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Gli uccisori (Giallo, Thriller, Poliziesco)
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Gli uccisori (Giallo, Thriller, Poliziesco)
E-book174 pagine3 ore

Gli uccisori (Giallo, Thriller, Poliziesco)

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Info su questo ebook

Una misteriosa serie di omicidi-suicidi si abbatte su Roma e la Polizia è incapace di trovare spiegazioni e moventi dell'ondata improvvisa di violenza. Poi le strade degli inquirenti si incontrano con quella di un investigatore privato specializzato in infedeltà coniugale, e finalmente una pista si apre, insinuandosi fra antichi segreti familiari inconfessabili.
LinguaItaliano
Data di uscita28 mar 2016
ISBN9788892584594
Gli uccisori (Giallo, Thriller, Poliziesco)

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    Anteprima del libro

    Gli uccisori (Giallo, Thriller, Poliziesco) - Luca Ranieri

    Ranieri

    1

    Il silenzio nella baia era interrotto solo dallo sciabordio delle onde e dal canto dei gabbiani. Il sole del tramonto si specchiava nel mare rilucendo in innumerevoli scaglie di luce abbagliante.

    Massimo Martini pensò che giornate come quella ripagavano abbondantemente dello stress patito durante il lungo inverno passato a inseguire mariti fedifraghi nel grigiore della città.

    Bevve un sorso di limonata e alzò di nuovo il binocolo. Il soggetto sul pattino era sdraiato su un fianco, immobile da più di un’ora. Indossava solo un paio di occhiali da sole e un boxer da mare tirato fin sopra l’ombelico per celare almeno in parte l’addome generoso. Sembrava che non stesse aspettando nessuno, ma Massimo contava che presto sarebbe arrivata la bionda con cui l’aveva visto entrare in un motel alle porte di Milano la sera prima.

    Inclinò la sdraio e si spalmò un altro strato di crema solare. Fingere di prendere il sole era un bel lavoro e ci stava prendendo gusto. Sicuramente meglio che guardare vetrine di negozi di cui non gli importava nulla, o bere per forza l’ennesimo caffè della giornata solo per pedinare un ubriacone che visitava tutti i bar del quartiere prima di farsi fotografare in atteggiamenti compromettenti.

    Massimo gettò un’occhiata verso il catamarano e si accorse che l’uomo si era alzato. Continuando a guardare verso di lui attraverso gli occhiali da sole, posò una mano sulla custodia della sua fida reflex, rimasta fino a quel momento nascosta nella borsa di paglia.

    L’uomo si infilò una maglietta e scese dalla barca. Una volta giunto a riva, gettò in terra un paio di ciabatte e si diresse alla volta della sua cabina.

    Massimo prese la borsa e si incamminò verso la strada, controllando la cabina con la coda dell’occhio. Il bagnino del Paestum gli fece l’occhiolino e per un attimo l’investigatore si chiese se la sua copertura non fosse saltata. Poi lo guardò meglio e giudicò che probabilmente era gay, così rispose con un cenno del capo e proseguì facendo finta di niente.

    L’uomo uscì in strada. Ora indossava una camicia hawaiana e un paio di bermuda bianchi. Salutò distrattamente il bagnino e attraversò il corso. Uno scooter lo evitò per un soffio e il suono stridulo del clacson fece voltare i passanti. Il conducente, un uomo calvo pieno di tatuaggi, lo insultò e si allontanò a tutto gas.

    Siamo nervosetti, eh? pensò Massimo, aumentando la distanza che li separava. Era sicuro che l’uomo non lo avesse mai notato da quando, il giorno prima, aveva iniziato a pedinarlo, ma non voleva che lo vedesse in faccia neanche per una volta. Avrebbe potuto cambiarsi la camicia e i pantaloni, ma non i connotati. A meno che non glieli cambiasse proprio l’oggetto dei suoi pedinamenti, come gli era capitato più di una volta nella sua carriera. Era un rischio per cui si faceva pagare profumatamente, ma non aveva alcuna intenzione di ripetere l’esperienza.

    Lo seguì fino all’albergo Miramare, dove entrò due minuti esatti dopo di lui. Giudicò che non era il caso di sostare sul divano in pelle della lussuosa hall in abbigliamento da spiaggia, così raggiunse rapidamente la camera che aveva preso a spese della cornuta di turno, come era solito chiamare le sue clienti.

    Quando Massimo ripiombò nella hall scendendo la scala due gradini alla volta, erano passati non più di tre minuti. Indossava un completo giallo di lino, occhiali scuri e un cappello di paglia. E naturalmente il suo profumo preferito, la cui scia avrebbe dovuto coprire la trasandatezza dell’abbigliamento e far pensare che non si fosse cambiato i vestiti in fretta e furia temendo di perdere il sorvegliato. Si accomodò su una delle poltrone rivolte verso l’ascensore e, sempre indossando gli occhiali da sole, accavallò le gambe e finse di leggere una rivista.

    Il soggetto uscì dall’ascensore quando mancavano due minuti alle diciannove. La receptionist lo accolse con un sorriso a trentadue denti.

    Tutto bene, dottor Antinori? disse con voce squillante.

    Massimo non udì la risposta dell’uomo, ma lo vide consegnare la carta di credito e lo maledisse, intuendo che desiderava regolare il conto in quel momento: ne dedusse che lo aspettava una lunga notte di lavoro e una partenza per Milano all’alba.

    Rocco Antinori uscì in strada e svoltò a destra. Aveva prenotato al Ponentino, un ristorante esclusivo del lungomare. Massimo fece una smorfia quando lo vide entrare: avrebbe cenato volentieri in un ristorante ricco di specialità di pesce a spese di quella cornuta della moglie, ma non aveva prenotato e quella sera era pieno. Inoltre si trovava lì per lavoro, ricordò a se stesso: prudenza e basso profilo erano le parole d’ordine quando lavorava ad un caso. Niente stronzate.

    Prese un panino e una bibita al chiosco di fronte alla spiaggia e si accomodò su una panchina. Il mare era piatto come una tavola e sul viale che costeggiava la baia iniziava lo struscio serale. Non sarebbe stato prudente puntare il binocolo verso le vetrine del ristorante, così l’investigatore si limitò ad osservare di tanto in tanto l’entrata da una posizione in cui era parzialmente nascosto da una palma.

    Non vide entrare la bionda della sera prima e, anche se Rocco Antinori non gli sembrava il tipo che facesse attendere una donna, concluse che lei lo stava aspettando all’interno del ristorante. Non restava che attendere che uscissero.

    Massimo si appostò sul bordo della panchina e tenne d’occhio l’entrata mentre le ultime luci del giorno si spegnevano, colorando la baia di una stupenda tonalità violacea.

    Dopo due ore Antinori e la sua amante uscirono dal locale e, anche se la strada era ormai illuminata solo dai lampioni, Massimo si accorse subito che non era la stessa donna del giorno prima. Era molto più alta e aveva lunghi capelli castani. Dai lineamenti del viso sembrava russa e l’abbigliamento faceva pensare ad una escort di alto bordo.

    Estrasse la fotocamera digitale dalla custodia con la velocità di un pistolero che si gioca la vita a un duello e scattò in sequenza. Nonostante avesse disattivato il flash, le foto erano abbastanza nitide grazie alla generosa illuminazione del corso, ma ben lungi dall’essere sufficienti al suo scopo.

    I due si incamminarono a piedi verso l’hotel. Antinori la teneva sottobraccio e sembrava sempre più a disagio. Massimo li tenne d’occhio dalla sua posizione finché poté, poi li pedinò. Entrato nella hall, si diresse subito verso la sua poltrona preferita, da cui poteva al tempo stesso controllare gli ascensori e udire quello che diceva la receptionist dalla voce squillante.

    Stanza 322, ecco a lei. Buonanotte, dottor Antinori cinguettò la ragazza, sempre sorridendo falsamente. L’uomo prese la chiave senza rispondere e Massimo ebbe l’impressione che l’avrebbe volentieri strangolata se avesse potuto.

    Dopo qualche minuto, l’investigatore chiese a sua volta la chiave della sua stanza e salì al terzo piano. Il corridoio era deserto e con brevi passi silenziosi, attutiti dalla moquette, si appostò dietro la porta della stanza 322. Controllò ancora una volta che il cellulare fosse impostato in modalità silenziosa e restò ad ascoltare.

    Nessun dialogo utile filtrò attraverso la porta di legno della camera. I due non parlarono affatto, o lo fecero a bassa voce. Anche durante il sesso furono abbastanza discreti e non si parlarono. Massimo riuscì a captare solo un vago ansimare e il rumore della struttura del letto che si fletteva.

    Quei momenti erano la cosa che più odiava del suo mestiere. Restare fermi sotto la pioggia fuori da un bar o appostati in macchina una notte intera lottando contro il sonno rendeva duro il suo lavoro, ma origliare alla porta di una stanza per captare rumori e dialoghi di due persone che facevano sesso era umiliante, lo faceva sentire uno sporco guardone.

    Udì la porta dell’ascensore che si apriva e voltò subito le spalle fingendo di incamminarsi verso la sua stanza. Quando vide con la coda dell’occhio il nuovo arrivato svoltare l’angolo dalla parte opposta del lungo corridoio, tornò davanti alla porta del sorvegliato e riprese ad origliare.

    Rumore di acqua che scorreva, la chiusura lampo di una borsa, poi un bicchiere che veniva posato su una superficie di ceramica. L’asciugacapelli, poi lo sciacquone del bagno.

    Massimo era sensibilissimo ai rumori, caratteristica che, unita al suo acuto spirito di osservazione, lo rendeva uno degli investigatori più rapidi e quotati della piazza. Il suo ingaggio era costoso, ma permetteva ai clienti di risparmiare notevolmente sulle spese, perché solitamente Massimo era in grado di raccogliere le prove necessarie a sostenere una causa di divorzio in pochi giorni.

    Il rumore di tacchi sul pavimento del bagno e l’audio del televisore acceso lo informarono che era giunto il momento: la ragazza stava per uscire.

    Si incamminò verso il punto più lontano del corridoio e impostò la fotocamera in modalità silenziosa. Selezionò una sequenza di autoscatto per trenta secondi e catturò immagini nitidissime ad alta risoluzione della donna non appena uscì dalla stanza. Per quella sera il suo lavoro era terminato, così tornò soddisfatto alla sua camera.

    Ora sarebbe venuta la parte più difficile. Si cambiò e indossò un abito da sera. Gli sembrava di aver inquadrato abbastanza bene la ragazza della reception ed era sicuro che un atteggiamento autoritario avrebbe giovato più di un look da seduttore. In ogni caso, contava sul fatto che il suo aspetto in giacca e cravatta unisse il meglio di entrambi, e che tutto sarebbe passato in secondo piano quando la ragazza avesse visto la mazzetta di banconote da cinquanta euro comparire magicamente dalla manica della sua camicia.

    Massimo sbucò dall’ascensore della hall con un sorriso ammaliante stampato sul viso e si diresse verso il bancone della reception, puntando con lo sguardo gli occhi della giovane donna. Lei sorrise a sua volta e gli chiese cosa potesse fare per lui con la solita voce stridula.

    Solo un piccolo favore rispose Massimo affabile, continuando a tenerla negli occhi. Si protese sul bancone come se volesse baciarla, poi proseguì abbassando la voce. Sono un investigatore privato e sto raccogliendo le prove che Rocco Antinori tradisce sua moglie. Poverina, è distrutta e ora non le resta che divorziare, l’ho sentita poco fa al telefono e non riusciva neanche a parlare da quanto piangeva.

    La ragazza fu talmente sorpresa da quella grandinata di informazioni inattese che restò ammutolita, come se avesse ricevuto uno schiaffo. Continuò a guardarlo con gli occhi sbarrati, in attesa che la togliesse dall’imbarazzo.

    Come si chiama la donna con cui è rientrato dopo cena? chiese Massimo, assumendo all’improvviso un tono autoritario.

    La receptionist abbozzò timidamente una risposta: Non credo siano informazioni che….

    Suvvia, lei non vuole avere problemi, giusto? Sono convinto che il direttore non vorrebbe una cattiva pubblicità sull’hotel, e le foto che ho fatto lo metterebbero… come dire, in imbarazzo. Antinori è un industriale famoso e sicuramente il suo divorzio finirà almeno sulla stampa locale. Avete molti clienti milanesi, giusto?.

    La ragazza era a disagio. Bene, stava andando meglio del previsto. Suo malgrado aprì il registro e fece una smorfia, tornando a guardare Massimo con occhi da cane bastonato.

    Mi dispiace signore, ma….

    Non si è registrata finì per lei l’investigatore. Ahi, ahi… qui c’è una palese violazione delle procedure. È il tipo di guai da cui un hotel rispettabile come questo dovrebbe sempre tenersi alla larga, non crede?.

    Io… io non capisco, dev’esserci stato un errore.

    "Ma certo, un grave errore da parte sua. Ma io sono un tipo magnanimo e non voglio che una ragazza carina

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