Salvata dalle acque del più salatissimo lacrimar
Di Nadio Grigis
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Anteprima del libro
Salvata dalle acque del più salatissimo lacrimar - Nadio Grigis
Indice
Prefazione
L’attraversata
I ritrovamenti
La ricerca di un luogo della fiducia e dell’abbandono
Nadio Grigis
Salvata dalle acque
del più salatissimo lacrimar
Youcanprint Self-Publishing
Dello stesso autore:
L’arcobaleno fra tempo ed eternità
Quel ramo spezzato
Iuchensì
Dedica
Alla gente del Sud
perché trovi la forza di restare nella propria terra.
Alla gente del Nord
perché accolga quelli che la forza non l'hanno trovata.
Ci sono tre periodi nella vita di ognuno di noi:
un periodo per ricevere,
un altro per dare,
e l’ultimo per… saldare.
Prefazione
Mi chiamo Amar e sono nata su uno dei tanti barconi di migranti disperati, che ormai da anni partono dalla coste del Nord Africa per approdare su quelle italiane, attraversando il più salatissimo lacrimar.
Purtroppo, durante l’impervia traversata, il nostro barcone è affondato, ma io sono sopravvissuta... in un modo inimmaginabile.
Insieme a me, grazie all’aiuto di alcuni pescatori, si sono salvati anche mia zia e altri tre migranti.
In questo tremendo viaggio ho perso mia mamma e due fratelli, e con loro sono morti annegati tanti altri uomini, donne e bambini che erano alla ricerca di una vita migliore.
Rimasta sola, sono cresciuta grazie a una persona generosa, Fabio, che mi ha concesso la possibilità di formarmi in contesti educativi all’avanguardia, in una delle migliori università d’Europa.
Ho studiato con impegno e dedizione; tra le varie materie mi piacevano in particolar modo le letture religiose.
Conclusa la formazione universitaria e a seguito di diverse esperienze lavorative che mi hanno fatto maturare e apprezzare dagli altri, spinta dalle mie grandi ambizioni, volevo a tutti i costi, forte di alcune convinzioni, imporre le mie soluzioni a quelle situazioni problematiche che possono mettere a rischio la convivenza sociale.
Con l’intensificarsi dei processi migratori, mi ha affascinato sempre più la figura di mediatore culturale e interculturale.
Per essere un buon mediatore culturale servono delle competenze complesse di tipo linguistico, psicologico, socio-antropologico, comunicativo e mediatico, che io sono convinta di avere.
Di fronte a conflitti sempre più aspri tra migranti e chi li ospita, è urgente la necessità di trovare pratiche di negoziazione non violenta.
Ho cercato in tutti i modi di affrontare questi problemi, pensando, in buona fede, che la mia preparazione fosse in grado di risolverli, ma purtroppo mi sono resa conto che non è così.
Le mie oneste convinzioni, basate comunque su valide teorie, mi avevano fatto dimenticare che le mie sono solo interpretazioni, che io ho adottato come credenze.
Sono partita dal presupposto che ciò che io credevo vero, lo fosse nella realtà.
Questo è stato il mio errore più grande e forse siamo in tanti a commetterlo.
Ho sfidato ogni tipo di problema con le mie convinzioni e le mie credenze. Ho affrontato i conflitti con il falso presupposto di conoscere già la realtà e la verità.
Invece, ho capito che prima di impegnarmi in questo progetto, in questa grande sfida, dovevo filtrare le mie convinzioni, eliminando quelle sbagliate.
Delusa e amareggiata per gli insuccessi e per i fallimenti iniziali, mi sono rifugiata nella lettura di testi religiosi.
… Fu proprio mentre leggevo la Bibbia che capii qualcosa in più della mia vita ritrovandomi in un personaggio in particolare.
Io, donna piccola, e Mosè, grande uomo, avevamo qualcosa in comune.
Come me Mosè era stato salvato dalle acque, inoltre anch’io come lui avevo avuto un periodo importante nella vita per dedicarmi alla formazione e successivamente avevo vissuto un altro periodo votato alla generosità, fatto per restituire quello che avevo imparato e ricevuto.
Io avevo fallito il mio obiettivo e anche lui, Mosè, non era riuscito nel suo intento, che era quello di riconciliare e dare la libertà al suo popolo.
Questa similitudine tra di noi mi ha spinto a cercare di capire ciò che Mosè aveva fatto dopo essere stato deluso dalle sue aspettative e dopo aver fallito i suoi obiettivi.
Lui si era rifugiato in solitudine, nel deserto, per mettersi in ascolto della parola di Chi aveva qualcosa di molto importante da dirgli.
Doveva pensare.
Pensare che era un liberatore da liberare da quel pensiero, di essere troppo egocentrico per diventare quello che sognava di essere.
Così, capii anch’io quello che dovevo fare.
Per liberarmi dai miei pensieri, partii per il mio deserto, andando in una terra lontana, che un po’ già sognavo prima di arrivare.
***
Sorridente come sempre, lei entrò in casa e, senza proferir parola, mi venne incontro correndo e buttandomi le braccia al collo.
Si strinse a me come non aveva mai fatto prima di allora e con una tale forza che mi tolse il respiro.
Poi piano piano allentò la sua presa e, lasciandosi andare tra le mie braccia, cercò le mie labbra, su cui, delicatamente, appoggiò le sue.
Le mani di lei erano sui miei fianchi, mentre i nostri occhi si chiusero come a voler escludere ogni altra cosa che potesse disturbare questa sensazione intensa.
Ci riabbracciammo per sentire il corpo dell’altro e per azzerare quella distanza, anche interiore, fra noi due, liberando così tutte le nostre emozioni.
In quel momento, eravamo tanto stretti l’un all’altro, che mi sembrava di sentire battere dentro di me anche un altro cuore: il suo.
Era bellissima, inoltre i miei occhi sapevano sempre vestirla di un fascino particolare, come quando l’avevo vista per la prima volta.
***
Era molto presto, quella fredda e umida mattina di settembre, quando incontrai per la prima volta Amar.
L’avevo notata perché era l’unica persona in attesa all’uscita dell’aeroporto.
Le altre si stavano muovendo verso le aree in cui si trovavano le compagnie di autonoleggio.
Sull’isola sono tanti i turisti che usufruiscono del servizio di noleggio auto essendo un modo economico e pratico per muoversi su queste strade poco trafficate, ma lei probabilmente non era una turista o forse non aveva questa necessità, pensai.
Io mi trovavo dall’altra parte della strada perché in quel periodo nella zona c’erano dei lavori in corso.
Le feci dei segni con le braccia per invitarla a attraversare.
Dopo un attimo di esitazione, lei mi raggiunse.
Morning. Where are you going?
Morning. Hofn.
Era bellissima.
Aprii il portellone posteriore e, prendendo lo zaino, che era poggiato sulle spalle, inavvertitamente le sfiorai la mano.
Presi anche la valigia e infilai entrambi nel bagagliaio, che prontamente richiusi.
Le aprii la porta dell’auto con galanteria e la invitai a salire: Please, Miss…
Mi guardò con quegli occhi luminosi verde mare e rispose Amar.
Le tesi la mano e dissi: Tiziano, my name is Tiziano.
Si sedette sul sedile posteriore e io chiusi la portiera.
Salii anche io in auto, guardai fuori dal parabrezza e pensai: Questa è un’alba nuova, come quella che vedo nel chiarore dei suoi occhi.
Hofn è abbastanza distante dall’aeroporto, ci vogliono circa 5 ore per raggiungerla, ma la cosa non mi preoccupava più di tanto, poiché ero sicuro che sarebbe stato un viaggio piacevole.
Uscito dalla zona dell’aeroporto, dove non c’era tantissimo traffico, guidai verso Reykjavik.
Preferisco passare dalla capitale piuttosto che andare a sud verso Grindavik e poi risalire
dissi girandomi verso di lei. A quest’ora di mattina non ci sarà traffico e magari si potrà vedere, durante l’attraversamento, qualcosa di interessante
ripresi.
Per me va bene, faccia come meglio crede. L’importante è arrivare a destinazione nel primo pomeriggio
rispose.
Intanto aveva ripreso a piovere e dai vetri chiusi l’acqua scivolava via lasciandoli segnati da strisce, che disegnavano sempre figure diverse.
Fa molto caldo qui dentro
disse mentre si toglieva la sciarpa e la giacca pesante che aveva ancora addosso.
"Abbasso un po’ il finestrino, se non le