Il senso della vita e i criceti: Il futuro che prepariamo alle nuove generazioni
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Anteprima del libro
Il senso della vita e i criceti - Carlo Boschetti
Carlo Boschetti
Il senso della vita e i criceti
Il futuro che prepariamo alle nuove generazioni
©
isbn
979 – 12 – 5994 – 122 – 0
prima edizione
roma 30 aprile 2021
Alla mia fantastica famiglia,
dai miei nonni fino alla quinta generazione
Anche dall’orgoglio salva il tuo servo
perché su di me non abbia potere
(Sal 18, 14)
Perché leggere questo libro¹
La filosofia della storia di Kant è dominata dall’idea che il progresso della specie umana consista nel pieno sviluppo delle facoltà naturali degli individui che la compongono e che il mezzo di cui la natura si serve per attuare questo sviluppo sia il loro antagonismo nella società². Obiettivo di questo lavoro è riflettere come nel sistema economico attuale un’applicazione non equilibrata dei concetti di antagonismo e di progresso esasperi la vita delle persone, e potrà farlo sempre più con quella delle giovani generazioni, all’interno di un contesto sociale la cui complessità si è fortemente accresciuta per la velocità con cui globalizzazione e sviluppo della tecnologia digitale stanno plasmando il modo di vivere. Nei secoli scorsi, la trasmissione e la rielaborazione di conoscenze ed esperienze tra le generazioni è stata una caratteristica dello sviluppo delle società³, ma la rapidità dei cambiamenti economici e tecnologici negli ultimi decenni ha generato disorientamento nelle vecchie generazioni che si trovano in difficoltà nell’aiutare quelle successive a sviluppare, oltre che strumenti utili, una mentalità adeguata a un mondo i cui contorni non sono ancora ben delineati.
Nel rapporto con le nuove generazioni, la mia responsabilità di docente di management è sicuramente quella di aiutare i giovani a formarsi capacità professionali necessarie per il mondo del lavoro, ma anche quella di stimolarli a inglobare tali capacità all’interno del loro progetto personale, della vision strategica che hanno della propria vita, coerentemente con i propri valori, per non considerarli solo input economici da inserire nel mondo del lavoro, criceti usati per far funzionare la ruota dell’economia.
I sette capitoli che seguiranno faranno emergere alcune riflessioni conclusive relative alle implicazioni che un’applicazione esasperata di alcuni presupposti dell’attuale modello economico può determinare sulla qualità della vita delle persone. Tra questi, la penalizzazione del pensiero a lungo termine a favore di risultati immediati, il prevalere della competizione a discapito della collaborazione, le conseguenti implicazioni sul vivere assieme e sulla dimensione sociale del progresso, le modalità di sviluppo della conoscenza, la progressiva perdita di libertà, fino a domandarsi se l’immutabilità di tale modello sia compatibile con la felicità delle persone.
Nel primo capitolo si è considerato cosa significhi per una persona avere una strategia della propria vita. Come nel pensiero strategico, avere chiara la propria vision consente all’impresa di capire dove indirizzare le proprie azioni nel lungo termine, così per l’essere umano è importante per vivere, non solo per sopravvivere, chiarire a sé stesso come vuole impiegare
la propria vita, il significato che le vuole dare, perché di conseguenza questo lo potrà aiutare ad orientarsi nelle innumerevoli scelte che affronterà.
Dato che il concetto di significato presentato (il Sinn di Frankl al quale farò riferimento) è collegato con la dimensione sociale, quindi con l’ambiente esterno in cui il giovane interagisce, il secondo capitolo è rivolto alla riflessione sul secolare problema del rapporto dell’individuo con la società in cui vive e interagisce. Si è cercato di comprendere perché nella specie umana, pur avendo raggiunto risultati superiori alle altre specie viventi grazie anche alla capacità di agire assieme in gruppi sempre più numerosi, oggi domini una visione essenzialmente individualista della vita.
Da quanto emerge nei primi due capitoli, il comportamento umano è guidato da un approccio individualistico, ma anche dalla ineluttabile necessità di collaborare con gli altri. Nel terzo capitolo si è quindi riflettuto sui principi dell’etica, che forniscono le basi per vivere insieme (al di là di esercitare potere o di soggiacervi osservati nel primo capitolo) quando si scelgono le azioni in vista dei propri fini in rapporto con quelli degli altri, facendo emergere la responsabilità verso sé stessi, verso l’altro e verso le istituzioni, come in Ricoeur. Il capitolo si chiude approfondendo questi aspetti in relazione all’attività d’impresa.
Alla luce di quanto emerso nei tre precedenti, nel quarto capitolo ci si è chiesti come il concetto economico della concorrenza, nato su presupposti giusti e vissuto oggi in modo esasperato, stia influenzando la qualità dell’esistenza delle persone, il loro modo di sviluppare conoscenze, fino alla loro stessa concezione della vita.
Mentre nel quarto ci si è chiesti se l’antagonismo esasperato contribuisca effettivamente allo sviluppo naturale delle persone, nel quinto capitolo la domanda si è basata invece sul modo in cui i diversi significati del concetto di progresso siano in grado di generare valore al genere umano, se quello sociale non sia stato troppo accantonato rispetto a quello economico e a quello tecnologico.
Nel capitolo successivo, partendo dalla necessità di riflettere sui cambiamenti di comprensione della realtà e della vita che lo sviluppo della tecnologia esercita sull’uomo, si è posta attenzione alla forma di progresso tecnologico oggi di maggiore pervasività e rilevanza per le sue ripercussioni economiche e sociali, ovvero il forte sviluppo della tecnologia digitale.
Nell’ultimo capitolo, infine, l’attenzione è stata rivolta al ruolo della funzione educativa, nel riflettere in che modo si possa aiutare la crescita intellettuale dei giovani in un contesto in cui l’economia ha assunto il ruolo di religione dominante e dove lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale avrà un impatto di grandissima rilevanza sulla vita e sul lavoro delle nuove generazioni.
Pur essendo un docente di management, la letteratura di riferimento relativa alle discipline economico manageriali è qui limitata. Ho infatti la convinzione, espressa nel lavoro, che per cercare di comprendere contesti complessi sia necessario un approccio orizzontale che privilegi l’ampiezza di visione in quanto sono necessarie più prospettive di lettura per cercare di interpretare la complessità che si ha di fronte (raccomando da tempo ai miei studenti che non leggano solo libri di management!). Per questo motivo ho ritenuto di dovermi avvalere di contributi scientifici riconducibili a discipline diverse da quelle economico manageriali, tra le quali la filosofia, la sociologia, la storia e la psicologia. Sui temi trattati, ho cercato di attingere a fonti serie e qualificate, anche se sicuramente non esaustive, né tanto meno dettagliate. Anche se ho certamente tralasciato lavori importanti in ogni singola disciplina, il loro apporto mi ha fornito, oltre che un vero arricchimento personale, chiavi di lettura che altrimenti mi sarebbero state precluse.
Le considerazioni che farò riguarderanno in primis l’Occidente. Anche se l’effetto scatenante è stata la globalizzazione (che pare dare qualche segnale di cedimento, amplificato dall’effetto Covid–19), mi mancano riferimenti a tematiche di pensiero e strutturali di altre culture. L’ambiente sociale e politico in cui sono nato e cresciuto è stato d’altronde sempre governato da sistemi democratici, una caratteristica dell’Occidente che in alcuni Paesi mostra ora alcuni preoccupanti segni di debolezza.
Pur se brevi, ringraziamenti molto sentiti a chi direttamente o indirettamente ha contribuito alla nascita di questo volume. I primi al mio carissimo amico dai tempi delle scuole elementari (sua mamma mi diceva sempre che in quel periodo nascono grandi amicizie) Andrea Bergami, che ha trascorso la sua vita lavorativa con ruoli di responsabilità in Italia e all’estero in aziende multinazionali; alla mia amica del liceo, dove per 5 anni abbiamo trascorso ore davanti a tutta la classe in accese discussioni confrontandoci su politica e società (erano gli anni 70 e i professori lo permettevano), Simonetta Tunesi, chimica ambientale, studiosa e consulente di amministrazioni pubbliche, imprese e organismi di ricerca internazionali; agli ex studenti di oltre 30 anni fa e da molto tempo amici don Matteo Prodi, la cui sensibilità sociale e profondità di pensiero lo ha reso autore di numerose pubblicazioni, e Luca Scarabelli, consulente di management dopo avere ricoperto per molti anni responsabilità in imprese multinazionali. In momenti diversi delle fasi della stesura del lavoro questi amici hanno sottratto molto tempo alla loro vita privata per la lettura di questo libro offrendomi importanti osservazioni, suggerimenti e rispettose critiche. Sarò loro sempre grato anche per questo!
Ulteriore gratitudine desidero esprimerla ai colleghi Lorenzo Massa, Simone Ferriani e Marco Visentin per il loro invito a considerare tanti aspetti a cui non avrei pensato. A quest’ultimo in particolare sarò sempre riconoscente per le sue lezioni al Baccalaureato in filosofia dello Studio Filosofico Domenicano — a cui il direttore, padre Giovanni Bertuzzi mi consentì di partecipare (lo ringrazio di cuore!) — che mi hanno permesso di leggere la realtà attuale con chiavi interpretative che altrimenti non mi sarebbero state possibili.
Infine, con piacere, un grande e sincero ringraziamento a due collaboratori chiave: Alessandro Raveggi, prezioso aiuto professionale per la revisione di questo libro, i cui suggerimenti ad ampio spettro sono stati quanto mai preziosi per quanto riguarda sia i contenuti sia la forma con cui li ho presentati, e Massimo Cortesi, geniale designer professionale che, dopo avere letto il libro, mi ha proposto la grafica della copertina che non potrebbe meglio raffigurare il significato del mio lavoro.
Ovviamente l’unico responsabile di ciò che compare in questo lavoro, inclusi eventuali errori od omissioni, è il sottoscritto.
Note
1. Se vi sentite criceti non fatelo
2. N. Bobbio, Due concetti di libertà nel pensiero politico di Kant, in Studi in onore di Emilio Crosa. Volume I, Giuffrè, MI 1960.
3. S.L. LEWIS e M.A. MASLIN, Il pianeta umano. Come abbiamo creato l’Antropocene, traduzione a cura di S. FREDIANI, Giulio Einaudi Editore TO, 2019. Titolo originale: The human planet. How we created the Antropocene, Penguin Books, London, 2018.
Capitolo I
Il significato, la vision strategica dell’uomo
Il segreto dell’esistenza umana non sta solo
nel vivere, ma in ciò per cui si vive
I fratelli Karamazov
Vita sine proposito vaga est⁴
Come l’impresa, senza avere chiara quale sia la propria strategia, può avere problemi a capire quali azioni intraprendere e si trova a navigare a vista, così noi esseri umani, senza avere chiaro ciò per cui viviamo, alla fine della nostra esistenza rischiamo di renderci conto che we have gone on living, living and partly living (siamo andati avanti a vivere, vivendo e quasi vivendo
)⁵.
Per aiutare i giovani a trovare la propria strada all’interno della vita lavorativa, il primo passo consiste nell’aiutarli a ragionare sulla necessità di cercarla partendo dalla vision strategica della propria vita, che da ora in poi sarà denominato Sinn, seguendo la terminologia di Viktor Frankl che l’ha teorizzata⁶, o la sua traduzione italiana significato, che richiede di maturare responsabilità nei suoi confronti, perché come ha detto Seneca «non saprà ordinare i particolari se non chi ha già una visione d’insieme di tutta la sua vita»⁷.
Le decisioni più importanti dell’esistenza richiedono scelte in linea con il proprio significato, pena adeguarsi all’obiettivo strategico di qualcun altro, magari tentati di accettare compromessi in cambio di ricchezza, visibilità, ruoli organizzativi, relazioni strumentali. Potrebbe forse non apparire un cattivo affare, ma può costare molto caro in termini di bilancio emotivo e di apprezzamento di sé stessi. Per non rinunciarvi, saranno utili alcune qualità che possono anche essere coltivate, come l’autonomia di pensiero e la personalità.
In questo sta anche la necessità per chi li aiuta di avere chiarito a sé stesso quale sia il significato della propria vita, condizione necessaria per potere essere d’aiuto alle nuove generazioni su come trovare loro stesse il proprio.
Il senso strategico del proprio significato
Il pensiero strategico stimola le imprese a decidere cosa e come vogliono configurarsi nel lungo termine. Si tratta di un concetto non applicabile alle imprese soltanto, ma anche alle persone, ignoranti quem portum petat nullus suus ventus est (nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa a quale porto vuol approdare
)⁸. Il significato per una persona è quindi come la vision per l’impresa da cui discendono i suoi obiettivi, si fonda su i suoi valori e ne guida le azioni, conducendola a riflettere al riguardo di come vorrebbe impiegare
la propria vita, oltre il mero obiettivo della sopravvivenza.
Si ragionerà quindi dapprima prima su questo tipo di concetto e successivamente si cercherà di capire le motivazioni per cui molti rinunciano ad avere una propria strategia di vita, preferendo delegarla a qualcun altro.
Negli ultimi decenni, la cultura dominante ha sempre più indotto l’essere umano a essere homo œconomicus, fino a far divenire l’economia il senso unico della sua vita⁹. Di conseguenza, ci si aspetta che occorra fare di più, farlo meglio, farlo più a lungo, al di là del loro contenuto e del loro significato, e realizzare
sé stessi è diventato — permettiamoci questa ridondanza — fine a sé stesso¹⁰. Ciò induce a estremizzare l’impegno nell’attività lavorativa non solo ai fini economici, ma anche come fulcro della propria identità e come scopo della propria vita¹¹. Lo sviluppo tecnologico è un potente additivo a questo atteggiamento, non coglie la raccomandazione del filosofo Edmund Husserl, che non serve affidarsi alla scienza ma occorre recuperare i temi che riguardano il senso della vita umana¹². Molto più di recente, Tim Jackson riferisce come studi di psicologia sostengano che le persone con valori intrinseci elevati siano più contente e che le loro vite siano più soddisfacenti se si occupano di attività con uno scopo, mentre studi di sociologia affermano che qualsiasi società abbia bisogno di un contesto all’interno del quale l’esistenza possa avere un senso, per mettere in relazione la propria esistenza temporale con qualcosa di superiore, qualcosa che offre la base etica per i propri comportamenti¹³.
Victor Frankl, psicoanalista e fondatore della logoterapia¹⁴, quando parlava di volontà di significato¹⁵ intendeva che l’esistenza umana si proietta oltre sé stessa, si rivolge sempre ad un significato e in questa prospettiva deve agire nella propria esistenza per chiarire il proprio significato, non per raggiungere la potenza, il piacere o la realizzazione di sé stesso, in quanto l’essenza dell’esistenza umana si trova nell’andare oltre di sé. Secondo quest’approccio, essere uomo significa essere rivolto verso qualcosa, o verso qualcuno, e che ciò di cui la persona ha bisogno non è il piacere in sé, bensì una ragione per essere felice; se il piacere diviene il contenuto della propria intenzionalità, svanisce la ragione per essere felice. Secondo la visione di Frankl è molto difficile conseguire l’effetto desiderato se ci si preoccupa di un risultato, quale l’immagine verso gli altri o il proprio potere, e non di un compito che si vuole realizzare. Lo psicoanalista ricorda che secondo Einstein chi considera la sua vita come destituita di qualsiasi significato non solo è infelice, ma incapace di vivere. La disciplina da lui fondata non intende dare un significato alla vita del paziente, ma aiutarlo a trovare da sé stesso il Sinn della propria vita, in quanto ognuno ha la propria particolare vocazione.
Un concetto simile e antecedente al lavoro di Frankl, che l’ha reso valido non solo con la sua attività scientifica ma con le sue stesse scelte di vita¹⁶, si trova in Émile Durkheim, che ne Il suicidio nel 1897 scriveva che la vita è tollerabile «se vi si scorge qualche ragione di essere, se ha uno scopo che valga la pena», per cui è necessario che in ogni istante della propria vita l’individuo possa rendersi conto di una cosa: quello che fa ha uno scopo che lo riguarda direttamente e quando non si hanno altri obiettivi, al di fuori di sé stessi, non si può sfuggire all’idea che gli sforzi siano destinati drammaticamente «nel nulla dove dovremo finire»¹⁷; per questo è importante, per Dukrheim, che l’individuo sia avvolto da un ambiente sociale a lui vicino. Su questo tema Yuval Noah Harari ricorda che per Nietzsche se si ha un motivo per vivere si può sopportare praticamente qualunque cosa e rileva che una vita che ha senso può essere di grande soddisfazione, anche in presenza di difficoltà concrete, mentre se ne è priva è una grande sofferenza, anche se può essere confortevole. Per lui la felicità non consiste nella «prevalenza di momenti piacevoli rispetto a quelli spiacevoli, … [ma] nel percepire la propria esistenza nella sua interezza come qualcosa di importante e di valido»¹⁸.
Il concetto di auto–trascendenza, che sempre Frankl considera l’essenza dell’esistenza umana, significa che l’uomo non è fatto per appagarsi e realizzarsi, ma per mettersi a disposizione del mondo e rispondere alle richieste che da questo interpellano la sua vita. Pertanto, la persona trova e realizza il proprio significato quando ciò che importa per lei è il mondo e non sé stessa, con le proprie ambizioni individuali. Appagamento e realizzazione hanno posto per effectum e non per intentionem, in quanto ciò che è rilevante è il compito per il quale ognuno si impegna nella propria vita, in base al proprio significato. Denaro, successo, piacere, possono eventualmente divenire gli