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Seraphim. Il retaggio
Seraphim. Il retaggio
Seraphim. Il retaggio
E-book406 pagine6 ore

Seraphim. Il retaggio

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Info su questo ebook

Il mondo del potente angelo Noah finisce sottosopra: la compagna e angelo, Mirjam, è incinta!
La giovane coppia viene colpita da una fatalità: Mirjam cade in coma senza motivo, durante una visita di routine. Noah teme per la sua vita e di quella del figlio non ancora nato. In lotta per la sua felicità, il serafino scopre che una multinazionale farmaceutica senza scrupoli, guidata da una delle famiglie più influenti al mondo, ha stretto una collaborazione con i demoni.
Così, Noah intraprende un’odissea pericolosa ed estenuante. Le sue indagini lo portano a Firenze, a Roma e infine nel cuore della cospirazione: un campo profughi a Tripoli.
Saprà porre fine anche a questa guerra tra bene e male, e riuscirà a salvare coloro che ama?
LinguaItaliano
Data di uscita15 ott 2020
ISBN9788833171012
Seraphim. Il retaggio

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    Anteprima del libro

    Seraphim. Il retaggio - Benno Pamer

    Seraphim

    Il retaggio

    Benno Pamer

    Fantasy

    I Edizione ottobre 2020

    ©2020 Astro edizioni

    S.r.l.s., Roma

    www.astroedizioni.it

    info@astroedizioni.it

    ISBN 978-88-3317-101-2

    Direzione editoriale:

    Francesca Costantino

    Progetto grafico:

    Idra Editing Srl

    Traduzione:

    Giovanni Magistrelli

    Redazione:

    Idra Editing Srl

    Tutti i diritti sono

    riservati, incluso

    il diritto di riproduzione

    integrale e/o parziale

    in qualsiasi forma.

    Per i miei amici che, nel corso della vita,

    sono stati spesso i miei angeli salvatori.

    Prologo

    Si trovava in una vecchia cripta, che era stata decorata a festa per l'occasione di quel giorno. Le massicce pareti di roccia erano pulite con cura e il pavimento, anch'esso in lastre di pietra, era stato liberato dai sedimenti con una idropulitrice. L'odore di un detersivo caustico si mischiava con l'aria ammuffita della cripta e irritava il naso a ogni respiro. Già innumerevoli volte aveva partecipato a incontri simili, dove aveva chiesto consigli alla sua famiglia riguardo alle attività future. Tuttavia, quell'occasione era diversa.

    Quel giorno, avrebbe finalmente occupato il suo posto, avrebbe ricevuto la consacrazione massima e, da quel momento in avanti, avrebbe potuto prendere posto accanto ai suoi fratelli nell'alto consiglio. Avrebbe potuto prendere decisioni e avere voce in capitolo nelle strategie, senza essere più tenuto in disparte come un consigliere silenzioso che spera nella benevolenza del suo mentore.

    Sarebbe diventato uno dei potenti tra loro e avrebbe potuto rivelare infine la forza che da tempo percepiva in sé. Tutto il suo corpo fremeva già per l'eccitazione e la pelle tesa, che copriva i muscoli ben definiti, sembrava formicolare. Era ancora da solo nella cripta, ma presto la situazione sarebbe cambiata. Stava in ginocchio sul pavimento di roccia ormai da ventiquattr'ore, vestito solo di un lungo mantello nero, immerso in una profonda meditazione atta a liberare il suo corpo da tutti gli influssi terreni. Il suo spirito doveva abbandonare la parte umana e fare spazio per raccogliersi, ma era un esercizio molto difficile. I suoi pensieri continuavano a perdersi nel passato.

    Aveva vissuto i primi vent'anni della sua vita in una realtà illusoria. Sua madre era una donna mediocre, con un lavoro mediocre da segretaria in uno studio da notaio a Senigallia, una delle mediocri città italiane nelle Marche. Vivevano in un trilocale in un condominio e lui aveva frequentato una scuola mediocre. L'unica cosa non mediocre, nella sua vita, era lui stesso, e il fatto che sua madre lo avesse tirato su da sola, il che, in Italia, era la garanzia di commenti velenosi da parte di molta gente, perfino nel ventunesimo secolo. Fino alla conclusione delle scuole superiori, a diciannove anni, non aveva mai saputo chi fosse suo padre. Sua madre si era rifiutata con tenacia di rivelargli anche solo i dettagli più marginali che lo riguardavano, e così, con il tempo, si era inventato la storia che sua madre dovesse aver subìto una violenza e che lui dovesse essere il figlio bastardo di un violentatore. Strano a dirsi, ciò non lo disturbava, bensì lo rendeva ai suoi stessi occhi qualcosa di speciale.

    Tutto era cambiato al suo ventesimo compleanno. Si trovava nel bel mezzo dei suoi studi di gestione aziendale, quando suo padre si era rivelato a lui. Quel giorno, aveva capito infine perché molti degli altri studenti lo avessero sempre evitato, perché provasse di continuo attrazione verso i cattivi dei libri e dei film, perché perseguisse i suoi traguardi in modo assoluto e inesorabile e potesse instillare paura negli altri uomini soltanto guardandoli, come aveva notato sua madre, sempre più preoccupata con l'avanzare dell'età. Quel giorno, suo padre lo aveva adottato come figlio ed erede e lo aveva introdotto nel cerchio della sua nuova famiglia.

    Con orgoglio, da quel giorno aveva iniziato la propria ascesa all'interno della gerarchia e si era fatto strada con la sua intelligenza fino a diventare consigliere del suo signore supremo, la carica più alta che un membro così giovane della cerchia potesse ricoprire, finché, all'età di ventott'anni, non era stato considerato di pieno valore attraverso il risveglio. Negli ultimi mesi, aveva vissuto una profonda evoluzione dei sentimenti. Dapprima, era stato come se gli avessero tolto la terra da sotto i piedi, quando suo padre, un potente demone, era stato assassinato in uno scontro con i suoi nemici eterni, e lui si era trovato di nuovo mezzo orfano. Poi, appena pochi mesi dopo, c'erano stati gli attacchi terroristici, esaltanti in modo incredibile, che avevano portato l'intero pianeta a tremare di paura e che avevano spalancato le porte del potere per la sua famiglia.

    Quel periodo era stato un'unica orgia di violenza, disperazione e morte, e lui aveva risucchiato l'atmosfera dello sconforto come un profumo pregiato e si era nutrito di esso. Di rado, nel corso della storia, la sua famiglia si era trovata così vicina a una vittoria definitiva. Ci si era senza dubbio accostata durante la Seconda guerra mondiale, dove soltanto la decisione folle e del tutto indipendente di Hitler di aggredire l'Unione Sovietica aveva interferito con il piano mostruoso della sua stirpe. Tuttavia, a quell'epoca lui non era ancora nato e questa volta anche lui avrebbe contribuito affinché tali errori da principianti non succedessero più. Avrebbe vinto. Avrebbe dominato. Avrebbe...

    «Vedo che hai superato bene la notte».

    La frase lo strappò dai suoi pensieri. Aprì colpevole gli occhi, alla ricerca di chi aveva parlato. Questi se ne stava nella penombra dell'arco in pietra, che era l'unico accesso alla cripta.

    «Alzati, se il tuo spirito è pronto. Devi ancora purificarti per la cerimonia!».

    Anche il nuovo arrivato indossava un mantello nero e un cappuccio che celava il suo viso, eppure lui lo aveva riconosciuto dalla figura esile e dal modo disinvolto con il quale si appoggiava alla parete. In un attimo, immaginò i grossi denti sporgenti, che dall'inizio lo avevano affascinato e allo stesso tempo disgustato. E, del resto, non poté fare a meno di notare il suo forte lezzo, che riuscì persino a sovrapporsi all'odore penetrante del detersivo per pavimenti. Solo una stalla avrebbe potuto emanare un tanfo di quell'intensità, e anche a occhi chiusi avrebbe potuto identificare con facilità il suo omologo.

    «Grazie, Eurynome. È già giunto il tempo?».

    Eurynome fece due passi avanti e posò la zampa sulla spalla dell'inginocchiato. Premette l'artiglio con forza e il dolore guizzò attraverso il suo corpo, eppure sopportò quella prima prova in silenzio. L'uomo annuì, soddisfatto.

    «Vedo che sei pronto. Vai nella sagrestia alla fine del corridoio. Là ti potrai vestire in maniera appropriata».

    «Sarò un guscio consenziente, Eurynome. So cosa mi aspetta».

    «Lo so, figlio mio. Siamo tutti eccitati da ciò che si cela in te».

    Si alzò in piedi e tese la sua mano al principe delle tenebre, che in tali occasioni fungeva da maestro di cerimonia. Un leggero capogiro lo aveva colpito, ma recuperò alla svelta il controllo del suo corpo. Avanzò con dignità nel piccolo corridoio che portava per mezzo di molti scalini dalla cripta a un piano superiore ed entrò nella sacrestia, al cui centro, come unico mobile, si trovava un tavolo di legno. A un gancio sulla parete era appeso un mantello color cremisi, che lui doveva indossare durante il risveglio, ma fu qualcos'altro che gli causò un forte tremito. Sul tavolo si trovava una giovane donna completamente nuda, legata con delle corde e imbavagliata. Goccioline di sudore costellavano la sua fronte e lui capì che doveva aver provato a liberarsi con tutte le sue forze. Le funi le avevano già creato tagli ai polsi e alle caviglie, e lei lo guardò con occhi spalancati e pieni di terrore, quando lui si tolse il vecchio mantello dalle spalle e spostò lento il fisico nudo e in forma sopra di lei. L'odore del sudore e della paura sul corpo tremante di lei aumentò il suo desiderio, e con un ghigno diabolico si adagiò sulla donna inerme. Quella era senz'altro la parte del risveglio che gli dava più soddisfazione.

    Pochi minuti più tardi, si pulì il membro con un asciugamano di seta disponibile sul tavolo. Tutto il suo corpo era coperto di simboli rossi che aveva tracciato con sangue misto a sperma, seguendo l'antica procedura del risveglio. Aveva utilizzato in maniera artistica i coltelli rituali, legati con un giro di nastro adesivo alle cosce della giovane bellezza, e aveva anche rimosso il bavaglio, per poter assorbire le sue grida di dolore. Al loro culmine, le aveva infine spinto il coltello nel cuore, terminando la cerimonia sacrificale. Era purificato e pronto.

    Prese con lentezza dal muro il mantello cremisi e lo calò sulla testa. Vi fiutò le tracce del suo predecessore e si inebriò al pensiero di quali potenti demoni avessero lasciato il segno all'interno del mantello con i loro liquidi corporei e con il sangue dei loro sacrifici. Presto sarebbe diventato anche lui uno di loro. Presto, avrebbe sentito quel potere spaventoso, che aspettava solo di essere liberato dentro di lui, strattonare con violenza ancora più grande le sue catene. Il battito violento del suo cuore lo trascinò più lontano, via da quella cella stretta, sul cui tavolo di legno c'era il cadavere insanguinato della ragazza, che lui aveva già dimenticato lasciando la stanza.

    Quando entrò nella cripta, la trovò gremita di figure, e subito dopo la sentì risuonare di applausi scroscianti e grida di guerra. I demoni presenti si erano seduti con ordine intorno a un tavolo che garantiva posto a tutti i novantanove membri dell'alto consiglio, e che arrivava fino all'arco che egli attraversò per mettersi al centro della cripta. Novantanove paia d'occhi erano su di lui, che guardò con calma e serenità i sette principi seduti su poltrone di velluto rosso di fronte all'ingresso. La guerra era il motivo per cui alcuni posti non erano occupati, poiché cinque di loro erano stati uccisi dagli angeli in battaglia e non erano stati risvegliati ancora. Uno di essi era Belphegor, il capace principe dell'inferno, ma anche i posti di Leonard, Baal, Moloch e Belial erano ancora vuoti.

    Erano rimasti Zerberos, Mammon, Haborym, Behemoth, Eurynome e naturalmente entrambi i sovrani, Luzifer e Satan, che guidavano l'esercito dei demoni insieme. Quasi all'unisono, alzarono le braccia coperte di pelo, e di colpo calò il silenzio.

    «Benvenuto, cercatore. Sei alla fine del tuo viaggio. Inginocchiati e aspetta la tua destinazione».

    Come sempre, non seppe dire se fosse stato Luzifer o Satan a parlargli, perché le loro voci erano attenuate dalle tradizionali maschere bestiali che indossavano.

    «Hai compiuto il sacrificio?».

    Lui assentì e un mormorio di approvazione riempì la cripta. Si inginocchiò e abbassò il capo. Dopo pochi attimi, Luzifer si alzò e gli si avvicinò. Quando il sovrano dell'Est fu di fronte a lui, un dolore infuocato lo percorse. Luzifer gli aveva conficcato la sua lunga unghia nel petto e la girava scavando alla ricerca di qualcosa. il dolore diventò sempre più forte, ma lui cercò di non lasciar trapelare nulla. Il principe oscuro non si staccò da lui e infilò anche l'unghia dell'altra mano nel suo petto. Ruotò più volte anche quella, finché non ebbe trovato ciò che pareva cercare. Con forza sovrumana, l'accolito fu sollevato e il fuoco esplose in lui. Con un urlo acuto, sentì staccarsi da lui una morsa che lo aveva tenuto prigioniero per ventott'anni, e il suo corpo fu inondato da un'ondata di forza e potere che gli fece perdere i sensi.

    «Alzati, Belial, principe dell'inferno, e occupa il tuo posto al mio fianco!».

    Le parole lo raggiunsero con lentezza e lo risvegliarono dal suo svenimento. Per alcuni secondi, dubitò di aver davvero sentito la frase e che invece venisse dai suoi sogni. Belial, il signore di Sodoma. Il demone più potente dopo Luzifer e Satan, sovrano di ottanta principati dell'inferno. Gli inferi non avevano mai visto un demone più dissoluto, perverso e amante del vizio di lui. Bello nelle sembianze, ma profondamente disgustoso e ripugnante nell'anima. Sì, sentì che alla fine si era trovato. Era Belial e il mondo aspettava di essere invaso e dominato da lui.

    Capitolo 1

    La televisione si trovava nel soggiorno di un'ordinaria villetta a schiera. Sulle pareti bianche erano appesi ricordi di viaggi in diversi paesi; un paio di foto di una giovane coppia completavano la galleria. I mobili erano moderni e collocati in maniera ordinata, dando alla stanza un'atmosfera accogliente. Dalla cucina, che non era separata dal soggiorno, giungeva un leggero odore di pesce al vapore. Di fronte alla televisione era situato un largo divano color terra, sul quale Noah si era accomodato per guardare un programma. Si trattava dell'inizio di un documentario, nel quale un quarantacinquenne vestito in modo classico e con capelli leggermente screziati di grigio aveva da poco iniziato a parlare.

    «Gentili signore e signori, desidero darvi il benvenuto nella puntata odierna di Kopernicus 2020, la rivista scientifica su Kanal 41. Oggi vogliamo dedicare la nostra attenzione al tema che tiene tutto il mondo con il fiato sospeso da alcuni mesi: il terrorismo internazionale».

    Noah alzò il volume e disattivò sul suo smartphone una app che, attraverso un amplificatore, aveva riempito la stanza di delicata musica d'ambiente.

    «Tutti ricordiamo ancora le terribili immagini dei devastanti attacchi dell'estate scorsa, che, la sera della finale del campionato europeo di calcio, sconvolsero il mondo».

    Foto di uomini morti, a terra vicino allo Stade de France a Parigi e in altre zone di attentati in Europa, furono rimpiazzate da immagini di vedove in pianto, che scorrevano sullo schermo in sequenza rapida, accompagnate dai nomi delle città e dai numeri delle vittime:

    Marsiglia 340, Nizza 269, Bordeaux 48, Lille 112, Metz 332, Rouen 712, Strasburgo 78, Saint-Denis 4.346, Colonia 1.809, Düsseldorf 212, Monaco di Baviera 932, Ginevra 645, Zurigo 1.207, St. Anton am Arlberg 18, Innsbruck 382, Salisburgo 621, Vienna 2.451, St. Pölten 312, Graz 431, Vipiteno 71, Landeck 132, Verona 712, Treviso 390, Venezia 143, Udine 365, San Benedetto del Tronto 123, Lamezia Terme 48, Bari 221, Mondovì 31, Varese 512, Asti 143, Milano 1.967, Genova 782.

    La sequenza di immagini si interruppe e la cinepresa ruotò fino al primo piano del presentatore.

    «Gli orribili attentati, che sono costati la vita a migliaia di tifosi innocenti nel modo più crudele possibile, hanno lasciato una profonda cicatrice di paura e disperazione nel mondo occidentale. L'organizzazione ISIS ha riconosciuto immediatamente gli attentati come propri e ha festeggiato attraverso i social media a livello mondiale il tremendo attacco nel cuore della civiltà occidentale».

    Le immagini di individui barbuti, in abiti mediorientali e in festa nel deserto su pick-up giapponesi modificati, che sparavano gioiosi verso il cielo con i loro Kalashnikov, si alternarono in rapida sequenza con quelle dei cadaveri nelle diverse piazze europee.

    «Ma da questi attentati sono scaturite anche buone notizie. I governi del mondo libero hanno finalmente deciso di anteporre l'interesse generale a quelli nazionali e hanno messo la lotta contro il terrorismo al primo posto delle loro agende politiche. Pochi giorni dopo i primi attacchi, è stata subito adottata dalla maggior parte degli stati occidentali la Carta di Parigi, che conteneva un'azione comune nella lotta contro la minaccia del terrorismo internazionale».

    Quell'affermazione fu accompagnata dal video della cerimonia della firma nel palazzo di Versailles. Sullo schermo, i capi di stato di USA, Russia, China, Germania, Francia, Italia, Canada, Giappone e Regno Unito firmavano uno dopo l'altro lo straordinario accordo in un grande libro d'oro, mentre sullo sfondo gli statisti delle nazioni più piccole aspettavano il loro momento sul palcoscenico politico mondiale. Alla fine, i leader del mondo libero si stringevano le mani e sorridevano con fiducia verso le telecamere dei giornalisti presenti.

    «I paesi firmatari si sono accordati su un sistema coordinato di allarme rapido per le minacce e su un controllo più rigoroso delle attività online di tutti i cittadini. Solo attraverso un simile protocollo, i potenziali attentatori avrebbero potuto essere scoperti e messi fuori gioco, questo il tenore unanime dei firmatari. Si poneva anche il problema dei grandi flussi migratori, durante i quali molti terroristi arrivavano in Europa senza essere identificati, per crearvi le loro reti di paura.

    Ora, sullo schermo venivano mostrati barconi nel Mediterraneo, all'interno dei quali una innumerevole quantità di giovani aspettava di essere salvata dalle navi italiane o europee. I registi del documentario avevano scelto di tagliare di colpo la scena e mostrare un momento di preghiera in una moschea da qualche parte in Europa, stimolando in questo modo negli spettatori l'associazione di idee secondo la quale tutte le moschee dovevano essere in collegamento con i terroristi. Noah aggrottò la fronte, infastidito da quel collegamento radicale, deliberatamente provocato e che, negli ultimi tempi, si vedeva sempre più spesso.

    «Il secondo punto dell'accordo ha previsto la chiusura totale di tutti i luoghi di culto in Europa nei quali veniva diffuso ampiamente il pensiero estremista».

    Adesso i registi mostravano un giovane predicatore barbuto che veniva portato via da un piccolo locale da due agenti antiterrorismo. Sullo sfondo, si vedevano i manifestanti e i sostenitori rivoltosi del predicatore, tenuti a bada da altri agenti con l'uso di manganelli. Ciò che il documentario non stava dicendo era che la polizia, al termine di tali scene, aveva effettuato arresti solo nelle sale di preghiera dell'Islam, sebbene nel frattempo anche in molte chiese e sinagoghe si fossero tenute prediche violente contro la religione altrui, incitando il popolo alla retorica esercitata e radicalizzandolo.

    «La terza parte dell'accordo consisteva nella creazione di hotspot controllati rigidamente in Libia, Tunisia, Marocco, Italia, Spagna, Francia e Grecia, nei quali si sarebbero sorvegliate aree di grandi dimensioni chiuse da alte recinzioni e i rifugiati in arrivo o già presenti avrebbero dovuto pagare per il loro sostentamento tramite attività agricole, in attesa dell'espletamento delle loro procedure d'asilo, sotto la supervisione di una rigida vigilanza».

    Noah spense il televisore e rimase seduto, immerso nei propri pensieri. Poteva immaginare fin troppo bene le immagini che sarebbero state mostrate nel documentario dopo le ultime affermazioni. Dopo l'accordo, lui stesso aveva visitato i grandi campi di prigionia. A seguito degli attentati, aveva preso il suo posto come angelo eminente ed era diventato consulente del nuovo presidente dell'Unione Europea Roger Iverson. In quel modo, aveva imitato l'esempio di molti suoi predecessori in cima alla gerarchia angelica, che si erano posti al fianco dei grandi leader politici per rafforzare il loro influsso positivo nel mondo. Noah era riuscito a ottenere la fiducia di politici esperti, che si erano catapultati in cima alla nuova guida europea attraverso una campagna elettorale agguerrita. Aveva ascoltato il team elettorale di Iverson e l'aveva considerato un politico dotato di sani princìpi morali, capace di condurre l'Europa nella giusta direzione. All'inizio del suo nuovo incarico, gli era stato richiesto proprio da Iverson di sorvegliare l'allestimento degli hotspot, la cui struttura operativa era stata delegata ai rispettivi stati.

    Sebbene tutti gli stati europei avessero accettato, con la Charta di Parigi, di cedere molte competenze nazionali e di sostenere un nuovo e forte governo europeo, che doveva coordinare la lotta al terrorismo al di sopra degli interessi delle nazioni, nel periodo di transizione non erano mancate le contestazioni: in molti paesi governavano forze nazionaliste e populiste, che volevano riportare il potere nei rispettivi stati e dare scarsa attuazione alle istruzioni del governo europeo, quando, nei casi peggiori, non miravano direttamente a boicottarle. Perciò, durante le sue visite agli hotspot, Noah aveva osservato situazioni più simili alle condizioni di un campo di concentramento che a quelle di una struttura assistita di accoglienza per rifugiati: migliaia di uomini e donne, spesso denutriti, venivano torturati, percossi e in alcuni casi persino uccisi arbitrariamente da custodi sadici. Sarebbe stata solo questione di tempo, prima che si verificassero sommosse in quei campi. Nel centro più grande di Lampedusa e in uno più piccolo a Perpignan, una cittadina francese al confine con la Spagna, non era stato possibile fermare le rivolte, e le forze di sicurezza erano state costrette a ritirarsi dai campi. Mentre i prigionieri affamati e disperati si gettavano tra le staccionate, cercando di scappare, gli eserciti non avevano saputo che altro fare se non sparare sulla folla e lasciarsi dietro una scia di sangue e morte.

    Per caso, Noah era stato presente al massacro di Lampedusa, ma neppure lui, nonostante i suoi poteri angelici, era riuscito a convincere i generali a negoziare con i rifugiati. Gli era sembrato perfino contaminati dalla forza oscura che lui percepiva sempre più forte sulla Terra. Erano in guerra, e i suoi oppositori colpivano con violenta brutalità. Per lui era diventato ogni giorno più difficile trovare uomini politici che fossero sensibili alla luce. L'accesso a Iverson era stato, da quel punto di vista, ancora più importante, poiché gli aveva permesso di incontrare parecchi politici, almeno in Europa.

    «Che hai da guardare in modo così feroce? Non devi vedere questi documentari, sai già tutto e poi ti ritrovi a rimuginare per ore».

    Noah non si era accorto che Mirjam, la sua attraente compagna, era entrata nel soggiorno. Come sempre, perse quasi il respiro quando la vide, perché anche se quel giorno indossava solo un paio di semplici pantaloni corti e una maglietta larga, ai suoi occhi lei era sempre una visione mozzafiato. Quel pensiero fu rafforzato dal leggero profumo di lavanda che l'avvolgeva e al quale Noah era quasi diventato dipendente, negli anni della loro relazione.

    «Lo so, piccola, ma cerco ancora di capire cosa abbiamo fatto di sbagliato, negli ultimi mesi».

    Mirjam gli si sedette sulle ginocchia e lo baciò sulla guancia.

    «Perché cerchi ancora la colpa dentro di te? Sai bene che il mondo dovrebbe ringraziare soltanto te, se esiste ancora, mio grande illuminato».

    Noah non rispose e ripensò alla sua ultima avventura, in cui era riuscito a fermare, letteralmente all'ultimo momento, una minacciosa cospirazione che sarebbe costata la vita e la libertà a lui, alla sua amata e con probabilità a tutti gli angeli e gli uomini del mondo.

    «Lo so, ma non siamo riusciti a sventare gli attacchi terroristici. Se ce l'avessimo fatta, ora non saremmo in questa situazione».

    Mirjam lo guardò con aria colpevole.

    «Non possiamo più farci niente. Dobbiamo cercare di rimettere le cose a posto. È tutto quello che possiamo fare».

    Come accadeva spesso, Mirjam aveva ragione. Dalla loro ultima avventura, erano più uniti che mai, e lei era diventata la sua più intima consigliera. Lui le comunicava tutto ciò che gli passava nella testa e spesso lei lo portava a vedere le cose da altri punti di vista, a osservare le situazioni in stallo sotto una luce diversa e a trovare soluzioni non convenzionali.

    «Hai ragione, ma non riesco a stare calmo, quando ripenso a come è andata».

    Mirjam lo blandì con un altro bacio, questa volta sulla bocca, e si alzò per andare ai fornelli, su uno dei quali, sempre a insaputa di Noah, c'era una pentola con uno stufato che cuoceva. Da esso proveniva un leggero profumo di pesce, e solo ora il giovane si rese conto di quanto fosse affamato.

    «La cena è quasi pronta. Almeno ti distrarrai un po'. Io finisco di cucinare, tu apparecchia intanto la tavola e avvisa tua madre».

    Sebbene Noah e Mirjam fossero già da alcuni anni una coppia, vivevano ancora nella casa della madre di lui, Sophie, a San Martino in Val Passiria. Poco dopo gli attacchi, Noah era stato troppo occupato per trovare un'altra sistemazione e nel frattempo a Mirjam era andato bene non traslocare, poiché spesso restava da sola a casa, quando Noah accompagnava Iverson nelle varie conferenze e visite politiche.

    Senza replicare, Noah si alzò, apparecchiò e chiamò sua madre, che ormai si avvicinava ai cinquanta, ma che restava ancora una bella signora, anche se, dalla morte del padre di Noah, non le era più tornata la luce negli occhi.

    «Mmh, cosa c'è di delizioso, oggi? Hai cucinato di nuovo il tuo stufato speciale di pesce, cara Mirjam?».

    Sophie era appena tornata dal suo turno all'ospedale di Merano. Erano già tutti insieme.

    «Sì, Sophie, ma non è così speciale. Semplici pezzi di pesce, rucola, pomodori, patate e un paio di spezie particolari. Ma sono contenta che ti piaccia».

    Si sedettero a tavola e mangiarono in silenzio l'ottima cena.

    «Questo Iverson ha potuto fare qualcosa riguardo a Lampedusa? I campi saranno chiusi, o saranno gestiti dall'Unione Europea?».

    Noah conosceva la curiosità politica di sua madre e le passava informazioni strettamente riservate, poiché sapeva che lei non le avrebbe mai comunicate a terzi.

    «No, il governo è contrario, anche se non ha fatto una bella figura, con le ricadute della rivolta. Ma, da quando il Movimento 5 Stelle ha preso il potere, è difficile discutere davvero con le personalità principali. Aldo Giacomelli, il nuovo Presidente del Consiglio, è più interessato a risolvere le sue promesse elettorali populiste che ad affrontare i problemi alla radice».

    Sophie annuì, pensierosa. «Questo, però, non è un buono sviluppo, per il nostro paese. A me sembra quasi di aver già sentito un paio di questi nuovi slogan ai tempi di quando andavo a scuola, durante le lezioni di storia. Prima l'Italia. Solo un'Italia forte può difendersi dall'assalto dei nemici. La sopravvivenza della razza italiana deve essere garantita in ogni circostanza. Eccetera. Questo mi ricorda molto i fascisti prima della Seconda guerra mondiale».

    «Psst, Sophie, non così ad alta voce», la ammonì Mirjam. «Abbiamo qui i nostri cellulari. Non voglio che nessun altro ascolti».

    Firmando la Charta di Parigi, i principali governi avevano concesso ai propri servizi segreti prerogative speciali, soprattutto riguardo alle regole, fino ad allora rigide, delle intercettazioni telefoniche di minacce potenziali. Adesso, le squadre antiterrorismo potevano hackerare qualsiasi dispositivo elettronico e seguire la comunicazione senza il permesso di un giudice. Era un segreto di Pulcinella, del resto, che i cellulari potessero utilizzati come cimici. La collaborazione con i produttori di smartphone era diventata così estesa, che le autorità pubbliche avevano accesso ai microfoni di tutti gli apparecchi.

    «Scusami. Non ci ho pensato, ma non credo che qualcuno ci spii, quando il mio piccolo Noah è diventato consigliere del Presidente dell'Unione Europea».

    «Non esserne così sicura», rispose Noah. «Non possiamo più fare affidamento su nessuno. Non c'è più equilibrio, nel mondo. Negli ultimi tempi, mi sembra di avvertire il lato oscuro sempre più forte. Sento che c'è qualcosa di grande nella boscaglia, e mi fa quasi impazzire, perché non ho la minima idea di cosa si tratti».

    «Cerca di non diventarci matto. Già lavori senza tregua alla ricostruzione della nostra famiglia. Di più non si può».

    Mirjam aveva di certo ragione. Dagli attentati, lui si era impegnato ogni giorno per cercare candidati per i posti vacanti nella gerarchia angelica, per trovare membri superstiti della loro famiglia e per elaborare con gli altri angeli delle sfere supreme strategie per la salvezza del mondo. Eppure, aveva la sensazione che ciò fosse lungi dall'essere sufficiente per contrastare la minaccia incombente.

    «E se questo non fosse abbastanza? Se io fossi troppo debole? Se io non fossi l'angelo di cui c'è bisogno qui e adesso?».

    Nessuno replicò e un silenzio quasi imbarazzante si diffuse nella stanza.

    "Forse non sono l'unico che si pone queste domande", si disse Noah, ma fu subito interrotto da Mirjam, che, come sempre, aveva avvertito i suoi pensieri.

    "Questo non devi pensarlo neppure una volta! Sarebbe il primo passo verso la rassegnazione!", esclamò, direttamente nella sua testa.

    Prima ancora che Noah potesse rispondere all'obiezione, il suo cellulare prese a squillare. Osservò il display e riconobbe il numero.

    «Scusatemi. È una chiamata di lavoro».

    Mirjam assentì veloce e quindi si rivolse di nuovo a Sophie. Le due donne cominciarono a chiacchierare del loro lavoro. Poiché entrambe lavoravano come infermiere nell'ospedale di Merano, di rado esaurivano gli argomenti di conversazione. Noah andò nel suo studio, si chiuse la porta dietro e solo in seguito rispose.

    «Hannah? Sono passati mesi, dall'ultima volta in cui ci siamo sentiti».

    Hannah era un giovane, meraviglioso angelo a cui Noah si era avvicinato molto, durante la sua ultima avventura. Almeno quanto gli era vicina al momento Mirjam. E, sebbene lui non avesse avuto alcuna relazione con la bella seduttrice, e nel frattempo lei avesse preso il suo posto come serafino nella gerarchia angelica, Mirjam continuava a non parlare bene della sua rivale. Noah aveva avuto a che fare con lei sporadicamente, nell'ambito del suo lavoro, ma di solito lavoravano in settori diversi e si vedevano soltanto per le discussioni trimestrali, che Noah aveva introdotto come nuovo illuminato superiore. Prima di lui, i serafini usavano altri metodi, quando uno di loro era in pericolo. Non c'era bisogno di simili incontri, perché gli altri percepivano quando erano richiesti e prendevano contatto uno con l'altro attraverso canali di comunicazione antichissimi. Probabilmente, quella capacità non era svanita, in epoca attuale, ma non la utilizzavano più. Forse gli altri provavano le stesse emozioni di Noah, e di tanto in tanto avevano bisogno di uno scambio personale con i compagni di sventura, visto che erano tutti giovani e avevano assunto posizioni di responsabilità soltanto dopo gli attentati. Che uno di loro telefonasse, invece di usare mezzi di comunicazione meno rintracciabili, comunque, succedeva molto di rado e non mancava di infastidire Noah.

    «Ciao, Noah. A scanso di equivoci, non ti sto chiamando per fare due chiacchiere, bensì a nome del mio nuovo supervisore, Alfredo Giacconi, che sta ascoltando la nostra conversazione e che ha una richiesta per te. Credo che vi conosciate, giusto?»

    Questo spiegava il tono serio e professionale che Hannah aveva usato. Noah conosceva il deputato Giacconi. Era un europarlamentare, nonché presidente del Partito Democratico, il partito dell'ex Presidente del Consiglio, che, dopo gli attentati, era passato dal governo all'opposizione. Noah ricordava Giacconi come un giovane politico, sobrio e simpatico, che sapeva muoversi con eleganza nel suo campo.

    «Buongiorno, signor deputato. Beh, Hannah, conoscere è una parola grossa. Ci siamo incontrati un paio di volte a dei ricevimenti a Bruxelles, l'anno scorso, se mi ricordo bene. Cosa posso fare per lei?».

    «Scusami se ti abbiamo fatto una sorpresa, ma Alfredo vorrebbe assolutamente incontrare il Presidente Iverson per discutere con lui di un importante progetto per l'Italia. Però, il tutto deve avvenire attraverso un canale non ufficiale, perché il governo valuterebbe tale incontro come un'ingerenza dell'Europa nella politica italiana e non vogliamo dare alcun pretesto agli estremisti politici di recedere dagli impegni della charta di Parigi».

    Hannah parlò con la consapevolezza di una consulente pluriennale, anche se aveva assunto quell'incarico politico soltanto pochi mesi prima.

    «Temo che sarà molto difficile, ma cercherò di organizzare qualcosa», rispose Noah. A quel punto, Giacconi si introdusse nel dialogo.

    «Propongo che l'incontro non avvenga in Italia, bensì in uno stato neutrale, magari in Svizzera. Pensa che sia fattibile?».

    Anche se Noah non riusciva davvero a comprendere il desiderio, replicò: «Telefonerò a Iverson e le darò conferma. La trovo a questo numero?».

    «Sì, è quello della mia consulente. Mi può chiamare in qualsiasi momento. Grazie per l'aiuto».

    «È stato bello sentire di nuovo la tua voce», chiuse la conversazione Hannah.

    «Sì, anche per me. Arrivederci, deputato Giacconi. Stammi bene, Hannah!».

    Noah terminò il colloquio e fissò per alcuni secondi il display. Cosa ci faceva Hannah con quel deputato? E perché proprio Giacconi? Perché non aveva provato a stare a fianco del capo di stato di un paese importante, come in effetti avevano

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