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Storia dell’Inclusione scolastica in Italia: Lettura pedagogica della normativa
Storia dell’Inclusione scolastica in Italia: Lettura pedagogica della normativa
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E-book277 pagine4 ore

Storia dell’Inclusione scolastica in Italia: Lettura pedagogica della normativa

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Un viaggio nella storia dell'inclusione scolastica italiana, la cui normativa è fra le più avanzate nel panorama internazionale, in tema di diritti degli alunni disabili e con altri Bisogni Educativi Speciali.
Un viaggio alla ricerca dei costrutti culturali, pedagogici e valoriali, che si trasmutano in prassi didattiche inclusive.
«Ho scritto questo libro – dichiara l’autrice – pensando al manuale che mancava nella mia biblioteca di docente e formatrice. Volevo condividere un testo che potesse essere un agile riferimento, normativo e pedagogico, puntellato da rimandi operativi alle sfide quotidiane, che ogni insegnante affronta nella gestione inclusiva della classe e dei casi più complessi».
La narrazione è strutturata per consentire diversi livelli di lettura: storica, normativa, culturale e riflessiva, pedagogica e didattica. Si presta, quindi, sia allo studio da parte degli aspiranti docenti, sia alla consultazione da parte dei docenti in servizio impegnati nella promozione di culture inclusive capaci di innescare, in ottica ICF, processi co-evolutivi nei contesti scolastici.
Un saggio che si fa strumento multimediale, grazie ad una significativa sezione on line dedicata alle fonti legislative aggiornate, ai rimandi filmici e a video curati dalla stessa autrice.
LinguaItaliano
Data di uscita12 apr 2021
ISBN9791220291057
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    Storia dell’Inclusione scolastica in Italia - Maria Teodolinda Saturno

    Il libro

    Un viaggio nella storia dell’inclusione scolastica italiana, la cui normativa è fra le più avanzate nel panorama internazionale, a garanzia dei diritti degli alunni disabili e con altri Bisogni Educativi Speciali. Un viaggio alla ricerca dei costrutti culturali, pedagogici e valoriali, che si trasmutano in prassi didattiche inclusive.

    «Ho scritto questo libro – dichiara l’autrice – pensando al manuale che mancava nella mia biblioteca di docente e formatrice. Volevo condividere un testo che potesse essere un agile riferimento, normativo e pedagogico, puntellato da rimandi operativi alle sfide quotidiane, che ogni insegnante affronta nella gestione inclusiva della classe e dei casi più complessi».

    La narrazione è strutturata per consentire diversi livelli di lettura: storica, normativa, culturale e riflessiva, pedagogica e didattica. Si presta, quindi, sia allo studio da parte degli aspiranti docenti, sia alla consultazione da parte dei docenti in servizio impegnati nella promozione di culture inclusive capaci di innescare, in ottica ICF, processi co-evolutivi nei contesti scolastici.

    Un saggio che si fa strumento multimediale, grazie ad una significativa sezione on line dedicata alle fonti legislative aggiornate, ai rimandi filmici e a video curati dalla stessa autrice.

    L’autore

    Docente di sostegno in un liceo artistico e, a contratto, nei Corsi per i 24 CFU e di Specializzazione nelle attività di sostegno per le Università degli Studi Foro Italico, Roma Tre, LUMSA e degli Studi Internazionali di Roma. Ha maturato una significativa esperienza nella didattica per studenti sordi e con disturbi dell’apprendimento e del linguaggio.

    Attrice, assistente di Orazio Costa, nella pratica didattica usa diversi mediatori a fini inclusivi, dal teatro al video, dalla scrittura alle arti figurative. Autrice e video blogger promuove culture inclusive e buone prassi condividendo esperienze e ricerche.

    Tra le sue pubblicazioni: Il laboratorio teatrale integrato Piero Gabrielli. Elementi di trasferibilità di una prassi alle radici dell’inclusione (Diversi Tutti, 2019), Voci dal Piccolo teatro di Roma. Orazio Costa dalla pedagogia alla pratica teatrale (Bulzoni, 2001).

    Frontespizio

    © 2021 | Diversi tutti | Tutti i diritti riservati

    Maria Teodolinda Saturno

    Storia dell’Inclusione scolastica in Italia

    Lettura pedagogica della normativa

    Prefazione di Salvatore Nocera

    Progettazione grafica | Impaginazione

    Grafalba

    Illustrazione di copertina

    Maria Teodolinda Saturno

    Il presente volume è coperto dai diritti d’autore;

    nessuna parte può essere riprodotta in qualsiasi forma o trasmessa

    con qualsiasi mezzo senza che vi sia un’autorizzazione scritta

    da parte di chi ne detenga i diritti d’autore.

    Per qualsiasi richiesta si faccia riferimento

    al seguente indirizzo di posta elettronica:

    diversitutti@gmail.com

    https://diversitutti.wixsite.com/factory/books

    Collana

    Prefazione

    L’arco della normativa più propriamente inclusiva italiana, dal 1971 ad oggi, può approssimativamente suddividersi in tre fasi: 1° dal 1971 al 2000; 2° dal 2000 al 2019; 3° il 2020 e seguenti.

    La prima fase potrebbe definirsi della integrazione, preceduta da alcuni anni di inserimento. La seconda fase può chiamarsi della inclusione. La terza fase può appellarsi dello sconvolgimento.

    L’inserimento e l’integrazione

    Il movimento dell’inclusione scolastica in Italia trae le sue origini dalla fine degli anni Sessanta, in particolare dall’anno 1968, l’anno famoso della contestazione studentesca dei tradizionali modelli organizzativi e dei valori ideali che persistevano da secoli.

    Lo spirito contestativo arrivava in Italia da lontano. I primi moti contestativi si ebbero negli USA già alla fine degli anni Cinquanta e primi anni Sessanta con il sorgere della Beat Generation, che cominciò a contestare i tradizionali principii di vita contestando la guerra in Vietnam ed aprendosi al mondo delle droghe come rivendicazione libertaria e sovversiva dei valori tradizionali. Ideologo principale di questi cambiamenti fu Marcuse della Berkeley University della California, rivendicando i valori della libertà esistenziale, personale che non possono essere asserviti alla sola logica del profitto.

    Questi sussulti passarono l’Atlantico e pervennero in Europa, specie in Germania ed in Francia, dove divampò nel 1968 il Maggio francese con l’occupazione di scuole e dell’università.

    Dalla Francia il movimento si spostò in Italia con l’occupazione pure di scuole ed università. Qui la contestazione investì le forme tradizionali di istituzionalizzazione dei diversi. Basaglia rivoluzionò la visione della cura dei malati di mente e dei manicomi, aprendoli al territorio; furono contestati gli orfanotrofi ed i cronicari per gli anziani. Entrarono nell’occhio del ciclone pure gli istituti speciali per persone con disabilità. Comunemente il giudizio dei benpensanti sul ‘68 italiano è negativo, poiché da esso ebbe pure origine la deriva che tralignò nel terrorismo; ma esso ha invece avuto anche aspetti positivi come l’autunno caldo che produsse nel 1970 lo Statuto dei lavoratori.

    La contestazione in Italia provenne da diverse parti che, grosso modo, coincidevano con le stesse forze che avevano dato vita alla nostra Costituzione repubblicana: 1. i movimenti di Sinistra, rappresentati dalla CGIL-scuola e dal MCE, il Movimento di cooperazione educativa, che sostenevano fondatamente, che malgrado l’affermazione costituzionale che la scuola è aperta a tutti (art. 34), esistevano invece ancora immutati gli istituti speciali per alunni con disabilità; 2. le forze cattoliche non ufficiali, ma di base il cui principale rappresentante era don Milani che rimproverava alla scuola di non saper accogliere proprio gli alunni più poveri, difficili e diversi che avevano più bisogno di essa, malgrado la riforma recente della scuola media unica. Egli denunciava la permanente violazione dei diritti della persona di cui all’art. 2 della Costituzione e dell’art. 3 sull’eguaglianza di tutti. La Chiesa ufficiale difendeva prevalentemente le scuole e gli istituti speciali che erano in grande maggioranza gestiti dagli ordini religiosi; 3. ambienti culturali e politici liberali, rappresentati prevalentemente da molti aderenti al Partito Radicale, rappresentato da Bruno Tescari, docente con disabilità motoria, che rivendicava con scritti e gesti clamorosi (come la rottura a martellate degli scalini di accesso ai centri di riabilitazione e la contestazione delle sole scale di accesso alla metro di Roma), il diritto di libertà piena delle persone con disabilità e di affrancamento da ogni forma di discriminazione e segregazione.

    Questi convergenti movimenti spinsero i genitori e pure molti operatori degli istituti speciali a portar via gli alunni con disabilità da essi e ad inserirli in modo, che inizialmente fu definito selvaggio nelle scuole comuni, che non erano assolutamente preparate a riceverli correttamente.

    Fortunatamente molti insegnanti cominciarono a darsi da fare per offrire risposte didattiche appropriate, sostenuti in ciò da talune università, specie quella di Bologna con il prof. Andrea Canevaro che è unanimemente riconosciuto come il padre dell’inclusione scolastica italiana e nel mondo.

    Data l’urgenza di trovare delle soluzioni legali a questo sconvolgimento delle scuole elementari e medie, il Governo approvò un decreto legge, convertito nella legge n. 118 del 1971, che prevedeva all’art. 28 comma 1 l’adempimento dell’obbligo scolastico degli alunni con disabilità fisiche nelle classi comuni della scuola pubblica.

    A seguito di questa imprevista novità nelle scuole, l’allora Sottosegretario on. Franca Falcucci radunò degli esperti, formulò con essi un Documento nel 1974 che fu sottoposto a dibattito parlamentare e divenne il documento-base per l’avvio della nuova esperienza di scolarizzazione degli alunni con disabilità. A seguito di ciò fu emanata la C.M. n. 227/75 che costituiva, presso il Ministero della pubblica istruzione e presso i Provveditorati agli studi, l’Ufficio studi per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità e prevedeva la sperimentazione in poche scuole di questa novità, organizzando numerosi corsi di aggiornamento.

    A seguito di ciò e del crescente interesse per la nuova realtà fu approvata, dopo la L. n. 360 del 1976 a favore dell’inserimento scolastico degli alunni ciechi, la L. n. 517 nel 1977, che con gli artt. 2, 7, e 10 introduceva per tutti gli alunni con qualunque tipo di disabilità e con qualunque livello di gravità, ufficialmente in Italia l’integrazione scolastica, caratterizzata dalla programmazione didattica, organizzativa e finanziaria, alla quale dovevano provvedere lo Stato e gli Enti locali secondo le rispettive competenze. A seguito di numerosi conflitti di competenze circa l’incertezza di individuare la titolarità di taluni servizi, si diffuse la pratica delle intese interistituzionali che riuscirono a far diffondere l’integrazione in modo più ordinato e di qualità. L’integrazione crebbe quindi quantitativamente nella scuola dell’obbligo, sino a battere alle porte delle scuole superiori. Nel 1987, a seguito di un rifiuto di iscrizione di un alunno con disabilità da parte di una scuola superiore, fu pronunciata la famosa sentenza della Corte costituzionale n. 215 che può considerarsi la magna Carta legislativa dell’integrazione scolastica italiana. In essa si stabilì il diritto pieno ed incondizionato allo studio in tutte le scuole comuni di ogni ordine e grado, realizzato grazie a tutti i servizi necessari a livello scolastico, sociale e sanitario. Le massime di questa sentenza affermavano che in età evolutiva non si può parlare di non recuperabilità; che capacità e merito non possono essere valutati secondo parametri standardizzati, ma sulla base delle effettive capacità di ciascuno. Questa massima è la base costituzionale del principio di individualizzazione che ha informato di sé tutta la normativa inclusiva con riguardo alla formulazione, gestione e verifica del PEI, che in caso di conflitto tra il buon andamento dell’amministrazione (art. 47 Cost.) e diritto allo studio degli alunni con disabilità, non deve cedere il diritto allo studio ma occorre trovare un equo contemperamento dei due interessi.

    A seguito dei principi contenuti nella sentenza si aprì un ampio dibattito culturale e politico che portò all’approvazione della legge-quadro n. 104 del 1992, sui diritti delle persone con disabilità, che tracciava il percorso pedagogico-giuridico dell’integrazione scolastica. Esso parte dalla certificazione sanitaria della disabilità, seguita dalla formulazione della diagnosi funzionale, DF, che descrive i punti di forza e di debolezza dell’alunno; segue la formulazione del profilo dinamico funzionale, PDF, formulato insieme dagli insegnanti, dalla famiglia e dagli operatori sociosanitari che seguono l’alunno; questo insieme di persone formulano il PEI, piano educativo individualizzato che, partendo dalla situazione indicata nella DF e nel PDF, indica gli obiettivi apprenditivi e di socializzazione che anno per anno deve raggiungere l’alunno, le strategie didattiche adeguate alla sua disabilità e le risorse umane, materiali e finanziarie, necessarie per il raggiungimento di tali obiettivi. Furono emanati regolamenti, decreti e circolari applicativi della legge-quadro e, a seguito di una maggiore diffusione dell’autonomia degli enti locali, anche l’istituzione scolastica ebbe una maggiore autonomia organizzativa, didattica e di sperimentazione delle singole scuole con il DPR n. 275 del 1997. Questa fase si conclude nel 2000 con la riforma degli esami di maturità voluta dal ministro Luigi Berlinguèr (L. n. 225/97 e regolamento applicativo DPR n. 323/98) e con la L. n. 62 del 2000 sulla parità scolastica che affermava l’obbligo anche delle scuole paritarie di accettare l’iscrizione di alunni con disabilità, pena la perdita della parità.

    L’inclusione

    La fase dell’inclusione, è caratterizzata dall’aumento dei tagli alla spesa pubblica, quindi anche scolastica, che però mantiene fermi i principii dell’integrazione scolastica, presenti nella riforma Moratti con L. n. 53 del 2003. Tale fase è però dominata dal diffondersi di una nuova cultura della disabilità veicolata dai principii dell’ICF, Classificazione Internazionale del Funzionamento dell’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, basata sul contesto ambientale. La L. n. 104/92 era fondata su un concetto di disabilità di carattere esclusivamente personale; essa era costituita dalle minorazioni conseguenti ad un evento traumatico o morboso avvenuto lungo tutto l’arco della vita che è causa di emarginazione. Quindi la disabilità è una caratteristica strettamente personale e connota l’identità del soggetto (cieco, sordo, etc). L’ICF invece vede questa situazione personale fortemente influenzata dal contesto nel quale la persona si trova a vivere, ad es. scuola, servizi sanitari, sociali, tecnologie, mentalità favorevole o contraria all’inclusione nuovo termine che sostituisce l’integrazione. Quindi la disabilità intesa come conseguenza della mancata risposta positiva della società. Ad es. se un alunno con minorazioni considerato in situazione di gravità (art. 3 c. 1 L. 104/92) si trova in un ambiente favorevole perché la scuola è priva di barriere architettoniche e senso percettive, ha un docente specializzato per il sostegno, ha un assistente per l’autonomia e la comunicazione, ha docenti curricolari formati sulla didattica anche inclusiva, ha, se necessario, collaboratori e collaboratrici scolastiche per l’assistenza igienica, è dotata di tecnologie assistive, ha classi non numerose nel rispetto degli artt. 4 e 5 comma 2 del DPR n. 81/09, in base alla L. n. 104/92 ha diritto di norma ad un docente per una intera cattedra di sostegno. Viceversa, se un alunno con handicap lieve ai sensi dell’art. 3 comma 1 L. n. 104/92, si trova in una scuola disastrata in cui la situazione è capovolta, sempre in base alla L. n. 104/92 ha, di norma, diritto a mezza cattedra di sostegno.

    Alla luce dell’ICF invece se lo stesso alunno con gravità si trova in una scuola ottimale, non avrà necessariamente diritto al massimo delle ore di sostegno, perché in quella scuola vi sono molte facilitazioni e quasi nessuna barriera; mentre l’alunno con handicap lieve in una scuola disastrata, avrà diritto probabilmente alla cattedra completa di sostegno perché si trova in un contesto sfavorevole.

    Con questi nuovi orientamenti culturali viene approvata nel 2006 la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, che viene ratificata in Italia dalla L. n. 18 del 2009 che recepisce il nuovo concetto di disabilità e fissa il principio di discriminazione consistente nel fatto che una persona con disabilità venga trattata, a causa della sua disabilità, in modo diverso dagli altri che si trovino nella stessa situazione. Questo principio era stato già recepito in Italia con la L. n. 67/06 ed è stato abbondantemente utilizzato dalla Magistratura ad es. per assegnare più ore di sostegno in caso di riduzione del loro numero senza adeguata motivazione o con motivazione dovuta alla necessità di tagli alla spesa pubblica (sentenza Corte cost. n. 80/2009).

    A seguito di questi nuovi orientamenti culturali, politici e legislativi, si amplia il concetto di inclusione. Ci si comincia ad occupare di altri alunni diversi da quelli con disabilità, che hanno altri bisogni educativi speciali. Così nel 2010 viene approvata la L. n. 170 sui DSA, disturbi specifici di apprendimento, come la dislessia, disgrafia, disortografia, discalculia, che creano difficoltà apprenditive non più basate su esiti di situazione traumatiche o morbose come con tutta la legislazione precedente. Per questi alunni però non è previsto il diritto al docente per il sostegno, ma solo strumenti compensativi (computer con correttore automatico, calcolatrici, magnetofono etc.) e misure dispensative (dispensa dall’esame scritto di lingue straniere, compensate con la

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