L'occhio del demone
Di Enrico Cetta
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Anteprima del libro
L'occhio del demone - Enrico Cetta
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Enrico Cetta
L'OCCHIO DEL
DEMONE
Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono fittizi o usati in modo fittizio. Tutti gli episodi, le vicende, i dialoghi di questo libro, sono partoriti dall’immaginazione dell’autore e non vanno riferiti a situazioni reali se non per pura coincidenza.
INTRODUZIONE
L’impero di Punhan è delimitato a nord dai monti Kyojin, a sud-est dalla foresta dei Neki, a sud-ovest dal lago dei Suiriku, a ovest dall’immenso deserto senza fine e a est dal mare.
La sua capitale è Java ove risiede l’imperatore. Altre città degne di nota sono Nora’Lym, Ichiwa e Hsien-Koh, città portuale di notevole importanza per il commercio.
Anishima merita una menzione a parte, si trova alle pendici dei monti Kyojin, un immenso territorio montuoso casa dei Kyojin, appunto, giganti dall’aspetto mostruoso da sempre in guerra con gli umani, ma casa anche dei Moru, creature di dimensioni molto più ridotte che rifuggono la luce del sole vivendo in gallerie sotterranee.
Meryath è invece la città più popolata e importante del deserto senza fine, abitata più che altro dai Sandar, una popolazione umanoide dalla pelle olivastra che è divenuta famosa in tutto l’impero per le proprie capacità commerciali.
La foresta è territorio dei Neki, una razza dai lineamenti felini che costruisce abitazioni sugli alberi, esseri aggressivi e perfidi sempre pronti a incitare discordie e a escogitare loschi piani che li vedano predominare sulle altre razze.
Il grande lago è invece casa dei Suiriku, una popolazione anfibia che vive sul fondo del lago e che predilige l’isolamento ma che non disdegna di effettuare saltuarie incursioni nei villaggi adiacenti al lago.
Esistono altri piani della realtà oltre a quello consueto, dominati da esseri potenti e malvagi, gli Oni, demoni, diavoli, esseri infernali il cui passatempo preferito è arrecare danno e sofferenza agli uomini.
Sopra a tutto ciò ci sono i Kami, onnipotenti spiriti della natura che governano l’esistenza e le sue regole e a volte si dilettano a interferire con i comuni esseri mortali.
È un mondo vario, dove la magia regna sovrana, appannaggio di molteplici creature. Esistono maghi nel senso più classico del termine, i cosiddetti Majishan, o guaritori come i Chiryo-shi. Esistono anche persone che hanno preferito seguire vie più oscure imparando la magia nera, i Majutsu-shi che hanno stretto patti con esseri abominevoli, ma non tutti sono malvagi, alcuni perseguono ugualmente nobili intenti.
La magia non è comunque l’unica via in questo mondo. Anche la forza e la destrezza fisica sono doti mirabili, esistono samurai, semplici guerrieri, ninja.
Tutti questi esseri vivono le loro avventure in questo impero sotto la mano grande e forte dell’imperatore e dei suoi feudatari
, gli shogun, ma non tutto avviene alla luce del sole. Ci sono intrighi, piani segreti, vicende che non vengono registrate dalla storia ufficiale e questa è proprio una di esse…
ATTO I
L’OCCHIO DEL DEMONE
PROLOGO
UN SALVATORE INASPETTATO
UNA SETTIMANA FA
Impero di Punhan, una stanza semibuia al centro di un tempio, all’interno di una città non segnalata sulle mappe.
Un gruppo di anziani sacerdoti seduti a un tavolo.
All’esterno rumore di lotta e grida che avanzano sempre più rapidamente.
Siamo finiti! Non eravamo pronti per questo! I nostri valorosi guerrieri sono stati presi alla sprovvista, hanno resistito finché hanno potuto ma ormai non c’è più nulla da fare. Quei cani dell’inferno hanno sfondato le mura del tempio e stanno per entrare qui dentro, che gli spiriti ci perdonino, abbiamo fallito nel nostro compito!
Emh, scusate…ma io avrei qualcosa da ridire al riguardo.
La voce proviene dalle loro spalle. Un nobile signore elegante con due baffi sottili ma molto lunghi, un pizzetto a punta sul mento e uno sguardo altezzoso compare improvvisamente nella sala.
E tu chi sei? Come hai fatto a entrare? Sei forse uno di quei porci maledetti? Sappi che nonostante le speranze siano contro di noi ci batteremo fino alla morte!
No, no, no, miei signori, io non ho nulla a che fare con quella mandria di barbari lì fuori! Anzi, potete considerarmi un alleato e porto la soluzione ai vostri problemi. Ma il tempo come ben sapete scarseggia quindi dovrete decidere immantinente se la mia proposta è di vostro gradimento. Sappiate che io posso darvi modo di salvare ciò che state proteggendo da così tanto tempo, posso darvi una speranza di portare a compimento la vostra missione.
I sacerdoti restano in silenzio per qualche secondo, si lanciano occhiate intense, sembra quasi che stiano comunicando telepaticamente tra loro e poi quello che sembra essere il più anziano parla:
Esponi ciò che hai da dire e preghiamo gli spiriti che possa davvero essere la soluzione ai nostri problemi.
Be’, così spero anch’io, ma sappiate che perché tutto vada nel verso giusto ci sono alcuni prezzi da pagare e uno di questi è che voi dovrete morire… tutti quanti!
CAPITOLO UNO
RISVEGLIO
OGGI
Le palpebre si schiudono lentamente, gli occhi tornano a osservare l’ambiente circostante ma tutto è così sfocato, alle orecchie giungono lentamente rumori sempre più intensi, la mente è intorpidita, occorre qualche secondo perché tutto sia chiaro.
Una battaglia…si trova al centro di una battaglia. È in piedi e attorno a lui gente che corre e che grida. Si guarda ed è coperto da un’armatura. Nella mano destra stringe una katana bellissima, l’impugnatura è finemente decorata e l’acciaio è di una fattura unica. Indossa un elmo e nella sua mano sinistra sorregge uno scudo; varie incisioni sono presenti sulla parte frontale ma non le riconosce.
In effetti non riconosce nulla di ciò che gli sta succedendo intorno…per essere più precisi non sa nemmeno chi è egli stesso. Dalla fronte gli scende un rivolo di sangue, deve aver subìto un colpo in testa, probabilmente è per questo che non ricorda niente.
Ma non c’è tempo per tergiversare ora, si trova nel mezzo di un campo di battaglia. Cerca di orientarsi, non riesce a capire chi siano i suoi alleati e chi i suoi nemici, non ci sono insegne comuni ma dallo sguardo dei soldati attorno a lui riesce a percepire se si trovano lì per ucciderlo o se sono suoi compagni, non sa come ciò sia possibile ma ci riesce. Ma perché si trova lì? E per quale motivo sta combattendo? Sono risposte che dovranno attendere perché uno dei suoi avversari lo sta caricando.
Un fuoco si accende in lui, appena il suo nemico è a portata di tiro la sua mano destra si muove tagliandogli di netto la testa e comincia. Si lancia in battaglia in uno spettacolo terrificante e al contempo affascinante, si muove velocissimo compiendo grandi balzi ma con la grazia di un ballerino. La sua mano sinistra sa sempre dove trovarsi per parare i colpi nemici con lo scudo anche quando gli occhi guardano altrove, la sua mano destra è come una falce intenta a mietere il grano. Nulla sembra arrestarlo, le sue movenze nel combattere appaiono quasi coreografiche, è pura poesia della morte. Non si rende conto egli stesso dei suoi movimenti, il tutto gli appare naturale, sembra nato per combattere e uccidere.
La battaglia dura per una mezz’ora buona e alla fine solo lui si erge vittorioso in piedi…sì, vittorioso ma per conto di chi? I suoi avversari sono tutti morti e anche quelli che dovrebbero essere i suoi compagni, coloro che avrebbero potuto dirgli chi è. Si sfila l’elmo, lascia cadere lo scudo e ripone la katana nel fodero alle sue spalle. Si tocca la fronte, il sangue non cola più ma con le dita raggiunge la ferita proprio nel centro della fronte. Alla sua sinistra scorge un torrente, si dirige verso di esso per lavare via il suo sangue e quello delle sue vittime di dosso. Mentre avanza si accorge di un soldato ai suoi piedi ancora vivo anche se per poco, bisbiglia parole tra uno spruzzo di sangue e l’altro, non ha più gli occhi, colpiti di netto da un fendente. Si ferma, si abbassa per ascoltare le ultime parole di un uomo:
Fratello mio…sei tu? Ti sei salvato, vero? Siano lodati gli spiriti…
Non sa per quale motivo, forse per pura compassione, ma gli afferra la mano e gli parla: Sì, sono io, non ti preoccupare, andrà tutto bene.
Sì, lo so…quando sei con me non ho paura, ma ti prego, promettimi che ti prenderai tu cura di mio figlio…Jinzo è così giovane…
Si chiede se sia giusto mentire a un uomo in punto di morte ma pensa che il conforto sia l’unica cosa che può dargli in questo momento così gli risponde:
Certo, lo crescerò e lo amerò come fosse mio figlio, te lo prometto ma ora stai tranquillo e riposa.
Sì…ora che so che te ne occuperai tu posso riposare...
E così dicendo spira.
Gli lascia la mano, si alza e prosegue verso il fiume.
Si china sull’acqua, con le mani ne prende un po’ e si sciacqua il viso, chiude gli occhi e inspira profondamente, quando li riapre osserva il suo viso riflesso. È una delle tante cose che non ricorda…il suo aspetto…e quello che vede lo spaventa. Dalla fronte, sulla parte sinistra del viso, gli parte un tatuaggio. Un lungo e sottile triangolo capovolto che gli attraversa l’occhio e la cui punta va a finire poco sopra l’angolo sinistro della bocca. Ma quello che lo terrorizza maggiormente è il suo occhio sinistro completamente nero, senza pupilla, come quello di un demone.
CAPITOLO DUE
JINZO
Immagino che la ferita all’occhio sia un ricordo spiacevole di uno scontro, signore, ma chissà come sarà ridotto il vostro avversario, giusto?
Sì, giusto.
Un ricordo spiacevole, già, uno dei primi fra l’altro da quando ha aperto gli occhi in mezzo a quel campo di battaglia, ma come spiegare al contadino troppo chiacchierone che lo sta trasportando sul suo carretto, che in realtà il suo occhio non è ferito ma che la fasciatura gli necessita solamente per nascondere la sua caratteristica fisica così bizzarra che potrebbe portare a domande spiacevoli di cui non possiede le risposte.
Comunque, signore, siamo arrivati a Kanushima. È il primo villaggio nei pressi come vi avevo detto, signore. Ora io devo continuare per la mia strada ma è stato un piacere servirla, signore, anzi se qualcuno me lo chiederà domani notte, seduto in taverna con del buon sakè caldo a portata di mano dirò che è stato un vero onore poterla accompagnare signor…signor…
Lo guarda e sa che dovrebbe dirgli il suo nome ma non lo conosce. Dopo aver esitato qualche istante risponde: Jinzo, il mio nome è Jinzo.
È stato un vero onore poterla accompagnare, signor Jinzo!
Scende e il contadino riparte per la sua strada.
Jinzo…non è poi così strano, è il primo nome che ha sentito da quando ha memoria stamattina, sul campo di battaglia da un soldato morente. Non può mantenere la promessa che gli ha fatto ma almeno potrà onorare la sua memoria portando il nome di suo figlio, sì…si farà chiamare così d’ora in poi, almeno finchè i ricordi non si saranno decisi a tornare da lui.
Si incammina verso la locanda. Possiede denaro e in quantità, un altro mistero, comunque una cena e un letto dove riposare non dovrebbero essere un problema almeno per stanotte.
La locanda è fatiscente, povera, vi si trovano ubriaconi di paese, viandanti solitari e gruppi di avventurieri. Si dirige verso il proprietario intento a riempire bicchieri dietro il bancone.
Buonasera, avrei bisogno di un pasto caldo e di un letto per stanotte.
E così dicendo appoggia sul banco un sacchetto pieno di monete.
Oh, certo, signore! Intanto vi verso subito del sakè caldo!
Il viso del proprietario si illumina e comanda subito a un ragazzino di andare a preparare una stanza.
Il pasto è molto semplice ma gli sembra di avere lo stomaco vuoto da secoli per cui ne assapora ogni boccone e il sakè lo aiuta a rilassarsi, almeno fino a quando tre brutti ceffi alti e in armatura non gli si avvicinano.
Dovevi avere davvero una gran fame, amico, ti sei divorato tutto quanto.
Non gli risponde, fissa solo la tazza di sakè che tiene in mano.
E quella brutta ferita che hai in volto…hai perso l’occhio? Immagino il dolore! Ma ne deve essere valsa la pena se ci hai guadagnato tutte le monete che hai dentro quel sacchetto.
"Sentite, non voglio