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Etos del sacrificio passione per il mondo e filosofia d’occasione: La critica della violenza in Karl Jaspers, Hannah Arendt e Günther Anders
Etos del sacrificio passione per il mondo e filosofia d’occasione: La critica della violenza in Karl Jaspers, Hannah Arendt e Günther Anders
Etos del sacrificio passione per il mondo e filosofia d’occasione: La critica della violenza in Karl Jaspers, Hannah Arendt e Günther Anders
E-book139 pagine2 ore

Etos del sacrificio passione per il mondo e filosofia d’occasione: La critica della violenza in Karl Jaspers, Hannah Arendt e Günther Anders

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Quella che si tenta in queste pagine è, in buona sostanza, una lettura critica del concetto e del fenomeno della violenza alla luce di alcune tra le più significative e penetranti riflessioni di tre filosofi contemporanei: Karl Jaspers, Hannah Arendt e Günther Anders. «L’oggetto su cui richiama l’attenzione questo libro è insieme di interesse storico e filosofico: il Novecento, per capire quanto dell’enorme tasso di violenza che in esso gli uomini hanno causato e patito ha la possibilità di riversarsi nel nuovo secolo e toccare tutti noi, o non invece indurci, attraverso l’istanza della coscienza, ad apprestare gli strumenti per limitarla, o almeno per fronteggiarla. A questo proposito l’interrogativo è se la riflessione filosofica svolga un ruolo in questo senso, o non ne svolga nessuno, o peggio ancora assuma anch’essa una funzione illusoria» (dalla prefazione di Mario Martini).
LinguaItaliano
Data di uscita20 ott 2006
ISBN9788889840979
Etos del sacrificio passione per il mondo e filosofia d’occasione: La critica della violenza in Karl Jaspers, Hannah Arendt e Günther Anders

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    Anteprima del libro

    Etos del sacrificio passione per il mondo e filosofia d’occasione - Giuseppe Moscati

    ANDERS

    1

    Tre pensatori della sopravvivenza


    davanti alla radicalità

    della violenza contemporanea

    Le riflessioni filosofiche che ci hanno lasciato Karl Jaspers, Hannah Arendt e Günther Anders ruotano attorno a quella che possiamo definire la radicalizzazione della violenza nell’età contemporanea. E questo a partire dalla presa di coscienza del mutato rapporto uomo-mondo ad opera dei più drammatici effetti che eventi catastrofici come lo sterminio nazista degli ebrei o la bomba atomica hanno arrecato all’umanità.

    È proprio la Arendt ad indicarci quale sia la via da seguire per cogliere il vero senso del problema della violenza quando chiarisce che questa, prima di essere combattuta, va compresa. L’analisi arendtiana prende le mosse dall’individuare, nell’atteggiamento hegelo-marxiano verso la dicotomia bene/male, l’antico pregiudizio filosofico che ancora oggi non permette una corretta disamina di ciò che è violenza. Tale pregiudizio è quello che legge il male nel mondo come modus privativo del bene e, di conseguenza, induce al contempo a fidare nella derivazione del bene dal male e a sperare nel fatto che il male e i suoi derivati siano meri momenti di un bene latente: «Queste venerande opinioni sono diventate pericolose; esse vengono condivise da molti, che non hanno mai sentito pronunciare il nome di Hegel o di Marx, per la semplice ragione che ispirano speranza e dissipano i timori – una speranza ingannevole impiegata per dissipare un timore legittimo».¹ La strada segnalata dalla Arendt per una ricerca sulla violenza, dove l’attenzione si concentra sul reale rapporto di questa con il male (che tuttavia non è certo rapporto di identificazione), passa pertanto per il riconoscimento del fatto che per comprendere la violenza «nella sua realtà autentica, dobbiamo esaminarne le radici e la natura».²

    Intanto, è bene anticipare che per l’autrice del Sulla violenza non si può parlare di fenomeno naturale né a proposito della violenza, né a proposito del potere: essi, semmai, appartengono alla sfera politica e discendono direttamente dall’azione come atto finalizzato a modificare lo stato delle cose. La stessa azione violenta muta la realtà, ma (solo) in direzione di una realtà violenta: ecco lo scacco intimo di ogni metodo

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