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I giorni che ci restano: Serie Stonebridge
I giorni che ci restano: Serie Stonebridge
I giorni che ci restano: Serie Stonebridge
E-book338 pagine4 ore

I giorni che ci restano: Serie Stonebridge

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Info su questo ebook

Dopo il successo della Saga Infedeltà, con più di 100.000 lettori, Diana Scott torna con la Serie Stonebridge, piena di suspence, erotismo e una grande passione. L’amore, la suspence e l’azione continuano. Il secondo romanzo della Saga Stonebridge.

Dopo la peggiore delle bugie, Anne è disposta a dimenticare Reed Blackman. Il dolore le ha dimostrato che non deve aspettare che siano gli altri a darle ciò che può ottenere da sola.

Reed non ha potuto evitare di vederla andar via, ma il suo desiderio è troppo forte ed egoista per offrirle la libertà che lei tanto cerca. Sa che se vuole riaverla, dovrà accettare i suoi desideri e le sue nuove condizioni, anche se i demoni del suo passato lo faranno morire dalla gelosia e affondare ancor di più nella sua oscurità.

Riuscirà Anne a dimenticare ciò che è successo?

Riuscirà Reed ad accettare i nuovi appetiti di Anne?

È possibile continuare ad amare quando tutto è cambiato?

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita16 mag 2019
ISBN9781547587100
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    Anteprima del libro

    I giorni che ci restano - Diana Scott

    Prologo...

    Central Park, Stonebridge

    Il prato si scorge appena. La luce di un vecchio lampione lascia intravedere tre figure che provano a nascondere la loro malvagità. Alberi, come giganti erculei, nascondono il luccichio delle stelle e coprono il suono di una conversazione che minaccia morte e dolore. Il vento freddo della notte sembra aver scoperto l’intenzione delle loro parole perché spira arrabbiato provando ad attenuare le voci.

    — Andrai a Parigi stasera stessa. Non possiamo perdere altro tempo.

    — Parigi?

    — Sì. Ti stanno aspettando.

    — È troppo presto — il biondo di due metri, che ha una grande cicatrice simile ad una collana ruggisce infastidito.

    — Andrai ovunque ti verrà detto! Incontrerai il mio informatore. Chiudi quella maledetta bocca altrimenti te la farò chiudere io — la voce furiosa risuona nel parco.

    — Tu no sei mio capo! — il biondo drizza la schiena provando ad imporsi — Tu no comandare me!

    — Mettimi alla prova — l’Orologiaio irrigidisce la mandibola — e vedrai come ti costruisco una bara di legno di pino con le mie mani.

    I suoi occhi grigi come il piombo liquido risplendono a causa dell’odio. I pugni gli si chiudono, disposti a lottare e il suo corpo si irrigidisce in attesa. L’Orologiaio ha voglia di litigare, e si vede.

    Il bestione, che conosce i suoi pregi fisici, aspetta il colpo, ansioso. Desidera strappargli quel maledetto sorriso da so tutto io.

    — Genrikh! — l’ordine inchioda il gigante al suo posto.

    Alla seconda testa calda, che dissimula tranquillità, basta un semplice sguardo per far sì che il colosso si metta da una parte e rimanga in silenzio come un agnellino.

    — Orologiaio... questi no essere i piani. Tu cambiare, perché? — chiede con finta calma.

    — Parigi è l’opportunità perfetta per trasformare il Fabergé in denaro. Genrikh partirà urgentemente e si incontrerà col mio informatore. Lo accoglieranno senza fare domande. In meno di ventiquattro ore saremo ricchi da fare schifo.

    Il capo sorride, sospettoso. Lui e l’Orologiaio lavorano insieme da anni ma ultimamente quell’imbroglione non è più lo stesso. Uccidere quell’archeologo avaro lo ha cambiato, ma non in meglio. Deve stare in allerta.

    — Misha, dovrai assicurarti che loro seguano le mie istruzioni alla lettera. Se questo stupido mi frega, lo ucciderò con le mie mani — l’Orologiaio sputa al grande capo.

    Genrikh sospira furioso mentre si scaglia contro l’Orologiaio. Il corpo di Misha lo ferma di nuovo e il titano sospira come un toro di Miura.

    — Genrikh essere uno di miei migliori uomini e io fidare di lui. Se dubitare tanto, perché non andare tu? — sorride con spavalderia mentre incrocia le grosse braccia facendo risaltare i forti bicipiti.

    — Imbecille! Lo farei se potessi — i suoi occhi iniettati di sangue si accendono come ferro bollente e questa volta è Misha ad avvicinarsi a passo lento all’Orologiaio.

    — Tu abbassare il tono con me o no raccontarlo due volte.

    — Allora non dire stupidaggini! — sbraita furioso — Conosci i motivi che mi trattengono. Fai sì che il Fabergé arrivi a destinazione e che seguano alla lettera le mie istruzioni o, in meno di ventiquattro ore, saremo dietro le sbarre. Misha, se cado io, tu mi segui.

    — Le sbarre no spaventarci. Non prendere noi — risponde Genrikh con un luccichio negli occhi.

    — A me sì e se qualcosa andrà male, verrò a cercare te e quella puttana della tua ragazza.

    L’Orologiaio si gira senza paura per scaricare la sua furia sul titano, che viene nuovamente fermato dal suo capo. Il ladro se ne va, coperto dall’oscurità della notte, con alle spalle la morte di un amico, che ancora non riesce a superare.

    — Misha io ucciderlo. Orologiaio non dobbiamo fidare — Genrikh immagina la testa dell’Orologiaio su un vassoio e sorride.

    — Non ancora. Quando sarà giunto il momento ci libereremo di lui.

    Il titano annuisce, d’accordo. Salgono in macchina e organizzano i prossimi movimenti. Genrikh deve andare a Parigi il prima possibile e portare a termine il piano. La vendita del Fabergé significa molti milioni per tutti loro.

    Non molto lontano da lì...

    Reed

    Non puoi farmi questo, non puoi... ho fatto tutto per te.

    20.50

    Reed

    Non posso sopportarlo. Dimmi dove sei o impazzirò.

    20.55

    Reed

    Sai che hai bisogno di me ed io di te, ci capiamo a vicenda...

    20.57

    Reed

    Sono un imbecille ma sai quanto ti amo. Ragazza mia, torna da me.

    21.00

    Reed

    Foster! Non posso perderti. Accidenti! RISPONDI.

    21.05

    Reed

    Picchiami, insultami, odiami. Ma fallo qui, accanto a me...

    21.10

    Reed

    Dove sei? Non riesco a trovarti... Dimmi dove sei. Ti cercherò in ogni posto.

    21.30

    ––––––––

    Reed

    Sto impazzendo. Non ricordo neppure come mi chiamo. Devo vederti...

    21.48

    Reed

    Non ti perderò. Non in questo modo. Se pensi che tra noi sia finita ti stai sbagliando di grosso. Una storia come la nostra non finisce sparendo.

    21.59

    Reed

    Cazzo Anne... ORA BASTA!

    22.07

    ––––––––

    Metto il silenzioso e permetto alla notte e a tutte le sue varietà di solitudine di avvolgermi. Il materasso affonda sotto il mio peso provando a proteggere un corpo troppo ferito per essere guarito da un semplice sonno. Una preziosa tazza di ceramica, che ancora fuma sul comodino, contiene un tè nero che non riesco a bere.

    È strano ma già non tremo più, il freddo mi attraversa il corpo ma non lo sento. I pensieri mi cullano e lo stomaco si rivolta schifato, ma non riesco a vomitare. Provo a chiudere gli occhi e a riposare ma non riesco a fare neppure questo. Le immagini di ricordi vividi mi inondano il cervello. Non parlano, semplicemente mi fanno a pezzi una dopo l’altra, mentre ricordo il mio terribile errore. Il ricordo del suo sguardo, le sue grida disperate sotto la pioggia, le sue braccia che chiedono perdono, il dolore causato dall’inganno. Tutto convoglia nella mia mente ricordandomi la grandezza della mia stupidità. Ha giurato di amarmi ed io ci ho creduto. Mi ha detto che era la prima volta ed io ho accettato. Ho sognato le sue braccia e l’ho adorato. Ho volato per le sue carezze innamorate e mi sono schiantata.

    Mi prendo la testa tra le mani per reggerla mentre la luce della luna illumina la stanza. Sicuramente è molto tardi e Jane starà dormendo. Quella poveretta è quasi svenuta quando mi ha vista. Immagino che trovare tua sorella davanti al portone di casa, sotto shock e completamente zuppa, non è una cosa semplice da digerire. Solo a me capitano queste situazioni. Non ho il diritto di stressarla con i miei problemi e ancor meno di farla preoccupare in questo modo, ma in mia difesa, posso dire che non ero nelle condizioni di pensare ad altro se non alla mia vergogna. Che cosa ho detto quando ha aperto la porta? Sono riuscita a spiegarmi o sono semplicemente svenuta tra le sue braccia? Come ho fatto ad arrivare a casa sua senza crollare durante il tragitto? Che incubo...

    Provo ad alzarmi con l’aiuto dei cuscini ma non ci riesco, la nausea mi permette solo di sedermi sul bordo del letto. Abbasso la testa e provo a respirare delicatamente ma non c’è verso, la pressione che sento sul petto non me lo permette. È un infarto! Deve esserlo perché nulla può causare così tanto dolore al cuore. No! Non voglio gridare. Se devo morire, lo farò in silenzio, già sono stata abbastanza patetica per morire senza dignità. Inspiro, sospiro, respiro e poi inspiro di nuovo. Le lacrime scendono di nuovo come cascate. No, non è un infarto... I miei dolori non appartengono alla carne, la mia angoscia è quella comune a noi che consegniamo il nostro amore a chi non avremmo mai dovuto guardare. John e i suoi maltrattamenti sono riusciti a farmi affondare nella miseria ma Reed mi ha pugnalato causandomi una ferita mortale.

    Quanti falsi ti amo mi ha fatto sentire? Quanti sospiri di piacere ho reputato reali quando in realtà non lo erano? Guardo verso la finestra e gli occhi mi si coprono di lacrime, di nuovo... Ed io che ho pensato di essere arida dentro, sono ancora qui, a piangere senza sapere quando tutto questo finirà.

    Per un po’ di tempo ho sognato una vita che credevo di meritare, ho sognato le frecce di cupido e il sorriso di un angioletto dell’amore che mi guardava felice... stupida illusa. Sarò destinata a collezionare le spine dell’amore?

    Non vali niente. Maledetta donna che non fa bene niente. Stupida, più stupida degli scarafaggi! Non lo sai neppure succhiare!. Queste erano le sue parole prima di assestarmi uno dei suoi colpi precisi. John non ne ha mai sbagliato uno. Ho sempre resistito a credere alle sue affermazioni ma al giorno d’oggi, la realtà si confonde nel mare delle mie insicurezze. Stupida o truffata, cosa importa quando il risultato è sempre lo stesso frutto avvelenato. Ho creduto ai bellocci dei romanzi romantici, quelli che ti sconvolgono già alle prime pagine e che finiscono con un appassionato ti amo ma, tanto per cambiare, ho trovato solo una buffa interpretazione della mia vita. Si può essere più stupida? Ho sognato l’amore e la vita mi ha colpito con tante dolorose bugie. Le donne come me non sono nate per essere amate, anzi, siamo quello che guardano sempre la felicità da lontano, quelle che per un ingiusto disegno divino, esistiamo per osservare la fortuna che passa, non importa quanto corriamo, non riusciremo mai a raggiungerla.

    Mi alzo priva di forze e provo a camminare. Le gambe mi reggono ma non so bene come. Se dipendesse da me resterei eternamente in questo letto. Con molto sforzo riesco a raggiungere la finestra, riesco ad aprirla, inalo l’aria fredda della notte e mi rassegno davanti al fallimento. Il silenzio di una città addormentata mi ricorda che sono ancora viva sebbene il mio cuore non riesca a percepirlo. Devo sforzarmi. So che devo uscirne. Non posso permettermi di cadere. Non di nuovo, ma come? Alzo lo sguardo verso il cielo buio, cercando una risposta, ma nessuno mi risponde, né gli angeli né i demoni. Nessuno sembra ascoltarmi. Qual è il mio Karma per meritarmi un destino del genere? Perché a me? Ho solo cercato il mio dolce momento d’amore...

    ––––––––

    Chiamata Skype.

    Dottoressa Brenda Klein sta chiamando.

    Le mani mi tremano mentre provo a rispondere. Non voglio perdere la chiamata. Ho bisogno di parlare con Brenda.

    — Dottoressa Klein. Grazie per aver risposto al mio messaggio.

    — Cara Anne, a questo punto credo che possiamo mettere da parte le formalità paziente-medico e puoi chiamarmi semplicemente Brenda — dice dopo un ampio sbadiglio.

    — Mi dispiace molto disturbarti a quest’ora.

    — Non ti preoccupare. È incluso nelle cento sterline l’ora.

    Sorrido controvoglia. Brenda Klein è una psicologa delle più importanti del paese ma con me non guadagna un centesimo. Appartengo al gruppo regionale di donne maltrattate, gruppo C. Sono una delle dieci donne che Brenda segue per pura vocazione. Quando mi sono aggiunta al gruppo non ero sicura che quello fosse il luogo adatto a me, sono stata anche sul punto di andarmene ma il sorriso raggiante della dottoressa Klein mi ha invitata ad entrare. Lei ha iniziato a trattarmi da più di un anno ed è colei che crede che la mia vita ancora valga qualcosa, sebbene io continui reiteratamente a dimenticarlo.

    — Bene, come vedrai, ho una bella tazza piena di caffè, quindi spara senza paura.

    Alza la mano e con un sorriso mi mostra attraverso la fotocamera una tazza con su scritta la frase Perché tu vali.

    — Mi ha ingannata e mi sento morire... — la voce rotta esce senza pensarci.

    — Immagino che stiamo parlando del nuovo uomo che è entrato nella tua vita.

    — Sì, stiamo parlando di Reed Blackman.

    Brenda ed io ci incontriamo una volta a settimana e parliamo sia della mia relazione sentimentale che dei presunti progressi che, in teoria, ho fatto negli ultimi anni.

    — Gli ho creduto come una stupida, mi ha mentito. Ha detto che mi amava ma l’unica cosa vera è che si sposerà con un’altra.

    Brenda tossisce, poiché l’ultimo sorso di caffè le è andato di traverso.

    — Te lo ha detto lui?

    — No. L’ho scoperto nel peggiore dei modi. L’ho visto con i miei occhi...

    — Capisco — la dottoressa Klein appoggia la tazza e aspetta per alcuni interminabili secondi, prima di domandarmi — E tu cosa ne pensi?

    — Cosa ne penso? Cosa vuoi che pensi! Penso che sono la più grande delle imbecilli. Credevo che un uomo irresistibilmente attraente potesse essere interessato ad una come me. Credevo che i suoi sentimenti fossero reali e adesso mi sento completamente distrutta. Questo è ciò che penso.

    — Perché?

    — Perché cosa? Brenda, hai bevuto?

    — Solo caffè — risponde con indifferenza davanti alla mia disperazione.

    — Allora perché fai questa domanda? Come ti sentiresti tu se l’amore della tua vita ti avesse ingannata?

    — Non siamo qui per parlare della mia vita, ma della tua. Ti rifaccio la domanda. Cosa provi? — sospiro rassegnata e con gli occhi umidi, ma provo a rispondere.

    — Tristezza, paura, dolore, codardia...

    — Responsabilità?

    — È colpa mia! Io gli ho creduto. Mi sono lasciata ingannare.

    — Anne, sei una specie di Dio da cui nessuno può scappare? Hai un potere speciale per intercettare le bugie?

    — No, certo che no, ma avrei dovuto... — mi interrompe senza permettermi di continuare il mio discorso vittimistico.

    — Cara mia, non dovevi nulla. Ti hanno mentito come succede a migliaia di persone ogni giorno. Non sei stupida, né imbecille, né nulla di simile. Sei una donna come le altre, una che non merita il dolore come punizione. I tuoi sentimenti ti opprimono e sebbene li hai enumerati perfettamente, hanno tutti la stessa origine: il senso di colpa. Pensi di essere carente di coraggio e che non meriti l’amore di un bell’uomo, ma immagino che i risultati sarebbero stati belli anche con uno meno aggraziato. Non sono i suoi sentimenti né le sue bugie il più grande dei tuoi problemi, ma il tuo costante sentimento di colpevolezza.

    — Ma non ti ho raccontato tutta la storia, se mi ascoltassi... — balbetto provando a scappare dalla realtà.

    — Non ne ho bisogno. Non mi interessa conoscere i motivi che aveva Reed per mentirti. Siamo qui per farti capire i tuoi motivi. La vita ti darà colpi e coccole in modo intermittente e continuo, ma tutto questo non fa parte di nessuna punizione o ricompensa. John ti ha picchiata e non lo meritavi. In passato non sei riuscita a difenderti, ma non per mancanza di coraggio. È stato lui il maltrattatore, non tu. Reed ti ha ingannata ma la bugia è una responsabilità sua, non tua. Dimmi, continui a sentire quella vocina interiore che ti dice contemporaneamente bianco e nero?

    — Sì. A volte... Ma questa è una cosa molto comune nelle donne. Siamo fatte così, no? — provo a fuggire per la tangente.

    — Anne, ascoltami bene. Fai gli esercizi, controlla la mente, rinforza la tua autostima e controlla il tuo lato da Mr. Hyde distruttore. Sei riuscita a crescere professionalmente per il tuo valore. Adesso è il momento di portare a galla il tuo io personale. Con o senza Reed Blackman, sei una donna intelligente, se lui non se ne è accorto è un problema suo. Tu vali, tu sei intelligente, sei stata sincera e sei la padrona del tuo destino. Non cedere le redini della tua vita a nessuno che non sia il tuo cuore.

    Le lacrime mi scendono silenziose sulle guance mentre provo ad assimilare ogni parola.

    — Cara Anne, ti sei appoggiata ad un presunto amore per rafforzare la tua autostima, ti chiedo di farlo per te stessa. Non credere che vali perché ti amano o no, trova il coraggio nelle tue azioni. Sei stata capace di risorgere da un passato in cui la tua pelle era livida e gli insulti ti spaccavano i timpani, di cos’altro hai bisogno per capire quanto vali?

    Annuisco con la testa guardando la fotocamera perché il nodo che ho in gola non mi lascia parlare.

    — Anne, sei debole? — chiede Brenda dolcemente e riesce a risvegliarmi dal mio letargo.

    Lei mi ha insegnato e credere in me. Glielo devo.

    — No, non più...

    — Cara, in passato sei stata vittima ma oggi sarai il tuo carnefice se non ti concederai il dono di commettere errori e il potere dell’auto perdono — sospiro accettando una triste realtà.

    — Anne, soffri per la fine di un amore come farebbero tutte le altre donne. Permettiti di piangere e di insultarlo, di mangiare molta cioccolata e insultarlo, di farti un bagno con tanta schiuma continuando ad insultarlo...

    — Credevo fossi una psicologa, ma a quanto pare sei un’ottima consigliera — sollevo un sopracciglio, stupita.

    — Cara, prima di tutto sono una donna e non c’è nulla di meglio di qualche insulto per sentirti come nuova. Disgraziato, figlio di sua madre o coglione, insieme a un bel cucchiaio e a una confezione piena di gelato al cioccolato, sono sempre la cura migliore — mi asciugo le lacrime mentre sorrido alla mia particolare psicologa.

    — Dottoressa Klein, grazie mille per aver risposto al mio messaggio e per esserci sempre quando ho bisogno di te.

    — Grazie a te per essere una paziente così intelligente. Lotta perché nessuno lo farà al posto tuo. Non sei più la donna timorosa che ho conosciuto, continua così. Rialzati e vai avanti.

    — Ci proverò...

    — Come?

    — Lo farò. Lo farò. Brenda... grazie di cuore — dico mentre spingo il tasto per riagganciare.

    Sei debole? No, non più... non più. No, non lo sono!

    Un nuovo giorno

    — Sei sveglia?

    — Che ora è?

    — Troppo presto. Come stai? — la voce di Jane è nervosa e spaventata. È chiaro che l’ho fatta spaventare a morte.

    — Sto bene — balbetto con falso entusiasmo.

    Brenda mi ha dato molto materiale su cui pensare. Provo a sedermi sul letto fingendo sicurezza ma non ci riesco. Il mio corpo è debole e risentito. Non ho chiuso occhio per tutta la notte, ho le palpebre gonfie e i capelli sono un pesante groviglio di fili intrecciati e rossicci. Il mio aspetto non potrebbe essere peggiore.

    — Aspetta, faccio io.

    Jane sistema i cuscini dietro la mia schiena affinché possa sdraiarmi e questo mi fa sentire ancor più inutile di quanto già sia, ma è ovvio sono una... Basta pensieri negativi! Autostima sospira infastidita.

    — Sto bene. Non c’è nulla di cui preoccuparsi.

    Mia sorella si siede sul suo bel divano individuale che normalmente riserva agli ospiti e mi guarda con affetto. Entrambe restiamo in silenzio. È chiaro che sta aspettando una spiegazione ma cosa dovrei dirle? Come spiegarle che ho provato a fare l’eroina delle favole e ho finito per essere una copia lowcost della Marianne di Delacroix?

    Come spiegarle che sognavo uno di quegli uomini in completo Armani grigio piombo, ma sono riuscita solo a conquistare dei bugiardi che indossano camicia, bretelle e calzini sportivi? Conquistare! Ahaha, sì rido per non piangere. Sono andata a letto con lui, ma la parte della conquista? È chiaro che non l’ho neppure sfiorata. Non si direbbe che l’ho conquistato se il sopracitato ha calpestato i miei sentimenti come si fa con la spazzatura. Brenda dice che è normale, che tutte siamo state deluse almeno una volta ma fa dannatamente male. Respiro con forza per prendere coraggio dalla mia stessa vergogna ed inizio a spiegarmi.

    — Mi ha ingannata. Ha mentito. È un promesso sposo. Sta per sposarsi e... — ed ecco la cosa peggiore —. Aspetta un bambino.

    — Disgraziato... — Jane abbassa la testa ma il suo sguardo dice tutto.

    Il suo odio nei confronti di Reed sta iniziando a nascere. Entrambe restiamo in silenzio per riprenderci, mentre le lacrime traditrici iniziano a sgorgare di nuovo. Perché non finiscono?

    — Un figlio...

    Jane accarezza la mia mano senza guardarmi. So che le sto dando un forte dolore ma non mi interessa. Ho bisogno di lei. Ho bisogno di mia sorella e del suo affetto. O accetto tutto l’aiuto possibile o farò la fine di Giovanna la Pazza. Autostima si copre il viso con le mani perché vorrebbe scomparire.

    — L’ho visto con i miei occhi — Jane si alza come se la sedia scottasse e cammina all’interno della piccola stanza riservata agli ospiti.

    — Non capisco. Non è possibile. Perché fare qualcosa di così crudele? Sedurti sapendo che ti avrebbe abbandonata. È un perverso, un egoista, un bugiardo, è un grandissimo figlio di puttana!

    Spalanco gli occhi stupita per le parolacce dette da Jane. Lei non le dice mai.

    — Sì... — riesco a malapena a muovere le labbra.

    — Che disgraziato — Jane non si contiene nell’enumerazione.

    Abbasso la testa senza provare a difenderlo. Mi dà fastidio che pensi questo dell’uomo che continuo ad amare, ma come posso difenderlo? Lei ha tutta la ragione ma il mio cuore si rifiuta di pensare davanti ad un fatto così evidente.

    — Che gran coglione... — ce ne sono ancora?

    Jane è sconvolta tanto quanto me. L’unica differenza è che la sua è una rabbia vera mentre la mia... io sto solo cercando disperatamente un salvavita che mi liberi dal dolore, una colomba che porti un messaggio pieno di pace, un orologio che mi risvegli dall’incubo.

    — Ci ha ingannate — spalanco gli occhi senza comprendere le dichiarazioni di mia sorella.

    Forse la follia e la stupidità nella mia famiglia sono questioni genetiche? Di cosa sta parlando adesso? Crede di essere lei quella ingannata?

    — Jane, che dici? Qui non c’è nessun noi, qui c’è solo una stupida. E sono io!

    — Non dire così! Quando ti fai queste idee non ti sopporto — sospira infastidita —. La prima volta che l’ho visto mi è sembrato completamente preso dalle tue grazie. Se in qualche momento avessi avuto un dubbio, anche un lieve indizio della sua farsa, gli avrei sputato, poi lo avrei preso a calci nelle palle ed infine lo avrei buttato a terra, lo avrei schiacciato come un misero ratto nauseabondo e poi...

    Mia sorella è così arrabbiata che elenca una lista di minacce che qualsiasi altra donna nella mia posizione avrebbe detto. Inizio a ridere finché il petto non mi si fa a pezzi. La risata mi esce senza che riesca a controllarla. I nervi devono essere i responsabili di questo abbondante rilascio di endorfine. Deve essere così, altrimenti dovranno prenotarmi una stanza imbottita nel manicomio più vicino. Rido come non ho mai fatto prima.

    Jane che è sempre così schiva ed educata oggi sembra un pugile pronto al combattimento. La povera donna resta sbalordita sentendomi ridere ma l’attimo dopo non può far altro che sorridere ed unirsi alla mia isteria.

    — Anne, ti voglio bene... Ognuna di noi ha l’altra, non ti permetterò di affondare per colpa di un imbecille che non è stato in grado di apprezzarti — dice mentre mi accarezza i capelli aggrovigliati.

    — Non avrei mai creduto di poter ridere in questo modo. Sei fantastica — rispondo passando in un batter d’occhio dalla risata alla tristezza —. Anch’io ti voglio bene ma devo essere sincera con te, non posso ingannarti.

    — Dimmi —. Jane si muove per farsi spazio accanto a me, sul materasso.

    — Stavolta

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