Acrobazie in punta di penna
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Un grave pericolo minaccia il nostro pianeta: un meteorite di grandi dimensioni è in arrivo dalle profondità dell’universo. Ognuno dei presenti nel rifugio (già usato durante la II Guerra Mondiale) dovrà a turno narrare una storia, come nel Decamerone di timore, il dubbio se potrà ancora esserci un futuro, percorre e si dipana lungo le pagine del libro. I narratori sono consapevoli di essere dinanzi a un momento di verità estrema, quando non si ha più tempo per l’inganno.
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Anteprima del libro
Acrobazie in punta di penna - Rita Parodi Pizzorno
INTRODUZIONE
Sono ventiquattro racconti, organizzati dentro una sorta di cornice.
Il Prologo descrive i narratori chiusi in un rifugio, a causa di un pericolo che li sovrasta: l’arrivo di un meteorite, che potrebbe sconvolgere la terra. Ciascuno dei presenti s’impegna a raccontare una storia, per trascorrere il tempo e stemperare l’angoscia che domina occulta nei cuori. C’è la domanda esistenziale che inquieta ogni uomo: qual è il senso della nostra vita, di questo viaggio che sembra punitivo, ma che potrà giungere in un oltre pieno di luce.
In questi racconti l’autrice descrive molti aspetti del mondo che la circonda con la sensibilità che le è propria, con quello sguardo che sa vedere la realtà degli uomini e delle cose al di là di ciò che appare.
All’indagine psicologica s’intreccia il modo poetico con cui descrive uomini, situazioni, ricordi. Non per nulla Rita Parodi Pizzorno è un’autentica poetessa, che ha affidato ai versi tante sue emozioni.
Ecco la parola giusta: emozioni. Ogni occasione della vita produce nell’animo dell’autrice un’emozione, che a volte è leggera come un sospiro, a volte è forte come un terremoto.
C’è il tema della solitudine, che s’incrocia con quello di un grande letto, simbolo ambiguo di amore e di morte. Il viaggio nel cimitero è metafora di un’incursione nel mistero della morte, quasi un incontro con le ombre, che non fanno più paura, ma donano un’inaspettata serenità.
C’è anche il tema del rimpianto delle cose che potevano essere e non sono state, un sentimento che forse abita in ciascuno di noi: i rimpianti insieme con i sogni lasciano laghi d’inquietudine
nel cuore: questa espressione, intensamente immaginifica, ci introduce nel procedimento creativo di questi racconti. Il ricordo trasfigura i luoghi, gli oggetti, anche le persone.
Quelle che l’autrice definisce le sue fantasticherie
sono in realtà la capacità di rendere fantastico
un momento anche banale della vita, un paesaggio qualsiasi, un incontro di poca importanza. Invece, di memorabile importanza, fu l’incontro con Eugenio Montale, una perla nel mare dei ricordi, un gioiello dagli abissi
del passato.
L’altro tema significativo è quello del mistero, che domina gran parte dei racconti, perché in sostanza è la cifra spirituale dell’autrice, che è attratta dagli enigmi del mito e della storia.
Ma anche la natura, che esercita un grande fascino sulla scrittrice, diventa un elemento soggettivo: i paesaggi si colorano dei sentimenti di chi scrive, sino a diventare paesaggi dell’anima, quanto mai vari, ma uniti dai fili sottili della malinconia e del rimpianto.
Questa vena malinconica s’insinua persino nella descrizione del Carnevale, che è tuttavia ricca di pennellate di colore: quasi che nella maschera ognuno cerchi di annullarsi, di dimenticare se stesso.
Simbolico il braciere, dove si ridurranno in cenere tutte le follie del Carnevale.
Spesso la scrittura si orna di frasi che confermano la vocazione poetica dell’autrice: le piante respirano il vuoto umido, ingoiandolo a grandi sorsi
.
Intrigante il ritratto del grande medico, un luminare della medicina, ben rappresentato dal suo studio: un ritratto spruzzato di ironia e anche di pietà. Un’altra immagine ci sembra degna di rilievo, quella del barbone, che vive in una cattedrale gotica di ragnatele
, simbolo dell’umanità orgogliosa e derelitta nello stesso tempo.
L’afflato religioso domina il racconto che rievoca la notte degli ulivi, quando angeli e demoni silenziosi e attoniti assistevano il Cristo, il Dio solitario nel suo bagno di sangue
. In questa rievocazione l’autrice raggiunge uno dei punti più alti della sua creatività: il dolore dell’Uomo-Dio si trasmette nell’animo dell’autrice, la preghiera, quella del Figlio al padre e quella della creatura umana a Dio, è il mezzo per il riscatto finale.
Al Prologo si contrappone, alla fine, l’Epilogo, che libera i narratori dalla paura. Ciascuno andrà incontro al proprio destino: se il pericolo avvicina gli uomini, il cessato pericolo li disperde. Se prima la paura li aveva riuniti e resi in qualche modo solidali, adesso ognuno va incontro al proprio Destino da solo e senza più parole.
Clara Rubbi
PROLOGO
Siamo nell’anno duemiladuecento … di un futuro improbabile.
Un grosso meteorite è in arrivo, diretto verso la terra, proveniente dagli spazi siderali, ai confini dell’universo. Il nostro pianeta sembra essere sulla sua traiettoria. Le sue dimensioni fanno presagire una catastrofe mondiale nell’impatto con la nostra atmosfera.
I siti d’informazione non si occupano d’altro. La gente legge, ascolta, studia, s’informa. Si discute a casa, in ufficio e per strada, non si parla d’altro, la preoccupazione è reale e col passare del tempo diventa sempre più angosciosa.
Interviste a scienziati di tutto il mondo si alternano con quelle ai politici per la ricerca di una soluzione immediata, peraltro non facile da proporre, dato il tempo limitato a disposizione.
Gli scienziati suggeriscono possibili soluzioni che il mondo non ha il tempo di attuare.
Si disputa di continuo e ovunque senza riuscire a mettere insieme una linea comune di difesa. Le bombe atomiche lanciate contro il meteorite non lo hanno scalfito, né deviato.
Il panico sta lievitando su tutto il pianeta, ma, soprattutto, nel mondo occidentale, impreparato ad una catastrofe a livello planetario, quindi di portata ancora superiore alle due guerre mondiali.
L’uomo si trova indifeso, incapace di reagire, impigrito da un’esistenza protetta, da una civiltà supertecnologica.
Nel caos generale, siamo ormai vicini, prossimi all’impatto, rimane un unico tentativo: rifugiarsi nelle vecchie gallerie della seconda Guerra Mondiale ormai abbandonate, sfruttare i rifugi antiatomici e le gallerie naturali, nascondersi sotto terra, come gli animali e l’uomo preistorico.
Tutti cercano un luogo sicuro dove ripararsi, si organizzano per un eventuale rifugio, la durata del pericolo sarà breve, al massimo un giorno, forse neppure.
Mi ritrovo insieme con una folla di gente nella galleria delle Grazie, nel centro di Genova, proprio come da bambina, durante l’ultima guerra. Strani ricordi affiorano sepolti dagli anni trascorsi. L’attesa di tante notti del passato ritorna, un’attesa senza pianto e senza drammi, con tanto coraggio che credevo perduto sulla strada della vita.
Si fa subito amicizia, si sente il bisogno, anzi la necessità, di comunicare, di avere uno scambio d’idee, di opinioni con gli altri, si cerca di essere rassicurati sull’immediato futuro.
Qualcuno prega, altri giocano a carte, altri ancora dormono o ascoltano la radio, qualcuno legge, noi siamo un gruppo eterogeneo, improvvisato, un’amicizia del momento, una stretta di mano ed una veloce presentazione, con poche notizie essenziali sulla propria persona. Ci si sente subito vecchi amici, il tempo per una lunga amicizia non esiste, le regole di comune convivenza sono quindi superate.
Cerchiamo di distrarci organizzando un ciclo di racconti, come ha già descritto il Boccaccio nel Decamerone, durante la peste nera a Firenze nel 1348. Certo la situazione oggi è diversa, il pericolo differente.
Un racconto per ognuno, fino al giorno dopo, quando potremo tentare di uscire, con tutti i nostri bagagli, nella speranza che i preparativi siano stati inutili, che il meteorite non ci abbia colpito.
Con le sedie di plastica pieghevoli formiamo un cerchio, mentre molte persone si avvicinano per ascoltare i nostri racconti.
Scherzando c’incitiamo a vicenda ad escogitare racconti assurdi e distensivi, per impedirci di pensare ad altro …
Comincia tu
, No, inizia tu, io devo ancora pensarci!
, Nessuno ha qualcosa di pronto da raccontare?
IL VIAGGIO
Il treno percorreva una grande distanza lanciato a folle velocità, in una lunga notte.
L’uomo di media età, media statura, senza alcun segno particolare, si era ritrovato nello scompartimento senza rendersene conto. Non aveva neppure voluto il viaggio, nessuno lo aveva interpellato,