L'onda capovolta
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Anteprima del libro
L'onda capovolta - Donato Merico
quanto
Recensione
L’onda capovolta
è il secondo libro di Donato Merico, medico chirurgo, specialista in Psicologia Clinica, Psicoterapia Analitica, Omeopatia, Agopuntura e dirigente Psichiatra presso il Centro di Salute Mentale di Maglie (Le). Successivo a Il libro della mia vita
, un’opera esperienziale che raccoglie nove Cineforum Cosmoartistici, durante i quali, attraverso altrettanti film, si ripercorrono a livello evolutivo dell’essere umano adulto, i nove mesi di vita intrauterina del feto che si prepara alla nascita, questo secondo scritto si pone invece come obiettivo quello di suscitare delle domande, spingendo a meditare sull’essenza della propria vita che, sin dal concepimento, reca in sé un progetto esistenziale
che è poi lo scopo fondamentale per cui si nasce.
Tale riflessione circa il senso profondo dell’esistenza è indispensabile poiché, con il trascorrere degli anni, questo viene ad essere dimenticato e l’essere umano, indossata la maschera delle convenzioni sociali e del perbenismo, inizia a vivere nella menzogna esistenziale
allo scopo di essere accettato dagli altri e, quindi, di avere un’immagine socialmente impeccabile, rassicurante e sana
. Ma ciò conduce lentamente all’insoddisfazione personale e sociale che, in aggiunta ai problemi del mondo contemporaneo come la crisi economica, le guerre, le calamità, l’inquinamento, porta ad un conflitto spirituale che si traduce in disturbi somatici acuti e cronici di varia gravità.
Esiste un modo per salvare se stessi? Per l’autore certamente sì ma solo attraverso un percorso che richiede coraggio, umiltà e, soprattutto, forza per affrontare il dolore che scaturirà da questo viaggio a ritroso nel tempo: dal ricordo emozionale della vita intrauterina sino, attraverso il trauma del parto, ai primi mesi di vita dei bambini che si è stati. Persino il punto in cui l’embrione umano attecchisce sta a simboleggiare la disponibilità ad accogliere di una madre ed il centro
attorno a cui si svilupperà l’adulto, anche le modalità con cui si sono svolti il parto e l’allattamento o il tipo di legame sviluppato tra madre e figlio nei primi tempi sono elementi che permangono non nella memoria cosciente ma nell’inconscio umano, eppure rappresentano ciò che determinerà il comportamento di un individuo nelle varie fasi della sua vita, condizionandone le scelte, i rapporti con gli altri e specialmente con se stesso.
Il bambino che non è stato ascoltato
nei suoi bisogni, poiché la madre e in seguito le altre figure di riferimento non hanno potuto, voluto o saputo farlo, ne ricava una profonda frustrazione, una ferita narcisistica che lo renderà un adulto incapace di ascoltarsi
e di comprendere le proprie sensazioni, fino a provare una sorta di distacco da se stesso
causa di varie forme di malessere fisico, psichico o relazionale, che lo porterà a cercare qualsiasi cosa fuori da sé
, come: il super lavoro, i doveri famigliari, gli svaghi fatui, la religione, la politica, le dipendenze di vario tipo, per tenere a bada l’angoscia esistenziale
. Molti giovani di oggi, ad esempio, appaiono apatici e svogliati rispetto al proprio progetto di vita e, nel migliore dei casi, vivono nel tedio senza realizzare nulla, nel peggiore si rendono protagonisti di atti vandalici, di bullismo o autolesionismo, anche perché il mondo adulto non è stato in grado di fornire loro un modello etico basato sul rispetto dell’individualità.
Lo sfogo ultimo di tale angoscia possono, quindi, essere la violenza e l’odio generalizzato. La violenza di per sé ha un suo motivo di esistere poiché, sin dall’inizio dei tempi, è stata necessaria per la salvaguardia e la difesa personale e della comunità, per il nutrimento e la conquista ma assume connotazioni negative quando diventa oltraggio alla dignità umana ed al rispetto reciproco. Anche il dolore neonatale per il desiderio insoddisfatto che può tramutarsi in odio può avere un suo senso, poiché solo il dolore permette di entrare profondamente in contatto con la propria fragilità e veramente conoscere se stessi. Alla medesima maniera, l’ansia di fronte ad un pericolo reale o immaginato può avere un senso positivo quando non è paralizzante ma diviene una risposta reattiva ad uno stimolo, oppure la crisi quando non è solo negativa, lacerante, depressogena
ma diviene sfida, creatività, evoluzione (Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla
Albert Einstein).
Gli esseri umani vivono nella ricerca spasmodica di affetto e di quella fusione simbiotica con la madre, fonte di paradisiaco benessere, e quando il neonato ne viene privato prova paura e poi rabbia, diventando un adulto pronto a qualsiasi cosa, anche a modificare la propria natura per recuperare quelle attenzioni affettive ed il senso di protezione totale da cui il suo mondo perfetto era costituito. Così, si adatterà all’ambiente al punto da non riuscire più a riconoscere i propri veri bisogni, chiedendo attenzione e rivivendo ad ogni rifiuto il trauma della perdita di quella fusione neonatale totale ed appagante. A questo punto, per salvare se stesso da una sofferenza oltremodo insopportabile, si aggrapperà all’unico, potente, strumento di cui dispone: la mente che troverà per lui una pronta spiegazione razionale allo scopo di restituirgli la sicurezza perduta. Ma la mente, come si sa, mente
e le spiegazioni cervellotiche a nulla valgono contro la paura che rimarrà inalterata, anche perché il tempo psicologico è sempre presente, inoltre, è proprio la mente il luogo da cui si genera e, nonostante si cerchi disperatamente di tenerla a bada perché destabilizzante, prima o poi un evento (un nuovo amore o un lavoro, un viaggio, un incidente, un lutto ecc.) la scatenerà come un virus.
Nei casi peggiori il dolore derivante dalla perdita affettiva di un oggetto d’amore può portare alla creazione da parte del bambino di un mondo psicotico in cui rifugiarsi e in cui ritornare da adulto in seguito ad una rottura affettiva importante, poiché, mancando i mezzi di difesa, l’antica ferita si riapre generando verso la persona oggetto d’interesse una reazione di amore contemporaneo all’odio, fino ai casi estremi della follia.
Dove e come è possibile trovare la salvezza? L’autore spiega come il primo passo sia quello di uscire da un atteggiamento vittimista che rende corresponsabili della propria sofferenza; seppure non sia possibile riscrivere la propria storia, immaginando che tutte le esigenze ed i bisogni personali siano stati soddisfatti, adesso si possiedono gli strumenti per scriverne una nuova. Questo perché Vivere con un odio rimosso (frutto di una scelta libera dell’Io Persona) significa avvelenare la propria vita e quella degli altri, fino a quando quest’odio non è portato alla coscienza ed eliminato
(Antonio Mercurio).
Ciò conduce al passo successivo ossia l’accettazione: è necessario accettare il fatto che il proprio io grandioso
sia stato ferito ed abbia sperimentato l’impotenza in una fase così delicata e fondante della propria vita e utilizzare tale consapevolezza per arrivare a conoscere la propria essenza, se stessi come in-dividui, cioè nondivisi. Questo perché l’essere umano è molto più della sua mente, anzi essa rappresenta la punta di un iceberg che è il proprio sé unico ed irripetibile, il quale comprende l’inconscio ed il corpo con i suoi organi. E proprio come unione di mente, corpo e spirito l’uomo dovrebbe essere curato quando si ammala, poiché la malattia altro non è che una disarmonia energetica
ossia un blocco nel flusso di energia che passa attraverso dei canali presenti nell’organismo umano; nonostante oggi l’uomo viva più a lungo è certo che si ammali di più e mentre si cerca di combattere la malattia attraverso l’uso smodato di farmaci, con pericolosi effetti collaterali, ecco che la medicina olistica come l’agopuntura e l’omeopatia ottengono risultati migliori proprio considerando l’uomo nella sua interezza e come realtà dinamica e mutevole, intervenendo su ciò che blocca tale flusso energetico.
Occorre superare la paura di essere completamente se stessi amando la controfigura
che l’ha sperimentata ed è stata costretta a difendersi con l’orgoglio, il narcisismo, l’invidia, il rancore, i sensi di colpa e così via sino, nei casi peggiori, al sadomasochismo. Nulla costringe più l’adulto alla dipendenza ed al condizionamento da parte di un padre o di una madre né dal conformismo sociale ma è possibile, finalmente, consolare quel bambino incompreso, cogliendo anche l’opportunità di farlo attraverso l’ascolto dei propri figli. Ed è possibile affermarsi per ciò che si è nel lavoro, chiedere rispetto per la propria individualità nella coppia, soprattutto, utilizzare il dolore come elemento conoscitivo di se stessi, considerandolo una zona d’ombra
preziosa per la nostra crescita. A questo punto l’evento imprevisto non scatenerà più il virus della paura ma un nuovo modo di sentire
che porterà a creare rapporti diversi e migliori con il prossimo.
Solo amando se stessi in toto, infatti, è possibile amare un’altra persona che sia affine al proprio progetto esistenziale, approdando dall’amore passione che è dipendenza e si sostanzia di vicinanza fisica a quello maturo che è scelta, costruzione, energia. Anche i rapporti con gli altri, più in generale, cessano di essere manipolatori, basati sulla convinzione che le cose debbano andare come diciamo noi
ma su uno scambio reciproco. Anche perché, un grande problema esistenziale avvertito dal singolo può diventare affrontabile per un gruppo in cui poter rivivere i sentimenti di paura, solitudine, rabbia, trovando di contro rispetto, accoglienza, aiuto come se ci si trovasse in un nuovo utero
. Superando le emozioni tradite
si può arrivare alla chiarezza, al ritrovamento della propria interezza, diventando responsabili di se stessi, una roccia in mezzo alla tempesta
di una società corrotta, relazionandosi agli altri con una nuova modalità affettiva, non più con la protervia dell’avere
ma l’accettazione dell’essere
. L’obiettivo, di conseguenza, non sarà diventare qualcuno
ma essere se stessi, quindi conosci te stesso
e non più penso dunque sono
semmai amo dunque sono
, andando al di là dell’io verso rapporti più autentici.
Il terzo passo è, evidentemente, la trasformazione, poiché la vita stessa muta di continuo ed è un passaggio