Il Dominatore degli Elementi - Il Risveglio
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Jade e i suoi compagni si trovano di fronte all'ultima parte del loro viaggio. La guerra tra i due regni è iniziata e le mosse del nemico sfuggono alla loro comprensione. In questo mare di domande, Jade ha ricevuto la promessa di poter incontrare finalmente suo padre. Mille emozioni attanagliano ora il suo cuore.
Nel frattempo Mason continua a seguire le orme del suo maestro e finalmente riceve le tanto attese spiegazioni riguardo i suoi piani. Continuerà per la sua strada?
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Anteprima del libro
Il Dominatore degli Elementi - Il Risveglio - Cristiano Cantelli
Cristiano Cantelli
Il Dominatore degli Elementi - Il Risveglio
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2017 Cristiano Cantelli.
Prologo
Prese bene la mira. La sfera infuocata schizzò in direzione dell'obiettivo inanimato e si schiantò con ferocia. Il manichino di legno e paglia fu divelto dall’esplosione e alcuni pezzi in fiamme si sparsero a terra.
Mason rimase immobile ad osservare il crepitio del fuoco. Adorava quel suono, riusciva a calmarlo e a dargli un profondo senso di pace. Si guardò attorno e vide i tanti manichini che quella mattina aveva distrutto soltanto con l'ausilio dei suoi poteri.
Sono migliorato tantissimo, pensò soddisfatto.
Negli ultimi giorni si era allenato sotto la supervisione di Ores, il quale gli aveva insegnato a controllare meglio la manipolazione del fuoco. L'uomo si era rivelato un maestro in gamba, ma anche molto severo. Gli aveva fatto ripetere gli stessi esercizi per ore e ore prima di ritenersi soddisfatto. Adesso Mason riusciva a controllare a distanza le sue sfere infuocate, a sprecare meno energia nelle manipolazioni e aveva appreso anche qualche nuova tecnica per attaccare i nemici.
Si voltò verso l'ultimo manichino rimasto integro. Protese una mano verso di esso, con i polpastrelli delle dita che puntavano in direzione dell'obiettivo. L'attacco che stava per eseguire lo aveva appreso soltanto il giorno precedente, per questo aveva bisogno di più concentrazione. Inspirò ed espirò lentamente, riuscendo a trovare una profonda calma interiore. Poi urlò e dalla punta delle sue dita schizzarono cinque piccoli proiettili infuocati. Volarono con una velocità sorprendente e colpirono proprio dove Mason aveva mirato. Le minuscole sfere incandescenti trapassarono il manichino da parte a parte, lasciando dietro di sé dei fori infuocati, e si schiantarono contro il muro di pietra che vi era dietro di esso, esplodendo in tante piccole scintille.
Sorrise. Era riuscito a padroneggiare quella tecnica in poco più di un giorno. Si sentiva soddisfatto.
Si stirò e sbadigliò. Si era alzato presto quella mattina, nonostante la sera prima non avesse dormito molto. Era stanco, ma gli piaceva iniziare gli allenamenti all'alba. Adorava l'aria fresca del mattino e il sorgere del sole, essi riuscivano a svegliarlo e a fargli venire il buonumore.
Quella mattina Ores non era con lui, gli aveva detto che non poteva allenarlo perché aveva faccende importanti da sbrigare. Il nuovo re aveva molte cose da fare, soprattutto adesso che Ilum era caduta sotto l'assedio dell'esercito di Aramath. Il sovrano non gli aveva ancora detto perché avesse lasciato sguarnita la città, ma aveva già iniziato a rivelargli qualche piccolo segreto e alcuni dei suoi prossimi piani. Quell'uomo era un vero genio. Ogni giorno che passava con lui non faceva che rafforzare le sue idee: aveva fatto la scelta giusta ad allearsi con Ores, ormai ne era certo.
Alzò lo sguardo al cielo e osservò la grande nuvola grigia che stava coprendo la città. Vedere il sole nascondersi dietro di essa peggiorò il suo umore. Si chiese se anche i suoi ex-compagni di viaggio stessero guardando la volta celeste e osservando quella gigantesca nuvola scura. Odiava ammetterlo, ma un po' gli mancavano. Sentiva la nostalgia delle competizioni con Jade, delle spiegazioni di Mya e della sicurezza che Leon riusciva a infondere a chi gli stava intorno.
Udì un rumore di passi avvicinarsi. Si voltò e vide una guardia fermarsi a pochi metri da lui e portarsi la mano alla fronte per il consueto saluto militare.
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Passò di fronte alle piccole finestre che illuminavano la mensa e un buon odore di arrosto gli fece brontolare lo stomaco. Ormai era mezzogiorno e tra poco avrebbe fatto pranzo. Decise che sarebbe andato a mangiare subito dopo la conversazione con Ores.
Continuò a camminare ed entrò nel grande palazzo di pietra. I soldati che incrociò lo salutarono con rispetto. Tutti sapevano che era il braccio destro del re, nonché il suo allievo. Si sentiva quasi appagato da tutte quelle attenzioni.
Salì le scale che conducevano al piano superiore e si diresse verso le stanze del sovrano. Si fermò di fronte ai due soldati che facevano la guardia al re. Ores non era di certo il tipo di persona che aveva bisogno di una scorta, ma voleva comunque evitare rischi inutili.
Uno dei due uomini annunciò il suo arrivo e Ores lo fece entrare. Si chiuse la porta alle spalle e aspettò che il nuovo re di Xortan parlasse. L'uomo si trovava seduto dietro la sua scrivania, lo sguardo perso oltre la grande vetrata che occupava quasi tutta la parete di fondo della stanza. Osservava la città. Non era la prima volta che Mason vedeva il capo degli Hanseliti posare il suo sguardo sui tetti delle case di Aranem.
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Non rispose alla sua provocazione. Ores era solito stuzzicarlo e fare battute, ma Mason non era mai caduto nelle sue trappole. Probabilmente il re voleva testare il suo autocontrollo.
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Ores rise. <
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Mason uscì dalla camera e chiuse la porta. Si allontanò, evitando di salutare le due guardie. Imboccò la scalinata di pietra e scese al piano terra. Percorse un breve corridoio ed entrò nella cucina della fortezza. L'odore di arrosto che aveva sentito poco fa adesso era più forte che mai. Il suo stomaco brontolò rumorosamente e credette che qualche cuoco l'avesse udito.
Uscì dalla cucina con uno stinco di maiale e un corno di birra. Si sedette assieme ad altri soldati nella sala adibita a mensa. Rimase in disparte e mangiò in silenzio.
Si chiese cosa sarebbe successo quel pomeriggio. Le ultime parole di Ores lo avevano colpito particolarmente. Forse avrebbe finalmente rimesso mano alla spada e scoperto i veri piani del suo mentore. Si fidava di lui, ma tutti quei misteri che nascondeva lo facevano innervosire. Voleva sapere i piani che Ores aveva in mente. In fondo se lo era meritato. Aveva ucciso Jon, il precedente sovrano di Xortan, e distrutto un intero villaggio senza fare domande. Una prova di fiducia
l'aveva chiamata Ores. Mason si era dimostrato fedele e leale, ma adesso meritava delle risposte.
Si alzò da tavola sazio e riposato. Si diresse così verso la sua camera. Salì nuovamente le scale e raggiunse la stanza che gli era stata assegnata. Chiuse la porta e si affacciò dalla grande finestra che illuminava il locale. Le persone erano piccole da quell'altezza, quasi dei puntini. Quella vista lo faceva sentire importante e potente.
Si voltò e si preparò per il viaggio. Indossò degli stivali di pelle, delle brache scure, la cotta di maglia e una maglia a maniche lunghe. Si legò la spada alla vita e il mantello con cappuccio al collo. Era pronto.
Uscì dalla camera e tornò al piano inferiore. Abbandonò la fortezza e si diresse all'armeria che si trovava di fianco all’imponente edificio di pietra. Si fermò di fronte alla porta della struttura. Attese lì che il sovrano lo raggiungesse.
Ores arrivò leggermente in ritardo. Indossava anche lui un lungo mantello verde scuro, il quale gli copriva gran parte del corpo. Fu lui a entrare per primo nell'armeria. Mason lo seguì e chiuse la porta. Ores si avvicinò alla parete in fondo alla stanza, spostò uno scaffale e cercò con le mani la pietra che avrebbe aperto l'ingresso del tunnel. A Mason sembrò di rivedere Kart la notte della loro irruzione. Era stato quest'ultimo a rivelare al piccolo gruppo l'esistenza di quel passaggio segreto e a salvarli dai soldati della città.
Ores premette una mano sulla parete. Un mattone si mosse, creando un avvallamento nella roccia. Allora spinse sul muro con entrambe le mani e riuscì ad aprire l'ingresso al tunnel che cercavano.
L'uomo si voltò. <
Mason lo seguì senza dire una parola. Ores richiuse la parete una volta che entrambi furono dentro. Il globo luminoso si moltiplicò e una miriade di tante piccole luci illuminò il loro cammino.
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Arrivarono in fondo al tunnel. Il sovrano salì i pochi scalini di pietra che avevano di fronte e sollevò le mani sopra la testa. Spinse contro il soffitto, rivelando l'uscita circolare del tunnel. Uscirono all'aperto e Ores fece sparire le sfere infuocate che li avevano accompagnati per tutto il tragitto. Si trovavano adesso in un piccolo vicolo. Mason conosceva quel luogo.
Si allontanarono e si diressero verso la porta nord della città, detta anche Porta degli Dèi, altro luogo di Aranem che aveva conosciuto con sua sorella, Jade, Kart, Leon e Physia. Arrivarono nella piazza antecedente i portali, che erano ancora aperti e lo sarebbero stati fino al tramonto. Ores si diresse verso un uomo che aveva in mano le redini di due cavalli dalla muscolatura possente. <
L'uomo prese il sacchetto, lo aprì e afferrò dall'interno una moneta d'oro. La morse e sorrise felice. Consegnò quindi le redini dei destrieri e si allontanò con in mano il sacchetto colmo di monete.
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Insieme varcarono la Porta degli Dèi e si diressero verso nord. Un gran numero di persone stava transitando in quel momento per la strada che conduceva verso l'Obelisco di Entred. Abbandonarono la via dopo pochi chilometri, lasciandosi alle spalle la folla di contadini e mercanti che probabilmente erano diretti verso Neima, inconsapevoli forse che sarebbe stata la prossima città ad essere presa d'assedio.
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Mason girò la testa e osservò l'orizzonte. Guardò ad est, nella direzione del nemico. Si chiese quanto potesse essere potente l'esercito di Aramath. Possibile che fosse così pericoloso da spingere Ores a chiedere l'aiuto dei Cacciatori?
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Finalmente sarebbe tornato in azione. Era dalla distruzione di Dorin che non si allontanava da Aranem. Era stanco di passare le sue giornate ad allenarsi, stavano diventando monotone e tediose. Sentiva il bisogno di riprendere in mano la sua spada e di combattere contro qualche vero avversario.
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Il sentiero che stavano seguendo svoltava adesso verso sinistra e successivamente verso destra, celandosi ai loro occhi. Continuarono il viaggio in silenzio. Superarono le due curve e si fermarono. Il sentiero proseguiva dritto, in mezzo a molte terre incolte, ma un gruppo di quasi trenta persone era immobile di fronte a loro, a quasi cinquanta metri di distanza. I loro cavalli erano stati legati ad alcuni alberi che sorgevano in modo solitario qua e là. Tutti coloro che avevano di fronte erano armati e indossavano delle scintillanti armature. Ci fu un gran movimento non appena si accorsero dei due arrivati. La folla si aprì e un uomo si fece largo, superando tutti gli altri. Era Gartus Rex, il comandante dei Cacciatori.
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Mason lo seguì in silenzio. Aveva una voglia matta di scatenare un inferno di fuoco su quelle persone, ma non lo fece. Doveva fidarsi del suo maestro e non commettere imprudenze.
Fermarono i loro cavalli a pochi metri dal capo dei Cacciatori e dai suoi uomini.
<<È un piacere fare la tua conoscenza, Gartus Rex>> disse Ores smontando da cavallo.
Mason lo imitò e si affiancò al sovrano di Xortan.
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Mason ricordava perfettamente quell'uomo, anche se dall'ultima volta che lo aveva visto portava i capelli più lunghi e una folta barba scura a gli copriva la mascella squadrata.
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Mason si accorse soltanto allora della presenza di Arthur Wers tra gli uomini disposti alle spalle del comandante dei Cacciatori. L'uomo incrociò il suo sguardo.
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Gartus sollevò una mano al cielo. <
Il capo degli Hanseliti si avvicinò al rivale, dimostrando di non temerlo affatto. <
Gartus sputò a terra. <
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Non era intenzionato a farsi insultare senza rispondere. <
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Ores si voltò nuovamente in direzione dei Cacciatori. <
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Un brusio di consensi provenne dalle spalle dell'uomo. I Cacciatori erano d'accordo con le parole che il loro capo aveva appena pronunciato. Mason si chiese quali informazioni potesse avere tra le mani Ores per riuscire a convincerli. Il re era sicuro di poter far cambiare idea a Gartus.
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Il comandante dei Cacciatori continuò a fissare il manipolatore con determinazione.
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Mason era stanco di quella farsa. Raccontare tutte quelle bugie a quell'uomo non aveva senso, persino uno stolto avrebbe capito che la verità dietro la morte di Jon era un'altra. Voleva aiutare Ores nel suo piano, ma di questo passo non ce ne sarebbe stato alcuno.
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Ores si voltò a guardarlo con sguardo furente. Lui non se ne preoccupò e studiò la reazione di Gartus Rex.
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Un lungo silenzio calò tra i presenti. Ores smise di osservarlo e posò la sua attenzione sui Cacciatori. Forse aveva capito il suo intento.
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Il comandante di Cacciatori si rivolse nuovamente a Mason. <
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Mason si avvicinò un po', così da poter udire meglio tutta la conversazione. Il suo maestro stava per rivelare dei segreti che ancora non conosceva e che forse erano proprio alla base dei suoi piani.
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Un nuovo brusio di consensi riempì l'aria. Mason sapeva che Gartus aveva ragione: Ores non sarebbe mai riuscito a portare i Cacciatori dalla sua parte soltanto per sconfiggere il regno nemico.
Il sovrano sorrise sicuro di sé. <
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Ores si avvicinò a passo lento e si fermò a pochi centimetri dal comandante dei Cacciatori. <
A cena con il re
Jade respirò con calma, cercando di non distrarsi e di rimanere concentrato. Sentiva perfettamente la leggera brezza colpire la sua pelle e percepiva benissimo ogni singola particella d'aria muoversi attorno a lui. Una calma surreale si era impadronita del suo essere e minacciava di non lasciarlo più andare. Non che la cosa gli provocasse dispiacere, anzi, un po' di tranquillità era proprio quello di cui aveva bisogno. Gli ultimi giorni erano stati particolarmente movimentati, soprattutto considerando che avevano combattuto una dura battaglia per conquistare Ilum. In verità lo scontro con le difese della città non era stato particolarmente cruento, ma il combattimento contro il signore di Ilum si era rivelato più ostico del previsto. Avevano rischiato di perdere contro una sola persona, possente, veloce e abilissima nel controllare l'acqua. In quell'occasione, Jade aveva nuovamente perso il controllo e per la prima volta era riuscito a dare sfogo ai suoi veri poteri. Quello scontro lo aveva stancato non poco, per questo Leon gli aveva suggerito di restarsene in camera a riposare. Ma non era intenzionato a starsene con le mani in mano: lui era l'Elduin ed era suo il compito di sconfiggere Ores. Quest'ultimo era ancora troppo potente se paragonato a lui, per questo doveva allenarsi il più possibile e riuscire a liberare i suoi veri poteri, senza però perdere il controllo del suo corpo.
Aprì gli occhi e osservò i tanti oggetti che stava facendo levitare attorno a sé. Erano molti, più di quanti ne avesse mai controllati. Doveva migliorare il suo controllo sull'aria che lo circondava e spingersi sempre oltre i propri limiti, questo era l'unico modo per riuscirci.
Ripensò a Ralafel. Si chiese se fosse il solo della sua razza ad essere ancora in vita. Quell'individuo avrebbe potuto rivelargli molti segreti, ma non l'aveva fatto. Aveva preferito morire. Il suo odio per l'umanità era stato profondo, quasi sconcertante. E pensare che probabilmente avrebbe potuto spiegargli come controllare i suoi poteri…
Fece cadere a terra tutti gli oggetti che gli stavano danzando attorno. Sospirò. La rabbia e la delusione per la situazione in cui si trovava lo facevano star male.
Forse mio padre potrà aiutarmi, pensò con la speranza di dare delle risposte alle tante domande che affollavano la sua mente stanca.
Kart aveva promesso che lo avrebbe fatto incontrare con Ariel Rimmel, suo padre. Sembrava quasi un sogno. Aveva cercato di convincere la spia così a lungo da non sperarci più.
Finalmente conoscerò mi padre. Si sentiva euforico a quel pensiero. Ariel era l'unica persona al mondo con cui avesse un legame di sangue. Si chiese cosa avrebbe detto sua madre all'idea che suo figlio e suo marito si sarebbero finalmente ricongiunti. Involontariamente volse lo sguardo al cielo sereno, chiedendosi se Yora lo stesse osservando da lassù.
Sentì uno spostamento d'aria alle sue spalle e si voltò in tempo per vedere Leon ed Erina svoltare un angolo ed entrare nel suo campo visivo.
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Jade sbuffò. Non aveva molta voglia di sedersi a tavola con i rappresentanti dell'esercito e con il re. Avrebbero sicuramente parlato di guerra e della situazione di Ilum. Erano discorsi che ascoltava ormai da quando la campagna militare era iniziata e avrebbe preferito abbandonare tali argomenti.
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Si allontanarono dal piccolo spiazzo di terra e si diressero verso casa. Il re aveva assegnato loro un piccolo edificio adiacente alla fortezza, così da averli sempre vicini. La dimora non era molto grande, ma riusciva comunque a dare alloggio a tutti loro, compresi Kart ed Erina.
A differenza dei generali dell'esercito, i comuni soldati avevano trovato riparo in locande e in alcune tende allestite nelle piazze più grandi. La città era molto affollata e la situazione sembrava peggiorare ogni giorno che passava. Gli abitanti di Ilum non gradivano la presenza di tutti quei soldati tra le loro vie, soprattutto perché li consideravano degli invasori arrivati fin lì per conquistare il loro regno, assieme alle loro terre e case. L'aria era tesa in città, tanto che vi erano stati anche degli incidenti. Alcuni abitanti di Ilum si erano riuniti in piccoli gruppi e avevano provato ad aggredire gli uomini dell'esercito di Aramath. Per fortuna quelle piccole ribellioni erano state subito sedate, anche se avevano lasciato un segno profondo negli animi dei soldati. Molti di essi ora attraversavano le strade guardandosi le spalle, si sentivano insicuri in quella città straniera, e soprattutto non erano i benvenuti.
Svoltarono un angolo e si ritrovarono nella piazza antecedente la fortezza cittadina. Continuarono a camminare fino ad arrivare a casa. Entrarono.
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Sentirono dei passi attutiti dalla pavimentazione di legno. La ragazza uscì dalla sua camera. Aveva i capelli bagnati e sarebbe stata completamente nuda se non fosse stato per l'asciugamano che portava avvolto attorno al corpo. Jade la osservò e sentì il suo viso prendere fuoco.
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Erina si sedette su una sedia del salotto, gemendo nell'abbassarsi.