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Promessa d'amore: Primo Libro
Promessa d'amore: Primo Libro
Promessa d'amore: Primo Libro
E-book164 pagine2 ore

Promessa d'amore: Primo Libro

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Info su questo ebook

Una parabola alla ricerca dell'anima, la malizia del destino, la forza dell'amore e la linea
sottile tra la verità e la follia, tra l'amore e l'odio, tra il bene e il male.

Chi non l'ha provata, questa bramosia d'amore, di avventura e corpi celesti, di fascino,
spavalderia e champagne, erotismo, esotismo e stravaganza, amore, desiderio, lusso, musica, magia e ricchezze, rose, romanticismo e rock'n'roll, anima e Sauvignon Blanc, la dimora personale del cuore?

Nikki Rose, la capricciosa eroina dai t acchi a spillo, è u n t urbine dall'anima a ssetata, che si
agita nel mondo del lusso e dell'alta moda. Il suo cuore non trova pace, da quando la morte si è portata via il suo grande amore, ma in un attimo fatidico si innamorerà di un musicista tanto magico quanto disturbato.
Lei lo seguirà sull'autostrada del cuore, dalle immensità del paradiso fino ai più profondi
abissi dell'inferno.

Fai attenzione, quando i tuoi sogni si avverano!
Nulla sarà più com'era prima!
LinguaItaliano
Data di uscita2 nov 2018
ISBN9783982043937
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    Anteprima del libro

    Promessa d'amore - Nicole Rose

    MOMENTI MAGICI

    Ci sono attimi che incendiano il nostro cuore come fulmini in un cielo sereno. L’universo si illumina. La terra trema. Il mondo si ferma. Tutto cambia. Il dardo di Eros ci scaraventa lontano dalla quotidianità, sulle montagne russe dell’amore, del desiderio, della passione.

    Dopo questi momenti di magia, niente è più com’era prima. Il destino ci spinge a seguire la voce del nostro cuore, a mettere l’amore prima di ogni altra cosa. Ma il destino non sempre è dolce per l’anima: spesso Eros si rivela un terribile distruttore e Amor molte volte non fa che abbagliare la nostra immaginazione! Incontrare Eros e il destino è un’esperienza straordinaria, carica di significato, colma di bellezza, ma pericolosa…

    Chi non prova queste sensazioni, quando incontra il vero, grande amore? Quel momento magico, che ci strappa dalla mediocrità della vita, per buttarci nell’estatica beatitudine della favola più emozionante, e che ci spinge a considerare il desiderio ardente e la profanità delle piccole cose come la più perfetta passione?

    Può avere effetti collaterali, leggere attentamente…

    L’amore è una droga: tanto bello quanto pericoloso. Infiamma il nostro cuore, ci annebbia la mente e ci conduce in un labirinto di sensazioni. Camminiamo come sollevati da terra, galleggiamo in un paradiso di nuvolette rosa, inebriati da un cocktail d’amore e passione. Perdiamo il cuore, e talvolta anche il senno! Più in alto si vola, più male ci si fa cadendo. Salite e discese si trovano spesso solo a un sospiro di distanza, e il precipizio dei sentimenti può romperci il cuore. Può consumarci l’anima. Può trasformare il Bene in Male.

    Chi segue il richiamo del destino permette all’ignoto di prendere il comando della propria vita. Decide di rischiare. Sceglie la favola, il rock’n’roll. L’autostrada del cuore non è un sentiero battuto da pigri ciabattoni! La vita non sarà più soltanto uno schizzo a matita dal titolo E se…?, ma diventerà un dipinto a colori: l’Io sono! Ma dove c’è luce, là c’è anche oscurità.

    Chi si incammina verso il pericolo, può rimanere ucciso.

    Perciò vi metto in guardia dal veleno contenuto nelle frecce di Eros: può rivelarsi mortale…

    EROS A MONACO

    Era una tiepida sera di fine estate. I desperados metropolitani popolavano il quartiere borghese di Schwabing, riscaldandosi al sole d’autunno e scambiandosi chiacchiere e pettegolezzi sulla società monachese.

    Un nuovo locale aveva appena aperto sulla Klemensstrasse: L’Abbuffatoio. Era gestito da un tipo affascinante con capelli neri impomatati e dall’irresistibile sorriso, che precedentemente aveva lavorato come barman al Pick6, il locale da rimorchio numero uno in tutta Monaco. In breve tempo L’Abbuffatoio era riuscito a diventare l’attrazione principale per la gente del quartiere, che rifuggiva la quotidianità amoreggiando, consumando alcol e chiacchierando sui presenti, sugli assenti, sui VIP e sui meno VIP.

    Dopo la terza birra, lo spumante e il vino, gli sguardi si facevano arditi e i commenti diventavano più piccanti, sebbene molto meno raffinati. Gli intellettuali borghesi, alticci, imprecavano, litigavano, ridevano. Le preoccupazioni si dissolvevano per lasciare il posto a una sensazione di benessere: i nuvoloni grigi dell’incombente crisi finanziaria, infatti, non risparmiavano neppure quel quartiere così benestante.

    I volti degli uomini bavaresi erano in molti casi gonfi e vividamente arrossati, per le troppe birre e le costolette di maiale, mentre le donne mostravano visi paffuti e felici, oppure smunti e grinzosi. Tra di loro, un cocktail di euforia e noia, allegria e insulsaggini, simpatia e apatia, delizia e amarezza.

    Dopo il terzo o quarto bicchiere, l’atmosfera cominciava a caricarsi: gli uomini si mettevano a competere per l’attenzione delle donne, la cui attrattiva era drasticamente aumentata nel corso della serata, proporzionalmente al repentino deteriorarsi della qualità delle conversazioni. A ogni sorso, la parrucchiera del quartiere somigliava sorprendentemente sempre più a Elizabeth Taylor. Persino l’arcigna Gertrude, con la sua crocchia da segretaria, ricordava lontanamente Catherine Deneuve – per quanto un po’ più in carne.

    I forti bevitori sedevano al loro solito tavolo. Tommy Stiernack: un rubizzo collerico di ottimi mezzi, legato all’ereditiera dei Nestlein, si comportava da munifico ammaliatore. Tanto sprezzante quanto devoto, ascoltava il suo vicino di tavolo: Heinz Pinselquäler, ben piantato e di una certa età, alla sua quarta vodka. Era un po’ malmesso, e la stampella gli era caduta a terra. Con mani tremanti e voce nasale si lamentava della sua misera esistenza di pittore di discreto successo: i suoi disegni a matita, contraddistinti da una disciplina tipicamente prussiana, non trovavano un acquirente. Accanto a lui tubava Horst Zocker, il Casanova senior del quartiere, in piena attività. Era un playboy stagionato, dai capelli bianchi e il viso da buontempone, avvizzito ma sempre attraente, un po’ à la Gunther Sachs. Stancamente sbavava nelle orecchie della prescelta della serata: una brunetta vistosa, per quanto ordinaria. Sono dolce come un budino, la blandiva.

    Alexandra Schnorr aveva esibito la sua bellezza insipida per ore, nella speranza di trovare il grande amore – o quantomeno un finanziatore per la serata.

    Rosi Rassig, la parrucchiera del quartiere, aveva davvero qualcosa che richiamava alla mente Elizabeth Taylor. La sua fama, benché superata, di gnocca del quartiere, le permetteva ancora di mantenere un’espressione arrogante. Esaminò altezzosa la donna alla sua sinistra: Gertrude Gans, la segretaria, con i capelli biondi raccolti in una crocchia, dava l’impressione di essere più vecchia di quanto non fosse mentre, con il doppio mento che ballonzolava, piagnucolava che aveva perso il lavoro. Rosi volse con impertinenza gli occhi verso la strada, alla ricerca di un ammiratore.

    Stava giusto svoltando l’angolo, con passo molleggiato e un tantino barcollante, un noto Casanova, che catturava l’attenzione con il suo antiquato doppiopetto grigio. Here I go again, sbraitò con voce rockeggiante. La luce crepuscolare gli donava un’aura selvaggia, importante, folle. Un incrocio tra Keith Richards e David Coverdale, appariva decisamente fuori posto in quel quartiere così conservatore. Procedeva lungo la via suonando un’immaginaria chitarra, come se si trovasse nella St. Albert Hall. Come un Eros senza chitarra, superò sprezzante il tavolo degli habitué, contraendo verso il basso gli angoli della bocca, talmente sottile da apparire come disegnata con un tratto di matita. Si diresse subito, con fare pomposo, al distributore automatico di sigarette. Munito di quattro pacchetti di Mannboro extraforti prese quindi posto insieme agli altri clienti abituali dell’Abbuffatoio. Il suo viso, oblungo e affilato, era circondato da una corona di folti riccioli grigi, disordinati e simili a corde di una chitarra. Da vicino ricordava molto una versione più vissuta del presentatore televisivo Hugo Egon Balder. Salutò il gruppo, mantenendo un’espressione cinica e volutamente intellettuale.

    Siete già arrivati al livello della Bild? chiese con sarcasmo, facendo riferimento a una delle riviste scandalistiche più discutibili in Germania.

    Nel frattempo si era acceso smanioso una sigaretta, come se la cenere fosse la sua unica fonte di nutrimento.

    Allora siete fortunati che stasera potete godere della mia brillante presenza. A dire il vero avevo in mente di trascorrere la serata insieme a Platone, un passatempo di livello decisamente elevato, com’è mia abitudine. L’unico problema è che avevo finito le sigarette.

    Sogghignò, aspettandosi un applauso e mostrando una dentatura degna di Iggy Pop, guadagnandosi in questo modo occhiate velenose da parte dei contendenti maschi, ma anche gli sguardi ammirati e pieni di desiderio delle signore.

    Clac-clac-clac-clac-clac-clac-clac…

    In quel momento un rumore si diffuse lungo la vecchia Klemensstrasse e il suo lastricato sconnesso. Gli uomini seduti al tavolo alzarono gli occhi da birra e vino, perdendo il filo del discorso. Rimasero a bocca aperta a osservare, con le pupille dilatate dall’alcol, una spettacolare apparizione: in bilico su un tacco venti, procedeva cautamente su quel selciato di poche pretese una creatura che pareva caduta da una stella. Indossava un elegante abito nero di alta moda e faceva pensare a una star del cinema degli anni ‘50, che avesse scambiato il provinciale quartiere di Schwabing per Hollywood.

    La Lady procedeva con prudenza e attenzione, per non rimanere incastrata con i tacchi nelle fughe tra i ciottoli della strada. Aveva capelli castani, acconciati alla perfezione con un ciuffo a banana alto almeno cinque centimetri; il bellissimo viso, arrossato per lo sforzo, era comunque splendente ed emanava gloria e glamour. Le labbra, rosse e sensuali, insieme alla pettinatura da Elvis e alle calze a rete nere, le conferivano un particolare aspetto da fanatica del rock. Mentre si concentrava sul lastricato appariva, nonostante tutto, vulnerabile: le labbra color lampone erano deliziosamente imbronciate, e gli occhi rimanevano fissi ai ciottoli per terra. Era una sfida per gli uomini, che la osservavano curiosi dal lato opposto della strada. Quando finalmente raggiunse una sedia libera di fronte al locale, ci si accomodò e ordinò, sorridente e sollevata, un bicchiere di Sauvignon Blanc.

    L’attenzione che aveva evidentemente risvegliato la infastidiva, così come la infastidivano le occhiate e i commenti dei cicisbei e delle megere presenti. Nikki Rose si sentiva isolata, nell’esilio interiore a cui la sua eccezionalità la destinava. Ma non sarebbe riuscita a rimanere nel suo appartamento, sola con le ombre del passato.

    Equipaggiata con Blackberry e Sauvignon Blanc, le gambe avvolte nelle calze a rete elegantemente accavallate, cominciava finalmente a sentirsi più sicura. Si guardò intorno con interesse, intanto che sorseggiava il vino flettendo il mignolo. Un misto di spirito d’avventura e ombrosa malizia le balenò negli occhi grigio-verde, mentre digitava sul suo Blackberry sorridendo languida.

    DRINNNNNN!

    Lo squillo del telefono la spaventò, distogliendola bruscamente dai suoi pensieri e facendola sobbalzare, come una rosa selvatica colpita da un fulmine. Chi osava disturbare la magica intimità di quel momento?

    Bla bla bla bla bla bla, le blaterò nell’orecchio la sua collega americana, Erika Weinstein, occupata, oltre che a parlare, a masticare chewing-gum. Assordante e fastidiosa, senza fare pause, impiegò dieci minuti prima di arrivare al nocciolo della questione: voleva sapere quando sarebbe stato disponibile negli Stati Uniti il nuovo catalogo Armada.

    Lo sguardo di Nikki si posò con nostalgia sul bicchiere di Sauvignon. Perché mai dovevano esserci al mondo tante persone dedite a rubare il tempo altrui, irrompendo con invadenza anche tardi la sera? Alla casa di moda Armada proprio non davano tregua, ti succhiavano anche l’anima! Nikki si difese dalla voce falsamente amichevole che le parlava rispondendo seccamente:

    Erika, in questo momento sono in riunione. Ti scrivo una mail domani!

    Rapida, eloquente ed elegante. Un bel modo di ristabilire la distanza dalla collega di New York. Dopotutto la giornata lavorativa era finita, e lei aveva una riunione. Con Monsieur Sauvignon Blanc…

    Gli uomini seduti al tavolo accanto ascoltavano rapiti, mentre la nuova arrivata chiudeva la telefonata con poche parole in un inglese sicuro e disinvolto, sprigionando un fascino internazionale e una raffinatezza cosmopolita.

    La luna, che è il sole degli ubriaconi, sostituì la sua luce delicata all’aggressiva luminosità del giorno, e avvolse quel quartiere mondano in un’atmosfera lieve e lattiginosa, in cui nulla pareva impossibile e tutto diventava possibile.

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