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Tubinga Tragica: Guida Turistica in Forma di Commedia
Tubinga Tragica: Guida Turistica in Forma di Commedia
Tubinga Tragica: Guida Turistica in Forma di Commedia
E-book167 pagine2 ore

Tubinga Tragica: Guida Turistica in Forma di Commedia

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Info su questo ebook

Siamo nel 1996. Mauro è un giovane italiano, ricercatore precario di linguistica all’Università di Tubinga. Christiansen, il suo professore di riferimento, soffre di depressione, lascia il lavoro e così anche Mauro perde il posto, proprio mentre sua moglie Laura resta incinta. Christiansen rimane in contatto con Mauro e gli promette una cospicua ricompensa se lo aiuta a togliersi la vita. Questa vicenda si intreccia, nella mente esasperata di Mauro, con quella di Barbara Gonzaga, la giovane mantovana che nel 1474 sposò Eberhard im Bart, che tre anni dopo avrebbe fondato l’Università di Tubinga.
Tubinga tragica è in qualche modo un romanzo generazionale, di una generazione di laureati italiani che iniziava a cercare opportunità in Europa. Lo stile è parodistico, emotivo e spigoloso, a volte anche comico, in un vortice di generi, registri e riferimenti letterari. Superata la soglia di un prologo enigmatico, si ride spesso, ci si stupisce, ci si indigna, ci si irrita e ci si emoziona.
LinguaItaliano
Data di uscita19 lug 2018
ISBN9788893372664
Tubinga Tragica: Guida Turistica in Forma di Commedia

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    Anteprima del libro

    Tubinga Tragica - Michele Gialdroni

    Michele Gialdroni

    TUBINGA TRAGICA

    TUBINGA TRAGICA

    Guida turistica in forma di commedia

    di Michele Gialdroni

    Collana Oceania

    a cura di

    Michele Marziani

    ISBN 9788893372664

    copyright © 2018 Antonio Tombolini Editore

    digital rights reserved

    Via Villa Costantina, 61,

    60025 Loreto Ancona

    Italy

    email: info@antoniotombolini.com

    www.antoniotombolini.com

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    Immagine di copertina a cura di Marta D’Asaro

    Editing a cura di Antonino Emanuele Valere

    ISBN: 9788893372664

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    AVVERTENZA

    SOGNO DI UN PROLOGO

    Parte Prima

    Capitolo I

    Capitolo II

    Capitolo III

    Capitolo IV

    Capitolo V

    Capitolo VI

    Capitolo VII

    Capitolo VIII

    Capitolo IX

    Capitolo X

    Capitolo XI

    Capitolo XII

    Capitolo XIII

    Capitolo XIV

    Capitolo XV

    Capitolo XVI

    Capitolo XVII

    Capitolo XVIII

    Capitolo XIX

    Capitolo XX

    Capitolo XXI

    Capitolo XXII

    Capitolo XXIII

    Capitolo XXIV

    Capitolo XXV

    Capitolo XXVI

    Capitolo XXVII

    Capitolo XXVIII

    Capitolo XXIX

    Parte Seconda

    In strada 1 – quartiere residenziale, senza punti di riferimento

    In strada 2 – discesa agli Inferi

    In strada 3 – Stige

    Hades – Hafengasse 8

    Arsenal – Am Stadtgraben 33

    Pfauen – Kornhausstraβe 1

    Glockenschlag – Jakobsgasse 9

    ​Foyer – Friedrichstraβe (Blaue Brücke)

    ​In strada 4 – âventiure, andata

    ​Zoo – Schleifmühlenweg 86

    ​In strada 5 – âventiure, ritorno

    ​Storchen – Ammergasse 3

    ​Patty’s – Schlachthausstraße 9

    ​Boulanger – Collegiumsgasse 2

    ​Blauer Salon – Haaggasse (senza numero)

    In strada 6 – trionfo di Barbara

    ​Bären – Schmiedtorstraße 3

    ​In strada 7 – risalita senza più stelle

    Coccodrillo

    ULTIMA SCENA

    NOTA DELL’AUTORE

    Tubinga,

    ti ho mai capita?

    Mauro, nella notte

    tra il 19 e il 20 febbraio 1996

    AVVERTENZA

    I l uoghi e le cose di questo libro sono reali.

    I personaggi e le loro vicende sono inventati.

    Ogni coincidenza dei fatti narrati con la realtà è meramente casuale,

    almeno per quanto non ne sappia l’autore.

    SOGNO DI UN PROLOGO

    nel coro della Cattedrale di San Giorgio

    (Sacra rappresentazione)

    Eberardo del Württemberg: «T’ho vista splendida negli anni della fanciullezza, signorile e pallida, sulla parete di fondo della camera degli sposi. Ancor più bella quando a Urach festeggiammo sontuosamente la nostra unione e consumammo regolarmente il matrimonio in presenza dei testimoni che a te davano fastidio, ma stavano nel nostro contratto, il nostro primo vero contatto.

    E il messo partì per Mantova a portare la lieta novella: io, Eberardo, l’ignorante intraprendente, e tu, Barbara, vigore e grazia, dotta e dimessa, uniti in un sol spirto di giustizia e virtù complessa».

    Parte Prima

    IL FATTACCIO

    Capitolo I

    Nel quale si apprende che il protagonista di questa storia non sta molto bene e che vive in un posto singolare.

    Aveva perso il lavoro all’università a settembre, alla fine del semestre estivo. Aveva perso il lavoro da qualche mese e non stava affatto bene. Non era quindi né per gioco né per scherzo che Mauro, in piena mattinata, tenendo bassa la voce per non svegliare Laura, ricorreva al telefono erotico, anche se, malgrado vivesse in Germania ormai da sette anni, non dominava ancora completamente le espressioni più spinte in tedesco. Faticava a comprendere le proposte, i suggerimenti e le descrizioni delle sue interlocutrici, ma la chiamata per il servizio in italiano era più cara e a lui bastava così, gli bastava il tono della voce. Lo faceva per tornare a sentire il sangue corrergli alla testa, le dita tremare, e la luce della gioia illuminare le sue tristi giornate di burocrate del sesso. Lo stesso istinto che lo portava ogni tanto a passeggiare sull’altopiano a ridosso degli studentati di Waldhäuser, per poter annusare lo sterco di cavallo che fumigava abbondante intorno alla fattoria di Peter, dove si vendevano prodotti biologici.

    Se l’ordinanza di sfratto fosse giunta qualche mese prima ci sarebbe stato poco da ridire. Ma oramai a gennaio, quando il contratto d’affitto era già scaduto in ottobre, Mauro era convinto che i proprietari dell’appartamento in cui viveva con Laura da due o tre anni si fossero definitivamente dimenticati della loro proprietà nella zona bene della città, sul finire della salita della Hauβerstrasse, proprio a ridosso del quartiere di Waldhäuser. Lui stesso, del resto, stava meditando di rescindere il contratto di bonifico che autorizzava la banca a prelevare mensilmente l’affitto dal suo conto corrente, aggravandone puntualmente lo scoperto. Mauro trovava assurdo che la banca potesse trasferire da una parte all’altra soldi che lui non si era mai sognato di possedere. Nei primi tempi era rimasto affascinato dal sistema bancario tedesco. Aveva aperto un conto corrente presso la Cassa di Risparmio locale perché aveva sportelli dappertutto e gli impiegati non si davano tante arie. La facilità delle operazioni bancarie era talmente seducente da indurre un povero ragazzo abituato a file chilometriche per intascare assegni di poche lire ad abusarne allegramente. In particolare la generosità dei crediti e l’affidabilità del personale potevano confondere le idee a chi era solito associare all’idea del denaro un sentimento di umiliazione, come se il compenso andasse interpretato quale assoluzione per grazia ricevuta una volta compiuto il sacrificio più grande, quello delle proprie ambizioni. Ora però tutto era cambiato e Mauro entrava quasi di nascosto nella nuova filiale centrale della Cassa di Risparmio di Tubinga, lustra e scintillante. Si nascondeva dietro le pareti mobili delle mostre che ne affollavano sempre l’atrio (disegnini di orfani rumeni, litografie di Dalí o semplicemente acquerelli di artisti locali) e infilava la carta nella stampante degli estratti conto. Ascoltava con malcelato tremore il battito della stampa in corso e contava ogni frazione di secondo, conscio che ogni nuova voce sarebbe stata elencata nella colonna del dare. Poi ritirava la carta e toglieva lo stampato dall’apparecchio con un gesto rapido che impedisse agli altri, ma soprattutto a se stesso, di intravederne il contenuto. Fingeva di decidere lì per lì che gli avrebbe dato un’occhiata più tardi. Da qualche settimana, infatti, aveva smesso di controllare l’ammontare dei suoi debiti, ma non per questo aveva rinunciato a stampare regolarmente gli estratti, anzi, lo faceva quasi ogni giorno. In casa riponeva gli stampati in una scatola da scarpe, dove giacevano tutti ordinati l’uno sull’altro, ma coperti. A Mauro non dispiaceva quella scatola tutta nera con il logotipo delle scarpe di marca italiane, uno dei piccoli lussi che si

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