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365 - Un anno raccontato giorno per giorno
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365 - Un anno raccontato giorno per giorno
E-book253 pagine3 ore

365 - Un anno raccontato giorno per giorno

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Info su questo ebook

A Natale Carlo Magno fu incoronato imperatore, il 26 aprile fu bombardata Guernica. Questo libro raccoglie, giorno per giorno, fatti e persone importanti. Un diario per ricordare la Storia, da dove veniamo. Forse un aiuto per capire dove stiamo andando.
LinguaItaliano
Data di uscita2 nov 2018
ISBN9788827855546
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    Anteprima del libro

    365 - Un anno raccontato giorno per giorno - Maria Ferrante

    633/1941.

    Premessa

    Questo libro si intitola 365. Un altro nome sarebbe potuto essere Un anno, oppure Una cosa al giorno o altre oscenità. Ho scelto la cosa più semplice. Forse anche la più banale. Mi scuserete per questo.

    Per ogni giorno, trovate qualcosa da ricordare. Un evento, un personaggio o qualcos'altro. Almeno una cosa al giorno.

    Di sicuro mi sono dimenticata di qualcosa di fondamentale. Segnalatemelo senza pietà.

    In parte, questo libro è anche finito su un blog (hop frog). Non è importante saperlo, ma è così che stanno le cose.

    Buona - spero - lettura.

    M. F.

    I tempi cambiano

    Al liceo comprai un’agenda. Su ciascun giorno iniziai ad annotare quale personaggio famoso era nato o morto in quella data. Una faticaccia. E’ stato talmente tanto tempo fa che non c’erano internet, google e wikipedia.

    Ci misi anni a completare il lavoro.

    Se volevi sapere quando era nato e morto Byron, tanto per fare un esempio, dovevi disporre di un buon libro su di lui, oppure di un’enciclopedia. Se non avevi niente in casa, ti toccava la rottura di andare in biblioteca.

    La mia invidia per il mondo attuale non ha limiti. Uno che volesse fare la stessa cosa oggi ci metterebbe forse un paio di settimane.

    Accidenti.

    Comunque sia. Oggi ho solo deciso di ampliare quel lavoro. Confido di non avere scritto troppe idiozie ma non ci spero troppo. Il concetto è in ogni caso lo stesso: ogni giorno dell’anno si può ricordare un personaggio famoso o un fatto importante.

    E’ utile?

    E io che ne so?

    Forse lo è. Forse è solo un passatempo. O forse giudicare le cose in base alla loro utilità pratica non è sempre una buona idea.

    Gennaio

    1 gennaio

    Il primo di gennaio del 1919 nasceva a New York Jerome David Salinger, l’autore di uno dei libri più letti e importanti del secolo scorso, The Cather in the Rye, titolo di fronte al quale Adriana Motti ha dimostrato umiltà, intelligenza e vero talento, traducendolo con Il giovane Holden. Quando Salinger ha scritto questo capolavoro aveva 32 anni. Era il 1951. Nel 1965 pubblicò il suo ultimo racconto, poi più niente, fino alla morte nel 2010. Come sempre accade in casi simili, misantropia e silenzio letterario finiscono per significare mistero, e il mistero diventa mito con un niente.

    Che dire? Nel caso di Salinger, mitizzare non è affatto necessario. Quest’uomo ha combattuto durante la Seconda Guerra Mondiale, e non nelle retrovie, bensì nella tremenda Battaglia delle Ardenne. Durante il conflitto incrociò un futuro collega, un tizio che di nome faceva Ernest Hemigway, al quale fece leggere qualche cosa di suo. Si dice che il commento di Hemingway sia stato: Dio mio, ragazzo, hai un talento pazzesco. Qualcosa del genere dissero quelli della rivista New Yorker quando, nel 1948, Salinger sottopose loro il racconto Un giorno ideale per i pesci banana. Anzi, per dire la verità, lo avevano già detto nel 1942, quando l’allora ventitreenne Salinger presentò alla redazione il racconto Slight Rebellion off Madison, il cui protagonista si chiamava Holden Caulfield. Non se ne fece niente per colpa di Hitler, ma l’idea era parecchio buona, talmente buona da meritare di essere messa al centro di un vero e proprio romanzo, non solo di un racconto breve. Qualcosa a proposito di un tizio che cerca di acchiappare palle da baseball in mezzo a un campo di grano.

    2 gennaio

    Una nascita e una morte, per il 2 gennaio. Nel 1920 nasceva il più grande scrittore di fantascienza di ogni era, Isaac Asimov. Quarant’anni dopo, nel 1960, si spegneva uno dei più grandi ciclisti di ogni era, Fausto Coppi. I due personaggi sembrano non avere nulla in comune, ma non è così: entrambi, infatti, nella loro vita, hanno acceso la fantasia di altri esseri umani. Molti esseri umani, in verità.

    Isaac Asimov si è inventato storie assurde e geniali, come quella del sarto Joseph Schwartz che dalla Chicago degli anni Quaranta si ritrova a vivere in un futuro lontanissimo, nel nono secolo dalla proclamazione dell’Impero Galattico. In quel futuro, il pianeta Terra è ridotto a un inferno radioattivo e tutto è diversissimo, ad eccezione delle umanissime propensione al complotto e sete di potere. Curiosità: nel nono secolo dalla proclamazione dell’Impero Galattico, a chiunque abbia compiuto sessant’anni tocca passare all’altro mondo tramite eutanasia. Questo aveva partorito la fantasia di Asimov.

    Fausto Coppi non aveva la fantasia di Asimov, ma un giorno decise che voleva mettersi la maglia rosa al Giro d’Italia e, siccome era parecchio in ritardo rispetto ai suoi avversari, stabilì di tentare il tutto per tutto e partì quando all’arrivo di una tappa mancavano 192km. Scalò cinque asperità di quelle che si fatica a percorrere in automobile (nell’ordine: Maddalena, Vars, Izoard, Monginevro e Sestriere) e, fra una salita e l’altra, bucò anche per cinque volte, sempre ripartendo. Arrivò primo, da solo, e conquistò la maglia rosa. Era il 10 giugno del 1949 e il cielo sa quanto gli italiani avessero bisogno di tornare a sognare.

    3 gennaio

    Sette film, due trilogie spalmate su un arco temporale di venti anni di attività. La prima pellicola, Il Colosso di Rodi, girato con un budget ridicolo eppure capace di sembrare un kolossal. Poi la trilogia del dollaro (Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro in più, Il buono, il brutto, il cattivo), infine quella del tempo (C’era una volta il West, Giù la testa, C’era una volta in America). Dopo di lui, il cinema ha dovuto fare sempre i conti con lui. È Sergio Leone, nato a Roma il 3 gennaio del 1929. Due note a margine. La prima: Sergio Leone ha una piccola parte in Ladri di biciclette di Vittorio De Sica. La seconda: Sergio Leone è lo sceneggiatore di Troppo forte, di e con Carlo Verdone.

    4 gennaio

    È il 4 gennaio del 1960. Mattino, Francia. C’è un’automobile che procede lungo un rettilineo, in direzione Parigi. A bordo c’è Michel Gallimard, professione editore, che guida. Sui sedili posteriori ci sono sua moglie Janine e sua figlia Anne, neo diciottenne. A fianco di Gallimard c’è uno scrittore, il più giovane premio Nobel della storia: Albert Camus. La velocità è sostenuta, ma il tracciato sembra non presentare insidie e la visibilità è buona. Niente sembra poter andare storto, almeno fino al momento in cui Michel esclama merde. L’auto cambia traiettoria in modo brusco, poi si sente un rumore fortissimo e la situazione precipita. La vettura è imbizzarrita, non risponde più al comando di Gallimard e termina la sua corsa con un urto violento contro un platano a lato della strada. Michel Gallimard muore sul colpo, Janine e Anne risultano ferite, ma se la cavano. Per Albert Camus le ferite sono troppo gravi. Fra fratture al cranio e danni irreparabili alla spina dorsale, lo scrittore muore poco dopo essere stato estratto dal rottame accartocciato contro il platano.

    C’è chi ritiene che l’incidente stradale sia stato una fatalità. Al contrario, secondo altri, sarebbe stato il Kgb a manomettere l’auto per togliere di mezzo il socialista, anarchico, anti sovietico Camus. Nessuno conosce la verità, ma non è un’affermazione parziale dire che le due ipotesi hanno una uguale probabilità di essere quella vera. Gli amanti della letteratura amano ricordare, di Camus, l’inizio dello Straniero, suo romanzo d’esordio: Oggi la mamma è morta. O forse ieri, non so. Ho ricevuto un telegramma dall'ospizio: Madre deceduta. Funerali domani. Distinti saluti. Questo non dice nulla: è stato forse ieri. L'ospizio dei vecchi è a Marengo, a ottanta chilometri da Algeri. Prenderò l'autobus delle due e arriverò ancora nel pomeriggio. Eccetera eccetera. Queste sono le prime parole di Camus scrittore. Era il 1942. Nel 1957 è arrivato il Nobel per la letteratura. Nel mezzo, c’è stato soprattutto un gigantesco coraggio, quello che ci vuole a domandarsi se la vita valga o meno la pena di essere vissuta, ammettendo che questa è l’unica questione filosofica di vero rilievo.

    5 gennaio

    Il 5 gennaio del 1914 nasce a San Pietroburgo il pittore Nicolas De Stael. Imparentato con quella Madame De Stael, figlio di un nobile russo e di una pianista, allo scoppio della Rivoluzione d’Ottobre fugge con la famiglia in Polonia. A sei anni resta orfano di entrambi i genitori e vive con le sorelle a Bruxelles, Conosce l’arte per la prima volta in un Collegio di Gesuiti, a ventidue anni si arruola nella Legione Straniera, che lascia nel 1940. Nel 1942 perde la prima moglie, Jeannine Guillou, morta, si dice, di denutrizione. Dal 1943 in avanti inizia a esporre come pittore professionista, si risposa, ha tre figli, soffre sempre più di depressione. Il 16 marzo del 1955 si suicida gettandosi dal balcone di casa, ad Antibes.

    Questo solo per dire quale esperienza di vita ci sia dietro i quadri di De Stael. Per il resto, si può solo guardarli, parlarne è inutile.

    6 gennaio

    Prigioniero delle droghe, forse anche di una malattia mentale, Syd Barrett è il prototipo del genio musicale moderno. Indisciplinato, scostante, inaffidabile, schizoide, capace di passare in un secondo dal baratro a una performance inappuntabile. Di lui si raccontano gli aneddoti più vari, ma quello che è forse più giusto ricordare sono le canzoni. Nato il 6 gennaio del 1946 a Cambridge, nel 1965 è l’ideatore dei Pink Floyd, insieme con Roger Waters, Nick Mason e Richard Wright. Nel 1968 esce dal gruppo, fa ancora qualche lavoro da solista e, nel 1970, entra in un silenzio totale, durato fino alla morte, il 7 luglio del 2006.

    Perché è così importante Syd Barrett? Come se, per dire che i Pink Floyd sono stati una grande band, non fosse sufficiente The Dark Side of the Moon. Syd Barrett è per la gran parte puro mito. Di lui si apprezza la capacità compositiva fuori da ogni schema, anarchica, ben lontana dalla purezza espressiva dei Pink Floyd. Sono il fruscio delle registrazioni, il mantenersi sempre al limite della stonatura, i testi dal significato imprendibile ciò che rendono unico questo musicista. Più di tutto, forse, Syd Barrett suscita il fascino del non finito, della capacità inespressa e l’insuperabile vanto della potenzialità.

    7 gennaio

    Nel 1943, il 7 gennaio, muore lo scienziato Nikola Tesla. Ingegnere elettrico di quasi un metro e novanta, magrissimo, affetto da allucinazioni, è il padre della corrente alternata. L’energia elettrica può essere continua, come nelle pile, oppure alternata, cioè costituita da un insieme oscillatorio di pulsazioni positive e negative. Tesla era convinto che, dal punto di vista tecnologico, la corrente alternata fosse la scelta migliore perché garantiva maggiore economicità. Il suo rivale, il famosissimo Thomas Alva Edison, era del parere opposto: molto meglio la corrente continua, anche perché quella alternata è molto pericolosa (per dimostrarlo, fulminò anche un paio di cani e gatti).

    Alla fine, quando fu il momento di presentare dei preventivi, ovvero numeri alla mano, fu Tesla ad averla vinta. Ci volle qualche tempo, ma, alla fine, Edison, accortosi dell’errore, si buttò a capofitto nel mondo della corrente alternata. Potendo contare su possibilità economiche considerevoli, si comprò la gran parte delle centrali americane, trasformando la produzione di energia elettrica in un monopolio da parte della sua Edison Electric, poi General Electric.

    8 gennaio

    Poeti, pittori e scienziati, Per l’8 di gennaio ci sono tre morti spalmate su quasi sei secoli. Nel 1337 moriva Giotto, nel 1642 Galileo, nel 1896 Verlaine.

    Giotto è il Dante della pittura, con la precisazione di Argan che Dante ha una struttura dottrinale e teologica modellata sul pensiero di San Tommaso; Giotto ha una struttura etica che discende dall’altra sorgente della vita religiosa del Duecento, San Francesco. Con Giotto, la rappresentazione simbolica pura fa spazio alla corporeità, alle ombre proiettate da una luce ben precisa, alla capacità di dipingere come potrebbe fare un testimone oculare.

    Di Galileo è ben nota la lunga disputa con la Chiesa. Fu processato per le sue concezioni innovative e condannato al confino nel 1633, salvo essere poi riabilitato. Nel 1992, certo, ma, non di meno, riabilitato. Iniziò ad avere problemi con la Chiesa già nel 1611 e all’Inquisizione ci volle un ventennio per incastrarlo. Galileo non era uno stupido e non era un idealista, ma un vero scienziato: nel 1616, nel corso di uno dei processi, raccontò al commissario inquisitore Vincenzo Maculano di avere riletto il suo Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo e di avere in effetti notato che, in alcuni casi, si poteva avere l’impressione che l’intenzione dell’autore fosse di difendere l’ipotesi eliocentrica, ma che, per l’amore del cielo, nulla era più lontano dalle sue convinzioni. Gli inquisitori lo incalzarono per mesi e, non convinti della sua sincerità, lo minacciarono di ricorrere alla tortura. Galileo, con un’alzata di spalle, inscenò il più grande bluff della storia della scienza: io sono nelle vostre mani rispose, fate ciò che ritenete. Non lo torturarono.

    Infine Verlaine, che morì a Parigi l’8 gennaio del 1896. La vita di Verlaine è in due ritratti. Il primo è di Gustave Courbet, del 1869, e ritrae il poeta venticinquenne, con un sacco di capelli in testa, baffetti sottili e occhi grandi che guardano al futuro, ma in cui si intravede un velo di malinconia. Il secondo è del 1890 ed è di Eugène Carrière. Qui compare il Verlaine che tutti conosciamo, calvo, con barba e baffi lunghi e ingrigiti, gli occhi che si sono fatti piccoli e la sua figura che sembra emergere dal buio, come se si trattasse di uno specchio. La distanza fra i due uomini è stata coperta da amori disperati, carcere e vicende al limite, in una vita breve, ma vissuta con una sincerità violenta, la stessa delle poesie, dove però la capacità espressiva riconduce tutto a un rigore formale così puro e elegante da togliere il fiato.

    9 gennaio

    Londra, 9 gennaio 1944. Nella città sotto la minaccia tedesca, in quello che oggi è il borgo di Hounslow, nasce James Patrick Page. La prima chitarra gli finisce fra le mani a tredici anni e, da quel momento, pare che gli amici non l’abbiano più visto molto spesso. Si esercita, il giovane James Patrick, tutto il giorno e tutti i giorni, fino a diventare uno dei migliori chitarristi dell’isola a neppure vent’anni di età. Si fa chiamare Jimmy, ed è così bravo da suonare nei dischi dei Rolling Stones, dei Kinks e degli Who. Un giorno, Eric Clapton se ne va da uno dei gruppi più in voga del momento, gli Yardbirds, e, al suo posto, si decide di chiamare proprio lui, che rifiuta. C’è un mio amico, risponde, dovrebbe andare bene: si chiama Jeff Beck. Mitologia, ma ancora non è nulla.

    Alla fine, dopo varie vicissitudini, Jimmy Page, negli Yardbirds, ci entra per davvero e, non solo, si ritrova anche con una patata bollente niente male. È il 1968, il gruppo è al collasso, decide di sciogliersi, ma ha alcuni concerti in Scandinavia già fissati, impegni a cui non può sottrarsi. Jimmy resta da solo con il bassista Chris Dreja, hanno bisogno – quanto meno – di un cantante e di un batterista. Chiamano il solista Terry Reid, che rifiuta, ma dice anche guardate che a Birmingham c’è un tizio piuttosto bravo, secondo me, si chiama Robert Plant. Jimmy Page va a Birmingham e incontra Robert Plant per la prima volta. Ok, allora, canto con voi, gli dice Robert.

    Adesso ci serve solo un batterista

    Beh, se ti va possiamo chiamare uno che ho conosciuto qualche tempo fa, si chiama John Bonham.

    Aspettate, non è ancora finita.

    Al ritorno da Birmingham, un duro colpo aspetta Jimmy Page, perché il bassista Chris Dreja si tira fuori. Voglio dedicarmi alla fotografia, non ci suono con voi, gli dice. Nel frattempo, però, in una casa londinese, una moglie sta rompendo le scatole al marito. Lui si chiama John Baldwin. Vuoi fare il musicista? gli chiede lei, e allora, dannazione, fallo, chiama qualcuno e senti se c’è un po’ di lavoro. John alza la cornetta e chiama Jimmy Page, che aveva conosciuto qualche tempo prima. Per caso ti serve un polistrumentista?. John Baldwin, nell’ambiente, era conosciuto soprattutto come John Paul Jones. Erano nati i Led Zeppelin.

    10 gennaio

    Fa un freddo dannato sulla riva del fiume. Ci sono cinquemila uomini fermi, tutti in silenzio, tutti con lo sguardo rivolto nello stesso punto, dove il loro comandante sta parlando. Li sta avvisando dei pericoli che correranno se, da quel momento in poi, decideranno di rimanere ancora al suo fianco. Non si può attraversare il fiume portando le armi e pensare che il gesto resti senza conseguenze. E tace, li osserva uno per uno, finché riesce. Loro non battono ciglio, non ci pensano neppure a fermarsi lì, dopo tutto quello che hanno vissuto assieme. Lo seguirebbero, quell’uomo, tutti, fin giù nell’Ade, ad un suo cenno.

    In un attimo sparisce ogni dubbio, persino il freddo sembra non esistere più. Ora il comandante sa che la sua Legione non troverà mai avversari capaci di sconfiggerla. Il dado è tratto, dice soltanto, poi gira il cavallo verso il fiume e inizia ad attraversarlo. Il comandante si chiama Cesare: è il 10 gennaio del 49 a.C.

    11 gennaio

    Girolamo Francesco Maria Mazzola. Aveva modi garbati e una corporatura ridotta. Era nato a Parma. Alla storia è passato con il suo soprannome, cioè, a riassunto delle caratteristiche elencate, Parmigianino. Suo padre era un pittore, così come i suoi due zii, ma tutti erano buoni esecutori, ben lontani dall’essere degli artisti. Rimasto orfano, sono proprio gli zii a prendersi cura di lui e a insegnargli i rudimenti della pittura. Probabile che, appena lo vedono prendere un po’ di confidenza, realizzino che il ragazzino è di un altro pianeta.

    E, infatti, di strada ne fa parecchia, fino al 23 dicembre del 1534, quando firma il contratto per la consegna, entro cinque mesi, al cavalier Francesco Baiardo Baiardi di un dipinto da collocare nella Chiesa di Santa Maria dei Servi, a Parma. Il Parmigianino inizia a disegnare come un pazzo. Non vuole un’opera tradizionale, vuole spingersi oltre, e inizia a ipotizzare soluzioni compositive nuove. Raggruppa i personaggi tutti da un lato, comprimendoli in uno spazio piccolo, immagina una Madonna raffinata, elegante, che sembra sul punto di trasformarsi in una figura ultraterrena. Inizia a dipingere, ma il tempo passa e la data di consegna non viene rispettata. Il Parmigianino si occupa anche di altre opere, passa seri guai, finisce persino in carcere per non avere rispettato un contratto, ma non perde mai di vista quel dipinto. Esasperato dai guai della sua Parma, deve però scappare a Casalmaggiore, fuori dal dominio parmense. È il 1540 e, quando arriva l’estate afosa della pianura padana, il fisico del Parmigianino non regge e, forse a causa della malaria, cede di schianto. Sono passati solo trentasette anni dal 10 gennaio del 1503, data di nascita del pittore, e la sua splendida Madonna dal Collo Lungo, oggi agli Uffizi, rimane incompiuta. E, forse anche per questo, affascinante come pochi dipinti al mondo.

    12 gennaio

    Il 12 gennaio del 1876 nasce a San Francisco, California, Jack London. Il suo vero padre, che lo abbandona subito, è un astrologo. Lui finisce per crescere in mezzo a compagnie poco raccomandabili. Vive da scapestrato, facendo ogni genere di lavoro, dal cacciatore di foche al pescatore di ostriche, dal pugile all’agente assicurativo, dal cercatore d’oro al corrispondente di guerra. Nel 1898 inizia a scrivere in modo continuativo e, in meno di venti anni, sforna una cinquantina di lavori, grazie ai quali diventa un autore di grande successo. Spaccato da dolori di vario genere per tutta la vita, conseguenza forse di una forma di sifilide contratta in gioventù, muore a quarant’anni, nel 1916,

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