Una gradevole via di mezzo
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Anteprima del libro
Una gradevole via di mezzo - Michele Di SImoni
http://write.streetlib.com
L’incontro
Il sentiero si era fatto più agevole, si poteva quasi parlare di piccola strada e il rumore lontano appena avvertito di una macchina mi diceva che eravamo tornati a ritmi più veloci. Per buona parte della giornata mi aveva accompagnato il pensiero, quasi la preoccupazione, di dove passare la notte e buttarsi nuovamente dove tutto era privato appesantiva un po’ il mio stato d’animo. Fino a quel giorno i pascoli demaniali appenninici avevano semplificato le cose, ma lì, nel regno della proprietà privata
, trovare un posto per piantare la tenda e soprattutto per far mangiare e bere i miei compagni di viaggio diventava più impegnativo.
Campi, ruscelli o semplici fossi: bastava scegliere, gli occhi non riuscivano a contenerli tutti. Il problema era però trovarne il proprietario, il padrone, il contadino, insomma colui che solitamente alle parole scusi potrei…
, in seguito a un'estenuante trattativa e ripetuti chiarimenti sull’assoluta buona fede, dopo aver assicurato che l’indomani la sua terra non sarebbe stata vittima di alcun abuso, offesa o danno, ti risponde con un non troppo convinto e ancora pieno di diffidenza sì
. Non mi impensieriva questo, non mi spaventava dover provare a far capire a chi si alza la mattina all’alba per sudare sopra la propria terra che c’è anche chi trova il tempo di girovagare con un cavallo e un somaro come compagni per chissà quale strano motivo. Quello che temevo era di svegliarmi il mattino seguente con i suoi occhi severi addosso per la grave mancanza di rispetto.
I campi nelle loro forme più varie mi scorrevano davanti veloci e il sole abbastanza alto non mi costringeva ancora a prendere una decisione. Tuttavia la mappa parlava chiaro, nemmeno più avanti avrei trovato borghi o piccoli paesi che potessero avere una trattoria o anche solo un bar per mangiare qualcosa e scambiare due parole.
Arrivammo comunque in prossimità di un piccolo gruppetto di case, sembrava abitato. Da distante si scorgevano due anziani signori dietro un carretto, uno era seduto in un terrazzino a guardare l’altro intento a sistemare della legna. Andava avanti con movimenti lenti, ma non per stanchezza, pareva più l'andatura della gente che vive di e con la terra e che ha imparato da lei ritmi un po’ meno alienanti. Mi avvicinai con un sorriso titubante, ansioso di scambiare quelle due parole che ormai da qualche ora avevo bisogno di sputare fuori per capire come passare la notte. Speravo in un approccio non dico benevolo ma almeno cortese, eppure, quando fui a tu per tu con quegli occhi che già sentivo pesanti addosso, la loro severità apparve chiara. Rimasi un po’ deluso, ma non spiazzato. Di nuovo avevo beccato il vecchio contadino
non solo schiavo del proprio retaggio culturale, che lo rendeva incapace di dare un senso a quel vagabondare, ma anche restio di suo a concedere quanto meno il beneficio del dubbio.
Salve!
Al mio saluto i muscoli delle loro facce non disegnarono espressioni diverse , tuttavia mi risposero.
…sono in viaggio da qualche giorno e mi chiedevo se potevo rimediare qui da voi un po’ d’orzo per i miei animali
.
Dopo alcuni secondi di esitazione e visi che irrobustivano il loro stato d’animo, uno rispose.
Io un po’ d’orzo ce l’ho ma non lo posso dare perché è poco e se lo do a voi poi non basta a me
.
A me ne basterebbe veramente poco, quel tanto per far mangiare loro qualcosa di più sostanzioso rispetto all’erba dei prati in cui pascolano di notte
.
Purtroppo quello che ho io è veramente poco e se lo do a voi poi non basta a me
.
Aveva ripetuto, senza nemmeno sbagliare la sequenza delle parole, quanto detto dieci secondi prima, ma questa volta c’era un che di pungente, di interrogativo. Forse avrebbe voluto finire la frase con non lo capisci?
ma in uno slancio di bontà aveva deciso di non infierire.
Era stato il signore sul terrazzo a parlare. L’altro continuava con disciplina a edificare il mucchio di legna. Aveva sì alzato il capo per guardare in faccia questo strano personaggio capitato da chissà dove, ma non gli passò nemmeno per l’anticamera del cervello di considerarne le richieste. Non mi sognai neppure lontanamente di affrontare il problema più grande e cioè quello del campo in cui passare la notte, mi dissero solo di provare un po’ più in là per l’orzo, ma al campanello da loro indicato non avrebbe risposto nessuno.
Non era complicato accettare che il buonsenso contadino a volte decida di non andare di pari passo con l’ospitalità, ma mi risultava ben difficile dover ammettere che in quell’occasione, per quanto avessi potuto o voluto insistere, nemmeno del primo avrei mai avuto sentore.
Già dopo qualche decina di metri avevo abbandonato quella maschera sorridente indossata per salutare, e che la buona creanza impone soprattutto con persone più grandi, per dare spazio a un senso forte di fastidio, di disagio. Mi sentivo di troppo, ma allo stesso tempo non capivo: come si poteva non trovare un pizzico di soddisfazione nell’aiutare qualcuno con uno sforzo tanto piccolo o, dato che avevo offerto dei soldi, non essere soddisfatti per un buon affare. Ero infastidito, ma forse prevaleva la tristezza. Ero demoralizzato per me, ma soprattutto per la pochezza che avevano dimostrato.
Cercai di far vincere sulle ansie emotive quelle pragmatiche. Il sole si stava abbassando e le orecchie rassegnate e stanche dei due animali appesantivano il clima. Anche il tragitto, che solitamente mi rapiva coi suoi rumori e colori, si era appiattito apatico in un asfalto omogeneo.
Fu dopo diversi chilometri di cammino che le orecchie dei due animali d’un tratto si drizzarono. Avevano avvertito qualcosa. Cercai di acuire i miei sensi e il primo a rispondere fu l’udito.
Un nitrito. Di colpo il cuore mi schizzò in gola. Il passo della piccola carovana ciondolante ebbe un sussulto e oltrepassata la curva, in basso sulla sinistra, vidi cinque cavalli, anche loro ci cercavano con gli occhi e le orecchie; ci avevano sentito sicuramente già da un po’. Subito dopo, scorsi con un certo sollievo due figure umane intente a lavorare