Roma Futura
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Anteprima del libro
Roma Futura - Enrico Connor
XIV
Capitolo I
Il gruppo di paleontologi internazionali aspettava con ansia il risveglio di un esemplare unico nel suo genere, preservatosi perfettamente nei ghiacci del Terminillo, accanto a quello che sembrava essere il suo arcaico mezzo di locomozione, uno scooterone Burgman Gold 750 TurboX. Dopo anni di pressione politica, la comunità scientifica internazionale era inaspettatamente riuscita a convincere le autorità romane a rimuovere il corpo dal museo in cui era esposto congelato, ormai da secoli, per tentare di rimetterlo in vita con le ultime tecnologie disponibili. Il cuore aveva da poco ricominciato a battere, tanto che i medici avevano assicurato che presto avrebbe ripreso coscienza, mandando in fibrillazione i tanti scienziati venuti da tutto il mondo: l'uomo romano poteva finalmente mettere luce su un misterioso periodo storico di cruciale importanza, fonte di aspri dibattiti accademici, e aiutare a rintracciare le radici dei molti mali della società moderna romana.
John Bonnet percorreva a passo svelto il perimetro della stanza di osservazione, fermandosi solo per fissare il lento respiro dell'uomo romano dal vetro di protezione. All'inaspettata notizia del rilascio da parte delle autorità aveva immediatamente interrotto i suoi studi sui recenti ritrovamenti di Pontida, fatti di anacronistici e misteriosi cappelli vichinghi, oltre che di poco decifrabili reperti audio di un’oscura Radio Padania, di cui stava ancora cercando di tradurre le incomprensibili chiamate gutturali degli ascoltatori. Aveva quindi cancellato tutte le sue lezioni ed era corso all'aeroporto di Oxford per prendere il primo volo per il centro Italia.
Anche se ancora giovane, veniva considerato da molti come la figura di riferimento della cultura italica di inizio millennio. Evitava comunque di mettersi in mostra più del dovuto, e si distingueva solo per un inusuale attenzione verso il proprio look. Si presentava infatti in pubblico sempre ben vestito, spesso con abiti italiani, e con la folta capigliatura bionda ben pettinata. Veniva per questo amichevolmente deriso dai colleghi – troppo presi dai loro studi per curare il proprio stile e seguire le mode del tempo – che però non potevano che ammirare il livello delle sue pubblicazioni, oltre che la personalità disponibile e mai altera. I colleghi apprezzavano anche la passione smisurata che manifestava per i suoi studi, la quale lo portava però ad immedesimarsi eccessivamente nei personaggi storici e ad adottare antichi comportamenti italici considerati ormai non appropriati.
Continuò a camminare insistentemente avanti e dietro, cercando di concentrarsi sulle tante domande che avrebbe potuto formulare al risveglio di Lucio. Pensò che che forse non avrebbero più dovuto riferirsi a lui con quel nome, Lucio, affibbiatogli inizialmente dal fortunato paleontologo che lo ritrovò tra i ghiacci, per poi essere successivamente adottato dai media internazionali nei loro pittoreschi racconti dal dubbio contenuto storico.
Mentre era preso da questi pensieri, la sua attenzione si soffermò su una donna che sedeva in un angolo della stanza, vestita con una gonna succinta rossa e un’elegante maglia in lino con decorazioni floreali, concentrata nella lettura di uno strano libro cartaceo dalla copertina colorata e dall’aspetto non proprio accademico. Notò che interrompeva la lettura, quasi ad intervalli regolari, solo per osservare l’uomo romano dal vetro che separava le loro stanze. Non gli sembrava di averla mai vista a nessuno dei recenti convegni sulla noiosa Roma premariniana, e risultava in forte contrasto con quell'affollata stanza ospedaliera: vestiva con gusto e attenzione, e non aveva quell'aspetto esile e consumato che sembrava invece contraddistinguere molti colleghi del mondo accademico. John notò anche un piccolo tatuaggio sul collo, il quale venne però subito coperto dal movimento dei suoi lunghi capelli neri sciolti, prima che potesse osservarlo bene.
He's moving!
esclamò lei, alzandosi dalla sedia, interrompendo bruscamente la catena di pensieri di John e facendolo scattare con un balzo verso il vetro di separazione.
Un gruppo di medici si avvicinò a Lucio, il quale iniziava a muoversi lentamente, prima con quasi impercettibili movimenti degli arti, per poi passare a dei veri e propri sussulti del busto e della testa. I vari esperti fissavano con un misto di ansia e felicità quel corpo che si stava risvegliando dopo centinaia di anni, sospirando ad ogni suo movimento. John chiese di accendere il microfono della stanza, così da non perdersi neanche una delle prime parole che l’uomo romano avrebbe pronunciato. I suoi tanti anni di studi sulla parlata dell'epoca si sarebbero rivelati finalmente utili, ed era eccitato di poter finalmente interagire in quella forma così culturalmente singolare.
Lucio aprì finalmente gli occhi e iniziò a fissare con sguardo assente la parete bianca davanti a lui. Man mano che riprendeva i sensi, la sua attenzione si spostò verso la stanza, piena di dispositivi dall'aspetto inconsueto, e le facce sconosciute dei presenti. La sua espressione passò però rapidamente da un misto di curiosità e smarrimento ad un panico delirante, come se si fosse ricordato di un evento importante del passato o percepisse in qualche modo l'assurdità della sua situazione. Fissò quindi con agitazione gli occhi del medico più vicino e gli afferrò il braccio, aprendo e chiudendo la bocca più volte, cercando di trovare il fiato per parlare.
C'ha fatto 'a Lazio?!?
esclamò infine, quasi inaspettatamente, con voce forte ma rauca, voltandosi nervosamente verso i vari dottori ed infermieri presenti.
Gli esperti internazionali si guardarono sbigottiti con gli occhi spalancati. Alcuni accennarono un sorriso incerto. Non era possibile, già la fortuna li aveva assistiti fin troppo, preservando per oltre nove secoli il corpo dell'uomo romano, non potevano essere così fortunati.
È un Laziale!
esultò John, rompendo quel pesante silenzio e confermando ciò che pensavano i suoi colleghi, ma che sembrava troppo bello per essere vero.
Non avevano molte speranze infatti che il romano fosse anche un laziale, le statistiche storiche parlavano chiaro: sebbene il loro numero fosse soggetto a lievi variazioni date dai risultati stagionali, i romani laziali rimanevano sempre un'esigua minoranza, concentrata prevalentemente in limitate zone dei quartieri di Roma nord, con qualche trascurabile eccezione periferica, dove cercavano di difendersi con coraggio dalla maggioranza romanista.
Avere a che fare con un laziale significava però avere a disposizione un'importante chiave di lettura della società romana dell'epoca, visto il loro peculiare approccio verso la vita politica e sportiva. Come infatti i laziali nello sport andavano fieri di sostenere la squadra meno prestigiosa, sia economicamente che nei risultati, ostentando, in una sorta di masochismo sportivo, il proprio orgoglio di minoranza cittadina anche nella sconfitta, così anche politicamente si professavano spesso nostalgici di un periodo storico che la maggioranza aveva invece condannato in modo assoluto. Avevano quindi finalmente la possibilità di analizzare, alla radice e in maniera diretta, questo strano masochismo intellettuale, il quale affliggeva, in forma simile, la città di Roma moderna.
Ha vinto, la Lazio ha vinto
rispose quindi il dottore, non volendo causare stress non necessario ad un paziente risvegliatosi da così poco.
Ma...er derby?
mormorò confuso Lucio, fissando prima con una smorfia il dottore, poi l’arredamento inusuale della stanza.
Vinto pure quello, 2 a 0...doppietta di Totti!
rispose il medico per tranquillizzarlo, fingendo un certo entusiasmo e rispolverando le sue non proprio precise conoscenze su quell'antico sport.
Doppietta de Totti?
domandò a bassa voce l'uomo romano, iniziando a tremare e a guardare nervosamente i presenti nella stanza, come preso da convulsioni.
Il dottore chiamò in fretta due infermieri che lo immobilizzarono e lo sedarono, il tutto sotto gli occhi preoccupati dei paleontologi nell'altra stanza. Temevano che l'adattamento ad un periodo storico così distante sarebbe stato difficile, tanto che vi erano state forti discussioni sull'approccio da avere per facilitare la cosa. C'era chi affermava che il rientro doveva essere graduale, mentre altri spingevano per una reintroduzione rapida e totale. La comunità scientifica internazionale era perlomeno riuscita, facendo leva sulle loro conoscenze governative, a convincere le autorità romane a trasferire Lucio da un famigerato ospedale romano ad uno più rinomato del centro Italia. John aveva anche più volte chiesto di intermediare le prime comunicazioni, proprio per evitare questo tipo di inconvenienti, ma gli era stato negato il permesso dal primario.
Quando i medici entrarono nella loro sala, non riuscì quindi a trattenere la sua ira.
" Ve l'avevo detto! U n minimo di preparazione sul periodo storico! Menzionare una doppietta di Totti ad un laziale appena risvegliato, dopo nove secoli ! Er Pupone cazzo! Voi lo volete morto!" urlò ai due medici, intimoriti dall'inaspettata ira dello studioso.
Non è colpa nostra, noi abbiamo le mani legate
disse uno di loro, allargando le braccia, usando un gesto e l'antica espressione idiomatica che John conosceva bene dopo i suoi tanti anni di studi. Trovò curioso che ancora adesso venivano utilizzati dalle genti italiche per giustificare l’immobilismo e la propria ignavia.
Ora però ci occupiamo noi delle comunicazioni con il romano, voi vi concentrate sull’aspetto medico, capito?
gridò John.
Noi chi? Non potete entrare tutti nella stanza!
replicò perplesso il medico.
Andiamo io e lei
e senza pensarci afferrò il braccio della donna dai vestiti vivaci, che incuriosita si era avvicinata ad ascoltare quello scambio concitato, e si diresse con lei verso l'entrata della stanza del romano.
Il medico guardò confuso il resto degli esperti, cercando una qualche forma di dissenso verso quella decisione apparentemente non proprio democratica. I colleghi di John rimasero fermi ad osservare la scena e, conoscendo lo spessore accademico di John, accettarono passivamente di conferirgli quel gran privilegio, facendo istintivamente prevalere l'interesse scientifico alla competizione accademica.
John e la donna entrarono nella stanza del romano, sotto gli sguardi incuriositi dei medici ed infermieri. Presero due sedie ai lati della stanza, li avvicinarono velocemente all'uomo che dormiva e si sedettero preoccupati e un po’ in colpa al suo fianco, come fossero parenti in ritardo per l'orario di visita.
Comunque piacere, Kate, Università di Berkeley. Penso sia meglio comunicare in italiano, non pensi?
esordì lei, porgendo la mano e interrompendo quell'imbarazzante silenzio. John notò che aveva un possesso della lingua praticamente perfetto, se non per le erre pronunciate leggermente all'americana.
"Piacere John Bonnet, Oxford University. Concordo con te, non penso il romano se la