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Detti memorabili, pensieri e riflessioni dell’Omino delle foglie sulla Via del Tao
Detti memorabili, pensieri e riflessioni dell’Omino delle foglie sulla Via del Tao
Detti memorabili, pensieri e riflessioni dell’Omino delle foglie sulla Via del Tao
E-book151 pagine2 ore

Detti memorabili, pensieri e riflessioni dell’Omino delle foglie sulla Via del Tao

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Il racconto è un dialogo in più giornate, a cavallo tra la dimensione filosofica e il lato pragmatico della vita lavorativa, tra il protagonista - l’Omino delle foglie - che si occupa della manutenzione di un campeggio estivo vicino al mare e l’autore. Filosofia applicata al lavoro e alla vita quotidiana in un confronto, anche ironico, fra le parti. Il racconto vuole esemplificare come sia possibile interessarsi ai temi esistenziali con ironia e senso pragmatico e come i grandi temi della filosofia, possano essere visti nella loro apparente paradossalità. L’Omino delle foglie rappresenta la ricerca di quell’ideale filosofico che non scinde la realtà in “solo pensiero” e “solo materialismo”, ma ricerca quella sintesi che è, infine, saggezza di vita.
LinguaItaliano
Data di uscita30 ago 2017
ISBN9788826463476
Detti memorabili, pensieri e riflessioni dell’Omino delle foglie sulla Via del Tao

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    Anteprima del libro

    Detti memorabili, pensieri e riflessioni dell’Omino delle foglie sulla Via del Tao - Valtero Curzi

    biografici

    11 luglio 2013

    Uno strano tipo...

    Oggi passeggiavo sul lungomare e mi è caduto lo sguardo su uno strano tipo, che suppongo sia il giardiniere dell’adiacente campeggio, il quale stava raccogliendo foglie con un rastrello mentre il cielo si era fatto nero a ponente e prometteva un bell’acquazzone, con un vento forte che faceva continuamente cadere altre foglie.

    Incuriosito, mi sono avvicinato, vedendolo oltremodo pensoso e molto attento al suo fare.

    «Buonuomo», gli ho detto, «la vedo molto impegnato in un lavoro che mi pare inutile, perché, mentre sta raccogliendo foglie, dietro di lei di continuo ne cadono di nuove per il vento che è montato. E malgrado questo la vedo pensoso. Ma a cosa sta pensando?»

    E lui, tranquillo: «A nulla, penso a me!»

    «Cioè lei buonuomo, pensa solo a se stesso mentre raccoglie foglie che continuamente cadono?»

    E lui... «Sì! che ci vedi di così strano?»

    «Lo strano», ho ribattuto io, «è che sta facendo un lavoro inutile!»

    «Questo lo dici tu!» ha replicato, poi ha aggiunto: «Io per primo faccio ciò che mi hanno ordinato di fare e non so qual è il fine di ciò che mi hanno ordinato di fare. Però non sono né m’identifico in ciò che faccio, perché io sono il soggetto agente e non l’oggetto del fare. Quindi io sono me stesso mentre faccio e il fare non è fine, ma mezzo, per me. Ma, cosa più importante e fondamentale, io mi penso e penso al mio sé, il quale è assoluto e non relativo, quindi supera l’inutile raccogliere foglie. Come il Buddha, che dovunque andasse era sotto l’albero della bodhi e l’albero della bodhi era un simbolo della sua retta visione.»

    «Ma a cosa pensa?» ho insistito incuriosito.

    E lui, quasi infastidito: «A nulla di particolare se non alla dimensione in cui il mio sé sta, quindi penso a me, perché io sto nella mia dimensione, la quale è l’infinità di relazioni che il sé ha con ciò che lo circonda. Ma essendo queste relazioni infinite, la mia dimensione è una Unità Assoluta di pensiero, quindi io mi penso e penso all’infinità della mia dimensione, quindi penso al Tutto. Prima però ho svuotato la mia mente dell’inutile e dell’inessenziale a me, colmandola e riempiendola con me stesso, ossia con la mia dimensione, che è il Tutto di me. Quindi non c’è spazio per il pensiero del perché raccolgo le foglie mentre il temporale ne farà cadere una ulteriore moltitudine. Non è problema mio questo!»

    «Va bene buonuomo», gli ho detto, «però potrebbe fare mille altre cose più utili, invece che fare un lavoro inutile!»

    E lui, con un tono ora proprio infastidito: «E quale altro lavoro è più utile di pensarsi e riempirsi di Sé? Riempendomi del mio Sé io sono solo me stesso ed essere assolutamente se stessi è essere Assoluti. Cosa c’è di più dell’essere Assoluti?»

    A questa risposta non ho saputo replicare e mesto l’ho salutato.

    Non so se mi ha risposto, ma di sicuro so che ha continuato a raccogliere foglie, sempre pensoso.

    15 luglio 2013

    Nel tardo pomeriggio sono passato di nuovo sul lungomare e ho rivisto lo strano tipo che raccoglieva le foglie mentre montava un temporale. Era di nuovo a raccoglierle, ma la giornata era splendida e caldissima. Lui era sempre pensoso.

    Mi sono di nuovo avvicinato e gli ho detto: «Buonuomo, oggi mi sembra che sia una bellissima giornata d’estate, calda sì, ma senza vento, quindi ci saranno pochissime foglie da raccogliere.»

    E lui: «A me non pare che sia così, guarda là che mucchio di buste per rifiuti ho riempito!»

    In effetti, ho visto, ne aveva accatastate una ventina, tutte colme di foglie.

    Ha aggiunto poi: «Ne cadranno sempre, ininterrottamente, come poi è l’esistenza. La vita è come foglia, cresce e poi si stacca al semplice alitare di brezza. Si stacca e cade, e io la raccolgo.»

    «E perché è pensoso anche oggi», ho chiesto, «in questo pomeriggio caldo e turchino, davanti a questo mare calmissimo che si specchia nel cielo?»

    «Perché penso alle foglie che raccolgo, una diversa dall’altra, cresciute chissà perché, e poi staccatesi senza un motivo apparente», mi ha risposto piuttosto serio, poi ha aggiunto, quasi meditandoci su: «Quando montava il temporale potevo capirlo… vento e pioggia, ma oggi è tutto calmo, sereno, quiete, silenzio, sole… una meraviglia… eppure si staccano e cadono. Ricordo dei versi di quel tale ermetico… sulla foglia d’autunno… come si chiama?» mi domanda quasi a sondarmi.

    «Ungaretti», gli dico io, poi recito i versi: «Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie», spiegandogli infine che quei versi dal titolo Soldati sono una testimonianza della fragilità umana nella guerra.

    E lui, deciso e convinto: «Certo, ma dicono bene quel che io sento ora nel raccogliere le foglie. Anch’io ho scritto dei versi sulla foglia, te li leggo?» mi chiede, chiamandomi scherzosamente osservatore di chi fatica.

    «Certo, mi piacerebbe ascoltare la tua poesia», dico.

    E lui, tirando fuori dalle tasche un foglietto a quadrettini di scuola, ben piegato, mi legge:

    «La foglia:

    Lieve al ramo della vita stai

    attaccato come fragile foglia sospesa

    nel soffio di vento che passa.

    E io sento quel lento, impercettibile respiro

    di vita immensa che effondi

    tu così fragile e posata.

    Io sento chiaro e unico

    quel viver fermo

    mentre ascolto l’aleggiare del vento

    che si rafforza.

    Mi serra il cuore

    quel tuo stato sottile

    d’immensa fragilità

    che ci coglie.

    Io sento doloroso

    l’adagiarti come morta

    sulla arida terra matrigna

    Ti guardo e fuggo dai miei pensieri.»

    Finito di leggere, dopo un breve silenzio aggiunge: «Vedi come una foglia testimonia una condizione. E io è da questa mattina che raccolgo foglie, raccolgo parti di vita, di Energia, che si sono esaurite. Come le foglie, appunto… eh già!»

    «E domani cadranno ancora!» commento io chiedendogli se le raccoglierà.

    «Domani no… ho altro da fare. Tanto loro, le foglie, cadono anche se io non le raccolgo subito… mi aspetteranno.»

    «Che farai allora domani?» ribatto.

    Mi sorride e risponde: «E perché te lo dovrei dire? Se lo facessi sapresti il mio futuro, quindi dovrai venire per vedere ciò che farò… come nella vita: devi viverla per poterla definire e giudicare.»

    «Va bene buonuomo… buona serata!»

    «A te», mi ha risposto.

    16 luglio 2013

    La mia curiosità è stata più forte della ragionevolezza.

    Volevo vedere quello strano tipo, che ormai mi viene da chiamare Omino delle foglie, e ciò che avrebbe fatto oggi. Quindi anche questo pomeriggio sono ripassato sul lungomare e, come spinto da una misteriosa curiosità di sapere, l’ho cercato. Non è stato difficile scorgerlo in fondo al viale del campeggio, intento a svuotare e pulire i pozzetti delle caditoie stradali.

    «Eccola buonuomo», gli ho detto (mi guardo bene dal chiamarlo Omino delle foglie, perché di certo mi fulminerebbe con lo sguardo), «come vede la mia curiosità ha voluto essere soddisfatta.»

    «Non avevo dubbi che saresti venuto», mi ha risposto, poi ha aggiunto: «Ormai ti conosco e so che non ti fermi alla parte, ma vuoi sempre conoscere il tutto di ciò che ti si presenta davanti. Come vedi sto svuotando pozzetti di caditoie stradali, colmi di ogni cosa: acqua, foglie in putrefazione, sassi, erbacce in decomposizione, cicche, carta e ogni rifiuto possibile. Una melma un po’ maleodorante, ma non puzzolente, di certo però non Chanel n° 5, né profumo di rose e viole. Però ha una caratteristica, questa melma che sto togliendo dai pozzetti: è la Polvere di stelle dell’Universo.»

    «Buonuomo, la vedo spiritoso quest’oggi», gli dico, e sorrido alla sua battuta che ho preso come ironica.

    «Non scherzo sai, se è questo che pensi», mi ribatte vedendomi sorpreso, e specificando serio: «Noi siamo polvere di stelle, quindi dell’universo… e sai di cosa sono composte le cose contenute in questa melma scura e un po’ maleodorante?»

    «Non so», dico io.

    E lui: «Te lo dico io se non lo sai ! Ognuno di noi, come ogni cosa, è per il 99% della sua massa composto da sei elementi atomici: ossigeno, carbonio, idrogeno, azoto, calcio, fosforo; il restante 1% è formato da dodici elementi atomici, tra cui potassio , zolfo, ferro, magnesio, rame, e questo vale per tutto l’universo. Quindi, in ogni pozzetto c’è tutto l’universo, concentrato come se fosse un buco nero. Ma ti dico di più, caro rompiscatole, noi stessi diverremmo come questa melma puzzolente se solo l’energia che ci sostiene svanisse. Se quindi siamo come l’universo intero, nella nostra costituzione siamo polvere di stelle… hai capito ora?» mi dice guardandomi fisso negli occhi come a sottolineare la sua esposizione tra lo scientifico e il filosofico.

    Riprendendomi dal suo sguardo fermo e anche magnetico, rispondo: «Ci provo, a capire, buonuomo», poi sorrido e aggiungo: «ma questo universo in miniatura, cioè la melma maleodorante, dove la metti?»

    E lui, deciso: «La faccio essiccare e diventa ottimo materiale organico per concimare. Tutto ritorna nel ciclo vitale dell’universo, tutto ritorna all’origine, così anche l’energia. Hai capito ora?» ribatte, sempre con quel suo sguardo che quasi intimorisce.

    «In parte sì», rispondo, allontanandomi un po’ dubbioso, ma, fatto qualche passo, lo sento dirmi: «Domani non venire a curiosare, perché ho solo il taglio dell’erba e la potatura della siepe, normale manutenzione dell’universo.»

    Tacendo, gli sorrido.

    20 luglio 2013

    Dopo due giorni in cui non sono passato, durante la mia solita passeggiata al mare, presso il campeggio dove presta la sua opera il tipo delle foglie, oggi ci sono ritornato, per vedere a cosa avesse messo mano quel buonuomo. L’ho individuato subito con ramazza, rastrello e contenitore che di nuovo raccoglieva foglie sul vialetto del campeggio.

    «Salve buonuomo, ancora a raccogliere foglie?» gli ho detto salutandolo.

    «Certo, cadono continuamente sulla Via del Tao e necessita rimuoverle», ha replicato lui continuando a ramazzare.

    «Scusa buonuomo, questo vialetto si chiama Via del Tao?» gli ho chiesto incuriosito.

    E lui, tra lo stupito e l’infastidito: «Egregio giovanotto, a me sembra che tu sia, oltre che un rompiscatole, anche un po’ rincoglionito. La Via del Tao è una definizione metafisica, e io guardo nella dimensione allegorica e metaforica delle cose. La bibbia stessa va letta in senso allegorico.»

    «Va bene», ho ribattuto, «ma per quel che ne so io, la Via del Tao è divenire e la parola significa propriamente via, quindi anche modo di condursi, sistema. Il Tao è un’astrazione metafisica che indica la legge universale della natura, lo spontaneo modo di essere e di comportarsi dell’universo. In questo senso è indicibile, ineffabile,

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