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Saltare un paio di vite
Saltare un paio di vite
Saltare un paio di vite
E-book175 pagine2 ore

Saltare un paio di vite

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Info su questo ebook

Immaginate di perdere tutto: soldi, amore, famiglia, casa, lavoro, amici. Provate a pensare di ritrovarvi completamente soli.

Le vostre priorità sono cambiate, si sono ribaltate.

Simone ha poco tempo per scoprire cosa diamine sia successo.

Circondato da persone sconosciute inizierà il suo viaggio, cercando di capire di chi fidarsi e di chi dubitare.

Voi cosa fareste al suo posto?
LinguaItaliano
Data di uscita18 giu 2018
ISBN9788827836026
Saltare un paio di vite

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    Anteprima del libro

    Saltare un paio di vite - Alberto Ventimiglia

    Indice

    Introduzione

    Saltare un paio di vite

    Alberto Ventimiglia

    Saltare un paio di vite

    Youcanprint Self-Publishing

    In copertina:

    Illustrazione di Flaminia Bonfiglio

    www.flaminiabonfiglio.com

    ART DIRECTOR: FLAMINIA BONFIGLIO

    PROGETTO GRAFICO: FLAMINIA BONFIGLIO, ALBERTO VENTIMIGLIA

    ISBN | 9788827836026

    Prima edizione digitale: 2018

    © Tutti i diritti riservati all’Autore

    Youcanprint Self-Publishing

    Via Roma 73 - 73039 Tricase (LE)

    info@youcanprint.it

    www.youcanprint.it

    Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’autore.

    Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941.

    Introduzione

    E’ tra le rughe di un vecchio girovago, di chi caduto ed ha trovato sempre un’estrema forza, che si cela il senso della vita.

    Il coraggio di guardare il volto di chi ha manipolato il proprio destino, di aprire il cuore a Dio, di ricominciare a respirare l’ebbro soffio vitale, contraddistingue la favola tristemente ironica di un uomo qualunque.

    Uomo qualunque come chiunque cessi di essere considerato appartenente alla propria specie dagli altri individui, per il semplice motivo che la tragica danza della vita ha confuso i sogni o soffocato la gioia, relegando ai margini dell’esistenza stupefatti danzatori.

    Lo stile di scrittura e rapido e veloce come il succedersi di ogni Natale, periodo dell’anno che trasmette al protagonista, repentini cambiamenti.

    E’ nel sottobosco della capitale, dove l’uomo diviene davvero artifex fortunae suae, che l’autore ci accompagna, senza sciorinare banali e facili pietosismi, per esplicare un’amara filosofia che mira alla mente prima che al cuore.

    Un incalzante susseguirsi di emozioni, un groviglio di sentimenti e tanti quesiti si addensano nel plumbeo cielo di Simone, che si diradano esclusivamente sotto i chiari raggi delle battute conclusive.

    Un reietto, un barbone, un UOMO; un tutto e un niente nel gelido buio di una notte romana.

    Dott. Gianluca Crea

    Roma 20 luglio 2008

    Saltare un paio di vite

    Roma, zona San Lorenzo, un vicolo che conduce a un pub ad angolo; fuori una statuetta di gesso con fattezze di un cameriere con papillon, camicia bianca e gilet rosso, indica, con la mano destra, ad accomodarsi all’interno del locale. All’interno del pub c’è un viavai incessante di gente, i giovani camerieri non hanno tregua a servire vertiginosamente i clienti.

    Seduto su uno sgabello e appoggiato al bancone del locale, c’è Simone: ha circa quaranta anni, alto un metro e ottanta, un uomo di bella presenza con capelli neri e occhi azzurri che ipnotizzano data l’enorme bellezza. Il vestito elegante, un gessato grigio ricoperto da una giacca nera lunga, le scarpe cromate nere che dalla sera precedente restano pulite, un’unica pecca: il nodo della cravatta nera posta su camicia bianca era semi sciolto e il primo bottone della camicia sbottonato. Quella sera Simone aveva una sensazione di occlusione alle vie respiratorie, l’aria non gli bastava, pensava che se fosse uscito sarebbe stato uguale. Mario dammi un whisky doppio con ghiaccio, disse l’uomo rivolgendosi al barista, sua vecchia conoscenza, il quale servendolo si accorse che qualcosa non andava bene al suo assodato cliente. Simone prese il bicchiere e con la mano destra gli creava, ruotandolo un po’ in senso orario un po’ nell’altro, dei piccoli cerchi di alcool.

    Poco dopo si fermava a mirare il contenuto, ma i suoi pensieri erano lontani da qualsiasi cosa lo circondava. Mario, mentre serviva una birra e un paio di cocktails, si rivolse con tono alto, data la musica che riecheggiava nel locale, a Simone: Simò che hai stasera? Ti vedo strano. Dopo qualche istante la risposta: No, niente solite cose e scolando d’un fiato il bicchiere del doppio si alzò continuando a parlare:

    Ciao Mario, ci si vede. Mario continuando a servire rispose al saluto con un cenno del capo e con un sorriso rivolto alla cliente di fronte, che gli stava parlando; la seguiva con molta attenzione.

    Simone, mentre si apprestava ad arrivare alla macchina parcheggiata in un vicolo, ebbe come un senso di nausea. Devo stare calmo, sono i miei soliti stati d’ansia, devo respirare più profondamente si ripeteva fra sé, ma proprio in quel momento fu costretto a inchinarsi vicino ai cassonetti dell’immondizia per vomitare e lo faceva prestando attenzione a non macchiarsi il vestito e, soprattutto, le scarpe. Finito di espellere il mal odoroso impasto e ancora con la bocca dello stomaco dolente per colpa dei violenti conati di vomito, giunse al proprio veicolo, un grosso BMW nero con i sedili in pelle, uno degli ultimi modelli; attraversò le strade della città soprappensiero ed ecco il quartiere Eur e tra le tante villette, la sua.

    Dalla macchina, con il piccolissimo telecomando, aprì il cancello automatico e giù per il breve tratto in discesa, fino al garage, che contiene atre due macchine sempre di sua proprietà ma di più piccola cilindrata. Parcheggiò la macchina e, dall’interno del box, aprì una porta per salire le scale che conducono all’interno dell’abitazione; intanto la saracinesca automatica si chiuse alle spalle dell’ormai solo ombra dell’uomo.

    Erano le due di notte.

    La casa di Simone é un trilivello, distribuito partendo dal piano terra, box e sala hobby al cui interno è posto un tavolo da biliardo con il classico tappeto verde e, a sinistra, appese a una parete le stecche da biliardo. Al centro della stanza un tavolo da banchetti e, alla sua destra, appoggiata al muro una libreria molto grande con libri di autori sconosciuti ma altri molto interessanti di scrittori di vario genere. Si trovano all’interno della stanza anche un piccolo cucinino e un bagno. Tutta la mobilia della casa ha colori chiari splendenti. Al primo piano Simone attraversò il salone dalle pareti tappezzate da quadri di pittori non proprio famosi ma che mettono allegria e serenità con i colori del prato, del cielo e del sole. Entrando in cucina l’uomo aprì il frigorifero per vedere se c’era qualcosa da mangiare che non fosse impegnativo da cucinare. Di roba ce n’era talmente tanta da sfamare tre famiglie, ma lui non sapeva cosa prendere; alla fine optò per un bicchiere di the e un tramezzino all’insalata di tonno della festa data la sera precedente. Attraversò il corridoio e si spogliò nella camera degli ospiti, utilizzata di rado. Essendo un tipo ordinato, ripose tutte le cose nel guardaroba a tenda posto nella camera, le scarpe nel porta scarpe e gli oggetti, come orologio e bracciale, dentro un posacenere di cristallo, mai utilizzato: Simone non fuma e, agli amici fumatori dà un altro posacenere, per non rovinare quello di cristallo, che tra l’altro era un regalo chissà di chi.

    Sullo stesso piano c’è anche un bagno, dove Simone, anche quella sera, si recò e scrupolosamente si prese cura del proprio corpo.

    Messo un pigiama di seta blu, salì le scale. Giunto al piano superiore, dove sono due camere e un bagno, entrò nella stanza da letto più grande, e si udì una voce bassa, quella piena di sonno: Simone, che ore sono, vieni a letto…. Era la voce di Sandra, convivente da sette anni, una donna bellissima, con i capelli neri e il taglio alla francesina, gli occhi della notte e un corpo mozzafiato. Simone s’infilò sotto le coperte, diede amorevolmente un bacio a Sandra e si voltò dall’altra parte; provò a prendere sonno ma non vi riuscì per i tanti crucci che aveva; di nuovo quel senso di soffocamento e sudore freddo lungo la schiena. Fissò l’orologio digitale sul comodino: le ore, poi i minuti, infine i secondi scorrevano troppo lentamente per lui.

    Sandra con voce bassissima Sandra, svegliati… con tono un po’ più deciso.

    Che vuoi Simò, sto dormendo.

    Simone accese la luce e si sedette in mezzo al letto: Sandra, oggi è successa una cosa terribile in ufficio… Non so come dirtelo.

    La donna si destò immediatamente e fissò il compagno come non aveva mai fatto in tanti anni; la impressionò il volto sconvolto dell’uomo che non le aveva fatto mai mancare niente; le aveva trovato anche un posto in banca come bancaria. Purtroppo, è meglio che tu lo sappia subito, perché domani si leggerà su tutti i giornali e lo verresti a sapere comunque; l’impresa edile Simone e Luca è fallita… siamo rimasti senza niente dalla sera alla mattina. Sandra non credeva a quel che sentiva: Ma è impossibile, non può essere accaduto, E invece è successo, ho dovuto mandare gli operai a casa, gli ho dato l’ultima liquidazione e ora non ho più un lavoro.

    La nottata fu lunghissima ma passò; Sandra intontita dal sonno, chiamò Marta, la cameriera, che dormiva nella stanza di fianco: Marta prepara la colazione, stiamo scendendo. La governante era una donnina piccola, paffutella, sulla sessantina, le guance rosa e gli occhietti piccolini. I capelli erano raccolti e fermati da una forcina, in cucina si sapeva muovere con una tale grazia; sembrava ballasse un valzer, mentre preparava le varie leccornie. Simone conosceva la donna da quando era piccolo, perché era la mamma di un suo compagno di scuola, rimasta vedova da giovane e per disgrazia sola, poiché l’unico figlio Davide era morto investito da una macchina mentre attraversava la strada per andare a raccattare la palla uscita fuori dal campetto di calcio improvvisato dai ragazzini; quel giorno c’era anche Simone e aveva come Davide solo dieci anni.

    Simone come Marta veniva da un piccolo paesino della Calabria. Il ragazzo, sostenuto dalla famiglia, si trasferì a Roma per cercare fortuna, cosa che trovò; non fu così per Marta che rimase giù come donna delle pulizie. La retribuzione economica non le bastava neanche per pagare l’affitto e, proprio nel momento di sconforto massimo, Simone fece fortuna. Conoscendo la disgrazia della donna e legato a lei come un figlio a una mamma, rimasto anche lui solo dopo la morte dei genitori, decise di prenderla come governante e la fece salire a Roma, dove lei si sentì sempre più come una di famiglia e meno come domestica.

    Simone non aveva dormito per tutta la notte, si era rifugiato al primo piano nella camera degli ospiti, adibita a studio ormai da molto tempo, a cercare di fare chiarezza sulla sua situazione. Simone ti porto qui la colazione o vieni in cucina? disse Marta ancora non al corrente della situazione. C’è qualcosa che non va? Hai una brutta faccia, chiamo il dottore?

    Simone fissò Marta e con i gomiti appoggiati sulla scrivania, la barba incolta e i capelli in disordine disse: Marta da domani ti ho trovato un nuovo posto di lavoro, farai la governante per la famiglia Valeri; ho già dato le tue referenze e la tua disponibilità; sono persone che già conosci per le tante volte che sono venute a mangiare qui, quindi non dovresti avere problemi… Ma io….

    Marta ti prego è già difficile per me dirti queste cose, io… Io ho fallito…Sono un fallito. L’uomo incrociò le braccia e ci posò il capo sopra, Sandra scese le scale e trovò i due immobili: una sul ciglio della porta e l’altro sulla scrivania poggiato come un naufrago su un appiglio fortuito in mezzo al mare. Driiin, driiiiin, si udì un suono energico alla porta che sbloccò quello stato di falsa quiete del momento. Marta aprì la porta e si trovò di fronte il signor Luca con un sorriso a trentadue denti, profumato e riposato come se nulla fosse accaduto. Simone è in casa? Scommetto che sta dormendo quel dormiglione. Si accomodi nel salone, vado a chiamare il signore. Marta non aveva mai potuto digerire quel tipo: era presuntuoso con quel sigaro in bocca, quel viso da presa in giro e quello sguardo da cattivo dei film americani. Simone, è il signor Luca, l’ho fatto accomodare nel salone; ti sta aspettando. Simone seguito da Sandra si affrettò ad arrivare nel salone: Luca che notizie porti? disse subito. Luca posò il sigaro nel posacenere, si alzò dal divano e salutò con calma Sandra. Sempre meravigliosa, e dai, stai tranquilla, lo conosci è un tipo troppo ansioso rivolgendosi a Simone Vedi mio caro io non mi preoccupo più di tanto, abbiamo fatto un’ esperienza… Ma che stai dicendo rispose nervosamente Simone Abbiamo sputato l’anima per portare avanti l’impresa, non capisci, non abbiamo più nulla, non abbiamo più soldi, ho dovuto licenziare Marta e ancora chissà cosa mi toccherà fare Hai licenziato Marta senza interpellarmi? gli urlò contro Sandra.E chi farà adesso le pulizie, tu stai per uscire di senno… Io tolgo il disturbo anche perché ho molte cose da fare aggiunse Luca che, frettolosamente, salutò Simone con il volto sconvolto e Sandra, che aveva altro per la testa che prendere i saluti di Luca! Marta accompagnò l’odioso uomo e si affrettò ad andare in cucina preoccupata per la sua sorte.

    Intanto, nel salone Simone si stancò di sentirsi urlare in faccia: lo infastidiva sin da bambino. Dal padre preferiva ricevere uno schiaffo piuttosto che una ramanzina accompagnata da grida "Sandra, adesso basta, cerca di capire, non abbiamo più soldi e, con il tuo stipendio, non

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