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La Strega della Fonte: Prima parte della saga di Alaisa
La Strega della Fonte: Prima parte della saga di Alaisa
La Strega della Fonte: Prima parte della saga di Alaisa
E-book434 pagine6 ore

La Strega della Fonte: Prima parte della saga di Alaisa

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Info su questo ebook

"La magia è una compagna incostante, ci promette tanto e a volte ci soddisfa pienamente. Altre volte, invece, ci lascia a piedi nudi sulla terra fangosa: a quel punto, bisogna risalire alle origini della magia, all'arte e agli elementi."
 
Alaisa, una ragazza umile ma determinata, è pronta per partire per il viaggio più importante della sua vita, con l'obiettivo di raggiungere la dimora della famosa Strega della Fonte e diventare sua apprendista: il suo sogno fin da bambina!
Quello che Alaisa non sa, è che la magia conferisce grandi poteri, e per padroneggiarla al meglio è prima necessario fare i conti con le proprie aspirazioni e le proprie paure.
Il mondo segreto delle Streghe offre molte opportunità, ma anche molti rischi e ombre... tra tutti i nuovi intriganti personaggi che conoscerà, riuscirà a capire di chi potrà fidarsi, e da chi dovrà difendere tutto ciò che le è più caro?
Con "La strega della fonte" Sabrina Guaragno ci porta in un nuovo universo Fantasy intricato e affascinante, in cui le atmosfere romantiche si mischiano ad altre cupe e inquietanti, e dove il potere della magia permette a maghi e streghe di realizzare i loro sogni, ma anche il manifestarsi di veri e propri incubi...

Sabrina Guaragno nasce a Bari il 27 giugno del 1993, ma trascorre la sua infanzia e la sua adolescenza a Modugno. La sua vita cambia con il nascere dell’amore verso i romanzi di Harry Potter, che l'hanno iniziata a un vasto mondo di lettura e immaginazione. La sua passione per la scrittura inizia quando ha solo 14 anni, sulle orme di scrittrici quali J.K. Rowling e Licia Troisi. Il suo genere preferito è il fantasy e tutte le sue sfumature, ma ama leggere un po’ di tutto.
Sabrina nutre anche una passione viscerale per la mente umana: dopo il diploma come operatore turistico, ha conseguito la laurea triennale in Scienze e Tecniche Psicologiche e quella magistrale in Psicologia Clinica presso l’Università Aldo Moro di Bari. Attualmente, sta svolgendo il tirocinio post-laurea presso il Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia, Comunicazione dell’Università Aldo Moro di Bari.
Da qualche anno gestisce il blog letterario Non servono le ali per volare, e fa parte della redazione di Leggendo a Bari, blog legato all’omonimo gruppo di lettura barese. Inoltre, fa parte dello staff di Psychondesk, blog di psicologia, come membro del Comitato Scientifico, autrice e correttrice di bozze.
Il suo sogno è quello di scrivere per vivere, anche se nella società attuale è sempre più difficile realizzarsi in questo campo. Ma insegue un desiderio, persevera nel suo obiettivo, e ogni rifiuto ricevuto e che riceverà, sarà solo l'ennesima spinta per non arrendersi.
LinguaItaliano
Data di uscita14 nov 2018
ISBN9788898754892
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    Anteprima del libro

    La Strega della Fonte - Sabrina Guaragno

    I edizione digitale: novembre 2018

    © tutti i diritti riservati

    Nativi Digitali Edizioni snc

    Via Francesco Primaticcio 10/2, Bologna

    ISBN: 978-88-98754-89-2

    www.natividigitaliedizioni.it

    info@natividigitaliedizioni.it

    Pagina Facebook: La Strega della Fonte - La saga di Alaisa di Sabrina Guaragno

    Copertina a cura di Valentina Marcone

    Alle donne forti

    che non temono il potere.

    Alle madri, figlie, sorelle

    che amano profondamente

    anche a costo di essere odiate.

    Prima parte

    Il viaggio dei Candidati

    L’inizio del viaggio

    Il giorno tanto atteso è finalmente arrivato.

    Mi sembra di aspettarlo da sempre, da quando ero una bimbetta con le ginocchia sbucciate e tanti sogni infranti. Da allora sono cambiate tante cose, sono cambiata tanto anch’io. Ma il mio desiderio è rimasto immutato, come un obiettivo da raggiungere, un’ancora a cui aggrapparsi.

    Solo qualche giorno fa, ero a casa a ricamare tovagliette da vendere al mercato con mia madre: ero una ragazza di quasi diciassette anni che cercava di aiutare la famiglia ad andare avanti. E oggi, invece, mi ritrovo qui, ad attendere il momento in cui incontrerò la Strega della Fonte.

    Quasi non riesco a crederci, mentre cammino sull’erba troppo cresciuta del Prato. Per essere un posto quasi sacro dove, ogni tre anni, dozzine di ragazzi e famiglie si appostano con ansia per assistere alla grande partenza, non sembra avere nulla di speciale. Tranne, forse, la natura molto più bella e lussureggiante rispetto a qualsiasi altro bosco abbia mai visto.

    «Eccoci arrivate» sussurro, sistemandomi meglio la borsa sulla spalla e scostandomi un ciuffo di capelli castani dal viso.

    Mia madre sorride debolmente, mentre Egea e Dacy ridacchiano. Nonostante ciò, nei loro occhi posso scorgere l’ombra di preoccupazione che, ormai da un po’ di tempo, si annida nei loro pensieri di bambine cresciute troppo in fretta.

    È difficile prendere questa decisione, scegliere di tentare la sorte per avviarsi in un viaggio con altri ragazzi sconosciuti e agguerriti, per cercare la strana vecchietta: la Strega Maestra della nostra regione che, ogni tre anni, prende con sé un nuovo, fortunatissimo apprendista.

    È difficile, ma non per me che ho sognato fin da bambina di poter, un giorno, diventare una strega.

    Il nostro villaggio, Erad, dista solo qualche giorno di cammino da Farery, la cittadina dove ci troviamo adesso. È stato faticoso arrivare fin qui a piedi, ma quando ho pregato mia madre e le mie sorelline di rimanere a casa, non hanno voluto sentir ragione: mi avrebbero accompagnato fino al punto dove il Prato si collega al Ponte, mi avrebbero dato gli ultimi abbracci e baci, e sperato per me di non vedermi per tre anni, o almeno di ritornare da loro senza nulla di rotto.

    Il viaggio per raggiungere la cima del monte Raif, in effetti, non sembra proprio essere una passeggiata.

    È pomeriggio, il sole non è ancora sul punto di tramontare, ma c’è già un piccolo drappello di persone in attesa. Alcuni bambini giocano a rincorrersi, mentre gli adulti se ne stanno in piedi in piccoli gruppi, parlottando fitto fitto. Solo tre o quattro persone, più vicine al limitare del dirupo, sembrano avere l’espressione di chi versa nella preoccupazione almeno quanto mia madre e le mie sorelle.

    Il mio sguardo viene catturato dall’immensità del luogo in cui mi trovo. Il bosco che circonda il camminamento che ci ha portato dalla mia cittadina fino a Farery è bellissimo, abitato da creature dai colori bizzarri, uccellini canterini che si posano su alberi altissimi dalle foglie carnose e brillanti, fiori vividi e profumi inebrianti.

    Ma il Prato è qualcosa di spettacolare. Sembra che qualcuno l’abbia disegnato dal nulla, perché non ci si potrebbe spiegare altrimenti l’enorme spazio a forma di semicerchio, sgombro da arbusti e alberi, ma circondato da fusti dalle chiome floride. Termina su un dirupo, con uno strapiombo improvviso, tanto che i fili di erba incolta penzolano sulla roccia viva e sul vuoto.

    Mi volto, guardo mia madre e le sorrido. Poi abbandono la borsa piena di viveri vicino alla mia famiglia che si riposa. Agguanto i lembi della lunga gonna, alzandoli appena mentre corro verso il bordo del Prato.

    Guardo giù e mi gira la testa. Il vuoto si perde nel buio, spezzato solo dalla presenza di un' enorme cascata, che sbuca dall’interno della roccia, dal versante opposto al mio, provocando uno scrosciare roboante. Di fronte a me, oltre il baratro, si erge una montagna gigantesca.

    Alzo gli occhi al cielo, il sole che me li brucia un po’. Guardo le chiome degli alberi sulla cima del Raif, e penso che lì, da qualche parte, c’è una fonte. Che lì c’è la mia Maestra. Che devo trovarla.

    «Ehi!» mi sento apostrofare. Mi volto, un po’ sospettosa, solo per scoprire il volto simpatico di una giovane ragazza. I capelli biondo cenere sono legati dietro alla nuca con un fermaglio, il volto è tondo come quello di una bambina, gli occhi chiari brillanti. Indossa un abito scuro e lungo fino alle caviglie, stretto in vita da una cintura, e porta un mantello sul braccio.

    «Anche tu sei una Candidata?» mi chiede, e io annuisco dopo qualche secondo, intuendo che probabilmente è così che da queste parti chiamano i ragazzi che vogliono diventare allievi della strega.

    «Lo sono anch’io!» esclama, e il suo sorriso è troppo luminoso per credere che lo stia davvero indirizzando a me, che sono una sua avversaria. «Il mio nome è Lill, e il tuo?».

    «Alaisa» dico, timida. Lei mi sorride, e sono tentata di fare altrettanto, ma poi ricordo perché sono qui. Io devo vincere, e per farlo dovrò sconfiggere anche la simpatica Lill. Che senso avrebbe, adesso, farmela amica?

    «Vieni, lì c’è un’altra Candidata! Per ora siamo tre ragazze e un ragazzo, davvero insolito! Gli scorsi anni sono sempre stati i ragazzi la maggioranza! Per adesso, sembra che quest’anno andrà diversamente!» dice, ridacchiando e trascinandomi per un braccio.

    Finora non l’avevo notata, anche se devo esserle passata davanti appena arrivata. C’è una ragazza, seduta su un masso, il capo chino e le mani in grembo.

    «Edeny, ecco un’altra Candidata. Si chiama Alaisa. Alaisa, lei è Edeny!» dice Lill, facendo le presentazioni. Edeny alza il volto incorniciato da boccoli di capelli biondi. Due occhi celesti e brillanti mi fissano. Alza una manina esile per salutarmi, ma non accenna nemmeno un sorriso.

    «Salve, Edeny» sussurro, tanto per non smorzare l’entusiasmo di Lill.

    «È molto timida. È venuta qui da sola, tu pensa! I genitori sono rimasti nella sua città di provenienza».

    Lill continua a parlare di questo e di quello, mi indica i suoi genitori e i suoi numerosi fratelli, viene a conoscere e salutare mia madre e le mie sorelline. Inutile dire che già l'adorano, e tutte e tre si mettono persino a giocare con le pietre colorate.

    Vorrei unirmi a loro, che sembrano così spensierate. Ma la verità è che non riesco a pensare ad altro che non sia il vortice di emozioni che mi appesantisce lo stomaco e la paura per ciò che mi attende. Mi siedo sull’erba fresca, facendo finta di ascoltare quello che mi dicono.

    Sono passati solo pochi minuti quando Lill mi prende nuovamente in disparte. Mi indica un ragazzo al centro di un gruppo di giovani, vicino a un falò. Ha il volto sicuro di sé, gli occhi sono di un caldo color cioccolato e brillano alla luce del fuoco, mentre i capelli rossicci cadono in sinuose onde ai lati del volto.

    «Che c’è?» chiedo.

    Lill mi indica nuovamente il ragazzo. «È l’unico ragazzo che si è candidato! Non sono andata a presentarmi perché è sempre circondato da quelle ragazzine stupide. Sembra un bellimbusto, ma secondo me non è da sottovalutare. Chissà qual è stato il suo segnale» dice Lill, stringendo gli occhi mentre lo guarda, riferendosi ai segnali di magia che un Candidato deve aver mostrato, almeno una volta nella sua vita, per poter sperare di essere scelto dalla Strega della Fonte.

    Il ragazzo ci nota e ci fissa, sorridendo enigmatico. Distogliamo subito lo sguardo, ma, nonostante ciò, sento gli occhi bruni del Candidato su di me per tutto il resto del tempo.

    «Oh, ma lascialo perdere! Piuttosto, raccontami qualcosa di te! Perché vuoi diventare una strega? Cosa ti intriga di più?» inizia a dire Lill, rapendomi ai miei pensieri.

    «Beh…».

    «Oh, a me piacerebbe molto far parte del Circolo Ristretto dei Maghi. Sai che onore! Fare politica è proprio roba forte, ma possono accedervi solo i più bravi. Mi farebbe piacere. Sarebbe anche un'occasione per incontrare il Principe, lo sai? Ha appena avuto un figlio, lo sapevi? Eppure ha solo la nostra età! E dicono che sia molto carino» continua a dire Lill, confondendomi con le sue chiacchiere.

    Il Principe Didio Shalor è il governatore di tutta Adaesha e, nonostante abbia solo sedici anni, è già sposato e ha da poco avuto un figlio. Ha dovuto prendere in mano le redini della sua vita e del suo regno a causa della precoce morte del padre, ma molti dubitano della sua capacità di giudizio e di controllo su un territorio così vasto come Adaesha.

    A molti altri, invece, interessa solo il semplice fatto che sia giovane e carino!

    Non ho la minima voglia di parlare di lui, o di politica, o di un futuro da strega come se avessi già la vittoria in mano, così rimango in ascolto delle chiacchiere di Lill almeno finché non riesco ad allontanarmi da lei con una scusa.

    Tutte le famiglie improvvisano un piccolo banchetto, e così ceniamo in attesa del tramonto. Sembra che ognuno abbia portato qualcosa di buono, il miglior piatto che sono stati capaci di preparare, per noi Candidati, ma anche per mostrare alla Strega la loro devozione.

    Sembra tutto così bello, l'atmosfera così gioiosa, di aspettativa, che sento di voler far parte di questo sentimento comune. Ma la preoccupazione mi morde dall'interno, così resto in disparte, in cerca della serenità perduta. Mangio un paio di biscotti di mia madre, per non offenderla, e butto giù un po’ di succo di mirtilli.

    Quando si fa tardi, abbraccio mia madre prima che lei possa chiedermene il perché. «È già l’ora?» sussurra. Annuisco.

    Saluto le mie sorelline riempiendole di baci, e asciugando le loro lacrime. Sussurro nelle loro orecchie di essere forti, di non preoccuparsi per me. Che tornerò presto, e che sarò capace di dar loro un futuro più roseo. Una strega può molte cose, sia buone che cattive. Ma se sceglie la via del bene, non avrà solo un lavoro sicuro e la capacità di cavarsela in ogni occasione. Avrà anche la benevolenza delle persone e la consapevolezza di stare facendo la cosa giusta. Per sé, ma soprattutto per la propria famiglia.

    Un uomo dai lunghi baffi si avvicina al dirupo guardandolo con un po’ di preoccupazione. Poi fa un passo in avanti, allontanandosi dal margine.

    «Ed eccoci qui! Sono un messaggero della Strega della Fonte» al suono delle sue parole, pronunciate a voce alta, ma tremante, il brusio che proviene dalla folla sembra pian piano spegnersi. L'uomo riprende a parlare, asciugandosi la fronte sudata. «La notte scorsa mi è arrivato il pacco, portato da un'enorme fenice, a dimostrazione di quanto è potente e forte la Strega che da quasi vent'anni protegge la regione del Tioma, la nostra regione, e istruisce i giovani talentuosi. I nostri figli!» sorride, anche se il suo disagio è palpabile. C’è uno scrosciare di applausi e urla di giubilo.

    Quando il silenzio viene ristabilito, l’uomo tira fuori un involucro da una borsa di sacco. «Ed ora, si avvicinino i Candidati di quest’anno!» dice, e Lill è già lì davanti a lui.

    «Alla faccia dei fattucchieri del Dochala!» esclama qualcuno, provocando scrosci di risa e occhiate divertite, anche se nessuno si metterebbe a ridere davanti a un vero mago che proviene da quella regione. Hanno la fama di essere molto freddi, forti e, a volte, malvagi.

    Mi volto a guardare la mia famiglia e prendo coraggio dalla stretta salda delle manine delle mie sorelle.

    Guardando mia madre e la sua espressione di speranza, ma anche di dolore, posso quasi immaginarla passare le notti sveglia, in ginocchio davanti al letto, le braccia incrociate sul petto, per pregare i Cinque Dei di Adaesha affinché mi proteggano. Riesco a immaginare le sue prossime notti, tutte uguali, in preghiera. Se solo potessi evitarle tutta questa preoccupazione…

    Vedo il ragazzo dai capelli rossi farsi avanti e posizionarsi accanto a Lill. Mi avvicino a loro lentamente, tremando come una foglia. Edeny si avvicina al mio stesso ritmo.

    Ed eccoci qui, solo noi quattro davanti al messaggero della strega. Lui ci guarda con un misto di ammirazione e preoccupazione. A volte i ragazzi che si incamminano per questo viaggio non fanno ritorno, e non perché sono diventati degli apprendisti della strega.

    Cerco di non pensarci, mentre un’altra figura si avvicina a noi. Avrei pensato che fosse un altro ragazzo, se non si fosse tolta il cappuccio a mostrare il volto di una giovane dagli occhi freddi come il ghiaccio e capelli di un strano color argenteo. Sotto al mantello, indossa una tenuta che farebbe invidia a una guardia militare. Sicuramente è armata, e il suo sguardo torvo mi fa un po’ paura. Mi chiedo cosa potrebbe diventare, dopo un addestramento di tre anni… e non voglio nemmeno pensarci.

    È così minacciosa che sento risuonare nelle orecchie la voce del mio defunto nonno paterno: sembra un dannato saliahman! diceva, quando gli capitava di vedere un tipo poco raccomandabile. Come se lui stesso avesse mai visto un vero saliahman. Bastardi invasori, un giorno potrebbero tornare continuava, nella delirante convinzione che non fossero passati più di quattrocento anni da quando qualcuno aveva visto un saliahman ad Adaesha. Ora vivono nelle terre a est, tenuti lontani da Adaesha da un muro di invalicabili arbusti che si dipanano quasi fino a toccare il cielo. Ma se provo a immaginarmene uno, da quello che mi hanno raccontato di loro, me lo vedo proprio come questa ragazza.

    Il messaggero chiede se ci sono altri Candidati, e quando non si fa avanti nessuno, ci consegna una pietra rossa per uno. La soppeso tra le dita: è grande quanto il mio palmo e pesa come una mela matura.

    «La strega tiene molto all'incolumità dei suoi aspiranti allievi, ed è per questo che vi dona queste pietre incantate. Se sarete in difficoltà, se vorrete ritornare indietro, non dovrete far altro che tirarle fuori e chiedere aiuto, e lei farà il resto» continua a leggere l'emissario, e dalla strana piega che hanno preso le sue sopracciglia posso intuire che si stia chiedendo, proprio come tutti noi che lo ascoltiamo, come delle pietre possano possedere tali capacità.

    Non ho idea del come, ma va bene così.

    I paesani si avvicinano a noi offrendoci viveri e portafortuna, ci abbracciano come se fossimo loro figli. La cosa mi scombussola un po’, ma il calore di questa gente mi riscalda il cuore impaurito.

    Un'anziana signora vestita di veli colorati mi mette al collo una collana con una pietruzza trasparente a forma di goccia, e io la ringrazio con un sorriso. «Che possa proteggerti e che ti conduca alla tua meta» mi dice la signora, con uno strano accento, scrutandomi con occhi scuri penetranti. E dopo queste parole sono pronta per partire.

    Noi Candidati, i cuori martellanti nel petto, ci posizioniamo davanti al dirupo, il silenzio assoluto è attenuato solo dallo scrosciare della cascata.

    Guardiamo davanti a noi, oltre lo strapiombo. Un albero, colpito dalla luce arancione del sole al tramonto, sembra prendere vita. Le sue radici e i suoi rami si scuotono, come serpenti striscianti si allungano, si avviluppano al terreno e poi si protendono verso di noi. Sono quasi tentata di scappare quando essi fermano la loro corsa, si arrotolano tra loro, si tendono tra un arbusto e l’altro, ancorandosi al bordo del Prato, vicino ai nostri piedi. Il Ponte, eccolo qui. Uno stupendo intrico di rami che ci condurranno verso la nostra meta.

    Ed è così che incominciamo il nostro viaggio.

    Cinque sconosciuti

    Stiamo camminando da quasi un paio d’ore quando decidiamo di fermarci. Il sentiero che abbiamo percorso è ripido, si inerpica lungo il pendio della montagna e per questo è molto faticoso. Fortunatamente, non sembrano esserci animali selvatici pericolosi, ma non si sa mai.

    Abbiamo proceduto in fila, uno dietro l’altro, alle spalle del ragazzo, in un silenzio ovattato e, per quanto mi riguarda, fastidioso.

    Lo spazio d’erba dove ci siamo fermati è stranamente in pianura. Tutti ci sediamo sul terreno, chi massaggiandosi i muscoli delle gambe, chi guardandosi intorno con curiosità. Prendo una boccetta d’acqua dalle mie provviste e ne bevo un po’, facendo attenzione a non esagerare, per risparmiare per dopo i pochi viveri che mi sono portata dietro.

    Lill è stesa sull’erba, affaticata, respira rumorosamente e rende tutto un po’ comico e l’atmosfera più leggera. Si mette seduta di scatto, e ci guarda. «Non pensate che dovremmo per lo meno presentarci?» chiede. Evidentemente, non sono la sola a non sopportare questa atmosfera un po’ cupa.

    «Perché no?» risponde il ragazzo, a sorpresa, sorridendo.

    La ragazza vestita da guerriera ci guarda un po’ male. Poi ritorna a rovistare nelle sue cose come se Lill non avesse detto nulla.

    «Io mi chiamo Lill, ho sedici anni, abito a Farery e ho dodici fratelli. Mi piace ricamare, ballare e raccogliere i frutti nei campi. Adoro gli animali e voglio diventare una strega perché amo la natura e vorrei sfruttare questo dono. Tu?» chiede Lill, guardando il Candidato.

    Lui si schiarisce la gola. «Mi chiamo Ethas e vengo da una cittadina ai margini di Farery. Ho vent’anni e ho due fratelli e una sorella. Mi piace cacciare, tirare con l’arco e leggere. Vorrei diventare uno stregone dell'esercito per poter guadagnare un po’ di soldi per me e la mia famiglia. E perché questo mondo, il mondo della magia, mi intriga». Ethas sorride, scompigliandosi i capelli rossi. Poi si volta verso di me. «E tu?» mi chiede, scrutandomi con i suoi occhi penetranti.

    Sento il volto avvampare e distolgo subito lo sguardo da lui. «Ehm, mi chiamo Alaisa, vengo da un paesino a qualche miglia da Farery e ho sedici anni. Quasi diciassette, a dir la verità. Ho due sorelle piccole, una di otto e una di undici anni, e mi piace molto giocare con loro e cantare. Vorrei diventare una strega perché… ho sempre sognato di diventarlo» dico, abbassando il capo. All’improvviso, queste persone mi mettono a disagio, e mi rendo conto che siamo solo cinque ragazzini nel bel mezzo di un bosco che si inerpica su per una montagna. Che non ci conosciamo affatto e che dovremmo odiarci, perché aspiriamo allo stesso obiettivo, che solo uno di noi potrà raggiungere.

    «Ci sarà un motivo, no?» chiede Ethas, abbassando il capo per guardarmi in volto. Mi rendo conto che si è avvicinato maggiormente e arrossisco nuovamente.

    «Beh, un motivo c’è,» dico, cercando di non risultare stupida. Tiro un respiro profondo, poi inizio a raccontare «circa otto anni fa mio padre si ammalò. Aveva un male curabile, ma i dottori chiedevano troppi soldi per le loro medicine. Cercammo delle streghe curatrici, ma erano troppo lontane, e quando riuscimmo a contattarne una, arrivò dopo una settimana. Lui era già morto. Se io fossi stata una strega sarei stata in grado di salvarlo. Se io fossi una strega non permetterei che un uomo muoia per un male curabile». Mi stringo le ginocchia al petto e guardo di sfuggita Ethas: sembra assorto nel mio racconto. «Non posso più salvare mio padre, ma la voglia di salvare le persone credo che non andrà mai via dal mio cuore».

    Lui rimane un attimo a guardarmi, come anche Lill ed Edeny, a esclusione della ragazza guerriera. Poi Ethas sorride, e io vengo colta da una nuova ondata di calore alle guance.

    «È una motivazione nobile la tua».

    «Sì, ha ragione. Hai determinazione negli occhi, sarai un avversario bello tosto!» interviene Lill e, nonostante il significato delle sue parole, il suo sorriso rende tutto più dolce e piacevole.

    «Edeny, parlaci di te» dice Lill.

    Edeny si fa piccola piccola: di certo non avrebbe voluto essere nuovamente interpellata, ma comincia a parlare con un filo di voce. «Mi chiamo Edeny, ho quindici anni, vengo da molto lontano. Non ho fratelli e i miei genitori sono anziani e malati. Mi piace creare intrugli per curare le ferite e cucinare dolci per i bambini. Vorrei diventare una strega, più che altro perché è il desiderio dei miei genitori». Si stringe nelle spalle, e non sembra avere l’aria di voler parlare ancora.

    Ethas fruga un po’ nella sua bisaccia e prende tra le mani qualcosa. «A proposito di dolci, ho portato la torta di mia madre. È buonissima. Mangiamone un po’, così potremo proseguire ancora nonostante il buio, prima che la stanchezza sia troppa».

    Me ne offre un pezzo e io lo prendo con mani tremanti, sussurrando un grazie. Fa così con Lill ed Edeny, e quando è il momento di dare il dolce alla ragazza guerriera, attira la sua attenzione e le lancia l’involucro con l’ultimo pezzo di torta. La ragazza lo prende al volo.

    «Eccoti, forestiera. Dicci qualcosa di te, non hai ancora parlato».

    Lei lo guarda con diffidenza, poi prende il pezzo di torta e inizia a sbocconcellarlo. «Mi chiamo Sayris. Vengo dalla Terra delle Rocce».

    Lill la guarda a bocca aperta. «Ma è lontanissimo da qui!».

    Non credo che Lill appaia così sconcertata per la lontananza del luogo natale di Sayris quanto, piuttosto, dal fatto che esso si trovi proprio nella regione del Dochala.

    Sayris annuisce. «Già. Ho diciannove anni, i miei genitori sono morti e i miei fratelli non so dove siano. Le ragioni per cui voglio diventare una strega non vi riguardano». Riprende a mangiare. Per lei il discorso è chiuso.

    «Bene, bene, bene» sussurra Lill, guardandomi come per dire ma guarda questa!. Trattengo una risata e finisco il mio dolce.

    Riprendiamo il cammino pochi minuti dopo, con lo stomaco pieno, consapevoli di aver appena iniziato a conoscerci l’un l’altro. L’aria è piacevolmente fresca, e metto il mantello sulle spalle più per non averlo tra le mani che per vero bisogno.

    Ethas ha la torcia in mano, ma sono io a guidare il gruppo. Il Candidato è poco dietro di me, seguito a distanza da Lill ed Edeny, con Sayris per ultima. Aver saputo il suo nome e quelle poche informazioni su di lei non me l’ha di certo fatta piacere di più.

    Ethas mi affianca senza che me ne accorga, e quando inizia a parlare per poco non sussulto. «Che strano gruppetto che siamo» dice.

    Io annuisco, deglutendo faticosamente. «Davvero strano» dico, ma in realtà vorrei solo scappare.

    «L’unica con una buona motivazione sembri essere tu. Ha ragione Lill» sussurra, guardandomi di sottecchi.

    Lo guardo a mia volta. «Che vuoi dire?».

    «Sei un osso duro. Per te, questa è davvero una possibilità importante, non possiamo competere con qualcuno che sogna di diventare una strega da quando era bambina».

    Lo guardo ancora, un po’ sospettosa. Il suo bel viso mi distrae, ma le sue parole mi fanno riflettere. «Vuoi dire che hai già dei dubbi sulla tua motivazione?» gli chiedo, inarcando un sopracciglio.

    Lui sorride, i ciuffi di capelli sul viso che si muovono lievemente a causa del vento. «Forse ti sto solo prendendo un po’ in giro» dice, ridacchiando.

    Sussulto al suono della sua risata, e riprendo a guardare davanti a me.

    Non arriviamo molto lontano che già dobbiamo fermarci per la notte. Faremo la guardia a turno, giusto per essere sicuri che nessun animale pericoloso ci colga impreparati. Anche se in queste terre sembra non vivere nessuno, forse proprio a causa della strega, o per suo volere, chi lo sa.

    Accendiamo un falò, o meglio, Ethas lo accende. Io mi ci tengo alla larga, mi stringo tra le braccia, in piedi alle spalle del Candidato, mentre le altre ragazze siedono attorno al fuoco.

    Non passa però molto tempo prima che Ethas si giri a guardarmi. «Che hai, bella sognatrice?».

    Il commento mi irrita un po’, ma non dico niente.

    «Sembra abbia terrore di qualcosa» aggiunge Sayris, e la sua bocca si curva in uno strano sorriso enigmatico. «Conosco bene lo sguardo della paura».

    Scuoto la testa. «Non è così».

    Ma non finisco di parlare che già Lill mi chiede: «Di cosa hai paura, Alaisa?».

    «Del fuoco» dice Ethas, pensieroso. «È per quello che te ne stai lì, lontana».

    Stringo le labbra, ma annuisco. «Non mi piace particolarmente». Poi, per troncare la conversazione, mi allontano, mettendomi a osservare la distesa di alberi sotto di noi. Il panorama è mozzafiato, ora che ci troviamo vicino a un pendio da cui si vede, dall'alto, la valle e il dirupo che ci divide dalle terre abitate. In lontananza, riesco a scorgere le luci ovattate della città, delle casette e di una costruzione più grande, probabilmente uno dei templi dedicati ai Cinque Dei.

    «Mi dispiace se ho toccato un argomento che ti ha irritato» sento dire a Ethas, qualche minuto dopo. È dietro di me, e non l’ho sentito arrivare.

    Scuoto la testa. «Non importa».

    Il Candidato si guarda le mani, poi segue il mio sguardo, focalizzandosi sul paesaggio sotto di noi. «Sai, mi incuriosisci parecchio. Mi piacerebbe conoscerti meglio, ma credo che non sia nelle aspettative né mie né tue. Come minimo, speriamo che uno di noi due venga preso come allievo dalla strega». Non mi guarda mentre parla e, a dir la verità, sembra quasi in imbarazzo. È la prima volta, da quando siamo partiti, che sembra allontanarsi dalla sua solita sicurezza. Ma come biasimarlo? Lo conosco da non più di quattro, cinque ore. Per non contare che le sue parole sembrerebbero avventate e prive di senso in qualsiasi situazione tranne che in questa. Nonostante stia esprimendo interesse per me in maniera così esplicita, questo comportamento non si distacca troppo dai sentimenti che proviamo: stiamo affrontando una sfida dove le normali regole che vigono sulle persone e sui rapporti non sembrano valere.

    «Come minimo» dico, sperando che abbia ragione e che tra noi due ci sia il prossimo apprendista della strega. «Ma sei molto gentile» gli sorrido, sinceramente. E lui ricambia.

    Torniamo dagli altri.

    Si è fatto tardi, e la stanchezza si fa sentire. Il Dan'an, il grande astro celeste che riflette luce dorata nella notte, ci osserva, silenzioso.

    Ethas è il primo a montare di guardia. Noi ragazze ci sistemiamo alla meno peggio sull’erba, avvolgendoci nei mantelli, e cerchiamo di prender sonno. Mentre le altre si coprono, infreddolite, io sono ancora accaldata per il sangue che mi è fluito alle guance.

    Fuoco e magia

    Quando mi sveglio, manca forse un’ora all’alba. Tutto è tremendamente silenzioso, e le chiome degli alberi sembrerebbero dei dipinti in acquerello per quanto restano immobili, senza che un alito di vento li sfiori. Dando il cambio a Edeny, faccio l’ultimo turno di guardia, che si rivela una noia mortale. È incredibile quanto possano fare la differenza le piccole cose che diamo per scontate, come il cinguettio degli uccelli, il profumo dei fiori e lo scalpicciare di piccoli animali in cerca di cibo. Qui c’è davvero poco su cui focalizzarsi, col risultato che il tempo sembra infinito, e passa in modo placido. Mi sembra quasi di rivivere la stessa manciata di minuti ancora e ancora.

    Quando si svegliano tutti quanti, lieta che l’attesa sia finita, tiro fuori dal mio bagaglio i biscotti fatti da mia madre, offrendoli all’intera compagnia. Dopo vari complimenti alla cuoca, beviamo un po’ d’acqua e ci rimettiamo in marcia.

    Non arriviamo molto lontano, però.

    Il sentiero si fa stretto e ripido: da un lato c’è la roccia della montagna, che sembra costantemente sul punto di franare su di noi; dall’altro, un fitto intrico di rami e arbusti e, poco più in là, un ripido pendio che termina sul nulla. Molto confortante anche senza che si aggiungano complicazioni. Che, ovviamente, non tardano ad arrivare.

    Un rumore improvviso ci aggredisce le orecchie, come uno squarcio di qualcosa di membranoso. Guardiamo in lontananza e vediamo una macchia marrone scendere in picchiata dal cielo. Si avvicina sempre di più, precipitando.

    «Che facciamo?» urla Lill, ma nessuno di noi l’ascolta, tutti siamo troppo impegnati a risalire a ritroso la strada già percorsa e a nasconderci tra gli arbusti, come se potessero darci riparo.

    Sentiamo un boato enorme quando la macchia marrone, qualsiasi cosa essa sia, impatta col terreno, non troppo lontano da dove ci troviamo noi. Si alza un nuvolone di polvere e detriti che ci raggiunge fino ai nostri nascondigli. Poi il silenzio.

    Anzi, no. Percepiamo un rumore ritmico e ovattato, come il respiro di un grande animale.

    «Dobbiamo andare a vedere cos'è stato» propone Lill.

    Sto quasi per dirle: No, non dobbiamo. Ma Ethas aggiunge: «Sì, anche perché è l’unica strada che possiamo percorrere», e così rimango zitta.

    Ci avviciniamo con prudenza, e all’inizio tutto ciò che vediamo è un ammasso indistinguibile color terra, che si alza e si abbassa ritmicamente, con delle protuberanze simili a corna che spuntano qua e là.

    Poi comprendiamo.

    «Un drago!» esclama Lill, un po’ timorosa e un po’ eccitata.

    Non ho mai visto un drago prima d'ora, ma ho sentito molto parlare di loro. Secondo ciò che mi hanno raccontato i miei genitori e mio nonno, quando ero piccola e facevo domande praticamente su tutto quello di cui non si doveva parlare, i draghi sono animali rari e legati alla magia. Mio nonno mi raccontò che, ai suoi tempi, erano stati ridotti a un numero esiguo a causa dei cacciatori, che amavano rivendere la loro pelle e le loro corna, reputati molto pregiati. Mi disse anche che non possono vivere in un luogo qualsiasi: un po’ per la loro grande mole, un po’ perché gli abitanti delle città ne hanno paura. Per non parlare delle zone militari o di quelle nei pressi delle dimore del Principe: i soldati non ci metterebbero più di un secondo a catturarli per farli diventare un’arma.

    Una mia amica di Erad, che dice di aver parlato, una volta, con una strega, mi ha detto che sono difficili da addestrare e cavalcare, per chi non possiede la magia: insomma, sono energia pura e selvaggia potenzialmente distruttiva.

    Ma questo drago, dalla pelle membranosa di un marrone sporco, il muso schiacciato e una sfilza di spuntoni sulla schiena e sulla coda, non sembra essere al massimo delle sue forze. Se ne sta, immobile, accasciato sul sentiero. Anche da qui riesco a vedere come respiri a fatica. È evidentemente che ci sia qualcosa che non va.

    «Non ne avevo mai visto uno! Sarà pericoloso?» chiede Edeny.

    «Direi» dice Sayris, laconica.

    «Sarà lungo almeno tre volte la mia altezza, e non ha l’aria di volersi spostare dal nostro camminamento» dice Ethas, preoccupato.

    Sayris sospira. «Lasciate fare a me». Cammina fino al sentiero, con passo sicuro. Il drago non sembra nemmeno accorgersi che qualcuno gli si sta avvicinando. Non sembra pericoloso.

    Quando vedo che la Candidata mette la mano sull’elsa della spada, tirandola fuori dal fodero, corro verso di lei e le afferro un polso.

    «Cos'hai intenzione di fare?» le dico, adirata.

    «Qualcuno dovrà pure convincere quel bestione a levarsi dalla nostra strada, non credi?». Non mi piace la sua espressione di sufficienza, come se pensasse di aver capito tutto di quello che dobbiamo fare.

    «Non è questo il modo! Sembra ferito» dico, mentre lei si scrolla di dosso la mia mano, guardandomi in maniera truce.

    «Meglio ancora, porrò fine alle sue sofferenze».

    La sua espressione mi fa salire il sangue al cervello. La spingo indietro, cercando di allontanarla dal drago, che ancora ansima di dolore, alle mie spalle. «Cosa vuoi fare, ucciderlo? Rimarrebbe comunque sulla strada e non scomparirebbe per lasciarti passare!».

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