Tubinga Tragica: Guida Turistica in Forma di Commedia
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Info su questo ebook
Tubinga tragica è in qualche modo un romanzo generazionale, di una generazione di laureati italiani che iniziava a cercare opportunità in Europa. Lo stile è parodistico, emotivo e spigoloso, a volte anche comico, in un vortice di generi, registri e riferimenti letterari. Superata la soglia di un prologo enigmatico, si ride spesso, ci si stupisce, ci si indigna, ci si irrita e ci si emoziona.
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Anteprima del libro
Tubinga Tragica - Michele Gialdroni
Michele Gialdroni
TUBINGA TRAGICA
TUBINGA TRAGICA
Guida turistica in forma di commedia
di Michele Gialdroni
Collana Oceania
a cura di
Michele Marziani
ISBN 9788893372664
copyright © 2018 Antonio Tombolini Editore
digital rights reserved
Via Villa Costantina, 61,
60025 Loreto Ancona
Italy
email: info@antoniotombolini.com
www.antoniotombolini.com
Immagine di copertina a cura di Marta D’Asaro
Editing a cura di Antonino Emanuele Valere
ISBN: 9788893372664
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
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Indice dei contenuti
AVVERTENZA
SOGNO DI UN PROLOGO
Parte Prima
Capitolo I
Capitolo II
Capitolo III
Capitolo IV
Capitolo V
Capitolo VI
Capitolo VII
Capitolo VIII
Capitolo IX
Capitolo X
Capitolo XI
Capitolo XII
Capitolo XIII
Capitolo XIV
Capitolo XV
Capitolo XVI
Capitolo XVII
Capitolo XVIII
Capitolo XIX
Capitolo XX
Capitolo XXI
Capitolo XXII
Capitolo XXIII
Capitolo XXIV
Capitolo XXV
Capitolo XXVI
Capitolo XXVII
Capitolo XXVIII
Capitolo XXIX
Parte Seconda
In strada 1 – quartiere residenziale, senza punti di riferimento
In strada 2 – discesa agli Inferi
In strada 3 – Stige
Hades – Hafengasse 8
Arsenal – Am Stadtgraben 33
Pfauen – Kornhausstraβe 1
Glockenschlag – Jakobsgasse 9
Foyer – Friedrichstraβe (Blaue Brücke)
In strada 4 – âventiure, andata
Zoo – Schleifmühlenweg 86
In strada 5 – âventiure, ritorno
Storchen – Ammergasse 3
Patty’s – Schlachthausstraße 9
Boulanger – Collegiumsgasse 2
Blauer Salon – Haaggasse (senza numero)
In strada 6 – trionfo di Barbara
Bären – Schmiedtorstraße 3
In strada 7 – risalita senza più stelle
Coccodrillo
ULTIMA SCENA
NOTA DELL’AUTORE
Tubinga,
ti ho mai capita?
Mauro, nella notte
tra il 19 e il 20 febbraio 1996
AVVERTENZA
I l uoghi e le cose di questo libro sono reali.
I personaggi e le loro vicende sono inventati.
Ogni coincidenza dei fatti narrati con la realtà è meramente casuale,
almeno per quanto non ne sappia l’autore.
SOGNO DI UN PROLOGO
nel coro della Cattedrale di San Giorgio
(Sacra rappresentazione)
Eberardo del Württemberg: «T’ho vista splendida negli anni della fanciullezza, signorile e pallida, sulla parete di fondo della camera degli sposi. Ancor più bella quando a Urach festeggiammo sontuosamente la nostra unione e consumammo regolarmente il matrimonio in presenza dei testimoni che a te davano fastidio, ma stavano nel nostro contratto, il nostro primo vero contatto.
E il messo partì per Mantova a portare la lieta novella: io, Eberardo, l’ignorante intraprendente, e tu, Barbara, vigore e grazia, dotta e dimessa, uniti in un sol spirto di giustizia e virtù complessa».
Parte Prima
IL FATTACCIO
Capitolo I
Nel quale si apprende che il protagonista di questa storia non sta molto bene e che vive in un posto singolare.
Aveva perso il lavoro all’università a settembre, alla fine del semestre estivo. Aveva perso il lavoro da qualche mese e non stava affatto bene. Non era quindi né per gioco né per scherzo che Mauro, in piena mattinata, tenendo bassa la voce per non svegliare Laura, ricorreva al telefono erotico, anche se, malgrado vivesse in Germania ormai da sette anni, non dominava ancora completamente le espressioni più spinte in tedesco. Faticava a comprendere le proposte, i suggerimenti e le descrizioni delle sue interlocutrici, ma la chiamata per il servizio in italiano era più cara e a lui bastava così, gli bastava il tono della voce. Lo faceva per tornare a sentire il sangue corrergli alla testa, le dita tremare, e la luce della gioia illuminare le sue tristi giornate di burocrate del sesso. Lo stesso istinto che lo portava ogni tanto a passeggiare sull’altopiano a ridosso degli studentati di Waldhäuser, per poter annusare lo sterco di cavallo che fumigava abbondante intorno alla fattoria di Peter, dove si vendevano prodotti biologici.
Se l’ordinanza di sfratto fosse giunta qualche mese prima ci sarebbe stato poco da ridire. Ma oramai a gennaio, quando il contratto d’affitto era già scaduto in ottobre, Mauro era convinto che i proprietari dell’appartamento in cui viveva con Laura da due o tre anni si fossero definitivamente dimenticati della loro proprietà nella zona bene della città, sul finire della salita della Hauβerstrasse, proprio a ridosso del quartiere di Waldhäuser. Lui stesso, del resto, stava meditando di rescindere il contratto di bonifico che autorizzava la banca a prelevare mensilmente l’affitto dal suo conto corrente, aggravandone puntualmente lo scoperto. Mauro trovava assurdo che la banca potesse trasferire da una parte all’altra soldi che lui non si era mai sognato di possedere. Nei primi tempi era rimasto affascinato dal sistema bancario tedesco. Aveva aperto un conto corrente presso la Cassa di Risparmio locale perché aveva sportelli dappertutto e gli impiegati non si davano tante arie. La facilità delle operazioni bancarie era talmente seducente da indurre un povero ragazzo abituato a file chilometriche per intascare assegni di poche lire ad abusarne allegramente. In particolare la generosità dei crediti e l’affidabilità del personale potevano confondere le idee a chi era solito associare all’idea del denaro un sentimento di umiliazione, come se il compenso andasse interpretato quale assoluzione per grazia ricevuta una volta compiuto il sacrificio più grande, quello delle proprie ambizioni. Ora però tutto era cambiato e Mauro entrava quasi di nascosto nella nuova filiale centrale della Cassa di Risparmio di Tubinga, lustra e scintillante. Si nascondeva dietro le pareti mobili delle mostre che ne affollavano sempre l’atrio (disegnini di orfani rumeni, litografie di Dalí o semplicemente acquerelli di artisti locali) e infilava la carta nella stampante degli estratti conto. Ascoltava con malcelato tremore il battito della stampa in corso e contava ogni frazione di secondo, conscio che ogni nuova voce sarebbe stata elencata nella colonna del dare. Poi ritirava la carta e toglieva lo stampato dall’apparecchio con un gesto rapido che impedisse agli altri, ma soprattutto a se stesso, di intravederne il contenuto. Fingeva di decidere lì per lì che gli avrebbe dato un’occhiata più tardi. Da qualche settimana, infatti, aveva smesso di controllare l’ammontare dei suoi debiti, ma non per questo aveva rinunciato a stampare regolarmente gli estratti, anzi, lo faceva quasi ogni giorno. In casa riponeva gli stampati in una scatola da scarpe, dove giacevano tutti ordinati l’uno sull’altro, ma coperti. A Mauro non dispiaceva quella scatola tutta nera con il logotipo delle scarpe di marca italiane, uno dei piccoli lussi che si