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Al di là del mistero
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E-book368 pagine5 ore

Al di là del mistero

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Info su questo ebook

Tutto già esiste. Tutto già è costruito non in virtù di un destino ma di un percorso. Sta all’essere umano decidere da che parte andare. Intendo dire che il cambiamento già c’è – c’è sempre stato – è ad un palmo da te ma non riesci a coglierlo perché non ti dai la possibilità di osservarlo. Per fare un cammino devi essere il più leggero possibile e l’unico modo per divenirlo è ascoltare l’attimo presente, coglierlo e solo attraverso questa osservazione distogli lo sguardo dal passato che – intendimi – non va rinnegato ma deve essere usato per comprendere il presente.
LinguaItaliano
Data di uscita24 nov 2017
ISBN9791220025720
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    Anteprima del libro

    Al di là del mistero - Annibale Snelli

    Annibale Snelli, Valentina Mariani

    Al di là del mistero

    Anno 2017

    www.cenacolodiandrea.it

    ISBN: 9791220025720

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Dedico questo libro 

    a mio nipote Riccardo.

    Nonno Annibale

    Prefazione

    Auguro alla leale, regale, alata stirpe umana Amore assoluto. Sono parole di Corinne, una delle innumerevoli creature che hanno avuto il privilegio e la gioia di incrociare la propria esistenza terrena con quella di Annibale Snelli, la cui straordinaria vicenda umana e spirituale è racchiusa in questo libro. Operatore nel campo delle energie sottili, sensitivo, medium ma se c’è un epiteto in grado di esprimere al meglio lo straordinario dono di Annibale è quello di «viaggiatore del tempo». Se accogliamo l’assunto in base al quale ogni essere umano s’incarna con determinate caratteristiche per svolgere al meglio un particolare compito, quello di Annibale consiste senz’altro nell’incoraggiare l’umanità a compiere nel migliore dei modi il proprio cammino esistenziale. In questo suo nobile e delicatissimo ruolo, da oltre vent’anni Annibale è assistito da speciali amici terreni – Fabio e Gabriele – assieme ad entità vissute in forma umana in varie epoche ed aree geografiche: Hermann, Paride e il Pope ma non solo. Entità che amorevolmente lo guidano e lo sostengono dalla dimensione di luce in cui ora vivono. La modalità di intervento di queste guide invisibili è costantemente regolata dalla vigile mediazione di un essere di luce, un angelo di nome Andrea, il quale da tempo ha stipulato con Annibale uno specialissimo contratto. Seguiremo le orme di Annibale dai suoi primi esperimenti nel cosiddetto mondo paranormale – col quale la fisica quantistica ci ha ormai insegnato a familiarizzare – fino all’incontro decisivo con Roberto Buscaioli, fondatore del Cenacolo 71, uomo dalle grandi capacità medianiche e dotato nel contempo di una vastissima erudizione e di una spiccata umanità. Quella di Annibale e del Cenacolo di Andrea – da lui fondato nel 1997 – è la storia di un felice connubio tra cielo e terra, volto ad accelerare il nostro processo evolutivo verso una maggiore consapevolezza attraverso lo sviluppo di una crescente armonia. La lunga e assidua frequentazione degli amici invisibili ha permesso al Cenacolo di sviluppare un approccio al divino decisamente innovativo rispetto alle tradizionali teologie. Un approccio che supera l’antica dicotomia spirito-materia di stampo manicheo, valorizzando al massimo l’esperienza terrena.

    Questo libro è stato realizzato compulsando una vastissima documentazione, frutto degli innumerevoli messaggi donati dalle guide – nel corso di lunghi anni – attraverso Roberto e Annibale. In esso troverete anche le trascrizioni di alcuni interventi registrati durante le sedute medianiche. Per facilitarne la comprensione, si sono talvolta effettuate lievi modifiche agli interventi lasciando inalterata la sostanza. La scelta di riportare stralci dei dialoghi è dettata dal loro inestimabile valore di carattere etico, teologico e nel contempo esistenziale. Uno sguardo inedito sulla vita: non più passaggio materiale fine a sé stesso ma reale costruzione di un’eternità. Durante le sedute medianiche a casa di Roberto Buscaioli si respirava aria d’innovazione e altrettanto avviene ora con Annibale. Il momento della trance si esprime con naturalezza, non si percepiscono forzature mentre le guide celesti subentrano per instaurare coi presenti un vero e proprio dialogo d’amore. Un patto tra cielo e terra finalizzato ad un comune cammino evolutivo, un dialogo in cui domande e risposte si susseguono alimentando il dibattito che asseconda – di volta in volta – le necessità manifestate dal gruppo.

    Nicola Matteini

    Andata e Ritorno

    Mah! Io la vedo così…

    Forse perché non ho studi particolari, ho fatto la terza media

    dai preti che mi hanno promosso solo perché ero bravo in musica.

    Gli servivo per la banda della scuola…

    Sono anni che mi dedico allo studio ed alla comprensione della parapsicologia umanistica ad indirizzo quantistico. Che parolone direte! La mia ricerca è mirata allo studio di tutti quei fatti che possono far supporre una sopravvivenza dell’essere umano oltre la vita, la vita oltre la vita.

    Ho creato anche l’associazione no profit Il Cenacolo di Andrea, che si prefigge lo scopo di trasmettere ed infondere una conoscenza universale volta a creare una nuova coscienza. Una coscienza orientata: allo sviluppo delle potenzialità umane, alla salute ed all’evoluzione corpo-mente-Spirito, alla sensibilizzazione e al rispetto dell’ambiente e della natura, al rispetto dei valori umani – fratellanza, uguaglianza e libertà – al rispetto delle diverse culture e vie spirituali, alla ricerca di unione tra scienza, arte e spiritualità per incentivare lo sviluppo di una nuova umanità.

    Il punto è questo: è da un po’ che cerco Dio e immagino di non essere il solo. Chissà quanti di voi si sono posti gli stessi miei interrogativi a proposito di chi o cosa abbia creato il Tutto e di come abbia fatto a farlo! Sto cercando di capire le dinamiche della creazione, per esempio di come si è creata la vita sul nostro pianeta: la Terra. Con la conoscenza acquisita negli anni, a seguito delle numerose ricerche effettuate, potrei scrivere un’enciclopedia su Spirito, materia, coscienza, energia… ma ora ciò che veramente mi incuriosisce è come tutto sia iniziato. Gli scienziati parlano di Big Bang, un’enorme implosione seguita da un’esplosione che ha dato avvio al Tutto: galassie, stelle, pianeti, etc. …

    Voglio raccontarvi una visione – una percezione soprannaturale della realtà – accadutami non molto tempo fa, un giorno in cui ero particolarmente tranquillo ed in stato di dormiveglia.

    Improvvisamente mi trovo ad osservare il nostro sistema solare. Maestoso ed imponente il Sole domina la scena grazie all’enorme massa e l’intensa attività atomica che lo caratterizza. Il macrocosmo si svela ai miei occhi attoniti nel suo inesorabile movimento. Lo spazio non è affatto quieto, piuttosto un incredibile dinamismo lo contraddistingue. La mia attenzione viene nell’immediato catturata dalla Terra. L’astro che osservo è ben diverso dal pianeta azzurro che conosco, è più che altro un ammasso incandescente, caratterizzato da magma e lava.

    Lungo il suo percorso alla ricerca di una traiettoria stabile e definita, il pianeta ha necessità di trovare una sua gravità. Occasione che gli viene fornita dagli asteroidi: la galassia è percorsa in lungo ed in largo da una miriade indefinita di questi detriti della creazione che viaggiano per

    l’Universo senza apparente meta. Nel loro vagare per lo spazio, quelli che si trovano a passare vicino alla Terra attirati dalla sua forza d’attrazione si scontrano con essa fondendosi ed aumentandone la massa. Tale percorso è però lento, in quanto la piccola mole del corpo celeste non le permette di attrarre che altrettanto piccole masse.

    Tuttavia, con sorpresa, da un angolo della galassia osservo un gigantesco asteroide procedere a velocità incredibile in direzione del primordiale pianeta. Entrato in orbita di collisione i due corpi si scontrano. L’impatto innesca una fusione molto particolare che aumenta notevolmente la massa dell’astro, facendogli acquisire maggiore gravità, stabilità ed elevandone lo spin di rotazione centrifuga.

    Il tempo che vivo è diverso da come lo conosciamo: interi millenni sono condensati in una manciata di secondi. Lasso di tempo in cui la Terra continua ad essere terreno fertile per la caduta intensa e copiosa di meteoriti. Da tempo la comunità scientifica è a conoscenza che questi vaganti agglomerati di materia sono portatori di acqua. I ripetuti impatti – a lungo andare – portano sul nostro pianeta sufficiente acqua tale che, a seguito del contatto con la lava incandescente, inizia ad evaporare. Attraverso un lento ma costante processo di evaporazione sono testimone della formazione di una sottile ed impalpabile nebbiolina nella stratosfera, che comprendo essere nient’altro che acqua condensata. Nell’arco di qualche migliaio di anni la nube si fa sempre più densa e pesante fino a dar vita alla prima pioggia. Che emozione!

    Un gran temporale si abbatte, con fulmini e tuoni che imperano nel cielo illuminandolo all’improvviso di lampi di luce intensa e vibrante. La pioggia copiosa e fitta si protrae così a lungo da produrre un sostanziale cambiamento strutturale all’aspetto morfologico del nostro pianeta. L’immane pioggia sortisce l’effetto di raffreddare la crosta terrestre che da ammasso incandescente, condensando la lava, si tramuta in roccia. Ha così inizio un ciclo di evaporazione-pioggia-evaporazione che favorisce il susseguirsi di un clima caldo-freddo ideale per lo sviluppo della citata formazione rocciosa.

    Ad un tratto, nella mia visione il tempo torna a scorrere lento e quieto. La mia attenzione viene attirata verso una particolare agglomerato minerario il quale, per la sua peculiare struttura, ha agevolato il formarsi di una piccola pozza d’acqua. È proprio davanti a me, a non più di un passo di distanza; le sue dimensioni non superano i trenta metri quadri. L’incavo in cui si trova fa sì che – per buona parte – sia sovrastata da un’enorme roccia avente il compito di proteggerla, oltre che dagli agenti atmosferici terrestri, anche dalle radiazioni cosmiche. Dall’estremità della roccia cadono, di tanto in tanto, piccole gocce d’acqua che vanno ad alimentare la pozza. Le condizioni all’interno del limitato spazio sono ideali: la temperatura è tenue, costante, e l’alcalinità si mantiene stabile grazie alla protezione esercitata dalla roccia sovrastante.

    Il tempo accelera: i giorni e i mesi si susseguono in un batter di ciglia e sull’acqua si delinea una sottile patina verde con tonalità violacee, tipica delle sorgenti acquitrinose. Noto il formarsi di un puntino luminescente tendente all’azzurro all’interno dell’incavo. In principio non distinguo bene ma dopo averlo osservato per qualche istante comprendo trattarsi di una cellula. Ecco la nascita del primo organismo unicellulare. Ebbene sì, avete letto proprio bene: dalla piccola pozza d’acqua nasce la prima forma di vita sul pianeta Terra. Che meraviglia assistere a quel miracolo e che gioia ed emozione poterne essere testimone!

    L’essere monocellulare inizia a vagare, prendendo contatto con il mondo circostante. Lo vedo infilarsi curioso nei meandri della pozza, neanche poi così grande a dire il vero, stupendosi per ogni nuovo anfratto trovato. È cullato dallo scendere cadenzato delle gocce – sue sorelle – che provengono dalla roccia sovrastante accorgendosi poi, nel momento del bisogno, che quelle gocce portano con sé del nutrimento.

    A seguito di un’attenta e minuziosa esplorazione del piccolo regno, la giovane cellula – avendo saturato le attività di perlustrazione – si porta in superficie a filo d’acqua per mettersi in ascolto. Percepisce una vibrazione, un suono che viene al di là del movimento terrestre. Colgo in lei una gioia profonda e pura, come quella che i bambini provano davanti ad un dono promesso e tanto atteso. Curiosa ed attenta si sintonizza con quel suono nel modo giusto per poi reimmergersi – dopo averlo ritrovato – in preda ad un’intensa emozione. Vi capita mai di non riuscire a sostenere l’euforia di un momento e dover spostare la vostra attenzione, perché vi sembra che il cuore vi scoppi nel petto? Alla piccola cellula accade proprio questo!

    L’amore l’assale e la cellula si divide.

    Ecco allora due sorelle, una di fronte all’altra. Si guardano in un modo strano come a dirsi:

    «Cosa ci fai tu qui? Prima eravamo insieme, eravamo uno. Cos’è successo?»

    Imparano a dialogare, a relazionarsi e – inondate dall’amore e dalla gioia – improvvisamente da due si ritrovano in quattro, da quattro in otto e così via. Al momento giusto – dopo lo scorrere di un lasso di tempo che poteva essere qualche anno – la piccola pozza ormai piena di vita eleva il suo livello d’acqua a tal punto da erompere dall’antro che la delimita, andando ad unirsi coi piccoli corsi d’acqua limitrofi per giungere poi ai fiumi, ai laghi ed infine al mare. Ogni particella si adatta al luogo, svolgendo il compito che deve attuare per ciò che deve essere.

    Ecco la vita!

    Ecco l’inizio della vita biologica sul nostro pianeta Terra.

    Che meravigliosa visione!

    Ho come la sensazione di essere accanto ad ogni lettore, vivendo su me stesso le emozioni che ora il racconto sta suscitando nelle vostre menti e – soprattutto – nei vostri cuori.

    Una delle cose che è bene sappiate di me è che sono un uomo cocciuto, caparbio; non mi accontento mai. Voglio vedere, conoscere e sapere sempre di più. Toccare con mano, un po’ come San Tommaso. Capirete quindi come mi sono sentito a seguito della visione appena descritta. Quante domande mi ronzavano per la mente! Nel mio intimo sentivo che c’era dell’altro da capire da quest’esperienza, che potevo andare più a fondo. Il fatto è che quando penso di voler fare qualcosa o andare da qualche parte, non succede mai nulla! Quando intraprendo tali viaggi, che io chiamo viaggi con l’anima o viaggi nel tempo, essi avvengono sempre ed unicamente nel momento in cui meno me lo aspetto. Devo sapermi mettere in una condizione di tranquillità, svuotare la mente dai pensieri ed attendere. L’Universo infatti non ama imposizioni e col tempo ho scoperto che, in quanto Sua parte, anch’io non posso imporre nulla a me stesso.

    Forse qualcuno di voi potrà pensare che, in quanto viaggio nel tempo, il mio sia un viaggio nel passato. Ebbene per me non è così! Nel momento in cui mi lascio andare a questi particolari momenti, infatti, il tempo lineare per come tutti voi lo sperimentate non esiste più. È come se passato, presente e futuro coesistessero nello stesso istante.

    A seguito di una crescente curiosità volta a comprendere ancor meglio ciò che avevo osservato, qualche tempo dopo aver assistito alla nascita della vita sul nostro pianeta, ecco giungermi un’altra visione. Immaginate la mia gioia nel partire per un secondo viaggio con l’anima!

    Mi trovo nuovamente davanti alla grande roccia, la mia richiesta al Tutto era stata indirizzata alla comprensione della cellula. Nello specifico, ciò che mi incuriosiva era comprendere cosa le fosse successo per portarla a dividersi.

    La osservo ora rapito mentre – arrivata in superficie – si mette in ascolto dell’intensa e totalizzante vibrazione per poi immergersi emozionata e gioiosa, non riuscendo quasi a sopportare la pienezza dell’ascolto. Sale e scende più e più volte all’interno della piccola pozza, fino a quando del tutto coinvolto dal suo moto inebriante qualcosa di strano mi accade. Sento ad un tratto di far parte della visione, di non essere più solo un attento spettatore. La mia vita inizia a vibrare all’unisono con la cellula, diventando un tutt’uno con lei. Sento la sua gioia per essere arrivata alla vita e l’euforia provata all’ascolto della vibrazione universale.

    Ciò che accade in quell’attimo – essendo a quel punto io con lei, dentro di lei – è l’osservare una grande luce avvolgerci. La luce si fa sempre più intensa, tale da oscurare tutto il resto. Ho la sensazione di assistere al Big Bang quando a seguito di un’enorme implosione, il Big, succede una grandiosa esplosione: il Bang.

    Un’immensa carica di luce ed amore ci inonda, impossibile per me da descrivervi ma di tale forza ed intensità da generare l’altro di sé. L’amore che la cellula sente nel suo essere le permette di dividersi, creando l’altra cellula. Ascoltando la luce del Tutto, la materia della cellula si evolve

    diventando altra materia: un’altra cellula, l’altra parte di se stessa. Essa doveva conoscersi, doveva vedersi per potersi comprendere. Se non si fosse sdoppiata, non avrebbe mai potuto accedere alla totale comprensione di sé. Ora cerchiamo insieme di capire cos’è effettivamente accaduto.

    La luce che io e la cellula osserviamo è Spirito, mentre la cellula è materia.

    Lo Spirito, è già evoluto ed è il Tutto: Dio.

    La Cellula, che è materia, è in evoluzione quindi in espansione.

    Dio per conoscersi deve necessariamente entrare nella materia.

    Nel momento in cui intraprendo un viaggio con l’anima, la sensazione che pervade il mio essere è di grande gioia ed è proprio quell’emozione a trasportarmi automaticamente verso il Tutto.

    Sono entrato un attimo per confermare

    che l’unità porta ad essere in parità.

    Io e voi siamo un’unità? No, mai!

    Perché lo stesso piano del figlio e del padre

    crea una comunione, non una unificazione.

    Io sarò sempre in voi e con voi,

    ma non potrò mai essere uno con voi.

    S’è partito dall’Uno?

    No!

    S’è partito esteriorizzando l’unità, cioè l’altro di me:

    dovevo essere di fronte a me, essere lo specchio di me,  per poter essere vero, reale, non immaginario  e nel momento che sono stato di fronte  all’altro di me, è nata la vita.

    La vita nasce perché Io esco da me ed entro a far parte dell’esterno.

    Un concretizzarsi di un pensiero?

    Uno sdoppiamento, un essere l’altro ed il dividersi  dall’altro, non elimina il rapporto.

    Il figlio diviene fratello e fratello diviene  l’immagine dell’unità, cioè di Dio.

    Dovevo prendere una sembianza o essere sembiante di?

    Bene, sono nell’uomo o l’uomo è in me,  ma comunque sempre dinnanzi a me.

    Ecco la complementarietà, ecco l’altra parte che crea l’unità.

    Altrimenti l’unità non avrebbe senso, non si comprenderebbe.

    Cammina, diviene, si esprime una sola, al di là delle dimensioni,  al di là delle separazioni ma sempre esterna a me.

    Chi è allora che vi parla in questo momento?

    L’essenza stessa del vostro esistere?

    Direi di sì!

    L’essenza della vostra creazione?

    Direi di no!

    Voi e solamente voi, siete l’essenza di ciò che è nel divenire,  nel cammino verso il ricongiungimento,  un’immagine sola di fronte a me,  tanto da non comprendere da che parte sono.  Io sono in voi come voi in me».

    Pope: «Eccomi di nuovo padrone della mia parola,  padrone del mio sentire,  padrone con voi del vostro essere.

    Siamo stati insieme nell’unità?

    No!

    Siamo stati insieme al cospetto del nostro stesso esistere». ¹

    L’armonia di un’orchestra

    Presi ad uno ad uno gli strumenti non sono poi così belli.

    Prova a pensare: l’oboe, il corno, il triangolo, la viola, il violoncello…

    toni bassi, toni alti…poi li metti tutti lì insieme.

    Che meraviglia!

    Quel tocco del triangolo che sembra l’illuminarsi di una stella.

    Quella nota bassa che sembra il verificarsi della bassa marea,  su cui ogni cosa andrà poi a posarsi perché verrà innalzata da essa.

    I violini che sembrano uno stridio…

    Ecco diventare una grande melodia.

    Ogni strumento perde la sua fisionomia e vive vibrando  nella nota dell’altro. Ogni cosa vibra nella nota dell’altro.

    Il direttore d’orchestra per primo deve vibrare con ognuno,  entrare in quel pentagramma e verificare non tanto la purezza  della nota di quello strumento ma come viene ad esprimersi  all’interno di un tutto che diventa il cuore di ognuno.

    Ogni strumento, un cuore.

    Ogni nota, una lacrima.

    Perché?

    Perché diventa la passione dell’interpretazione  e finalmente l’armonia, il crescendo che coinvolge ogni cosa.

    Scompare ogni visione personale o personalizzata  e diventa comunione. ²

    L’Annibale

    Ecco arrivato il momento di parlarvi un po’ più approfonditamente di me, chi vi sta raccontando questi viaggi con l’anima è un uomo che ora ha sessantotto anni. Mi chiamo Annibale e sono nato a Milano in un quartiere che molti definirebbero poco raccomandabile, Quarto Oggiaro, nella periferia nord della città. Non ho studi particolari, ho fatto la terza media dai preti che mi hanno promosso solo perché ero bravo in musica… gli servivo per la banda della scuola.

    I miei amici usavano additarmi come un tipo un po’ particolare ma io non definirei la mia infanzia come tale o, in linea di massima, diversa da quella di tutti i miei coetanei dell’epoca. Potrei solo testimoniare una serie di circostanze per cui, a seguito di intuizioni, usavo avere reazioni o fare cose un po’ fuori dal comune. Mentre scrivo, mi abbandono ad una serie di ricordi molto belli per me, ricordi che riportano alla memoria stralci di vita felice e spensierata. Le situazioni che vi descriverò potranno non dirvi molto in principio. Se avrete la compiacenza di proseguire nella lettura, capirete quanto siano stati invece importanti i piccoli gesti che da fanciullo facevo con disinvoltura e leggerezza; inconsapevole degli effetti che avrebbero invece poi avuto.

    Ero un bimbo che in certi momenti amava stare in solitudine. Una solitudine in cui mi trovavo bene perché non pensavo a nulla, ero semplicemente in preda a me stesso. Quando volevo trascorrere del tempo per conto mio, amavo andare presso i resti di una casa diroccata. Tra quei ruderi, raccoglievo da terra un mattone; con un cucchiaio preso da casa ne grattavo la superficie fino a formare della polvere che poi univo ad acqua e farina, datemi da mia madre. Col composto così ottenuto, disegnavo sui muri dei palazzi. Quando mi dedicavo a questo particolare passatempo, era tale il piacere di farlo che non producevo alcun pensiero.

    Amavo molto anche giocare con gli amici, non raffiguratemi quindi come un solitario. Tutt’altro, ero scatenato. Non mi stancavo mai di andare in giro a fare marachelle. In quanto bambini di una generazione ancora non tecnologica, ricorrevamo spesso alla nostra fantasia che si esprimeva attraverso gli strumenti messi a disposizione dalla natura: una cerbottana fatta con dei resti di canna di bambù o qualche piccolo ramo d’albero tramutato in fionda… Eh, quante ne abbiamo combinate!

    Come già accennato alle prime battute del racconto, la scuola non mi ha mai appassionato; di conseguenza non sono mai stato uno studente modello: ci andavo perché si doveva fare, perché lo facevano tutti.

    Mi piaceva la musica e riuscivo bene nel disegno ma mentre i miei compagni si dilettavano a creare classici paesaggi, io ero più attratto dagli aeroplani e ne disegnavo di ogni modello. La particolarità, se così possiamo definirla, era che – nonostante non ne avessi mai visto uno – riuscivo a riprodurre modelli estremamente dettagliati; modelli anche supersonici che sarebbero stati realizzati molti anni più tardi.

    Di quei tempi ricordo con chiarezza una sorta di fissazione di cui non sapevo spiegarmi bene l’origine, era l’attenzione con cui posizionavo la penna sul banco. Poiché destrimane, una volta terminato di scrivere appoggiavo la penna sul lato destro del banco ma poi – per qualche ragione – mi ritrovavo a spostarla, posizionandola sul lato sinistro o in alto. Mi rendevo conto che, collocando la penna in una parte diversa, avrei modificato gli eventi.

    Gli anni dell’adolescenza volarono spensierati e gioiosi: le prime uscite con gli amici, le prime serate a ballare fino allo sfinimento, le ragazze ed i primi innamoramenti. Mi sentivo un leone. Sono da sempre uno spirito libero, ai tempi mi definivo un hippy; portavo i capelli lunghi ed i jeans a campana, ma non era solo un fatto estetico: sentivo di appartenere a quel movimento per il senso di assoluta libertà che esprimeva. Odiavo le imposizioni e, per restare nella metafora del leone, potrei dire che non mi si poteva certo mettere in gabbia.

    Tutto si interruppe bruscamente quando all’età di diciassette anni ebbi un terribile incidente stradale. Quel giorno per le vie di Quarto Oggiaro un padre incosciente e poco lungimirante decise di assecondare le pressanti richieste del figlio non ancora adolescente – aveva infatti non più di una decina d’anni – permettendogli di fare un giro in auto per le strade del quartiere. Peccato però che l’uomo, invece di posizionarlo sul sedile del passeggero, gli accorda di mettersi alla guida del mezzo. Io stavo recandomi al lavoro, in sella al mio motorino, quando ad un tratto la macchina guidata dal bambino non si fermò allo stop ed io ci finii addosso.

    L’urto fu tale che volai sulla macchina da lato a lato, proseguendo la caduta per oltre dieci metri fino a scontrarmi con un palo della luce. Persi immediatamente i sensi. In seguito mi raccontarono dell’arrivo dell’ambulanza a sirene spente, perché chi li aveva chiamati mi aveva creduto morto. Mi trovarono coperto dal cappotto di un passante. Per fortuna si resero immediatamente conto che ero vivo, quindi fui trasportato d’urgenza all’ospedale di Bollate. L’impatto fu tale che rimasi in coma per diciotto giorni a seguito dei quali, quando finalmente mi risvegliai, la prima cosa che dissi fu che dovevo andare a lavorare; i miei ricordi si erano infatti fermati al giorno dell’incidente.

    La degenza fu molto lunga, i medici avevano timore per l’ematoma cerebrale provocato dall’impatto. Le opzioni proposte furono sostanzialmente due: intervenire chirurgicamente sull’area interessata oppure attenderne pazientemente il riassorbimento. Non credo che abbiate alcun dubbio sulla soluzione per cui optai, l’idea di farsi aprire il cranio non credo entusiasmi nessuno! Ecco allora come trascorsi i successivi sei mesi, tanto fu il tempo che ci volle perché fossi considerato del tutto fuori pericolo. Ciò che vissi non fu certo la naturale condizione di un normale diciassettenne: avevo infatti una spalla ed un braccio immobilizzati dal gesso. Poiché sono un tipo che non si perde d’animo, le inabilità fisiche non mi impedirono di escogitare tutta una serie di attività – definiamole ricreative – che mi aiutarono a trascorrere quei giorni di convalescenza senza annoiarmi troppo.

    In poco tempo mi accorsi che le sigarette scarseggiavano nei corridoi ma che l’ospedale pullulava di fumatori; così iniziai un piccolo spaccio interno di Nazionali semplici, attività che si dimostrò da subito redditizia. Mi piaceva molto perché mi permetteva di conoscere un sacco di persone, sono infatti un tipo semplice e di indole comunicativa. Tutti i giorni trovavo dei compagni per una briscola, un tre sette o una scopa; in quel modo, non mancava mai l’occasione di bersi in compagnia un bicchiere di vino portato da una delle loro mogli. Furono mesi interessanti, durante i quali conobbi gente di ogni età ed estrazione sociale ma – se posso farvi una confidenza – era particolarmente spontanea l’affezione sentita verso le persone anziane; nei loro occhi scorgevo una serenità ed una pace che trovavo coinvolgenti.

    Quando finalmente lasciai l’ospedale, la vita tornò ad essere quella di un qualsiasi altro ragazzo della mia età. Ripresi ad uscire con gli amici ed andare a ballare ma non posso nascondervi che, nell’animo, avvertivo nettamente la sensazione che qualcosa fosse cambiato. Non riuscivo a comprendere cosa fosse di preciso ma era una percezione ben presente.

    Dovete sapere che sono il terzo di quattro fratelli, tutti maschi. In quegli anni la legge prevedeva che il terzo figlio fosse esonerato dal servizio militare, allora obbligatorio, per aiutare in casa la famiglia. Abbondio – mio padre – evidentemente non la pensava allo stesso modo, poiché temeva che l’abitudine di uscire tutte le sere a divertirmi mi avrebbe portato su una strada sbagliata. Così un bel giorno decise di presentarsi in caserma per chiedere di non esonerarmi dal servizio; fu evidentemente convincente, perché nel giro di qualche settimana arrivò a casa la cartolina di precetto.

    Dopo la licenzia media – vista la scarsa propensione all’autorità scolastica ed ai suoi metodi educativi – non era certo mia intenzione proseguire gli studi, così da quel momento ho sempre lavorato. Considero quindi di aver costantemente adempiuto ai miei doveri familiari, ponendomi nelle condizioni di membro autonomo ed autosufficiente. Smessi i panni del lavoratore però, ritagliavo del tempo per fare ciò che amavo e mi rendeva felice.

    In quegli anni Milano era una città viva, vibrante, il cuore pulsante di un’economia operaia che non si sottraeva al godimento di ciò che una grande metropoli poteva offrire. L’appellativo di anni di piombo non rende giustizia alla verve che in quel periodo, era il Sessantotto, attraversava le vie della città. Purtroppo per il sottoscritto il clima festaiolo non durò molto: infatti a seguito della segnalazione di mio padre, fui presto chiamato alle armi. Sebbene lo Stato mi esonerasse dall’offrire i miei servigi, all’età di vent’anni mi vidi così costretto a presentarmi presso la caserma di Casale Monferrato – ad una cinquantina di chilometri da Milano – per ottemperare alle mie responsabilità di cittadino maschio abile, giovane ed in buona salute.

    La prima fase di arruolamento, chiamata CAR (Centro Addestramento Reclute), è una sorta di esame generale che viene effettuato su ogni recluta per decidere a quale arma essere destinato. Il mio umore non era alle stelle, ma quel che è fatto

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