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Traditi e traditori
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E-book185 pagine2 ore

Traditi e traditori

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Info su questo ebook

È l’8 aprile 1945, mancano alcune settimane alla fine del III Reich.
Kristine riceve un messaggio da suo marito, generale delle ss di stanza in Polonia: lei e i loro tre figli devono salire in macchina e fuggire verso ovest fino a che non raggiungeranno la Baviera, invasa dagli americani. Attorno a loro è in atto la migrazione biblica di milioni di persone in fuga dall’Armata Rossa incalzante. Dopo tre notti all’addiaccio, sfiniti e affamati, i fuggitivi scoprono una casa disabitata nella foresta e lì finalmente possono recuperare le forze dimentichi del dramma che si svolge non distante da loro. Finché non irrompe nelle loro vite Vladislav anche lui in fuga, in realtà in missione per la Resistenza Polacca. Il giovane si unisce alla compagnia e, improvviso, nasce un amore impossibile, tumultuoso e contrastato per la differenza di età con Kristine e per il vissuto di entrambi. Non lontano, al di fuori della foresta, avvengono eventi drammatici mentre quattro eserciti si stanno dispiegando sul territorio tedesco sbaragliando quello che resta di uno degli eserciti più forti di tutti i tempi, in rotta rovinosa.
L’incontro e la fuga dalla casa nel bosco sono caratterizzati da contrasti interiori e da colpi di scena che coinvolgono Kristine e Vladislav consci del fatto che il loro rapporto non possa andare oltre il contingente della fuga stessa. Il futuro riserverà ad ambedue sorprese che segneranno profondamente le loro vite.
Romanzo di grande intensità emotiva, agrodolce e sincero si dipana come una contaminazione di note su uno spartito di Bach.
LinguaItaliano
Data di uscita1 lug 2017
ISBN9788832920239
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    Anteprima del libro

    Traditi e traditori - Guglielmo Mariani

    Storici

    1

    Il messaggio

    La porta si aprì e il giovane ufficiale delle SS, sull’attenti, salutò a braccio teso: Heil! Frau von Löwenflügel?

    Sì sono io, è successo qualcosa? disse Kristine allarmata.

    Una piccola bambina bionda con gli occhi sgranati era aggrappata alla sua gamba sinistra. Quella era la divisa del suo papà. Quell’ufficiale le ricordava suo padre quando l’aveva visto l’ultima volta: era venuto a salutarli ed era ripartito di fretta. Era passato tanto tempo e le mancava il suo papà. Ogni giorno la fotografia incorniciata in salotto glielo ricordava, ma lì era ritratto con un altro signore, magro, con la faccia seria, senza labbra, che le faceva paura.

    No, Frau, non si preoccupi. Herr General sta bene, l’ho visto dieci giorni fa. Ho una missiva per lei, eccola.

    L’ufficiale estrasse una busta dalla tasca interna della divisa e gliela porse. La piccola Helen, ancora aggrappata alla gamba della mamma disse, guardando in alto, incerta e impaurita: Mami, allora torna papà? Torna subito vero?

    Sì presto, disse Kristine, sovrappensiero.

    Prese la busta sulla quale era scritto Frau Kristine von Löwenflügel personale, l’esaminò e la rigirò in silenzio, non sapendo cosa fare. Si domandava: perché un messaggio? E rimase ferma per qualche attimo, confusa per la sorpresa e con la lettera in mano fra la piccola che la guardava occhi in su attendendo una sua riposta e l’ufficiale ritto di fronte a lei.

    Dopo alcuni interminabili attimi, questi disse imbarazzato: Frau von Löwenflügel, ho compiuto la mia missione, mi posso congedare? Herr General non attende risposta. Gli porterò i suoi saluti, lo vedrò fra alcuni giorni...

    Sì, certo, disse Frau Kristine ancora in trance per il mistero che avvolgeva la faccenda.

    L’ufficiale salutò la moglie del suo superiore e lei, con un mezzo sorriso, imbarazzata: Grazie, mi scusi, grazie ancora per essere venuto a cercarmi. Non dev’essere stato facile, sono momenti terribili.

    Dovere, Frau von Löwenflügel, dovere. I miei omaggi. Salutò, si voltò e raggiunse la strada, dove lo attendeva un soldato alla guida di un sidecar targato SS. La moto partì e l’ufficiale fece un cenno di saluto alla consorte del suo generale. Kristine rigirò ancora la busta fra le mani, chiuse la porta e si avviò a leggerla. Helen era ancora aggrappata alla sua gonna e le rendeva difficile l’incedere.

    Nel frattempo due ragazzi, Klaus e Magda, discesero le scale di corsa e irruppero nel salotto esclamando: Mamma, mamma, papi torna! Non è vero? Ha mandato il suo ufficiale a dirci quando viene a prenderci?

    Non lo so, ho appena ricevuto questa lettera da papà, mi hanno detto che sta bene e che vi abbraccia forte, forte, ma non ho ancora avuto il tempo di leggerla! E aggiunse frastornata a voce alta: Fatemela leggere con calma! Santo Cielo! Ora, suvvia, tornate in camera e fra cinque minuti vengo io a dirvi quando torna! Su, su di corsa, fra poco sapremo tutto! Su! Portate Helen con voi!

    I tre, delusi, furono avviati su per le scale dalla madre che non vedeva l’ora di poter leggere il messaggio da sola. Era scombussolata: suo marito in genere telefonava o mandava messaggi tramite le SS locali, ma erano circa quattro settimane che non lo sentiva, sapeva solo che era in Polonia, nei pressi di Varsavia. E, da circa un anno e mezzo, non aveva trascorso a casa più di dodici ore; qualche volta si erano visti a Berlino, ma sempre per poche ore e lui era sempre così tormentato e depresso.

    Era conscia che l’esercito era in rotta, tallonato dai sovietici, ora questa lettera! Si rassicurò pensando che in fondo poteva essere un segno positivo. L’aprì e riconobbe la carta intestata di suo marito: quella del Comando della 36a Waffen Grenadier Division.

    La missiva diceva:

    Mia adorata, non dire a nessuno del contenuto di questa lettera, distruggila dopo averla letta. Non parlarne neanche all’ufficiale che te l’ha recapitata. É di massima fiducia ma i tempi impongono grande cautela. Fai quello che ti dico immediatamente senza indugiare! Fai subito le valigie, prendi quanto necessario per un lungo viaggio anche per i bambini. Tutto il necessario, soprattutto soldi, gioielli e cose di valore. Carica tutto in macchina, chiudi la casa e parti subito! Assicurati di avere fatto il pieno di benzina, sai come!

    Parti, vai verso ovest, non fermarti mai finché non incontrerai gli americani: quando sei in vista delle linee americane metti sul cofano la bandiera che ti ho lasciato, non prima! Supera le loro linee e sarai al sicuro. Ti raggiungerò appena potrò. I sovietici hanno accerchiato Breslavia e superato l’Oder in direzione di Berlino e nessuno può fermarli. Correte verso le linee americane. A ovest di Dresda, oltre l’Elba dovrebbero esserci delle nostre truppe. Loro ti possono aiutare, ma non fidarti di nessuno e comunque corri verso ovest. Ci vedremo dove Giuseppe impalmò Maria.

    Non ti preoccupare per me, so come disbrigarmi. La guerra sarà finita in poche settimane, ne sono sicuro. Fra poco i sovietici prenderanno Berlino, evitala!

    Un forte abbraccio a voi tutti. A presto!

    Hermann, dal fronte 8 aprile ’45

    Kristine rimase di stucco. Aveva atteso suo marito per giorni, ormai: Hermann aveva promesso che sarebbe passato lui a prenderli. Così si aspettava. Così le aveva assicurato nelle ultime comunicazioni ricevute dai dintorni di Varsavia, ma ora doveva fare tutto da sola! L’aveva colpita la notizia che i sovietici sarebbero a breve entrati a Berlino. La loro casa non era molto distante. Infine guardò la data della lettera e si rese conto che era passata una settimana da quando Hermann l’aveva scritta. Era urgente allora! Figuriamoci ora! Forse era persino troppo tardi!

    Nei giorni scorsi aveva visto passare carri trainati da cavalli, biciclette, carriole e carretti tirati da fuggiaschi che stracarichi si dirigevano verso ovest. Ogni mezzo di fortuna era utilizzato; sarebbero stati capaci di sfuggire ai russi? I fuggiaschi erano sempre più numerosi e tutto era così drammaticamente disordinato!

    Nel suo intimo voleva aspettare suo marito, non aveva mai viaggiato da sola, Hermann aveva sempre organizzato tutto. Come avrebbe fatto con i bambini? Avevano sempre avuto degli attendenti, un maggiordomo, Stephan, che organizzava ogni cosa e una cuoca, Egle, sua moglie, che si occupava della cucina. Anche quando erano a Parigi nella casa sull’Avenue de la Grande Armée, in quella parentesi felice, c’erano Stephan ed Egle. Loro erano partiti tre settimane addietro adducendo la scusa che i loro genitori anziani, che vivevano a Heidelberg, avevano bisogno di loro. Allora non le venne il sospetto che la loro fosse una fuga. Pensò fra sé: anche loro sono scappati a ovest! Traditori! Se ci fosse stato Hermann non ci avrebbero abbandonati.

    Heidelberg doveva essere in mano americana da diverse settimane ormai! Anche il custode era scappato alcuni giorni prima.

    Si sentì persa, non aveva mai fatto lunghi viaggi in macchina. Aveva il terrore di bucare una gomma o che accadesse un guasto. C’era stato sempre qualcuno che si facesse carico degli imprevisti, se non lo stesso Hermann.

    Si rese conto che doveva sbrigarsi, non poteva perdere altro tempo, non doveva permettere che la sua famiglia cadesse nelle mani dei russi. Aveva sentito storie terribili provenienti dalle terre già occupate dai russi: storie di stupri, di violenze e di saccheggi.

    Perché Hermann non era venuto e non li aveva portati tutti in salvo? Abbandonare la casa! Senza custode! Si sentiva inadeguata, temeva di non esser capace. E con tre bambini!

    Era sola, seduta sul divano, assorta in quei pensieri con lo sguardo fisso, con la lettera fra le mani. Si rendeva conto che doveva prendere una decisione, quella indicata da Hermann ma non sapeva da dove cominciare, quando dalla cima della scala Klaus cautamente ma ad alta voce la scosse: Mami, mami, torna papi? Allora cosa dice? Ci manda a prendere?

    Kristine, come svegliata di soprassalto da un sogno spiacevole, appallottolò la lettera e disse a voce alta: Klaus, Magda, Helen, dobbiamo partire subito. Papà non può venire ma dobbiamo raggiungerlo noi. Aiutatemi, dobbiamo fare le valigie, prendiamo la macchina e partiamo. Venite qui, vi spiego tutto!

    I tre scesero le scale, delusi ma pronti a calarsi nel ruolo di grandi, di responsabili. Kristine, cercando di essere adeguata all’emergenza, disse ai suoi figli schierati davanti a sé, seri: Papà mi ha scritto che ci aspetta più avanti, oltre Dresda. Lui non può lasciare la sua divisione, ma vuole proteggerci, permetterci di allontanarci da qui...

    I tre l’ascoltavano con gli occhi sgranati. Helen fu la prima, con l’innocenza dei suoi quattro anni: Mami, se ci protegge papi, nessuno può farci male!

    Klaus dall’alto dei suoi undici anni la zittì e disse: "Ho sentito che i russi stanno invadendo l’Europa come i barbari e fanno del male, distruggono tutto e uccidono, rubano e strappano i vestiti alle donne, persino. Questo me l’ha detto Kurt. Anche loro sono partiti qualche giorno fa. Mi è venuto a salutare Ci rivedremo dopo la vittoria, ha detto. Era deluso perché avrebbe voluto arruolarsi per salvare la patria, ma non l’hanno preso, per l’età. Mamma allora che dobbiamo fare?"

    Giusto, Klaus, dobbiamo organizzarci, preparare le valigie, caricare la macchina e riempire il serbatoio con le taniche che papà ha nascosto nella botola della capanna degli attrezzi. Ce la fai a prenderle?

    Posso farmi aiutare da Siegfrid? Lui sa mantenere i segreti!

    No Klaus, nessuno deve sapere che stiamo per partire! Nessuno, hai capito? Papà si è raccomandato. Facciamo così, tu libera la botola dagli attrezzi e porta la carriola nella capanna. Quando sei pronto, tiriamo su le taniche assieme, le portiamo in garage e riempiamo il serbatoio. Va bene così?

    Mami, ce la faccio io da solo. Ce la faccio di sicuro a tirare su una tanica alla volta, sono venti litri; è facile con la carrucola!

    Bene, quando sei pronto, chiamami, ma non farti accorgere, stai attento che nessuno ci spii.

    Poi si rese conto che quella precauzione era senza senso alcuno: tutti scappavano verso ovest.

    Mando Helen ad avvertirti.

    Kristine salì le scale con Magda che era silenziosa. Era rimasta delusa perché il suo papà non era venuto a prenderli. Aveva otto anni e, anche se aveva avuto poche occasioni di stare con lui, gli era molto attaccata. Purtroppo la guerra glielo aveva portato via e solo in quel meraviglioso periodo a Parigi lo aveva visto quasi tutti i giorni. Ora che ne avevano tanto bisogno non era venuto. Era delusa e assorta in quei pensieri quando la mamma la scosse chiedendole perentoriamente di aiutarla a prendere i vestiti da portar via. Kristine aveva già preso le valigie, quelle belle di pelle di coccodrillo, acquistate a Parigi e aveva cominciato a riempirle prima con i suoi vestiti, poi con quelli di Klaus e di Helen. Le valigie erano stracolme.

    Hermann si è raccomandato, come per un lungo viaggio, pensò, e così devo fare. Poi aprì la segreta situata sotto l’armadio delle scarpe e tirò fuori i dollari, i marenghi e le sterline d’oro che il marito aveva messo da parte durante i suoi viaggi all’estero. Li mise nello zaino di Klaus assieme a dieci lingotti d’oro da cento grammi presi dalla cassaforte. Stava chiudendo le valigie quando Helen salì di corsa le scale.

    Mami, Klaus gliel’ha fatta a portare la benzina! Per nasconderla ha coperto la carriola con un lenzuolo. È tutto pronto in garage, ti vuole giù per versarla.

    Bene, digli di non farlo da solo, di aspettarmi. Anzi digli di venire su ad aiutarmi con le valigie. Presto, siamo in ritardo.

    Klaus arrivò tutto affannato, sudato e lercio per il lavoro fatto nella capanna del giardiniere: la botola era coperta da attrezzi di ogni tipo impolverati e non usati da mesi. Li aveva rimossi, aveva spazzato il pavimento e aperto la botola, non senza una certa fatica. Lì erano state nascoste cinque taniche metalliche da venti litri, per ogni evenienza. Era riuscito a tirarne su due usando la carrucola appesa alla trave del soffitto. Stimò che sarebbero stati sufficienti quaranta litri per riempire il serbatoio. Le aveva caricate una a una sulla carriola e le aveva sistemate in garage, vicino al bocchettone.

    Mamma eccomi.

    Cielo, Klaus, ti devi fare il bagno, sei impresentabile.

    Mi laverò, non è necessario il bagno, non abbiamo tempo.

    Va bene. Per favore prendi un’altra valigia: avremo bisogno anche delle lenzuola e delle coperte se troviamo posti di fortuna per dormire.

    Klaus, obbediente, corse in soffitta e prese una valigia che sua madre riempì di lenzuola e di coperte. In tutto erano state riempite quattro valigie che furono pesantissime da spostare: ci volle del bello e del buono per portarle giù dalle scale e fino al garage, passando per i servizi. Lo fecero in quattro, intralciandosi a vicenda, ma infine ci riuscirono. Poi Kristine disse a Klaus: Ho messo nel tuo zaino da montagna soldi e altri preziosi. Non perderlo mai di vista; non pesa molto. L’oro serve nei momenti difficili. Mettici sopra qualche libro, il tuo necessaire e il pigiama, per nascondere il nostro piccolo tesoro.

    Quando furono tutti in garage, si pose il problema di riempire il serbatoio della Mercedes. Tentarono di versare il carburante direttamente nel bocchettone ma se ne sparse una gran quantità. Allora Klaus si ricordò del sistema che aveva visto praticare dagli autisti di papà. Issò la tanica su un banco, prese un tubo di gomma e cominciò ad aspirare la benzina che non tardò ad arrivargli in bocca. Al che Klaus inserì il tubo nel bocchettone. Così dovette fare con l’altra tanica, fra le facce schifate delle sorelle e della madre, fino a che il serbatoio non debordò. Avvitò il tappo sputando ripetutamente, poi si lavò la bocca al rubinetto del garage. Finito che ebbe, caricarono le valigie nel bagagliaio. La macchina, molto carica, si mise in moto senza problemi e la madre la guidò all’esterno.

    Risalirono in casa; Klaus si lavò

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