Melanconia: espressione di un'epoca
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Melanconia - Claudia Manildo
Claudia Manildo
MELANCONIA
ESPRESSIONE DELL’EPOCA
ISBN: 9791280848307
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Indice dei contenuti
Indice
Dedica
Introduzione
Capitolo I
Capitolo II
Capitolo III
Capitolo IV
Capitolo V
Capitolo VI
Introduzione all’Analisi
Conclusioni
Bibliografia
RINGRAZIAMENTI
Indice
Introduzione
Cap. 1 - L’emozione nel corpo e nel sociale
1.1 - Il ruolo delle passioni
1.2 - L’emozione come forma espressiva
1.3 - Le due correnti di pensiero
1.4 - Il modello di attivazione delle idee
1.5 - Le categorie emozionali
Cap. 2 - Risentimento e individualismo esasperato: la società dell’isolamento paranoide
2.1 - Solitudine comunitaria: la metafora del muro
2.2 - I traumi emotivi del ’900
2.3 - Il sé Normopatico e la morte del linguaggio
2.4 - Trump e l’evacuazione emotiva del linguaggio
Cap. 3 - L’Epoca delle passioni tristi: le nuove melanconie di risposta
3.1 - Caso clinico o problema comunitario?
3.2 - Il metaforico ritorno alla lentezza
3.3 - La malinconia come non accettazione di un’assenza
3.4 - La nuova melanconia e il tempo passato come paradigma di un’epoca
3.5 - Melanconia e creazione: Vincent Van Gogh
Cap. 4 - La melanconia come storia della sensibilità dell’uomo contemporaneo
4.1 - Se niente è davvero proibito, niente è davvero possibile
4.2 - La storia della depressione come sviluppo del melanconico
4.3 - Astenia, insonnia, ansia: la triade della società democratica
4.4 - La melanconia attraverso l’opera d’arte
4.5 - L’invenzione dei sentimenti
Cap. 5 - La malinconia del critico: dalla Terza Pagina a ‘La Lettura’
5.1 - L’inserto culturale: la storia italiana
5.2 - Dalla Terza Pagina al Paginone centrale: cultura o intrattenimento?
5.3 - Il Corriere della Sera dà spazio alla riflessione: la nascita de ‘La Lettura’
5.4 - Il Tempo melanconico nell’inserto culturale
La semiotica delle passioni analisi dell’inserto culturale ‘La Lettura’
Cap. 6 - Le passioni umane attraverso il linguaggio
6.1 - Le passioni e gli interessi: pragmatismo o idealismo?
6.2 - Le passioni nel testo giornalistico
6.3 - Le strutture narrative profonde
6.4 - L’informazione appassionata
6.5 - Studio di semantica lessicale
6.6 - Modalizzazioni sociali e individuali
Introduzione all’Analisi
L’Analisi
15 settembre 2019
22 settembre 2019
29 settembre 2019
13 ottobre 2019
3 novembre 2019
Conclusioni
Bibliografia saggi e manuali
Sitografia
Articoli di giornale (in ordine cronologico per facilità di consultazione)
Ringraziamenti
––
Dedica
All’universo degli sconfitti,
che la vostra sensibilità diventi virtù
Introduzione
La presente nota è per te, lettore, che hai appena iniziato questo breve viaggio all’interno del libro.
Non so se riusciranno ad arrivarti le mie parole, non so se apprezzerai queste analisi, probabilmente troppo crude e pessimistiche. Per questo voglio spiegarti il mio progetto, chiarendo subito da cosa sono nate le mie ricerche e perché ho sentito il sincero bisogno di divulgarle.
Viviamo immersi in una pandemia globale e siamo usciti da poco da un periodo di chiusure forzate di coprifuochi, da una vera e propria guerra morale e sociale.
Come in tutte le guerre si vive un periodo di perdita di certezze, spaesamento, depressione, scoraggiamento e difficoltà nel riuscire a trovare il sonno, anche questo è stato e resta un periodo melanconico per definizione, quello delle mancanze.
È altresì il periodo delle distanze, delle assenti presenze, quelle che dopo averle perse, continuiamo a desiderare, a sentire vivere in tutto ciò che facciamo.
È il periodo di presenze distanti, quel tempo in cui preferiremmo un’assenza vuota, che non parla, e invece ci ritroviamo a convivere con miriadi di assenze così piene e sature da diventare distanze vive, tanto da farci sentire estranei a noi stessi; a noi che ce l’abbiamo fatta e che, nel nostro continuare a vivere, rimaniamo aggrappati a una sorta di zona d’ombra bombardata, che resiste: il nostro io più profondo, l’interiore che continua a far domande, cercando un senso, e che fa venire la nausea quando non lo trova.
Io convivo con il melanconico da quando sono nata, questo senso di vuoto interiore che non riesce a trovare pace, eppure non è mai stato facile descriverlo agli altri. Mi sono sempre sentita diversa, incompresa, messa sulla linea di confine tra sei dentro e, al tempo stesso, sei completamente fuori.
Mi sentivo fuori da tutto quello che mi circondava, in perfetta simbiosi con le foglie autunnali, secche, che danzavano a terra staccandosi dai rami.
Per dare senso ai miei cinque anni di studi universitari, sentivo il bisogno di esprimere me stessa schierandomi dalla parte degli incompresi, degli esclusi, di coloro che vivono un moto interiore incontenibile.
Così, attraverso la sociologia, la psicologia, la semiotica e il giornalismo ho cercato risposte a quelle che possono essere definite le problematiche dei silenti.
Sono scesa a patti con la psicologia cognitiva, con gli studi sulle relazioni del cervello umano, ho analizzato nel profondo le manipolazioni massmediali, gli effetti sul nostro essere, appunto, umani.
Approfondite le ricerche, avevo già intuito che qualcosa non stava girando nel verso giusto, che i giovani avevano voglia di esprimere questa sensazione d’insoddisfazione perpetua, la difficoltà nello stare al mondo.
Ero già cosciente delle piaghe profonde portate dai cambiamenti del secolo scorso, ma all’improvviso mi sono ritrovata a vivere in prima persona la crisi attraverso un fenomeno ancora più complicato: il COVID-19.
Eppure, caro lettore, quello che ti sto per dire forse non ti meraviglierà, ma sono sicura che ti farà pensare un po’ di più alla fortuna che abbiamo avuto a superare tutto questo e a riprendere a vivere. La causa dei nostri problemi non è riscontrabile nel virus in sé e per sé, la pandemia è stata infatti solo l’apice di una rottura del sistema che aveva creato già una profonda e preoccupante solitudine. Ogni individuo socialmente integrato ne è stato raggiunto e per vari aspetti minato.
I miei studi di comunicazione hanno fatto sì che partissi da un concetto principe, ormai fisso nei miei pensieri: l’uomo diventa manipolabile davanti a ciò che riesce a suscitargli un’emozione, le passioni sono il suo punto debole perché la parte di sé che non riesce a manovrare e che lo rende vulnerabile quando entra in rapporto col suo contesto esterno.
Leggendo Starobinski è chiaro come una delle passioni più forti sia allo stesso modo anche una delle più negative, come una sorta di masochismo insito nell’animo umano, un piccolo difetto di fabbrica che ci rende imperfetti.
Ti sto parlando dello stato d’animo che, molto probabilmente, hai provato anche tu durante questi anni di pandemia: la malinconia. Per essere melanconici non bisogna per forza aver perso qualcosa di tangibile. Del resto, cos’è veramente la malinconia?
Quella che proviamo quando qualcuno ci abbandona?
Oppure quella che proviamo quando l’estate viene sostituita dal venticello notturno e le foglie che cadono dagli alberi? O ancora semplicemente l’emozione che si prova quando qualcosa ci sottrae la felicità, quando, per un attimo, nelle vite freneti che di oggi, ci sediamo a riflettere su come in fondo qualcosa ci manca, ma non sappiamo cos’è, e ci sentiamo appunto malinconici.
Allora, ecco, mentre uscivo per strada durante questi mesi, vedevo volti tristi e mi sentivo empaticamente vicino a ognuno, sentivo il bisogno di fermare le persone per dire «Sedetevi un attimo, prendetevi una pausa e riflettete, respirate».
Il malinconico è una di quelle variabili che incidono sulla vita di ognuno e da qualche tempo è sempre più presente anche nei racconti dei giornali, nelle storie del nostro immaginario comune e nel nostro stesso senso di vivere.
Partendo dall’esperienza di grandi del passato ma anche da sensazioni che quotidianamente ci oltrepassano e ci raggiungono, mi sono posta alcune domande.
Ad esempio, come è riuscito Van Gogh a entrare nell’immaginario collettivo, riscuotendo grande successo dopo anni e anni dal suo decesso?
Analizzando in finale diversi articoli dell’inserto culturale del Corriere della Sera, La Lettura, ho dedotto che l’impianto delle evaluation, ovvero di tutte quelle sensazioni nascoste tra le parole in grado di suscitare emozione nel lettore, viene strutturato su di una costante malinconica intesa non tanto come
morte cognitiva e depressione, bensì come trampolino di lancio verso una rinascita.
Quella di cui abbiamo bisogno tutti, in questo momento, più che mai.
l’Autrice
Capitolo I
L’emozione nel corpo e nel sociale
Le mie emozioni sono mie in un modo che sembra escludere tutte le partecipazioni esterne alla mia esperienza affettiva; del mio odio o del mio amore voi conoscerete forse le conseguenze, ma non ne vivrete né i tormenti, né le estasi. Le mie emozioni sono me, più delle mie sensazioni o delle mie percezioni, o talvolta più delle mie azioni o delle mie decisioni.
Esse sono me là dove io sfuggo da me stesso, cioè nel mio corpo. È per questo che generalmente si usa chiamarle passioni.
(Paul Dumouchel)
1.1 Il ruolo delle