Lo stesso cielo: poesie sulle ragioni umane
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Prefazione a cura di Luca Bauccio. Volume in lingua italiana e spagnola.
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Anteprima del libro
Lo stesso cielo - Lisette Fernandez
Lisette Fernandez
Lo stesso cielo
poesie sulle ragioni umane
Volume pubblicato da Borella Edizioni
borellaedizioni@gmail.com
Traduzione, editing e impaginazione a cura di Floriana Quaretti
UUID: 327708ae-746e-11e8-a23e-17532927e555
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Indice dei contenuti
Prefazione
Introduzione
Il futuro non lo so
Il lungo viaggio
03 Ottobre
Il cammino dei profughi
La solitudine
Nella grande tenda
Cosa rara
Gli invisibili
Confini
Viaggio di fortuna
Il tempo che se ne va
Lo stesso cielo
Il fiore
I figli tristi dei profughi
Domanda alla Luna
Raccontami di te
Notte gelida
Primavera
L'angelo
Pensieri propri
Ricostruisciti
Io credo
La dote della sposa
La sposa
Volteggiare tra le nuvole
L'amore cos'è?
Se i nostri sguardi si incrociassero
Sala d'arrivo
La principessa di casa
Senza pensieri
Confessa
È nata
Giocare alla pace
A Garibaldi
Miracolo di Natale
Il mio viatico per te
Riposo
Le parole uccidono
Mi dispiace mamma, l'Europa è lontana
Quando si è madre
Il migrante
Epidemia
Versìon en Español
Prólogo
Introducción
El futuro no lo se
El largo viaje
03 de octubre
El camino de los refugiados
La soledad
En la grande carpa
Cosa rara
Los invisibles
Confines
Viaje de buena suerte
El tiempo que pasa
El mismo cielo
La flor
Los hijos tristes de los prófugos
Preguntale a la luna
Cuéntame de ti
Noche gélida
Primavera
El ángel
Pensamientos propios
Reconstrúyete
Yo creo
El ajuar de la novia
La novia
Girando entre las nubes
El amor que es?
Si nuestras miradas se cruzaran
Sala de llegadas
La princesa de la casa
Despreocupados
Confiesa
Nacio!
Jugar a la paz
A Garibaldi
Milagro de Navidad
Mi viàtico para ti
Descanso
Las palabras matan
Lo siento mamá, Europa está muy lejos!
Cuando eres madre
El migrante
Epidemia
Ringraziamenti
Prefazione
Lo stesso cielo di Lisette Fernandez è, non esito a scriverlo, un canto politico.
Questa raccolta non è un semplice insieme di poesie; qui non siamo solo al cospetto del mondo interiore dell’autrice che si disvela tra metafore eleganti e simbolismi preziosi, né nelle pieghe di questi bei versi troveremo, solo, una donna e il suo bisogno di riannodare la memoria attraverso i suoi versi.
Certo, proprio questo è il compito primario della poesia: creare emozioni, ripescare nel fondo dei ricordi, riattaccare i pezzi rotti della vita; ma qui, cari lettori, vi trovate in un territorio poco frequentato dalla poesia contemporanea, qui siamo nel territorio del ragionamento politico che si esprime attraverso le vibrazioni umane che solo la poesia riesce a produrre con sincerità, delicatezza, credibilità. Canto politico, dicevo, laddove sono le emozioni che spingono le parole a caricarsi della croce ( Raccontami di te) del tempo presente, dell’attualità della modernità, con tutte le sue nequizie, le sue dismemorie, le sue incomprensibili mancanze di ragionamento e di umanità. Nel linguaggio poetico il cielo ( Lo stesso cielo), il sole e la luna che si incontrano ( Domanda alla luna), le nuvole mutevoli ( Volteggiare tra le nuvole) sono metafore che ci portano nei territori dell’amore, della mancanza, del bisogno, della speranza e del dolore sublimati nell’eccellenza delle parole. Qui, queste medesime figure sono però anche e prima di tutto, territorio, spazio, luogo della storia. Per dirla tutta è proprio il territorio inteso quale spazio geografico, politico ed emozionale il tema che domina il flusso poetico di Lisette Fernandez.
Lì dove c’è un territorio c’è un cammino e dei camminatori che da qualche parte, hanno iniziato un viaggio. E’, questa, una legge del mondo, ci ricorda ad ogni verso l’Autrice. Ma quale è la nozione di territorio che noi moderni abbiamo oggi? Circola, è noto, una nozione di territorio cupa e incubosa, antistorica (lo capiamo benissimo che è così leggendo queste belle e delicate poesie): il territorio come spazio che separa anziché unire, il territorio che respinge quando invece dovrebbe abbracciare, proteggere, difendere; il territorio che sottrare identità annientandola nei ghetti della burocrazia dei permessi soggiorno, dei precedenti ostativi, dei rinnovi negati e delle carte di soggiorno agognate. Questa delicata serie di poesie, legate l’una all’altra con il filo forte di una logica narrativa unitaria, si interroga e ci interroga proprio sul cambio di senso della parola territorio, una parola – si badi - che è alla base del nostro genoma antropologico. Noi siamo viaggio, noi siamo approdo, siamo mondi che si lasciano e mondi che si trovano.
Non leggete, però, questa raccolta come un libro di poesie sui migranti, sugli extracomunitari, sui barconi.
Leggete queste poesie, leggetele tutte una dopo l’altra, come un’unica armonica ri-costruzione del nostro io collettivo, come una narrazione possibile e auspicabile su di noi, su chi siamo, su chi siamo stati e su chi rischiamo di diventare. Poesia dopo poesia ci appare chiaro come sia la geografia dei cieli , delle nuvole, del sole e della luna il grande enigma che abbiamo smesso di interrogare; sono proprio il cielo e i suoi imperscrutabili abitanti – le nuvole, il sole, la luna – che abbiamo surclassato con le statistiche, con le sigle di O.N.G., con i giubbotti salvagente arancioni, con le parole misteriose, con le proteste insensate ad essere ancora lo spazio vitale dell’uomo. Ma questo armamentario mediatico e pseudo scientifico, lo capiamo ancora di più leggendo queste poesie, non ci fa capire nulla di cosa ci sta raccontando l’audacia e la pazzia di un uomo che – a tu per tu con la morte - abbraccia figli e moglie e sfida la morte, l’acqua fino al mento e il cuore pazzo di paura. E’ questa la geografia politica dei luoghi umani, degli spazi dei sentimenti e delle emozioni che queste poesie riportano a inevitabili spazi pubblici di riflessione e condivisione. Per questo, Lo stesso cielo ci appare come una mappa che descrive e dà un senso al cammino, al viaggio, all’approdo intesi come moto della Storia, dell’umanità, di tutti noi. E’ ora, è qui, nella terra della paura e dell’esilio che si materializzano i monti della speranza, i dirupi dello strazio, i fuochi delle tempeste. In mezzo, non lontano, l’apparire dell’orizzonte, icona della Storia, entità che esige senso, ragionevolezza, logica della realtà, Il cammino dei profughi/ non prevede sosta/ è una strada dritta verso un’unica speranza ( Il cammino dei profughi).
Leggete e rileggete Il cammino dei profughi e vi troverete dentro tutto il realismo di quell’andatura, come un passo dolente di un qualche rito