una sfera di cristallo o le propinasse altri tipi di consigli astrali o soprannaturali. La vita, secondo lei, era già abbastanza difficile senza doversi preoccupare in anticipo di tutte le cose brutte che potrebbero accadere.

    Ma detestava l'idea di fare la guastafeste mentre si trovavano a New Orleans per festeggiare l'addio al nubilato di Heidi, programmato da tempo. Dato che lavoravano insieme nello studio grafico che avevano aperto dopo il college, non era stato facile organizzarsi in modo da potersi assentare tutte insieme.

    Era la festa di Heidi, e lei si era ripromessa di fare del proprio meglio perché tutto andasse esattamente come l'amica desiderava. Tuttavia, quel desiderio di giocare con l'occulto era una novità che la faceva sentire a disagio.

    «Hai detto che questo fine settimana avresti fatto qualsiasi cosa pur di rendermi felice. Ricorda che sei la mia damigella, quindi è come se fossi mia schiava» scherzò Heidi.

    «Perché sei così contraria?» volle sapere Deanna.

    Lauren non era in grado di addurre una motivazione convincente e si rendeva conto che era una sciocchezza sentirsi così, ma non voleva sapere nulla del proprio futuro.

    «Puoi scegliere tu da chi andare. Che ne dici?» propose Heidi.

    «Pensavo solo...»

    «Non avrai paura di qualche effetto drammatico o di qualche messinscena spettrale» incalzò Deanna.

    «Non ho paura» protestò Lauren ma nel momento stesso in cui lo negava, si rese conto che era proprio così. Aveva paura.

    «Dai, rifletti» aggiunse Deanna. «La maggior parte dei medium di New Orleans sono ragazzi del college che cercano di raggranellare qualche soldo. Pensa a tutte le volte che siamo venute qui con i nostri album da disegno e quanto avevamo bisogno che la gente comprasse i nostri schizzi.»

    «Credo che tu trascuri il punto essenziale» intervenne Heidi. «Te l'ho già detto, si suppone che tu sia la mia schiava, ricordi?»

    «Sì, sì, sì» borbottò Lauren. «E va bene. In questo caso, credo che dovremmo rivolgerci a una specie di sacerdotessa voodoo. Siamo a New Orleans, dopotutto.»

    «Perché, tu conosci un'autentica sacerdotessa voodoo?» domandò Heidi.

    Suo malgrado, la risposta le strappò un sorriso. Heidi Weiss aveva occhi color cobalto, capelli biondo platino e un sorriso che invitava al buonumore che ti sentissi allegro o meno. In quel momento il sorriso era leggermente asimmetrico, ma nessuna di loro aveva bevuto al punto di essere brilla, solo quel tanto da non pensare ai problemi.

    «Possiamo fare due passi e guardarci in giro» suggerì.

    Deanna decise di prendere il comando della situazione. Esteriormente era l'opposto di Heidi, con occhi a mandorla scuri e capelli lisci, neri con riflessi quasi blu. «Ci sono. Per cominciare faremo il giro della piazza. Poi, se non vediamo nessuno che piaccia a Lauren, passeremo in rassegna l'intero Quartiere Francese.»

    Lauren si chiese se Deanna avesse davvero tanta energia o se pensava che si sarebbe decisa più in fretta davanti all'alternativa di un'interminabile camminata, dato che era già palesemente stanca. Erano arrivate quella mattina con un volo low cost da Los Angeles e da allora non si erano fermate un attimo. Lauren si sentiva sempre a casa a New Orleans, dato che veniva da Baton Rouge, ma Deanna era cresciuta a New York e Heidi era di Boston. Erano venute spesso lì da quando avevano fatto amicizia al college, ma né Heidi né Deanna conoscevano come lei tutti gli angoli nascosti della città. Per prima cosa erano andate al casinò, dopodiché Lauren le aveva guidate in un tour di tutti i negozietti del Quartiere Francese che non facevano parte di una grande catena. Ora era esausta e voleva solo farla finita al più presto con quella storia.

    «D'accordo: quella» disse, indicando una persona a caso.

    La donna che aveva scelto sedeva a un tavolino pieghevole, di fronte alla cattedrale. Sembrava più anziana di loro ma, oltre a questo era impossibile dire quanti anni avesse. Portava i capelli raccolti in una sciarpa e indossava una gonna e una camicetta bianche alla contadina. Il viso era notevole, con lineamenti marcati e la pelle di una bella sfumatura dorata che parlava di un'ascendenza multietnica. Parlava con voce grave a un uomo seduto di fronte a lei, indicando le carte dei Tarocchi che aveva disposto sul tavolo davanti a sé. Avrebbe potuto essere in una fiera rinascimentale anziché nel Quartiere Francese di New Orleans. Alle sue spalle c'era una piccola tenda rossa che non avrebbe stonato su un campo di battaglia medievale, al cui interno si intravedeva un tavolino coperto da un drappo su cui erano raffigurate la luna e le stelle. Sopra il tavolo era posata una sfera di cristallo.

    «Ha già un cliente» osservò Deanna.

    «Sono sicura che non ne avrà per molto» replicò Lauren, alzando le spalle. Non sapeva perché avesse scelto quella donna, ma adesso che l'aveva fatto, era decisa. A un tratto si rese conto che invece sapeva esattamente che cosa l'avesse indotta a indicare proprio lei: aveva un viso interessante, che le sarebbe piaciuto ritrarre.

    «Potremmo andare da Madame Zorba» scherzò Heidi, inclinando il capo verso una donna più giovane, a pochi passi di distanza.

    Lauren sorrise. Madame Zorba era senza alcun dubbio una studentessa del college.

    «Preferisco la donna laggiù» insistette.

    «C'è anche uno zingaro dall'aria affascinante poco più avanti» disse Heidi.

    «Sei già fidanzata» la prese in giro Deanna.

    «Sì, ma a te e a Lauren potrebbe fare comodo.»

    «Wow. Grazie.»

    «Proprio quello di cui ho bisogno, uno zingaro» commentò Lauren, continuando a sorridere. Dannazione, Heidi, sai bene che non sto cercando un ragazzo.

    «Non devi mica innamorarti; impacchettarlo e portartelo a casa, sai» ribatté Heidi. Poi aggiunse in tono più dolce: «Dovresti uscire con qualcuno. È già passato più di un anno».

    «Grazie del consiglio, mammina» mormorò Lauren. A un tratto si bloccò, scossa da un brivido improvviso, e sollevò lo sguardo. Il cielo si era rannuvolato e a un tratto l'aria si era fatta più fredda. Sembrava che la luna cercasse di fare capolino tra le nubi. Aggrottò la fronte. Strano. C'era un bagliore rossastro dove avrebbe dovuto esserci la luna. «Può darsi che domani piova» osservò.

    «Le previsioni dicevano che sarebbe stato bello per tutto il fine settimana» disse Deanna.

    Lauren si strinse nelle spalle. «Guarda il cielo.»

    «Bah... sarà lo smog.»

    «Non siamo

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1