La Rupe del Biancospino
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Info su questo ebook
Questa è la storia di una persona del genere, di una famiglia, attraverso la quale il lettore può immergersi in uno spaccato della società italiana attraverso gli anni prima del Fascismo, durante la Seconda Guerra Mondale e continuando nel Dopoguerra.
È una storia di persone, di sentimenti e della forza di chi non sa cosa voglia dire arrendersi di fronte alle difficoltà.
Rita Iacomino nasce a S. Vito Chietino (CH) nel 1950.
Nel 1966 si trasferisce a Limbiate (MB) dove vive e lavora come impiegata. Ha pubblicato: Formato A4 (Ibiskos 2012); E mi fingo poeta (2015); Ostriche a mezzogiorno (2016, con prefazione di Alessandro Quasimodo); Antichi sussurri (2016, racconti, prefazione di Rodolfo Vettorello); La rupe del biancospino, Di Felice 2018, romanzo, prefazione di Alessandro Quasimodo); Fritto misto (Luoghi interiori 2018, prefazione di Alessandro Quasimodo); La cavalletta con i capelli da medusa (Di Felice 2019, favole illustrate); Il segreto di L.M (Punto a capo 2020, poemetto, prefazione di Ivan Fedeli e post-fazione di Carmelo Consoli); Fiocco Rosa (Arsenio Edizioni 2020, racconti, prefazione di Carmelo Consoli); Sapore infinito poesie (2020) raccolta di poesie, di cui una esposta alla Biennale di Venezia e alla Biennale di Milano, entrambe nel 2021.
Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti e sue opere sono inserite in più antologie e raccolte.
È ideatrice e presidente del Premio Letterario Internazionale “Energia per la Vita”, promosso dal Lions Club Rho Host ed è ideatrice e presidente del Concorso Letterario Internazionale “La girandola delle Parole”, promosso da Pro Loco Limbiate, giunto al 4° anno. È inoltre giurata in vari Premi Letterari Internazionali.
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Anteprima del libro
La Rupe del Biancospino - Rita Iacomino
© 2022 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-5237-8
I edizione febbraio 2022
La Rupe del Biancospino
A mio nipote Edoardo.
Nuove Voci
Prefazione di Barbara Alberti
Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.
È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.
Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi
Non esiste un vascello come un libro
per portarci in terre lontane
né corsieri come una pagina
di poesia che s’impenna.
Questa traversata la può fare anche un povero,
tanto è frugale il carro dell’anima
(Trad. Ginevra Bompiani).
A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.
Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.
Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.
Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterly. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov
.
Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.
Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.
Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.
Capitolo 1
A un piccolo paese del centro Italia, su una collina a picco sul mare, la natura aveva regalato uno spettacolo da sogno che si poteva ammirare dal belvedere a forma circolare, situato in fondo al corso Trento e Trieste.
Il Gran Sasso e la Maiella, che si levavano come sentinelle maestose a sinistra dello stesso e a destra il mare Adriatico, calmo o tempestoso a seconda delle stagioni, si abbinavano perfettamente al profumo dei fiori e l’odore pungente della salsedine, che il vento portava fin lassù, al colle, come era chiamata quella particolare zona e che facevano di questo paese, una delle meraviglie del mondo.
Il 26 gennaio 1888, nacque lì una bimba settimina chiamata Camilla. Aveva un visino piccolo e tondo dove brillavano due occhi vivaci che sembravano spilli.
La sua era una famiglia numerosa e benestante.
Possedevano campagne coltivate a vigneti e oliveti, producevano vino e olio che veniva venduto all’ingrosso.
Avevano diverse stalle e il latte delle mucche veniva venduto a tutti gli abitanti del paese e zone limitrofe, latte che il padre trasportava in contenitori di alluminio su un calesse e vendeva porta a porta.
La grande casa era adagiata sopra una roccia chiamata La rupe del biancospino
, che si affacciava direttamente sulla spiaggia.
Questo