Verso una società inclusiva: Attraverso la scuola
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La finalità inclusiva di una società moderna ed avanzata sembra un’acquisizione in certo senso scontata. L’inserimento di soggetti e gruppi sociali genera stabilità, comunicazione, relazione, intensificazione degli scambi, rilevanti sotto il profilo dell’ordine sociale e del mercato. In realtà ancora, l’obiettivo non sembra essere pienamente raggiunto, il rischio di esclusione sociale di quote rilevante di popolazione, non solo immigrata, rimane rilevante. Decisivo per gli effetti prolungati che genera è il ruolo della scuola, da quella di base a quella superiore. Nonostante i tanti interventi, normativi, organizzativi, professionali realizzati i deficit di inclusione sociale si ripresentano in maniera costante, a volte in un contesto di forte deresponsabilizzazione sia delle istituzioni locali che delle professionalità impegnate nel lavoro docente e nei servizi sociali. Una ulteriore diagnosi della situazione, come quella offerta da questo volume, costituisce una rinnovata occasione di riflessione e di rinnovata progettazione educativa e sociale.
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Anteprima del libro
Verso una società inclusiva - Cecilia Dalle Fabbriche
(epub)
PREFAZIONE
Per un ‘sostegno’ di prossimità.
Dalla logica della sottrazione
a quella dell’addizione
di Andrea Canevaro
Diversità e conformità
Da dove iniziare? Da una constatazione molto banale e che forse per questo è a volte dimenticata: gli individui sono tutti diversi fra loro. Anche chi cresce. E non è solo una questione di genere, femminile o maschile. Né una questione di colori: di pelle, di capelli, di iride degli occhi. Neppure una questione di stature. Ciascuno lascia un’impronta, magari digitale, che è solo sua: diversa da quelle che lasciano gli altri. E questo non vale solo per la dimensione della fisicità. Vale anche per il carattere, le emozioni. Le simpatie e le antipatie. I ritmi del pensare e del vivere. Pensiamo alle paure. Ciascuno ne ha alcune che invece per gli altri sono risibili. Insomma: ciascuno di noi, e anche chi cresce, è diverso dagli altri.
A tutto questo sembra, a volte, che si sottragga un’attività così importante per gli esseri umani come è l’apprendimento. È molto diffusa la credenza che si apprenda trasferendo le conoscenze da chi sa a chi non sa (ancora). La scuola ha avuto un’impostazione basata su quella credenza: spazi per lezioni frontali, con visibilità che converge e si concentra sull’insegnante e i suoi strumenti (lavagna, magari con funzionamenti elettronici), e quindi con il presupposto che chi deve apprendere sia non solo disciplinato, ma anche in grado di vedere, sentire, concentrare l’attenzione, capire…
Questo apparente buon senso è stato alla base di alcune decisioni attribuite all’allora ministro Gelmini. La scuola si frequenta indossando i grembiulini. La buona condotta è un’esigenza assoluta, e chi non la sa tenere, ha una valutazione che compromette l’anno scolastico (il 5 in condotta, appunto). Anche le università hanno in qualche modo assorbito questa visione, dal momento che hanno accettato di considerare premiante la tempistica nello svolgimento del curricolo da parte degli studenti, e punibile un curricolo disposto su un calendario più ampio, quali che siano le ragioni.
Domande sull’intelligenza
Questa impostazione si appoggia anche, o soprattutto, sulla convinzione che l’intelligenza sia un dato ‘naturale’ innato, una dotazione che ciascuno ha dalla nascita. Poniamoci alcune domande in proposito. Quale immagine ha chi insegna del proprio lavoro e del proprio ruolo? Il metodo utilizzato nell’insegnamento può influire sulla valorizzazione delle intelligenze di coloro che apprendono? Quali sono le caratteristiche che fanno sentire apprezzato/a chi insegna? Se chi insegna promuove tutti che fama si crea? Di buon insegnante o di incapace? La severità fa la fama del buon insegnante?
E che idee dell’intelligenza ha chi insegna? Dipende dall’ambiente famigliare e dai primi anni di vita? Quando un/a bambino/a arriva a scuola, tutto è già deciso? Per quanto un/a bambino/a progredisca, la sua intelligenza è sempre la stessa? La scuola non cambia la natura. L’intelligenza è un dono di natura?
Una certa idea dell’intelligenza seleziona e orienta in una prospettiva che possiamo semplificare in questo modo: chi è intelligente va al liceo; chi è scarso va alla formazione professionale; chi non è intelligente va da qualche altra parte... Può sembrare una semplificazione un po’ volgare, ma che forse riproduce un sentire diffuso.
Un’integrazione per sottrazione
Da queste credenze deriva una qualità della scuola per sottrazione. Nel senso che una classe, quella classe, sarebbe buona e anche ottima se non ci fosse… Chi dovrebbe essere sottratto? Certamente chi non vede, non sente e non capisce. A questi soggetti dovrebbero essere destinate forme di sostegno compensativo o protesico tali da permettere il loro adeguamento agli standard di apprendimento, se non completamente almeno parzialmente (obiettivi minimi). Nello stesso tempo, il resto della classe – la classe con la sottrazione –, può essere ottima e raggiungere gli standard previsti.
I sostegni che abbiamo chiamato compensativi e protesici dovrebbero essere costituiti da personale – insegnanti – specializzato. E la specializzazione dovrebbe essere ottenuta attraverso corsi di formazione.
Questa impostazione può comportare due derive e una conseguenza. Le due derive:
• lo specialismo, che porta a pretendere che ogni soggetto da sottrarre sia caratterizzato da specificità tale da permettere di individuare un sostegno altrettanto specifico, a volte con forzature ‘diagnostiche’ palesi;
• la possibilità che i soggetti che non sono diagnosticati – v. sopra – abbiano ‘sostegni’ di seconda categoria. Contenitivi e non compensativi.Secondo la logica della sottrazione.Potrebbero anche loro avere una formazione preliminare. Ma la logica potrebbe non cambiare ed essere quella della sottrazione. Per carità di patria, non ci soffermiamo sui ‘sostegni’ di seconda categoria.
La conseguenza: la diffusa convinzione che l’integrazione scolastica sia un diritto – e questo è giusto e bello – che può essere realizzato unicamente grazie al ‘sostegno’ – e questo va chiarito.
La logica dell’addizione
Proviamo a prospettare una logica diversa. La logica dell’addizione. Diciamo subito che non vogliamo abolire i ‘sostegni’. Vorremmo rivederne compiti e funzioni, farli evolvere in una logica che chiamiamo dell’addizione. E proporre i sostegni di prossimità. Le conoscenze vengono conquistate aggiungendo, e non sottraendo. Aggiungendo diversità che esigono strategie di apprendimento diversificate e non gerarchizzate.
Possiamo richiamare Gardner (2007;
2006) e le intelligenze multiple. Ma ci sembra più pertinente il richiamo a Kieran Egan (2012; 1997), e alla comprensione multipla. Ci sembra particolar mente utile per formare competenze adatte alla logica dell’addizione. Che è evolutiva.
La questione delle competenze è complicata e semplice nello stesso tempo. Complicata dal fatto che alcune figure professionali sono precarie. Sono precarie le presenze degli educatori sociali, il cui riconoscimento tarda a venire pur avendo un ampio coinvolgimento nella pratica professionale: sono tanti gli educatori sociali ma sembra che non esistano sul piano della loro professionalità ridefinita o definita. Occorre quindi togliere dal precariato queste figure, per avere una possibilità di far incontrare le competenze con i soggetti che ne hanno bisogno.
L’empatia prepotente
Cerchiamo di approfondire la questione dell’empatia prepotente. Che può essere definita come prescrittiva di un’evoluzione già prevista. In genere: lineare, con tappe e verifiche già programmate, e quindi con eventuali rallentamenti o ripetizioni quando una tappa non fosse raggiunta. È come dire: Io provo empatia nei tuoi confronti ma… a patto che tu faccia esattamente quello che ho programmato per te
.
L’empatia competente, invece, si mette al servizio di un’evoluzione exattativa: non ha un modello di riferimento a cui condurre la dinamica; costruisce il modello, in questo per aggiunte progressive. L’exaptation: è un concetto utilizzato per descrivere un particolare tipo di evoluzione delle caratteristiche degli esseri viventi; dall’espressione inglese exaptation introdotta da Stephen Jay Gould ed E.S. Vrba. Nell’exattamento un carattere evoluto per una particolare