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Piccoli consigli utili in caso di invasione aliena
Piccoli consigli utili in caso di invasione aliena
Piccoli consigli utili in caso di invasione aliena
E-book218 pagine2 ore

Piccoli consigli utili in caso di invasione aliena

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Info su questo ebook

Cosa accadrà il giorno che incontreremo gli alieni? Nessuno lo sa anche perché nessuno, finora ha mai affrontato seriamente o comicamente(!) il problema. Dai dialoghi con minuti e pacifici esseri agli scontri con entità meno diplomatiche, sono alcunitra gli argomenti trattati in un'opera che è anche un manuale comico di sopravvivenza per la razza umana redatto dall’alieno Q.R.* Noz (*quadrata radice). Consigli utili pseudoscientifici ed esempi letterari, attraverso i racconti e le avventure di Ilnom Efals e del Rappresentante, sono un tentativo umoristico di proteggere quella che fino ad oggi è unanimemente autoconsiderata la specie più intelligente dell’Universo.
LinguaItaliano
EditoreQ. R. Noz
Data di uscita4 lug 2016
ISBN9786050472516
Piccoli consigli utili in caso di invasione aliena

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    Anteprima del libro

    Piccoli consigli utili in caso di invasione aliena - Q. R. Noz

    Farm

    Biografia

    Q.R. Noz l'alieno nasce circa 40 anni fa su Ganimede; figlio di un gestore di una stazione sciistica e una minatrice, vive un'infanzia molto alto-bassa; l'ambiente familiare gli permette di sviluppare uno humor particolarmente feroce finalizzato a far sorridere la madre, che però non aveva la bocca.

    A 18 anni intraprende studi gutturali presso il Campus Universitario di Burp! laureandosi in antropologia kilometrica. A 24 anni parte per un viaggio di studi sul pianeta Terra.

    L'aspetto umanoide gli permette di mantenersi agli studi dando lezioni di snowboard e catering.

    A 26 anni, prossimo al rientro, incontra Lauren ragazza terrestre con funzioni di architetto e decide di trasferirsi stabilmente sul pianeta azzurro. Dal matrimonio nasceranno tre figli egualmente distribuiti.

    È attualmente l'unico alieno ufficialmente riconosciuto dall'ONU e si occupa di ristorazione gestendo un locale di discreto successo.

    Accetta buoni pasto di diverse marche.

    Ha scritto Stress poetico raccolta di aforismi incomprensibili e Muuu fiaba per bambini feroci.

    Ad Amej per il passaggio in auto

    Prefazione con titolo

    Scriba o Scrittore?

    Non vorrei inimicarmi i dodici annoiati e imparentati lettori ma, prima di addentrarci nelle mirabolanti meraviglie di quest'opera minore, sarà necessario, almeno per me, chiarire un concetto totalmente inutile.

    Si tratta di una divagazione eccentrica, un risciacquo neuronale da relegare in condotti editoriali meno nobili, che però, col tempo, si è appropriato del titolo di Gran Chiodo Fisso e pretende con ostinazione un proprio e arrogante momento di fatua lucentezza, che quindi andrò a proporvi.

    È possibile che questo libro sia stato in qualche modo scritto, suggerito, sussurrato, o anche solo bisbigliato da forze non note al suo stesso autore?

    In definitiva, e anche secondo una visione un po' classicistica, è un libro opera degli alieni?

    Perché fatico a scrivere nelle giornate di pioggia? La trasmissione è disturbata?

    Si tratta di un problema serio, credo, che ha inizialmente assalito lo scrittore, ossia me stesso (citarsi in terza persona è già di per sé un segnale controverso) che però, in modo sbrigativo, ha deciso di relegarlo tra i disturbi della personalità (quindi tornerò a darmi del tu).

    Confesso che il tempo dedicato a valutare la possibilità che la mia mente fosse libera da qualsiasi influenza cosmica non è stato particolarmente rilevante; si può paragonare a quello che quotidianamente dedichiamo al sospetto di avere un marziano sottocutaneo.

    Gli esami fatti, non molto specifici, hanno solo rilevato un colesterolo egocentrico e la necessità di dedicarmi al nuoto.

    Ho sospirato nell’intimo.

    Ma…

    C'è naturalmente un ma

    Se no sarebbe un libro senza ma

    E i libri senza ma assomigliano stranamente alle etichette dei detersivi…

    … ho realizzato con la velocità di un centometrista narcolettico, che un autore che voglia definirsi tale ha l'obbligo di perseverare nella ricerca di un'apparente e commercialissima onestà intellettuale; anche solo per coccolare il proprio ego e posizionarsi al meglio sul futuro mercato del piacere, quindi…

    Dobbiamo riconoscere, che se in noi un alieno sguazza come un universitario in un ostello, abbiamo facoltà di esserne consapevoli quanto un pesce palla ha coscienza di vivere nell'acquario di uno studio dentistico.

    A scanso di equivoci, ora possiamo stabilire che esiste la reale possibilità che questo libro sia stato scritto in modo inumano.

    Seconda Prefazione

    (Senza titolo e anche un po' triste)

    Il secondo dubbio della mia vita nasce da una frase violenta pronunciatami da mia madre durante una colluttazione: «Tu vivi in un mondo tutto tuo! Sgnack!»

    Volendo esternare le mie emozioni in una sorta di outing letterario postdatato, debbo confessare che ho sempre cercato di vivere la mia vita in modo razionale, ma se in un futuro, spero prossimo, dovessi accertare la veridicità di questa frase, sappiate che affitterò di sicuro il pianeta ad altri e cercherò modi convenzionali e non di godermela.

    Nella malaugurata ipotesi che il senso della frase venga invece letto come tu vivi come se gli altri non esistessero, allora anche mia madre non esiste e non può permettersi di parlarmi così.

    Ovviamente se non esiste non può dirmi che non esisto e quindi sfortunatamente si tratta di una frase che mi sono detto da solo.

    Ma io esisto?

    Concluderei che avere come hobby le figure sillogistiche è veramente noioso, come noioso sta risultando l'inizio del libro.

    Muterò quindi approccio stilistico.

    Quest'opera vuole presentarsi sia come sperimentale cura omeopatico-letteraria sia come un pratico manuale contraddistinto da solide basi scientifiche.

    Ad esempio: se appoggio la mia mano su una lampada, la pelle diventa in parte trasparente; questo succede perché i fotoni riescono a passare attraverso gli atomi. Sono dunque, e in modo palese, un essere fatto di spazi vuoti.

    Gli atomi a loro volta sono costituiti da particelle subatomiche e queste ultime, qualcuno dice, sono onde, energia o, in sintesi, roba impalpabile.

    È quindi estremamente concreta la possibilità che io sia un semplice videogioco.

    Forse, in un momento di forzato ottimismo, potrei catalogarmi come database, ma si tratterebbe di un escamotage consolatorio.

    Questo tipo di ragionamento viene da me definito trastullante scienza da scrivania nel senso che si rifà sia agli atomisti greci sia alle chiacchiere da bar ed è un tipo di scienza che non prevede grossi investimenti di base ma la necessità di un buon caffè e tempo da perdere.

    A questo punto però il filo logico della prefazione inizia a vacillare, perciò, con la certezza che non avrò mai alcun tipo di risposta utile, inizierò il primo capitolo.

    Terza prefazione

    (Anch'essa senza titolo e, lo riconosco, con una costruzione più scontata.)

    C'era un'altra volta in una galassia a spirale di media grandezza di un gruppo galattico minore di un ammasso galattico secondario di un superammasso come ce ne sono tanti… un piccolo pianeta azzurro… e bianco.

    Era pieno d’acqua e quindi la gente, giustamente, lo chiamava Terra.

    Gli abitanti si autoproclamarono terrestri anche se in realtà il loro luogo ideale di riproduzione era il bagnasciuga e il nome più idoneo che avrebbero potuto darsi sarebbe stato quello di spiaggestri abbronzati.

    La stella intorno alla quale orbitava era posta in posizione periferica in uno dei bracci galattici. Era un braccio simile ad altri bracci e in effetti chi ci viveva aveva la perenne sensazione di abitare in provincia.

    Come tutti i provinciali gli abitanti erano persone tendenzialmente egocentriche, con in più una controversa e illogica invidia verso il buco nero.

    Per molto tempo avevano valutato come altamente probabile la possibilità di essere i soli esseri senzienti dell'universo e mentre lo pensavano di solito si incipriavano.

    A onor del vero non è che avessero molto tempo per speculare su cose così vaghe, impegnati com'erano a coltivare, mungere e tenere insieme i propri arti ma effettivamente, ogni tanto, ci pensavano e questo bisogna riconoscerglielo.

    Ripeto, non è che rimanessero svegli la notte a coccolarsi con questi pensieri solo che, concludevano pratici, se erano gli unici esseri nell'universo quello che c'era fuori dal pianeta era tutta roba loro e una volta raggiunto c'era poco da discutere, specialmente con altri.

    Questa stella? Mia!

    Questa galassia? Mia!

    Questo pianeta? Mio!

    Era scontato che ci sarebbe stato da disquisire tra di loro, ma almeno sapevano come si faceva e quanti dovevano morire per dialettica.

    Ma… e ripeto ma se non siamo soli, argomentavano magari succhiando un'ostrica, la questione è differente: c'è da litigare: questo è mio, questo è tuo, qui non ci metti piede, stai attento a quello che dici e spatagnac.

    Osservavano quindi l'universo sia con amorevole interesse scientifico sia con un occhio da agenzia immobiliare militarizzata.

    A ben guardare si trattava solo di pensieri inconsci, sensazioni che quasi non percepivano; guardavano le stelle e sospiravano… ma non focalizzavano. Qualcuno percepiva lievi sensazioni all'addome, ma nulla più.

    Questo fragile sottobosco emotivo non era però così inutile.

    Era un’invisibile molla virtuale che volenti o nolenti li spingeva ad agire: costruivano razzi, organizzavano convegni, affittavano macchinette per il caffè (fondamentali per raggiungere le stelle) e in caso di divorzio o di abbondanza di tempo libero elaboravano teorie, assiomi e giochi di parole.

    E non era l’inventiva a mancare, anzi.

    Quando non sapevano cosa fare mandavano nello spazio sonde con dischi d'oro[1] e messaggi di pace sperando in questo modo di incontrare civiltà che avessero sviluppato quantomeno il giradischi e l'umorismo.

    Altre capsule invece, specifiche per incontri più seri, trasportavano piastre metalliche con incise immagini di uomini e donne nudi e la posizione del pianeta[2]. Una forma di trasmissione siderale atta anche a incentivare il turismo sessuale. Venite da noi vi troverete bene!

    Ovvio che chi leggeva poteva interpretare secondo i propri appetiti ma questo aspetto non sembravano proprio averlo valutato.

    Bisogna considerare che erano una razza giovane che peccava di eccessivo ottimismo e così commettevano le stesse imprudenze di un sedicenne che guida un motorino sul lungomare.

    Col tempo progettarono ed eressero radiotelescopi di taglia XXL[3] ma il sogno hippy di ascoltare musica extraterrestre si trasformò presto in un'attività che poteva esaltare solo un pensionato greco.

    I lanci di telescopi orbitali permettevano certo agli astronomi di strizzare un po’ meno gli occhi e frequentare fondamentali corsi di fotoritocco, ma le immagini dell'invisibile erano causa di narcolessia, non solo tra i pensionati greci.

    Per ultimo, satelliti affascinanti come cassonetti per la raccolta differenziata esaminavano asteroidi di pietra pomice, senza piantarci sopra neppure una bandiera (non necessariamente greca)[4].

    Questo vano e sproporzionato impegno profuso nella ricerca di sfuggevoli o invisibili concorrenti alieni non bloccava comunque gli umani che continuavano imperterriti a esplorare i cieli e le finestre delle vicine.

    Era uno stato di attesa, definibile dagli psichiatri come inebriante-rilassatezza-delusa del giorno che non arriva mai, tipica per l’appunto degli astronomi e delle delusioni d'amore contronatura.

    Una sensazione che certo non aiutava, ma bisogna dare atto che riuscivano a reagire con l’intelligente caparbietà di una capra che incorna un sasso.

    Col tempo però la mancanza di risultati risultò eccessivamente frustrante anche per loro e così finirono per fissare quel cosmo irraggiungibile con la stessa espressione di un impiegato che guarda il mondo dalla finestra dell’ufficio il lunedì mattina.

    Per combattere la crescente noia, iniziarono così a scherzare fra loro, complicandosi l'esistenza con filmati e foto fasulle e in questo modo non riuscirono più a distinguere le figure false da quelle che forse non lo erano.

    Lanciavano piatti per aria e li

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