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Niente è vero per l'ultimo uomo all'inferno
Niente è vero per l'ultimo uomo all'inferno
Niente è vero per l'ultimo uomo all'inferno
E-book344 pagine4 ore

Niente è vero per l'ultimo uomo all'inferno

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Info su questo ebook

La storia di Jan e della clamorosa presa del potere mondiale. La concretizzazione di un piano basata su una altrettanto clamorosa serie di equivoci. Un romanzo corale e una trama fitta di eventi con un tono in bilico fra la tragedia e un cinico humour. Fra personaggi privi di scrupoli, omicidi, convinzioni saldissime e certezze che non dovrebbero essere tali, perché niente è vero per l’ultimo uomo all’inferno. Ironico in modo dissacrante, spietato con tutto e tutti. Una miscela surreale, eppure realistica e lucida, narrata rinunciando all'impianto tradizionale del romanzo, per dare vita a una storia a cavallo fra fantascienza, teatro e film. Una storia che è una sequenza di scene e visioni, dove la verità potrebbe esistere. Ma non c’è.
LinguaItaliano
Data di uscita14 feb 2019
ISBN9788831605212
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    Anteprima del libro

    Niente è vero per l'ultimo uomo all'inferno - Maria Ferrante

    Indice dei contenuti

    Note

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    Capitolo 11

    Capitolo 12

    Capitolo 13

    Capitolo 14

    Capitolo 15

    Capitolo 16

    Capitolo 17

    Capitolo 18

    Capitolo 19

    Capitolo 20

    Capitolo 21

    Capitolo 22

    Capitolo 23

    Capitolo 24

    Maria Ferrante

    Niente è vero per l'ultimo uomo all'inferno

    ISBN | 9788831605212

    Prima edizione digitale: 2019

    © Tutti i diritti riservati all’Autore

    Youcanprint Self-Publishing

    Via Marco Biagi 6, 73100 Lecce

    www.youcanprint.it

    info@youcanprint.it

    Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’autore.

    Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti  dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941.

    Questo romanzo è un'opera di fantasia. I riferimenti storici e quelli a personaggi realmente esistiti non mancano, ma ogni riferimento ad altre persone o vicende è assolutamente casuale e frutto di fantasia.

    Fra varie stesure e ristesure, il romanzo è stato scritto fra l'ottobre del 2012 e il dicembre del 2014. Ci ho messo tanto tempo. Ho rinunciato a un impianto narrativo tradizionale, ho riempito la vicenda di personaggi, richiami, vicende dentro la vicenda principale. Storie dentro storie.

    Devo ammettere che ho fatto di tutto per rendere la lettura accidentata e poco scorrevole. Il giudizio unanime è che si tratti di un romanzo che, in sostanza, non ha pubblico. Io invece credo che il pubblico sia molto meno sprovveduto di quanto si creda.

    Vediamo.

    Buona lettura.

    Maria Ferrante

    santpour@gmail.com

    Prendetela come viene e mettetevi comodi: la storia è una sequenza di scene da film in cui nessuno vi spiega la trama. Ma non preoccupatevi. Se a metà film non avete ancora capito niente, è probabile che non avrete capito niente nemmeno alla fine. Prendetela come viene e mettetevi comodi.

    Edward McCullough nel corso di una riunione in un posto imprecisato, in una data imprecisata, parlando con interlocutori imprecisati etcetcetc

    Note

    (da leggere prima, dopo o durante il romanzo - fate voi)

    Il giornalista Szczepan Demiolkowski è un personaggio fittizio. Il suo nome d’arte, Jean Dreyfuss, richiama invece quello di Alfred Dreyfus, capitano dell’esercito francese a torto accusato di alto tradimento e condannato nel 1894.

    Il rapper Ajmed non esiste. Tanto meno esiste un suo brano che parla di Africa e diamanti. Però potrebbe essere tutto vero.

    Non esiste nemmeno un politologo italiano di nome Luigi Torsari, però è anche chiaro che ne esiste uno del quale porta il cognome anagrammato.

    Edward McCullough si chiama così in onore dell’autrice di Uccelli di rovo, Colleen McCullough, scomparsa nel gennaio del 2015. Forse non è un’informazione così importante, però è un dato di fatto.

    La Womacka non esiste, che io sappia.

    Kilgore Trout non è un vero scrittore di fantascienza. E’ uno scrittore di fantascienza immaginario creato dallo scrittore vero Kurt Vonnegut.

    Alisha Klass è un’attrice in carne e ossa.

    Erik Gulot muore come Marat nel quadro di Jacques Louis David del 1793. O almeno quella dovrebbe essere l’idea.

    Miguel Beguiristain porta il cognome di un giocatore del Barcellona di qualche anno fa. Perché? Non a tutto c’è una spiegazione. Hikmet (nome Nazim), invece, come Julie Hikmet, era un poeta turco.

    Quando si dice che Mao ha detto la tal cosa, Mao ha detto davvero, o scritto, la tal cosa. Lo stesso vale per altri personaggi storici, come nel caso di Adam Smith e della Ricchezza delle Nazioni.

    Stylus era il nome del giornale che aveva progettato di fondare lo scrittore Edgar Allan Poe.

    Ludwig Echenbaum è un personaggio di fantasia che fa qualcosa che a quanto pare è successa per davvero. Si tratta del momento in cui il pittore Edvard Munch ha concepito il suo quadro più famoso, l’Urlo.

    Questo stesso personaggio assume il nome di padre Ireneo, cioè di un religioso esistito davvero, anche se non è molto conosciuto al di fuori dell’ambito locale (molto locale) in cui ha operato.

    Carlos, di cognome, fa Carabello, come uno dei percussionisti di Carlos Santana, nello specifico Michael (Mike) Carabello. La posa in cui muore, a Berlino, è la stessa in cui è stato immortalato l’esponente dei PAC (Proletari Armati per il Comunismo) Giuseppe Memeo

    La vicenda del gioielliere Tom Voenen ricalca per certi versi quella di Pierluigi Torregiani.

    Le vicende delle banche Royal Group, City Bank, Stanfield & Gombrich e Yaswon Bank e quella della banca New Way che fa affari in Etiopia sono purtroppo molto verosimili.

    E’ vero che, da qualche parte nel mondo, esiste o è esistito un dipinto di Caravaggio raffigurante San Giovanni. Un dipinto di cui si sono perse le tracce alla morte dell’artista.

    Lorenzo Viani è un personaggio inventato e reale allo stesso tempo. Inventato per come è descritto nel romanzo, reale in quanto pittore viareggino autore dei Funerali dell’Anarchico. La battuta su Gibuti è invece stata detta da un vero legionario di nome Kevin Arthur.

    Il modo in cui dipinge Jack Turcato è lo stesso del grande Shozo Shimamoto. Fra l’altro, è esistito davvero un pittore di cognome Turcato, solo che di nome faceva Giulio.

    Il tenente Kavafis prende il nome dal poeta greco Konstantinos Kavafis.

    Exequiel muore in un modo che richiama quello di Giangiacomo Feltrinelli a Segrate nel 1972.

    La vicenda del piccolo Joshua Mills Junior che spara alla madre è, per quanto incredibile, vera. Nel senso che si riferisce ad un fatto di cronaca avvenuto in Idaho nel gennaio del 2015.

    La Basilica del Carmine Maggiore, a Napoli, esiste davvero, ma non ha al suo interno alcun affresco di Giovanni Verucchio. Questo per il semplice fatto che non è mai esistito un artista con questo nome.

    Per quanto riguarda San Gennadio, la sua vicenda è quella dell’agiografia.

    Anche Piazza Mercato, a Napoli, esiste davvero e ha la sua brava storia con Masaniello. La fontana dei Delfini, invece, non c’è più: è stata davvero venduta dal comune di Napoli a quello di Cerreto Sannita nel 1812.

    Le trascrizioni per pianoforte dedicate ai mancini, come quelle con cui si diletta il medico Silas Wan, esistono davvero, dal momento che esistono i mancini.

    Le citazioni di Nostradamus sono autentiche.

    Le Georgia Guidestones esistono davvero, con tanto di soprastanti scritte.

    Capitolo 1

    Premessa

    Se la vita è questo, allora non mi interessa.

    Esagero e sono un ingrato, lo capisco. Ma nonostante tutto quello che è successo, sento la mancanza di qualche cosa che possa definirsi semplice, o mangiare patate al lume di una candela.

    Non c’è via di mezzo e non c’è tranquillità, invece.

    Vorrei capire cosa si prova, ad essere comune. Normale, ecco. Sono stanco di stare sempre in punta di piedi in una sfida.

    Questo è quello che potrebbe pensare Jan molti anni dopo la fine di tutta questa storia. Potrebbe farlo guardando l’acqua triste di un lago oppure osservando un tramonto, se preferite, o qualcosa del genere. Non è importante.

    Al contrario, mi pare molto importante il fatto che un uomo che, sul mondo, è passato con la discrezione di un cambiamento climatico finisca per lasciarsi guastare da tristezza e insoddisfazione. Un poeta o un pessimista ce lo si aspetterebbe, ma lui direi proprio di no. Eppure, come questa storia insegna, le cose vanno come accidenti pare a loro e non c’è nulla che ci si possa fare. Specie se le cose sembrano divertirsi a fare i dispetti, nemmeno si trattasse di un moccioso viziato.

    Capitolo 2

    Acqua

    Procediamo per approssimazioni, ecco cosa facciamo. Vorremmo essere felici, questo è chiaro, perciò ci accontentiamo di quello che più sembra somigliare alla felicità. A volte si tratta del potere, a volte si tratta dei soldi.

    E già. Tutta questa faccenda deve avere qualcosa a che fare con i soldi.

    I soldi, in realtà, non esistono scriveva il giornalista Jean Dreyfuss, pseudonimo provocatorio e, quanto meno, pronunciabile anche per i non polacchi, di Szczepan Demiolkowski, a innamorarsi di qualcosa o qualcuno che non esiste, si è infelici per forza. Aveva ragione? Fate voi.

    Comunque sia, di felicità non ce n’è abbastanza per tutti, a questo mondo. Sì, avete capito bene.

    A continuare a insistere con visioni apocalittiche del futuro, ci siamo convinti tutti di una cosa: su questo pianeta disgraziato siamo in troppi.

    Più persone, più richiesta di felicità, più richiesta di dannatissimi quattrini. Tutto qua.

    In un mondo ideale, le cose andrebbero a meraviglia.

    Qui no.

    Le maggiori critiche al sistema potrebbero ridursi alle parole di Ajmed, il rapper anglo ghanese: se siamo noi ad avere i diamanti, come mai non siamo noi ad avere i soldi?.

    Maledetti rapper. A volte riescono a riassumere in dieci parole quello che gli scienziati mettono in un volume di ottocento pagine. Quegli scienziati, sempre loro, che hanno calcolato che, un giorno, saremo undici miliardi.

    Undici miliardi? no, no, non è possibile hanno risposto altri scienziati non è possibile.

    Non è possibile perché non c’è spazio per tutti? Oppure perché, quando si diventa benestanti, si ha necessità di uno spazio maggiore entro il quale accudire i propri beni?

    Nulla di questo. I grandi numeri, impietosi come divinità arcaiche, stabilivano un limite invalicabile: non c'è acqua per tutti, dicevano. Il vecchio politologo italiano Luigi Torsari, di fronte alle domande incalzanti di un ben più giovane e un po' presuntuoso intervistatore, non era riuscito a contenersi: ma non lo vede che il fiume Giallo non arriva più al mare? non lo sa che il livello del lago Vittoria si sta abbassando? il Nilo è vitale per un paese come l'Egitto, e tutto dipende da un lago che non è così profondo come ci si potrebbe aspettare. Lo stanno svuotando, come il lago Aral: era uno dei più grandi laghi del mondo, oggi è poco più di una pozzanghera. Avete il coraggio di dire che l'acqua, su questo pianeta, non è un problema? Lasci che glielo dica: si combatteranno delle guerre per l'acqua, si morirà di sete e chi non avrà sete morirà per difendere la propria acqua.

    Ne è venuta fuori la teoria del limite. Il limite al numero massimo di persone che possono permettersi di calpestare la superficie di questo pianeta. Nove miliardi, forse otto. Anche se il massimo sarebbe quattro o cinque, a dire la verità.

    Il più importante esponente della teoria del limite era Lord John Cohen, geografo di fama mondiale, suocero di Edward McCullough, proprio lui, il famoso finanziere.

    Immaginatevi di essere Edward McCullough. Vi do un aiuto: per farlo, immaginatevi di poter fare tutto l’accidenti che vi pare. Qualunque cosa.

    Ecco. Sareste disposti a correre il rischio di andare a vedere se la teoria del limite è sbagliata? Correreste il rischio di dover dividere la felicità con undici miliardi di individui?

    Siate onesti.

    Se foste Edward McCullough, di quegli undici miliardi di individui, non ve ne fotterebbe un accidenti di niente.

    Capitolo 3

    Il raffreddore

    Edward McCullough, fosse anche solo per sommaria classificazione, è il cattivo della storia. Uno stereotipo con il pregio di essere comunicativo: il potente politico o finanziere corrotto, con la cattiveria appiccicata nel dna, che ordisce un diabolico piano per arrivare al potere, se possibile uccidendo, senza scrupoli. Mi piace dire che il piano è mefistofelico, quindi, per tutto il tempo, parlerò del mefistofelico piano di McCullough.

    Non si sa quando, di preciso, Edward McCullough abbia ordito il suo mefistofelico (ecco qua) piano. Di sicuro deve averci pensato sopra parecchio, anche se, in realtà, a riassumerlo in poche parole, il piano risulta un po’ banale.

    Consiste nell’eliminare un certo quantitativo di esseri umani, riportando la popolazione mondiale ad un numero di componenti ritenuto accettabile. Con tutto quello che la storia ha compreso e comportato, è difficile sostenere che un’ipotesi del genere sia inverosimile.

    Un mezzo molto efficace per raggiungere tale scopo potrebbe avere a che fare con il raffreddore. Sebbene abbiate vissuto con lui in più occasioni e in grande intimità, può darsi che non sappiate che cosa di preciso di cosa si tratti.

    La chiave del raffreddore è un virus chiamato rhinovirus, che di solito mira a installarsi nella mucosa nasale, dove le condizioni di vita per lui sono ottimali, e inizia a moltiplicarsi. Quando questo accade, l’ospite, cioè io o voi, inizia a starnutire e a produrre catarro in più o meno grandi quantità ed ecco fatto: è arrivato il raffreddore.

    Di solito viene un paio di volte l’anno negli adulti e un numero infinito nei bambini. Negli adulti può anche durare una settimana o più, nei bambini può sparire in un giorno.

    La cosa interessante è che il virus si trasmette per via aerea, può fermarsi su un oggetto per un periodo anche prolungato, aspettando che un malcapitato tocchi l’oggetto e poi accarezzi qualcuno o si strofini gli occhi o il naso prima di essersi lavate le mani.

    Pazzesco.

    Secondo alcuni, il virus è sempre presente, ovunque, solo che, d’inverno, passando più tempo al chiuso, si diffonde con maggiore facilità.

    C’è la reale possibilità che si tratti di un’arma che la natura ha fabbricato e non ha ancora deciso di usare nel modo più cattivo.

    Diciamo così: McCullough potrebbe essere colui che ha deciso di usarlo proprio in questo modo.

    Il suo scopo? Decimare la popolazione.

    Non ditemi che ci avete creduto davvero.

    McCullough è troppo furbo, troppo intelligente per fare una cosa così stupida.

    I fatti sono questi. La gente (detto così, in modo sprezzante: la gente) ci crede per davvero a questa faccenda del rischio di sovrappopolazione. Questo è il primo punto. Il secondo è che il mondo, per come è, funziona piuttosto male. Il terzo è che se siete pieni di soldi, potete fare quello che vi pare. Una postilla al terzo punto è che, ad un certo punto, i soldi iniziano a interessarvi sempre di meno.

    Potere e soldi, si diceva.

    Se togliete i soldi, cosa resta?

    Bravi, avete capito.

    Capitolo 4

    Storie di Edward

    Edward Thompson era un distinto quarantenne o cinquantenne, elegante per natura, intelligente, istruito, un ex agente che si era arrivati a dover sacrificare nel corso di un'operazione progettata male e finita peggio.

    Le qualità dell'uomo non erano sfuggite a McCullough, che doveva parte del proprio successo proprio al sapersi circondare di collaboratori validi e fedelissimi. McCullough in persona era intervenuto per rimpatriare Thompson in gran segreto dal Gabon, dove avrebbe dovuto nascondersi all'infinito.

    Tolto dai precedenti incarichi operativi, Thompson era così diventato l'assistente personale del finanziere, nonché la sua guardia del corpo.

    La posizione e l'importanza transnazionali di McCullough erano tali che avevano persino reso superfluo un cambio di nome: una generale cautela e l'informazione che Thompson adesso lavorava per lui erano più che sufficienti a tenere a freno qualunque servizio segreto del mondo.

    Thompson volava in Europa per seguire gli spostamenti di qualche concorrente, si introduceva in stabilimenti produttivi ad altri inaccessibili per rubare preziosi segreti, piazzava microspie in sale riunioni, hotel, yacht e persino abitazioni private. Tutto allo scopo di acquisire informazioni che fornissero anche soltanto un piccolo, all'apparenza insignificante, vantaggio rispetto agli altri, chiunque fossero.

    Thompson, questo tipo di lavori, li sapeva svolgere come nessuno, confermando anche in questo caso il talento di McCullough nella scelta dei collaboratori, operazione che valeva metà di un intero progetto, come diceva lui.

    Lo studio di McCollough, inondato di fumo di sigaro, aveva soltanto una piccola finestra sul vicino lago, tolta la quale, le pareti erano foderate di libri, dal pavimento all'alto soffitto.

    Thompson era abituato a prendere ordini solo all'interno dello studio. Per il resto del personale c'erano gli uffici delle sue varie società, per il resto della famiglia c'era il resto della casa.

    Ad eccezione del piccolo Richard.

    Chi è il piccolo Richard?

    Il piccolo Richard è il figlio di McCullough, non l’unico, ma di sicuro quello speciale.

    Sono incinta, gli aveva detto. Dio deve avere un occhio di riguardo per me, aveva pensato Edward McCullough.

    Circa un anno prima, il dottor Warden del famoso centro Orion, l'unica e costosissima avanguardia mondiale nella lotta al cancro, al termine dell'ultimo ciclo di cure gli aveva comunicato che senza ombra di dubbio il suo tumore all'intestino era stato debellato. Certo, quell'unica buona notizia aveva richiesto uno sforzo enorme: bisogna voler guarire era la frase preferita di Warden, il che significava una totale dedizione da parte del paziente, nonché il versamento puntuale di grosse somme di denaro. Ma il risultato finale giustificava ogni sforzo. Per un uomo così potente, l'unico vero nemico era lui stesso, una subdola parte di lui.

    Sfuggire ad un tumore significava davvero avere avuto in dono la possibilità di una seconda vita e, adesso, quella seconda vita poteva essere colorata dall'arrivo di un figlio.

    McCullough, peraltro, aveva già due figli, Timothy e Charles, educati a temere il padre come il più esigente dei professori, abituati a passare il tempo con il padre solo su appuntamento, ignoranti su cosa significhi confidare ad un padre un timore o un segreto e cose del genere. McCollough era sempre stato molto distante, parte per carattere, parte in conseguenza degli impegni lavorativi del più importante finanziere del pianeta. Parte, anche, per alcune particolari inclinazioni di Timothy e Charles, i quali (a lui) sembravano non aspettare altro che la dipartita del vecchio per poter fare il comodo loro. Addirittura, (a lui) sembravano disponibili a prendere in considerazione l’idea di dare, come dire, un piccolo aiuto al vecchio pur di raggiungere in fretta la meta.

    Sull’argomento, McCullough era al limite della paranoia, ma che quest’ultima avesse o meno reali fondamenti, è un’osservazione che, per necessità di completezza, costringe a raccontare la storia di William Bruford, presunto amante della signora McCullough e presunto vero padre di Timothy e Charles McCullough.

    Si potrebbe iniziare con il chiarire che la somiglianza di questi ultimi, da adulti, a Edward McCullough toglie ogni dubbio circa la paternità. Tuttavia, in un periodo di enormi impegni lavorativi, il futuro finanziere si era lasciato confondere da alcuni dettagli male interpretati, al punto da ritenerli importanti e inequivocabili segni del fatto che la moglie lo tradiva. Chi poteva essere l’amante, se non il di lei amico William Bruford, superlativo giocatore di golf, abbronzato e avvenente avvocato scapolo appassionato di auto sportive? Che le cose non stessero così, a McCollough è al momento dei fatti chiarissimo, lo è da parecchio, ma non lo era quando la giovane moglie era in attesa del secondo figlio, senza contare che i sospetti avevano origini antiche antecedenti persino la precedente gravidanza.

    Sembrandogli, a quel tempo, necessario iniziare a dimostrare quale uomo potente stesse diventando, aveva ritenuto di contattare di persona due picchiatori commissionandogli alcune precisazioni da riportare all’avvocato Bruford. L’azione era stata condotta con una diligenza tale da superare perfino i confini temporali, visto che il presunto amante si era ritrovato con un perpetuo richiamo alle anzidette precisazioni, nella forma di una permanente modifica della deambulazione, tutta riconducibile alla imperfetta e incompleta rotazione dall’articolazione coxofemorale destra. I fatti successivi avevano convinto McCullough dell’errore, ma quei due figli sembravano un continuo richiamo allo sbaglio commesso, per nulla piacevole per chi non è abituato a doversi ricredere e, ancora meno, a scusarsi.

    Con questo terzo figlio, comunque, sarebbe stato tutto diverso: il bambino era un regalo inaspettato, una seconda occasione e una prova da superare.

    McCullough, all’epoca del tumore e del terzo figlio, Richard, è abbastanza avanti con gli anni. Diciamo che è più che cinquantenne, tanto per essere precisi.

    Che lui possa essere riuscito a riprodursi con una moglie più o meno coetanea e con cui ha già due figli è poco credibile, ma è piuttosto semplice immaginare varie soluzioni al problema.

    La più semplice, e la più ovvia, è che McCullough abbia una moglie molto più giovane, diciamo trentenne, il che per uno come lui non è affatto difficile. Avere una moglie trentenne significa che gli altri due figli Timothy e Charles, che dovrebbero avere almeno dieci o quindici anni quando il Richard apre gli occhi al mondo, devono essere figli di altra madre.

    È proprio così che ci si può immaginare la vicenda. Al tempo dei fatti, McCullough è in seconde nozze, fatto che conduce ad un bivio: il finanziere è divorziato o vedovo?

    La malvagità del personaggio potrebbe suggerire la prima opzione, ma non è così: McCullough è vedovo, e ha perso la prima moglie con il parto del secondo figlio Charles.

    Può stupire o, persino, infastidire, il pensiero di provare un po’ di simpatia o almeno di pietà per questo uomo cattivo e potente, eppure sfortunato? Non è un personaggio da odiare, anche se ciascuno può sentirsi libero di farlo, ma è umano, con difetti, eppure forza di volontà e, addirittura, amore.

    Il piccolo Richard è l’oggetto dell’amore del finanziere McCullough: l’amore più puro e disinteressato che si possa concepire, l’amore di un padre che per il figlio farebbe qualunque cosa.

    Tutti i padri sono così? Non scherziamo, nel caso dell’homo sapiens, non tutti i padri sono così.

    Allora vi potete immaginare McCullough che, nel suo studio privato, il luogo dove, in un modo o nell’altro, si prendono decisioni delle più importanti, comprese quelle inerenti la popolazione mondiale, gioca con il piccolo Richard. Lo vedete che si nasconde dietro la sua scrivania, un pezzo di antiquariato unico al mondo. E poi il piccolo Richard che ride a crepapelle ogni volta che il babbo riemerge all’improvviso da dietro la scrivania facendo versi spaventosi, strabuzzando gli occhi e agitando le braccia.

    Thompson, appena fuori dall’entrata dello studio, sul punto di bussare, è quasi incredulo, e, immaginandosi la scena all’interno, si lascia sfuggire mezzo sorriso, che per lui è il massimo della felicità.

    Adesso posso dirmi persuaso del fatto che vediate la profonda umanità del finanziere Edward McCullough.

    Non è distrazione: McCullough e Thompson si chiamano entrambi Edward, lo so, e si tratta di una precisa scelta. L’omonimia non è rara a questo mondo, e, se la vedete in senso lato, è una cosa bellissima: un imperatore e l’ultimo dei poveracci, un assassino e un pazzo, o un santo possono chiamarsi nello stesso modo. È solo nel nome che abbiamo uno spiraglio di vera uguaglianza, questa è la verità. Altrove, ognuno per sé.

    Tuttavia, se vi immaginate che l’ultimo dei poveracci possa vedere McCullough che ride e scherza con il figlio nello studio, come pensate la prenderebbe? Da dietro il vetro della piccola finestra, nel tardo pomeriggio già buio di un giorno d’inverno, con un vento gelido, un freddo cattivo che si insinua tra vestiti non abbastanza pesanti, cosa penserebbe l’ultimo dei poveracci?

    Che tenerezza?

    Non è sicuro che il poveraccio voglia entrare e fucilarli entrambi, ma si può ipotizzare con ragionevole certezza che, quanto meno, si chieda come mai loro sono dentro e lui è fuori. Come mai quello dentro è Edward McCullough e lui no. Come mai quello dentro ha un figlio piccolo con cui gioca, trasmettendogli e ricevendone gioia, mentre lui è solo, sempre stato solo, sempre sarà solo.

    È uno spettro quello che si aggira per l’Europa, dannazione, non un cagnolino da compagnia, quindi il poveraccio, anzi l’ultimo dei poveracci, non può che vedere la profonda ingiustizia perpetrata ai suoi danni dal destino, che fornisce ad uno amore, denaro e felicità, e ad un altro niente.

    Di solito, nel mondo, non c’è nessuno che sistemi le cose, ma, in questa specifica sede, la faccenda va in modo differente.

    Quello che segue è un ritaglio di giornale.

    Lutto per il finanziere McCullough e famiglia. Ieri sera in Vermont, il fondatore del Tresaure Fund, filantropo e consigliere ombra fra i più stimati del senato americano, vicino al partito democratico e apprezzato e stimato anche in ambito repubblicano, ha perso i tre figli Timothy, Charles e Richard e il nipote Samuel in un incidente d’auto. I quattro ragazzi, di età compresa fra i quindici e i venticinque anni, erano diretti in vacanza in una località sciistica quando sembra che l’auto sia stata vittima di una esplosione. McCullough non ha voluto rilasciare dichiarazioni, ma le forze di polizia locali hanno accennato all’ipotesi di un vero e proprio attentato. Al momento le indagini sono passate alla competenza dell’FBI, che ha interdetto l’accesso alla zona. Sembra che l’esplosione sia stata molto violenta, perché i corpi sono stati ritrovati pressoché smembrati. Il riconoscimento è stato effettuato sulla base di oggetti personali dal dottor McCullough, accorso sul posto quasi subito.

    La perdita di Richard sembra un macabro contrappasso per ristabilire l’equilibrio della realtà, anche se, in verità, l’ultimo dei poveracci, dopo questa, non diventa nemmeno penultimo, a dimostrazione dell’inutilità di tali esemplari punizioni.

    La storia di McCullough comprende quindi capacità fuori del comune, ricchezza, potere, persino fortuna e sprazzi di felicità con cadute nel dolore. Come tutti? Quasi.

    Capitolo 5

    Womacka

    Nel corso del secondo conflitto mondiale sono morti settanta milioni di individui fra civili e militari. Il tutto in sei anni di guerra.

    L’influenza spagnola ha provveduto a cinquanta milioni di morti in sei mesi.

    La peste nera, in sei anni a cavallo del 1350, ha ucciso un terzo della popolazione europea.

    Se mi venisse mai in mente di voler decimare la popolazione terrestre, meglio affidarsi a un’epidemia che a una guerra.

    McCullough è di questa opinione:

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