Il segreto della collana
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Info su questo ebook
Helen Dickson
Helen Dickson lives in South Yorkshire with her retired farm manager husband. On leaving school she entered the nursing profession, which she left to bring up a young family. Having moved out of the chaotic farmhouse, she has more time to indulge in her favourite pastimes. She enjoys being outdoors, travelling, reading and music. An incurable romantic, she writes for pleasure. It was a love of history that drove her to writing historical romantic fiction.
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Anteprima del libro
Il segreto della collana - Helen Dickson
figlia.
1
«Miss Lotte, non so proprio che cosa fare con voi. Vostra nonna vi sta aspettando in sala da pranzo e sapete che non le piace attendere. Andate, adesso. State bene, vi assicuro.»
Charlotte Ainsley, detta Lotte, smise di guardarsi allo specchio e si voltò, con gli occhi verdi che brillavano per l’insofferenza. «Per l’amore del cielo, Daisy, ho diciannove anni e non mi va che mi si metta fretta. E non sarò a posto fino a quando non lo dirò io.»
Si voltò di nuovo verso lo specchio, osservando seccata i capelli che, come al solito, rifiutavano di stare in ordine: erano raccolti sulla sommità della testa, ma un ricciolo capriccioso come la sua proprietaria si era liberato dalle forcine e, per quanto lottasse, Lotte non riusciva a rimetterlo in ordine.
Daisy scosse divertita il capo, imperturbata dall’irritazione della sua nuova padrona. «Sappiamo tutte e due che potreste rimanere davanti allo specchio per l’intera notte, senza alcun risultato. Avete lo stesso carattere di vostra nonna ma lei è più anziana e, se fossi in voi, non la farei aspettare per non dovere sentire i suoi rimproveri.»
Lotte brontolò esasperata e poi, in un impulso stizzito, afferrò un paio di forbici e tagliò il ricciolo ribelle. Quindi se ne andò senza degnare di uno sguardo la divertita Daisy.
Scese il grande scalone in un modo che non era certamente il più indicato per una damigella, provocando una serie di sorrisi, di occhiate preoccupate e di disapprovazione da parte dei servitori che avevano interrotto le loro incombenze al suo passaggio. Lady Charlotte era di certo tremendamente bella.
Nella mesta quiete della sontuosa dimora della vedova del Conte di Harworth, l’arrivo della nipote dall’America aveva provocato non soltanto la perplessità dei domestici, ma anche quella della padrona stessa. E adesso la contessa era adirata per essere stata costretta ad aspettare.
Mentre entrava nella sala da pranzo, Lotte si preparò all’immancabile spiacevole scenata. La nonna si alzò rigida dalla sedia su cui era seduta, stringendo il pomo d’oro del suo bastone. A settantadue anni era ancora una bella donna dai capelli bianchi, con un portamento regale e i modi e la sicurezza che venivano dall’avere vissuto una vita di privilegi. Nonostante la rigida dignità e il rigoroso autocontrollo in ogni suo gesto, aveva avuto la sua parte di dolori dalla vita, essendo sopravvissuta al marito e a due figli.
«Buonasera, Charlotte» salutò, guardando con disapprovazione l’abito che la nipote aveva scelto: sembrava liso e non era affatto del tipo che una giovane donna della nobiltà inglese avrebbe indossato in un salotto rispettabile. Prima la sua sarta le avesse rifatto il guardaroba e meglio sarebbe stato. «Sei in terribile ritardo. Qual è la tua giustificazione?»
«Mi dispiace, nonna. Non volevo irritarvi, ma non riuscivo a decidere quale vestito indossare. Ho scelto questo perché è di un bel colore e mi sta bene. Non era necessario che mi aspettaste, potevate cominciare a cenare senza di me.»
La contessa le lanciò una gelida occhiata. «In questa casa si cena tutti insieme, Charlotte, e non mi piace che mi si faccia attendere. Quante volte ti devo ripetere che esigo sempre la puntualità? Grazie al cielo non abbiamo invitati. Hai dato un bel problema alla cuoca, che ha cercato invano di mantenere calda la cena.»
«Andrò a scusarmi» rispose Lotte, incapace di comprendere perché sua nonna facesse tanto chiasso per niente. «Non vorrei procurare disturbo a nessuno. Posso benissimo andare a prendere la mia cena in cucina.»
«E questo è un altro punto che vorrei chiarire. Non devi fare il lavoro che spetta ai domestici.» La gentildonna sospirò e scosse gravemente il capo. «Hai così tanto da imparare che non so da che parte cominciare.»
«Ma non mi piace stare con le mani in mano.»
«Farò in modo di tenerti occupata con attività che riguardino il tuo futuro ruolo nella vita, anche se ho capito fin dall’inizio che il tuo carattere è difficile e ribelle.»
«Papà sarebbe stato certamente d’accordo con voi. Diceva che ero davvero impossibile.»
Nel ricordare suo padre, morto due mesi prima, Lotte sentì un nodo alla gola.
«Mi manca così tanto.»
«Come manca a me» le assicurò la nonna e nella sua voce c’era qualcosa che fece capire a Lotte quanto fosse grande il suo dolore per la morte del figlio minore.
«Era sua volontà che tu venissi in Inghilterra, dove avrei potuto insegnarti a essere una gentildonna. E così sarà, anche se dovessi morire nel tentativo di realizzare il suo desiderio.»
Lotte pensò a quanto fosse diventata improvvisamente complicata la sua vita, e come era stato difficile il passaggio dalla sua amata Charleston a Londra. Le mancava così tanto la sua città natale. Si sarebbe mai trovata a proprio agio in Inghilterra? Come le pesava dovere vivere secondo le regole rigide della nonna, mentre suo padre l’aveva sempre lasciata libera come un uccello. Le sembrava impossibile diventare una vera gentildonna, come voleva la contessa.
La guardò con gli occhi verdi, grandi e vulnerabili.
«Sono sicura di essere stata una terribile delusione per voi, nonna, ma farò di tutto per non scontentarvi un’altra volta. Nonostante quello che pensate di me, sono solo un po’ sventata, non stupida. Non so come devo comportarmi, ma imparerò.»
«Dovrai impegnarti molto.»
La contessa prevedeva che l’aspettasse un duro lavoro con la nipote, che non sapeva proprio nulla di buone maniere ed era una fanciulla eccessivamente vivace.
Quando si erano viste per la prima volta, si erano guardate in silenzio, due volontà di ferro pronte a scontrarsi. La nonna era forte e orgogliosa, viveva secondo le proprie regole e voleva sempre averla vinta. Esattamente come Lotte.
La giovane andò alla lunga tavola e attese che Gosforth, il maggiordomo, che aveva l’abitudine di apparire dal nulla e di sparire nello stesso modo, aiutasse la nonna a sedersi. Poi si accomodò da sola, guadagnandosi un’altra occhiata severa.
«Possiamo cominciare, Gosforth, adesso che mia nipote si è degnata di raggiungerci. Vediamo fino a che punto l’arrosto si è raffreddato» dichiarò la contessa.
Lotte sospirò, le mani educatamente in grembo. La serata era davvero cominciata male. Se solo avesse potuto avere qualche distrazione... Tutto sarebbe stato preferibile al restare in casa con la nonna, che si sforzava di insegnare a quella nipote americana come dovesse comportarsi una sofisticata damigella inglese. Fino a quel momento i suoi tentativi di adattarsi erano risultati vani.
La nonna non sapeva che lei, durante le sue cavalcate quotidiane a Hampstead Heath, aveva già attirato l’attenzione di molti bellimbusti locali, in particolare di uno considerevolmente attraente.
Si chiamava Carlton Robinson e una volta era riuscito a liberarsi del valletto che la accompagnava sempre, e che faticava moltissimo a starle dietro perché cavalcava più veloce del vento, e l’aveva raggiunta.
Carlton Robinson non aveva mai incontrato nessuno come quella fanciulla americana e il suo cuore si era sciolto immediatamente davanti ai suoi occhioni verdi e al suo incantevole aspetto. Per Lotte non era stato altro che un gioco per ingannare la noia e, quando il gioco era finito, se n’era liberata senza rendersi conto di che cosa avrebbe implicato una sua relazione con quel particolare gentiluomo.
Sospirò bevendo un sorso troppo grande di vino, desiderando che la serata fosse già finita in modo da potersi rifugiare nella propria stanza.
E a peggiorare le cose, arrivò un arrosto freddo e anche troppo cotto.
Il mattino seguente, mentre era alla finestra della sua camera che si affacciava sul giardino, la contessa vide la nipote che tornava a cavallo, senza cappello e con i capelli al vento, dopo avere lasciato il valletto da qualche parte a Hampstead Heath.
Proprio quel giorno una delle sue conoscenti si era affrettata ad avvertirla dello scandalo che minacciava Charlotte, uno scandalo la cui responsabilità era da attribuire tutta a sua nipote, a quanto pareva.
Lei era adirata per il comportamento di Charlotte. Non avrebbe mai immaginato che quella bella, inesperta fanciulla avrebbe fatto amicizia con un giovanotto le cui imprese facevano chiacchierare tutta Londra. Proprio Carlton Robinson! Nessun altro avrebbe avuto la sfrontatezza, la temerarietà di entrare in confidenza con la nipote della Contessa di Harworth.
Fece immediatamente convocare Charlotte nel salone.
Daisy aveva già sentito i pettegolezzi e avvertì Lotte che non doveva aspettarsi misericordia dalla nonna. La sua ingenuità e inesperienza non l’avevano preparata per un uomo con la reputazione di Carlton Robinson, il quale non aveva alcuna intenzione di lasciarsi prendere per il naso da una ignorante fanciulla americana. Così, dopo essere stato congedato da lei, aveva raccontato una versione ben diversa dei fatti a mezza Londra. Ridendo, l’aveva descritta agli amici come una divertente, strana e patetica creatura uscita dai boschi americani, con cui non aveva mai avuto intenzioni serie.
Lotte sentì crescere sempre di più una premonizione di disastro incombente mentre si avvicinava al salone. E, dopo avere ascoltato le parole della nonna adirata e delusa, si lasciò cogliere dal rimorso e dalla vergogna.
«Allora, che cosa hai da dire per giustificarti?» la contessa chiese alla poveretta.
«Mi dispiace, nonna. Non è successo nulla, vi prego di credermi. Ci siamo incontrati a Hampstead Heath, e solo per tre volte. Mi aveva detto che gli piaceva la mia compagnia. Non mi era simpatico, così non ho più voluto rivederlo. Daisy mi ha riferito che quell’uomo odioso ha detto cose terribili sul mio conto, naturalmente del tutto false.»
«Carlton Robinson racconta sempre cose terribili sul conto degli altri» fu il secco commento.
«Non avrei mai voluto che accadesse una cosa simile. Non sapevo niente di lui.»
«C’è una moltitudine di cose che ignori. Una fanciulla appena arrivata dall’America, senza esperienza del nostro modo di vivere... Per lui sei stata una facile preda.» La nonna scosse stancamente il capo, prendendosela con se stessa per avere lasciato alla nipote troppa libertà. «Carlton Robinson è un presuntuoso millantatore e il reprobo più lascivo della città. Risentito del tuo rifiuto, ha cercato di rovinarti la reputazione nel modo più ignobile, tentando di distruggere la tua posizione sociale prima ancora che tu abbia potuto fare il tuo debutto.»
«Mi dispiace» mormorò Lotte, sinceramente contrita. «Avete rischiato molto prendendomi in casa, ma non sapevate che avreste rischiato anche il disonore.» Guardò la nonna con gli occhi pieni di lacrime. «Ho un cattivo carattere e nessuna dote femminile. Che cosa faremo?»
Il cuore della contessa si sciolse per la cara, sconcertante, vivace figlia del suo figlio più giovane, e in un attimo si sentì pronta a combattere per difendere quella creatura innocente, a cui erano state rivolte accuse ingiuste. «Faremo come gli Ainsley hanno sempre fatto, Charlotte» le rispose in un tono più gentile, «e impediremo lo scandalo. Il giorno del tuo debutto, mi auguro, sarà tutto dimenticato.»
Così la vedova del Conte di Harworth incominciò a trasformare la semplice fanciulla venuta dall’America in una rispettabile gentildonna inglese.
Charlotte non aveva la minima idea delle usanze inglesi, ma la sua determinazione a non seguire le regole doveva essere tenuta a bada. Non sapeva nulla della moda e neppure le importava, ma in altri ambiti era molto istruita. Parlava un francese perfetto, leggeva il greco e il latino, e aveva una buona predisposizione per la matematica.
Miss Bertram, una donna dalla reputazione impeccabile, sarebbe venuta a istruirla a fondo sull’etichetta. Nessuno avrebbe osato trovare da ridire su una giovane educata da lei.
La Stagione mondana sarebbe cominciata entro poche settimane, dunque c’era da sperare che Charlotte avesse il tempo di imparare tutto quello che le sarebbe servito per fare un ottimo debutto e per continuare poi a comportarsi appropriatamente.
La contessa avrebbe iniziato col portarla a teatro, dove avrebbe potuto essere vista ma non avvicinata. A parte quello, sarebbe stata tenuta lontana da tutti.
La casa della nonna, vicina a Hampstead Heath, era diversa da tutto quello che Lotte aveva mai visto o immaginato in America. Era rimasta incantata dal suo splendore, dal fatto che fosse sontuosa senza essere austera. Era lì che la nonna risiedeva a Londra, preferendo la pace e la quiete relativa di quella zona, dove l’aria era più pulita.
La dimora avita degli Ainsley, Harworth Hall, si trovava nel Wiltshire.
Al suo arrivo in Inghilterra, per prima cosa Lotte aveva dovuto combattere contro gli sforzi che la nonna aveva fatto per conformarla ai suoi principi. La contessa era difficile da compiacere, autoritaria e possessiva, mentre lei aveva uno spirito libero ed era abituata a fare quello che voleva. Non si sentiva pronta a seppellirsi viva secondo il protocollo e i costumi tradizionali inglesi.
Adesso però le sue isterie, come le chiamava la nonna, si erano calmate e aveva cominciato ad accettare la situazione. Ammettendo di non conoscere niente delle usanze inglesi, si era resa conto di avere delle lacune ed era diventata il giudice più severo di se stessa. La nonna era tutta la famiglia che aveva e quella, che le piacesse o no, era casa sua. Perciò doveva fare il possibile per adeguarsi.
A Miss Bertram toccava il formidabile compito di insegnarle le buone maniere e, sotto la sua tutela esigente e continua, Lotte cominciò a prendere il suo posto nella società e a darsi da fare diligentemente per guadagnare il favore della nonna.
Madame Hamelin, la sarta personale della contessa, arrivò con due lavoranti per rifarle il guardaroba. Lodò a lungo la bella americana, complimentandosi per la sua grazia naturale e per il suo portamento. Lotte permise che la voltassero, la girassero e la redarguissero se non rimaneva ferma durante le prove dei vestiti. Si sentiva eccitata, e chi non lo sarebbe stato al suo posto? Era al centro dell’attenzione, ammirata ed esaltata.
Poi arrivò il maestro di danza, che la fece volteggiare per la stanza al ritmo di una musica immaginaria e, con sollievo della contessa, dichiarò che sua nipote aveva una innata predisposizione per il ballo.
Così Lotte imparò come camminare nel modo giusto, come fare la riverenza, come aprire e chiudere il ventaglio e come usarlo per altri scopi che non fossero quello di farsi aria, cioè per civettare e tenere graziosamente occupate le mani.
Quando venne il momento del suo debutto, per quanto avesse ancora molto da imparare e il suo carattere non fosse certo stato domato, la nonna era sicura che fosse ormai pronta per entrare in società. E si augurò che lo scandalo per la sua breve e del tutto innocente frequentazione con Carlton Robinson fosse del tutto dimenticato.
Lance Bingham si alzò dal letto con un profondo sospiro. Raggiunse la brocca e si versò l’acqua sulla testa, prima di guardarsi allo specchio. Si sentiva in uno stato terribile, aveva la vista annebbiata e un gran bisogno di radersi.
Cercò di respirare profondamente per scacciare i postumi della sbronza. Si asciugò la testa, andò alla finestra e la spalancò, poi respirò l’aria frizzante della mattinata parigina.
Quel giorno finiva la sua vita militare, e sarebbe dovuto tornare a casa, in Inghilterra, un evento che gli dava poca gioia visto quello che l’aspettava.
Quando Delphine era morta, una parte di lui era morta insieme a lei. Non avrebbe mai più permesso alle emozioni di avere la meglio. Il suo cuore sarebbe per sempre rimasto chiuso per ogni