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Costruire il Domani: Istruzioni per un futuro immateriale
Costruire il Domani: Istruzioni per un futuro immateriale
Costruire il Domani: Istruzioni per un futuro immateriale
E-book419 pagine4 ore

Costruire il Domani: Istruzioni per un futuro immateriale

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Info su questo ebook

Goethe diceva che la cosa più difficile di tutte è vedere con gli occhi ciò che davanti agli occhi sta. 
Le cose oltretutto non sono immobili, ma cambiano di continuo. Forse anche per questo dalla notte dei tempi gli uomini si chiedono: è possibile prevedere il futuro? Sì, se si rinuncia a pensose previsioni esatte per limitarsi alle (cor)relazioni di fondo. Il futuro insomma non va indovinato, va immaginato. Il domani è un insieme di strade che ci vengono incontro; non sentieri già battuti, ma varchi che si aprono, dati disseminati su pattern che si intrecciano col presente ma sono ancora da tracciare. Quintarelli, informatico, imprenditore, civil servant, prova per una volta a raccontare il futuro per come se lo immagina. Attento osservatore dei settori più diversi (dall'editoria al cinema, dalla politica alla crittografia, dal welfare alla tv), l'autore prova a sbrogliare la matassa, collegando in un'unica, felice visione tasselli in apparenza lontani e sciolti gli uni dagli altri.
LinguaItaliano
Data di uscita16 gen 2017
ISBN9788893370851
Costruire il Domani: Istruzioni per un futuro immateriale

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    Costruire il Domani - Stefano Quintarelli

    Stefano Quintarelli

    Costruire il domani

    (Istruzioni per un futuro immateriale)

    Seconda edizione rivista e integrata

    Prefazione di Ferruccio de Bortoli

    COSTRUIRE IL DOMANI

    Istruzioni per un futuro immateriale

    di Stefano Quintarelli

    Collana Transiti

    a cura di

    Vittorio Zambardino

    ISBN 9788893370851 

    copyright © 2016 Antonio Tombolini Editore

    digital rights reserved

    Via Villa Costantina, 61,

    60025 Loreto Ancona

    Italy

    email: info@antoniotombolini.com

    www.antoniotombolini.com

    Facebook

    Twitter

    Immagine di copertina a cura di Marta D’Asaro

    Illustrazioni di Joshua Held

    Editing a cura di Antonino Emanuele Valere

    ISBN: 9788893370851

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    NOTA DEL CURATORE

    PREFAZIONE

    PERCHÉ LEGGERE QUESTO LIBRO

    1 I PRINCIPI PER COMPRENDERE LA DIMENSIONE IMMATERIALE

    ...1.1 LA RASSICURANTE DIMENSIONE MATERIALE DEL MONDO

    ...1.2 PROPRIETÀ DELLA DIMENSIONE MATERIALE

    ...1.3 RADICI STORICHE DELLA DIMENSIONE IMMATERIALE

    ...1.4 L’ALBA DELLA DIMENSIONE IMMATERIALE

    ...1.5 SIAMO RIMASTI SENZA PAROLE

    ...1.6 PROPRIETÀ DELLA DIMENSIONE IMMATERIALE

    ...1.7 PROPRIETÀ DELLE DIMENSIONI MATERIALE E IMMATERIALE A CONFRONTO

    ...1.8 L’EVOLUZIONE DEI DISPOSITIVI

    ...1.9 LA SINGOLARITÀ TECNOLOGICA

    2 L’IMMATERIALE STA CAMBIANDO IL MONDO MATERIALE

    ...2.1 PERVASIVITÀ DELL’ELETTRONICA

    ...2.2 DISINTERMEDIAZIONE E REINTERMEDIAZIONE

    ...2.3 ACCELERAZIONE VERSO IL CICLO CONTINUO

    ...2.4 IL MONDO DIVENTA UN PUNTO

    ...2.5 ESTERNALIZZAZIONE DEL LAVORO

    ...2.6 INNOVAZIONI ESPONENZIALI NELLE IMPRESE

    ...2.7 I PREZZI SGANCIATI DAI COSTI

    ...2.8 EFFETTO RETE E LOCK-IN: LA RISORSA SCARSA È L’ATTENZIONE DELL’UTENTE

    ...2.9 EFFETTI DEL CANALE DI RITORNO DELL’INFORMAZIONE

    ...2.10 IL CONTRIBUTO DEGLI UTENTI

    ...2.11 LA SHARING ECONOMY

    ...2.12 LO SFRUTTAMENTO DI UN MONOPOLIO IMMATERIALE

    ...2.13 UN CAMPO DI GIOCO DIFFICILE DA LIVELLARE

    ...2.14 IMMATERIALE E DISAGIO

    3 ALCUNI FUTURI POSSIBILI

    ...3.1 FARE PREVISIONI È DIFFICILE, SPECIE PER IL FUTURO

    ...3.2 VIVREMO IN UN COMPUTER

    ...3.3 IL FUTURO DEI GIORNALI

    ...3.4 IL FUTURO DEI LIBRI

    ...3.5 IL FUTURO DELLA TELEVISIONE

    ...3.6 IL FUTURO DEL CINEMA

    ...3.7 IL FUTURO DEL COMMERCIO

    ...3.8 IL FUTURO DELLA SCUOLA

    ...3.9 IL FUTURO DEL TURISMO

    ...3.10 IL FUTURO DEL LAVORO

    ...3.11 IL FUTURO DELLA TUTELA DEI DATI

    ...3.12 IL FUTURO DELLE RETI

    ...3.13 IL FUTURO DELLE AUTO

    ...3.14 IL FUTURO DELLA PUBBLICITÀ

    ...3.15 IL FUTURO DELLA MEDICINA

    ...3.16 IL FUTURO DELLE INDAGINI DI POLIZIA

    ...3.17 IL FUTURO DELLE BANCHE

    ...3.18 IL FUTURO DELL’ENERGIA

    ...3.19 IL FUTURO DELLA MONETA

    ...3.20 IL VOSTRO FUTURO

    4 PROPOSTE

    ...4.1 ISTITUZIONI PER IL FUTURO

    ...4.2 UNA POLITICA PER L’IMMATERIALE

    APPENDICE

    DALLE VALUTE COMPLEMENTARI ALLE CRYPTOVALUTE

    COME È FATTA E COME FUNZIONA LA RETE

    IL FUTURO DELLA DISABILITÀ

    IL FUTURO DELLA SANITÀ

    GLOSSARIO

    Note

    Ringraziamenti

    Tutti gli indirizzi web citati in questo libro sono elencati all’indirizzo blog.quintarelli.it/costruire-il-domani.html per semplificare la loro accessibilità ai lettori.

    Alle mie figlie.

    Non si può sfuggire al futuro. Qualsiasi esso sia.

    Il futuro che leggerete potrebbe esistere oppure no, io credo di sì.

    Le ‘macchine’ danno l’opportunità di penetrare l’informazione nella più incomparabile piegatura spazio-temporale mai concepita.

    Usatele queste macchine, usatele come si ‘usano’ le cose, ma fatelo criticamente, altrimenti esse useranno voi.

    La differenza sarà il vostro approccio, e talvolta questione di metodo, ma sappiate essere distaccate, pesare le informazioni, interrompere il flusso di scambio, recuperare la vostra dimensione.

    Si tratta della vostra vita. 

    NOTA DEL CURATORE

    Un manuale per comprendere la grande scomparsa della dimensione fisica e materiale della nostra vita? Stefano Quintarelli non è un teorico, non è un futurologo, un Morozov o uno di quelli che studiano il futuro per poi tracciare scenari da brivido. Eppure sia nella prima edizione che in questa seconda del suo Costruire il domani, che esce per la Antonio Tombolini editore nella collana Transiti l’autore riesce a costruire, qui con nuovi spunti e integrazioni, una vera e propria guida alla trasformazione digitale. Credo che questo sia dovuto al fatto che Stefano è sempre stato nel campo del fare, prima come imprenditore poi come divulgatore e come parlamentare. Negli anni Novanta-Duemila è ben nata in Italia una leva di persone che, pensando facendo, hanno riflettuto sul futuro come costruzione razionale e intenzionata. Anche questo è un paradosso dell’innovatore, che per poter continuare ad agire deve in qualche modo trasformarsi in divulgatore. Non credo che Quintarelli accetterebbe per sé il termine di evangelista, se non altro perché il termine ti mette subito in cattiva compagnia, eppure Stefano non si limita a dire che le cose cambieranno e a cantarne le lodi. Spiega come, in ogni fetta di società, lo faranno e quali ne saranno gli effetti pratici e culturali. Lo fa seguendo il filo della Grande Paura Mediatica che giustifica ogni resistenza: la scomparsa della dimensione materiale di oggetti, processi e forme della produzione e della conoscenza, proprio come è accaduto al denaro, che una volta mettevamo sotto il materasso e adesso è una cifra scritta sullo schermo di un telefono. Stefano spiega che il vuoto non è assenza o perdita delle cose, ma un pieno di altre realtà non visibili. E poiché questa dissoluzione non è indolore, perché c’è chi concretamente la paga con la fine della propria dimensione lavorativa e professionale, è utile la Guida che porta alla fine del tunnel.

    Vittorio Zambardino, 

    Curatore della collana Transiti

    PREFAZIONE

    I millennials, nati a cavallo del secolo, sono in genere protagonisti entusiasti dell'innovazione. Non potrebbe essere altrimenti. E guai se non fosse così. Gli altri, gli immigrati digitali, si dividono in due grandi categorie. Chi insegue e arranca, mostrando spesso fanatismi fuori luogo. E chi, arrendendosi, assume toni rinunciatari, non di rado apocalittici.

    La politica e il diritto sono in affanno. Non riescono a comprendere né la direzione né la velocità della tecnologia, ma non possono e non debbono rinunciare al proprio ruolo. E qui sta il passaggio fondamentale di questo libro dal titolo fintamente manualistico.

    Costruire il domani non è un volume d'istruzioni all'uso spensierato della Rete, né una riflessione ispirata sulle magnifiche e progressive sorti del mondo artificiale. È una disamina ragionata, in un linguaggio chiaro e disincantato, sulle sfide anche culturali che ci aspettano. L'autore, Stefano Quintarelli, lo dedica alle figlie, e idealmente alle nuove generazioni, affinché siano protagoniste critiche. Senza sudditanze. Interpreti attive, non bersagli passivi. Si tratta della vostra vita, usatele queste macchine, ma fatelo criticamente, altrimenti saranno loro a usare voi. E da tecnologo che svolge anche l'attività di parlamentare (eletto con Scelta Civica, oggi Civici e Innovatori) considera necessario l'intervento normativo dello Stato, doverosa la protezione dell'utente, insidiose le posizioni dominanti anche se edulcorate dal luccichio delle innovazioni più sorprendenti. E si stupisce che gli esperti digitali - tra chi deve scrivere le leggi o governare un Paese - siano un’autentica rarità. Alla Camera, siamo solo in due, confessa. In altri Paesi, anche più avanzati del nostro, la situazione forse non è poi così diversa. E gli altri, deputati, senatori, ministri, tecnici, come si comportano? Appaiono travolti da processi di cui non capiscono la portata, finiscono per formare una platea plaudente o distratta. Questo libro è anche per loro.

    Quintarelli è un signore gentile che non ha la sicumera del sacerdote delle tecnologie. È lontano anni luce dagli eccessi della narrazione nerd, anche per questioni d'età. Conosce a fondo le problematiche tecniche e si sforza di farle comprendere a tutti. Eccede forse nel tono didascalico, ma a fin di bene. Mette in fondo al suo lavoro un glossario che ci fa capire molti segreti nascosti negli strumenti di uso comune, ma anche quanto sia sterminata la nostra ignoranza in materia. L’autore identifica subito alcuni vuoti o equivoci culturali. Inutile parlare di nuove tecnologie quando sono già penetrate nella vita quotidiana e hanno modificato anche il mondo reale. Chiamarle così dà solo la misura della nostra cecità nel vedere gli effetti della crescita esponenziale.

    Gli esempi sono illuminanti. Con venti passi lineari attraversiamo l'area di un teatro. Con venti passi esponenziali andiamo da Torino a Venezia. Se la capacità di calcolo raddoppia ogni due anni è come se la scienza avesse preso una velocità di cui non abbiamo la minima percezione. Il parallelo con la storia può aiutarci a capire. È come se in vent'anni avessimo coperto due secoli. E il crollo delle torri gemelle fosse accaduto l'altro ieri. Anche l'aggettivo virtuale, di gran moda, è fuori luogo. Sembra attribuire a ciò che è immateriale una consistenza impalpabile, del tutto ipotetica. Mentre l'immateriale ha una pesante concretezza. Quella degli utili di Google, che non ha fabbriche. O del successo di Airbnb, il più grande gruppo alberghiero al mondo senza stanze. E, ancora, dell'esplosione di Uber che non possiede alcuna auto. Non abbiamo compreso fino in fondo - afferma Quintarelli - le enormi ricadute reali del mondo immateriale nel quale produrre, trasferire, archiviare non costa. Un bene immateriale non è mai scarso, non è escludibile, si può scambiare senza limiti di tempo e di spazio. Si è sempre connessi, non ci sono orari, né festività. Le regole tradizionali sono saltate o stanno per saltare, ma non è detto che sia impossibile applicarne di nuove, peraltro maledettamente necessarie per proteggere i più deboli e la nostra libertà privata. Bisogna però che qualcuno le scriva queste nuove regole, con competenza, e abbia il potere di farle applicare.

    Gli orizzonti fantascientifici che pensavamo confinati ai racconti di Asimov o Dick, sembrano schiudersi davanti ai nostri occhi in un futuro ravvicinato. Quintarelli cita Raymond Kurzweil e la sua profezia sul 2045, anno nel quale - grazie alla crescita esponenziale delle tecnologie e all'evoluzione dei big data - l'intelligenza artificiale supererebbe quella umana. Non sarebbe più prevedibile, ci sfuggirebbe di mano. Una suggestione letteraria ma anche una cupa distopia. Kurzweil, come altri profeti dell'innovazione e miliardari avventurieri, appare convinto che ogni limite sia aggirabile, che l'eldorado digitale sia infinito, in una fascinazione faustiana che solleva dubbi e interrogativi morali.

    Quintarelli è appassionato ma non fanatico. Ci insegna a non temere il futuro, a non demonizzare le tecnologie, ma nello stesso tempo a conservare libertà di pensiero e spirito critico. Lo storico Aldo Schiavone ha scritto opportunamente che oggi ci troviamo a vivere una dimensione rovesciata rispetto a quella del mondo greco. Allora vi era una grandezza di pensiero nel deserto della tecnica. Oggi c'è abbondanza di tecnica nella povertà o, quantomeno, nell'insufficienza del pensiero.

    Il turning point, il momento della svolta nell'analisi dell'autore, è il 2001, l'anno dell'introduzione effettiva della tecnologia Adsl e dell'IPod. La piena convergenza e il progressivo affermarsi di piattaforme proprietarie, come quella delle applicazioni Apple, ha poi attribuito agli over the top un potere di indirizzo, suggestione, consenso e censura che apre scenari di discriminazioni di massa. Le condizioni d'uso di Windows 10, le possibilità di intervento da remoto del gestore, ne sono solo una prova. Il successo planetario dell'IPhone ha mandato in soffitta la libertà di scegliersi il software. La modalità jailbreak - e il nome dice tutto - è un percorso infernale, sostanzialmente impraticabile e vietato dalle licenze d'uso del sistema iOS. I gatekeeper della dimensione immateriale sgretolano di fatto i fragili controlli del mondo materiale, la capacità per esempio dei governi di regolare i mercati, provvedere alla sicurezza o, soltanto, di esigere il pagamento delle tasse. Sfugge a molti osservatori la trasversalità di quelle che l'autore chiama Gps, ovvero General purpose tecnologies, un po' come il motore a scoppio, l'elettricità, le ferrovie. Sono il fuoco moderno, avvicinandosi senza consapevolezza, ci si può fare male.

    Il tecnologo compassionevole Quintarelli spiega, nella seconda parte del libro, i molti futuri possibili in diversi campi dell'attività umana, ma non cede alla tentazione diffusa di spettacolarizzare il futuro, di viverlo come fanno molti in una sorta di finzione cinematografica, un permanente videogioco. È convinto che la saggezza umana non vedrà circolare per le strade auto senza guidatore, sottratte del tutto alla decisione umana di ultima istanza. Intravvede il pericolo dell'editing genetico ma è fiducioso nella saggezza e nella prudenza delle società più avanzate. A patto, però, che vi sia un riequilibrio dei poteri, possibile solo con più informazioni e una maggiore avvedutezza collettiva. Si combattano con efficacia monopoli e oligopoli autoreferenziali, oggi in preda a deliri di onnipotenza. Si salvaguardi la democrazia, che non dovrà mai svilire un atto consapevole e personale come il voto, né scambiare per partecipazione diretta un convulso interrogare in ogni momento, l'umore della Rete.

    La libertà e i diritti dell'individuo non sono barattabili con nulla. Le informazioni personali che l'Internet delle cose metterà a disposizione di chi gestisce piattaforme e social network dovranno essere una proiezione dell'identità digitale dei loro proprietari, non un bottino degli imprenditori digitali. Sarà difficile difendere in futuro la neutralità della Rete e, ancora di più garantire quella dell'aria che si frappone fra noi e gli oggetti intelligenti che già usiamo. Nel 2030, calcola l'autore, avremo 500 miliardi di dispositivi connessi con Internet. Sfuggire a ogni controllo diventerà pressoché impossibile. Inquietante lo spettro di discriminazioni di massa, di una manipolazione collettiva. Si può essere tracciati, ma non braccati. Un'ecologia della Rete appare indispensabile ma va costruita con una cultura dell'innovazione che contrasti insieme a monopolisti troppo potenti, i fanatici e gli oscurantisti. Per renderla possibile, occorre costruirselo il futuro. Non subirlo affascinati come falene davanti a una fonte di luce accecante.

    Nell’Antigone di Sofocle si legge: Molti sono i prodigi ma nulla è più prodigioso dell’uomo… Padrone assoluto dei sottili segreti della tecnica, può fare il male quanto il bene. Dietro a ogni progresso tecnologico c’è una persona, frutto dell’unicità della sua immaginazione sedimentata su azioni, incontri, studi e letture, in una sequenza di combinazioni non replicabile. Sant’Agostino non a caso distingueva tra scientia e sapientia, ovvero la capacità di vedere i fini dell’azione: dovrebbe accompagnarci in ogni momento della nostra vita.

    Il futuro va costruito con entusiasmo consapevole.

    Ferruccio de Bortoli

    PERCHÉ LEGGERE QUESTO LIBRO

    In ogni programma televisivo, giornale o libro Internet viene definita come uno spazio di mondi e relazioni virtuali. Non è affatto così. Internet è una cosa molto reale.

    È la sede della dimensione immateriale del mondo che, nel Ventunesimo secolo, è la maggiore base delle relazioni sociali ed economiche delle persone e delle aziende.

    Oggi non è così per tutti. Non ancora. Ma lo è a velocità crescente per una parte sempre maggiore delle nostre società.

    Il nostro modo di lavorare, di vendere e comprare, di relazionarci, di informarci, di restare in salute, di divertirci, di fare qualunque attività, in misura crescente passa attraverso internet e i sistemi (dispositivi e software) che abilitano questa attività.

    Il filosofo Luciano Floridi chiama infosfera il risultato della scomparsa della soglia tra offline e online, tra materiale e immateriale[1].

    Le nostre possibilità di interazione sociale, lavorativa ed economica sono sempre più definite dai dati e dalle relazioni che ci rappresentano nella dimensione immateriale dell’infosfera, custoditi da poche aziende globali.

    Grazie a una regolamentazione favorevole e alle peculiari proprietà di base dell’immateriale, queste aziende svolgono un ruolo di intermediari, di custodi delle porte di accesso alla dimensione immateriale, estraendo valore dalle nostre interazioni sociali ed economiche.

    L’obiettivo di questo libro è aiutare il lettore a comprendere questo presente che la rivoluzione digitale ha reso complesso e a tratti opaco per il grande pubblico.

    Proverò però anche a dare uno sguardo sui possibili scenari di un futuro che rischia di essere ancora più indecifrabile.

    Non mi propongo di dare solamente visioni di futuro fatte e finite. Scenari a scatola chiusa. Cerco soprattutto di fornire alcuni principi base che guidino nella comprensione dei fenomeni e delle tendenze generali. Una scatola degli attrezzi di base, insomma, per capire come e perché il mondo sta cambiando così tanto negli ultimi anni.

    Un famoso aforisma dello scrittore W. Gibson recita: il futuro è già qui, solo che non è distribuito in modo uniforme. Ecco, alcuni di noi vivono già un quotidiano che per molti altri di noi è ancora futuribile.

    Per certe persone sono normali alcuni comportamenti e attività che per altre sono impensabili o – al massimo – cose da film. Alcuni traggono beneficio dall’utilizzo, anche quotidiano, di servizi e sistemi che per altri sono diavolerie incomprensibili. E che talvolta, pure, inducono timore. Lo stesso timore può averlo provato un nativo americano, sempre vissuto nelle praterie, se esposto alle innovazioni di una città all’inizio del secolo scorso.

    La società è insomma sfilacciata tra chi vive un presente molto simile al passato e chi vive in un futuro molto simile alla fantascienza. Ed è un fatto che questo divario si stia allargando, con velocità crescente.

    La fisica, l’elettronica, le tecnologie digitali sono le principali responsabili di questo sfilacciamento della società che genera incomprensioni, disagio e finanche timore.

    Viviamo letteralmente in epoche diverse. Usiamo codici e pratiche che risultano di difficile comprensione e accettazione dai rappresentanti più estremi di questa disparità.

    Gli effetti non si limitano allo specifico settore dell’elettronica.

    Dato che quella digitale è una tecnologia trasversale che viene usata in ogni settore della società (gli economisti le chiamano GPT, General Purpose Technologies) i suoi effetti si propagano su tutta l’economia. Ne beneficia anche la ricerca di base nei settori più disparati, dalla medicina alla chimica, ai materiali eccetera.

    Non ci sono state moltissime tecnologie di questo tipo nella storia; ad esempio sono GPT il fuoco, il motore a vapore, l’elettricità, la ferrovia.

    Ma a differenza di altri casi precedenti le tecnologie digitali non evolvono e non producono i loro effetti a velocità costante. Lo fanno bensì a velocità crescente, come vedremo nel capitolo dedicato agli andamenti esponenziali delle componenti di base.

    Il risultato è che la distanza tra quei due estremi della società (avanguardie e retroguardie) tende ad aumentare. Aumentano così incomprensioni, disagio e tensioni che si manifestano nella società in molti modi.

    Non appartengo alla categoria dei neo-luddisti che ritiene che il futuro sia pericoloso o che l’evoluzione delle tecnologie metta in crisi le strutture sociali. Non sono un nostalgico romantico che, come scriveva già Jorge Manrique nel Quindicesimo secolo, sostiene che ogni tempo passato fu migliore.

    Ma non sono nemmeno un futurista certo della radiosa magnificenza del futuro, come scrisse Filippo Tommaso Marinetti nel Manifesto Futurista del 1909: «Compagni! Noi vi dichiariamo che il trionfante progresso delle scienze ha determinato nell’umanità mutamenti tanto profondi, da scavare un abisso fra i docili schiavi del passato e noi liberi, noi sicuri della radiosa magnificenza del futuro».

    Non tutto ciò cui aspirano o immaginano i sacerdoti del culto delle avanguardie è positivo. Non tutto ciò che lamentano i soloni delle retroguardie è negativo. Tuttavia, molto è inevitabile.

    Sono infatti convinto che la strada sia segnata e che quindi certi fenomeni di base, determinati dallo sviluppo tecnologico, a sua volta determinato dalla evoluzione della ricerca nella fisica, siano inarrestabili.

    Mentre per molti secoli è esistita una economia solo materiale, l’economia immateriale – che da quella materiale origina – è uno sviluppo recente nella storia dell’uomo. Recente ma con una crescita poderosa. Si stima che nel 2030 arriveremo a cinquecento miliardi di dispositivi connessi alla rete con una conseguente, enorme crescita dell’economia immateriale.

    Tentare di opporsi a tale prospettiva risulta futile, anzi, controproducente perché nel farlo si impegnano energie e risorse.

    Tratteggerò alcuni esempi di evoluzioni possibili. Beninteso, certe cose qui previste potrebbero anche non verificarsi. Non sempre ciò che è abilitato dalla tecnologia si manifesta; non sempre la migliore tecnologia ha il sopravvento (come il caso Betamax vs VHS ci ricorda[2]). Alcune volte le persone fanno scelte diverse, siano essi il pubblico o i regolatori e legislatori che introducono barriere che le inibiscono (o incentivi che le accelerano). Alcune volte determinati prodotti o servizi vengono lanciati troppo presto. Il mercato non li adotta e per molti anni vengono bruciati.

    Resta tuttavia indubbio che le società sono plasmate dalla tecnologia. Ma lo sviluppo di quest'ultima può e deve essere guidato, e può e deve tendere a un ideale di benessere sociale il più ampio possibile. In questo senso è importante che intellettuali non tecnologi e intellettuali tecnologi si avvicinino contaminandosi a vicenda. È necessario che la politica si sforzi di capire in profondità i radicali mutamenti imposti dall’evoluzione tecnologica. Solo così è possibile trovare una sintesi, un punto di equilibrio tra tutela dell’esistente e promozione del futuro, capendo anche come le scelte di un Paese possano condizionare direttamente o indirettamente quelle di un altro.

    Per questo è opportuno comprendere e governare certi aspetti più di dettaglio: per accompagnare l’evoluzione della società in modo da rendere le trasformazioni e le discontinuità, meno traumatiche possibili e massimizzare il potenziale di prosperità offerto dalle tecnologie.

    Così è possibile anche dare una giusta dose di fiducia nel futuro a chi è più pessimista, riconoscendo e difendendo valori base e loro evoluzioni; cercando di rendere più inclusiva la profonda trasformazione che stiamo vivendo e meno sfilacciata la società.

    Ho cercato di proporre un testo facilmente leggibile con capitoli auto-conclusivi, anche a scapito di qualche breve ripetizione o approssimazione, di cui mi scuso con chi deciderà di leggerlo tutto in sequenza. In effetti gli argomenti sono tanti e molti di questi si intersecano. Forse un ipertesto sarebbe stato più funzionale. Ma la carta, il supporto materiale che contiene queste parole, ha proprietà intrinseche che mal si prestano a una fruizione non lineare.

    1 I PRINCIPI PER COMPRENDERE LA DIMENSIONE IMMATERIALE

    ...1.1 LA RASSICURANTE DIMENSIONE MATERIALE DEL MONDO

    L’uomo è diventato stanziale con la nascita dell’agricoltura, avvenuta circa undicimila anni fa. Con questo evento si sono poste le basi per l’evoluzione delle società arrivando alla forma che conosciamo ora.

    È all’agricoltura che si devono, in ultima istanza, l’addomesticamento degli animali, la specializzazione dei ruoli, la produzione di strumenti e macchine, la nascita del concetto di proprietà e la sua tutela, la difesa del territorio, lo sviluppo dell’economia, gli eserciti, i tribunali eccetera.

    Abbiamo quindi undicimila anni di storia dalla nascita dell’economia dei beni materiali. Una evoluzione molto lenta, che ci ha portato all’attuale organizzazione sociale ed economica.

    Quando le cose si conoscono molto bene, divengono ovvie e si danno per scontate. Tuttavia, la quantità di conoscenza che ciascuno di noi ha accumulato dalla nascita è assai ingente.

    Se ciascuno di noi dovesse produrre un saggio su un argomento tutto sommato banale – un esempio a caso: i pomodori – potrebbe scrivere centinaia o anche migliaia di pagine. A partire dalle varietà di pomodori (dal San Marzano al Cuore di Bue) ai canali di vendita (fruttivendoli, supermercati e magazzini generali), potrebbe arrivare a descrivere la coltivazione della terra dalla semina al raccolto. Si potrebbe allargare alla proprietà privata dei mezzi di lavoro e dei terreni, al catasto, il rogito e i notai, i trattori e i combustibili, i fertilizzanti e le industrie chimiche, i brevetti e i trattati internazionali e via dicendo.

    Per i pomodori, così come per la grande maggioranza delle cose che riguardano il mondo nella sua dimensione materiale, conosciamo le reti di relazioni tra concetti apparentemente lontani che in tal modo ci risultano ovvi.

    Conosciamo bene il mondo nella sua dimensione materiale e le relative dinamiche. Sono undicimila anni che ne osserviamo e impariamo l’evoluzione. L’avvento del mondo immateriale nelle nostre società è così sconvolgente – per alcuni persino traumatico – appunto perché è una rottura rispetto a tutte queste sedimentate certezze.

    Ci sono stati altri momenti nella storia in cui cambiamenti paradigmatici hanno trasformato radicalmente la società. Ad esempio, con la conquista del fuoco si è migliorata la resistenza alle intemperie e ci si è potuti dedicare ad allargare la conquista dei territori e successivamente alla forgiatura di armi e utensili. Con l’avvento delle macchine a vapore è cominciata l’industrializzazione con il conseguente inurbamento e la divisione sociale che è stata alla base di tanti conflitti del secolo scorso. Con l’elettricità siamo arrivati ai media di massa e alle estensioni cognitive così brillantemente descritte

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