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Ballo sotto le stelle
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E-book238 pagine2 ore

Ballo sotto le stelle

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1817. Quando scopre che Simon Redfern, l'affascinante gentiluomo in cui si è imbattuta per caso nel parco, gestisce un istituto per piccoli bisognosi, Katherine Meredith decide di mettere a frutto la sua spiccata sensibilità nel trattare con i bambini e di aiutarlo. L'assidua frequentazione, gli interessi comuni e un ballo sotto le stelle ben presto fanno nascere in Kate un dolce sentimento. Ma lei ha incautamente promesso di sposare un altro, e ora non sa come risolvere la situazione senza destare un terribile scandalo. Tanto più che non sarebbe la sola a rimetterci.
LinguaItaliano
Data di uscita9 lug 2017
ISBN9788858969809
Ballo sotto le stelle
Autore

Mary Nichols

Nata a Singapore, si è trasferita in Inghilterra giovanissima e prima di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura ha lavorato in ospedale, nella scuola e nell'industria. La ragazza di cristallo è collegato a La contessina ribelle.

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    Anteprima del libro

    Ballo sotto le stelle - Mary Nichols

    1

    Londra, 1817

    Il Dottor Simon Redfern, a passeggio in Hyde Park, si fermò a guardare una giovane donna che giocava ad acchiapparella con quattro bambini dall’aspetto sano e ben vestiti. Si rincorrevano emettendo grida di gioia, e la donna partecipava al gioco con lo stesso entusiasmo infantile. Sembrava troppo giovane per essere la madre dei bambini, perciò il dottore pensò che doveva essere una bambinaia o una governante. Nel qual caso, era diversa da qualsiasi bambinaia lui avesse mai incontrato: per poter correre, infatti, teneva sollevata con una mano la graziosa gonna di mussola, mostrando con disinvoltura una caviglia ben tornita.

    Mentre li osservava, arrivò una carrozza scoperta. I bambini interruppero il gioco e la raggiunsero, poi si arrampicarono a sedere accanto a una dama elegante, evidentemente la loro madre. Dopo che le donne ebbero scambiato due parole, la carrozza ripartì. La governante, sempre che lo fosse, raccolse da terra un pacchetto e si incamminò da sola.

    Kate aveva declinato l’offerta di Elizabeth di un passaggio in carrozza perché doveva recarsi in biblioteca e aveva voglia di fare due passi. Ansimava ancora dopo aver corso con i bambini, e le guance avevano assunto un bel colore rosato che sua nonna non avrebbe apprezzato, ma che la rendevano attraente. Dopo aver infilato nella crocchia le ciocche di capelli castani sfuggite, si sistemò il cappellino. Curiosa di sapere quale fosse il suo aspetto in quel momento, si diresse verso la Serpentine per specchiarsi nell’acqua.

    «Oh, mio Dio.» L’immagine riflessa non era certo quella di una signora: era rossa in viso, con i capelli scarmigliati e il nastro del cappellino schiacciato in quello che avrebbe voluto essere un fiocco. Mentre cercava di sistemarlo, con la coda dell’occhio vide un bambino seduto sulla riva del lago, con le gambette che sfioravano l’acqua. Non poteva avere più di tre o quattro anni, era vestito di stracci e a piedi nudi. Kate si guardò intorno per vedere se ci fosse un genitore o qualcuno con lui, ma non vide nessuno. Toccava a lei intervenire prima che cadesse in acqua. Si avvicinò con circospezione, per non spaventarlo, e lo afferrò da dietro.

    Il piccolo cominciò a divincolarsi urlando, ma Kate non mollò la presa. «Buono, non voglio farti male» cercò di rassicurarlo, ma lui, gridando sempre più forte, tirò i nastri del cappellino che le scese sugli occhi.

    «Lasciatelo a me, ci penso io.» Due mani forti strinsero il bambino, e Kate, spingendo indietro il cappellino, si girò per guardare in viso il gentiluomo che era accorso in suo aiuto. «Se non smetti di urlare, sentirai la mia mano sul fondoschiena» ordinò l’uomo in tono severo al bambino dopo esserselo infilato sotto il braccio. Il piccolo lo guardò e, dopo avere stabilito che parlava sul serio, si zittì.

    Era un uomo sui ventisette anni, decise Kate, poco più alto della media; indossava una redingote marrone e pantaloni di pelle infilati negli stivali dello stesso colore della giacca. Completava l’insieme un fazzoletto da collo legato con un semplice nodo. Non apparteneva di certo all’alta società, stabilì, ma non era nemmeno un figlio di papà. Teneva stretto il piccolo con decisione, come se fosse abituato a trattare con bambini recalcitranti. Poteva essere un insegnante. E bello per di più.

    «Temevo che cadesse in acqua» spiegò Kate guardandosi intorno sia per evitare lo sguardo divertito degli occhi grigi dello sconosciuto sia per accertarsi che nessuno stesse cercando il bambino. «Sembra essere qui da solo.»

    «Lo conoscete?»

    «No. E voi?»

    «No. Sarà bene scoprire chi è.» Depositò il bambino a terra e, tenendolo stretto, si accovacciò accanto a lui per parlargli guardandolo negli occhi. «Allora, monello, vuoi dirci come ti chiami?»

    Il piccolo si strofinò gli occhi, aggiungendo altro sporco al visetto già sudicio. «Joe.»

    «Bene, Joe, vorremmo sapere dove abiti.»

    Senza parlare, il bimbo indicò il cancello del parco.

    «Non è un grande aiuto. Sai tornare a casa?»

    Non ebbe risposta.

    «A giudicare dai vestiti, proviene da un quartiere molto povero» intervenne Kate. «Come sarà arrivato fin qui?»

    «Immagino a piedi.» L’uomo alzò lo sguardo su Kate e decise che l’espressione preoccupata che leggeva sul suo viso delizioso le faceva onore. Non erano molte le giovani donne che si sarebbero preoccupate per un monello di strada arrivando al punto di toccarlo.

    «Non datevi pena, signorina. Penserò io a lui, se avete altri impegni.»

    Kate esitò, domandandosi se si sarebbe potuta fidare di quell’uomo. «Cosa intendete fare?»

    «Cercherò i suoi genitori.»

    «Come?»

    «Questa è una bella domanda. Lo porterò nei quartieri qui intorno, sperando di trovare qualcuno che lo conosca.»

    «Sarà come cercare un ago in un pagliaio.»

    «Già. Avete un’idea migliore?»

    «Purtroppo no.»

    Il dottore guardò il bambino che, con aria beata, si stava succhiando il pollice, in quel momento l’unica parte del suo corpo pulita. «Vuoi andare a casa da mamma e papà, vero piccolino?»

    Joe annuì.

    «Siete sicuro di volervi assumere la responsabilità?» chiese Kate. «Dopotutto sono io che l’ho trovato.»

    Joe le aveva toccato il cuore, e il suo benessere era importante per lei come quello di qualunque bambino, ricco o povero che fosse.

    «Cosa fareste se vi lasciassi sola con lui?»

    «Quello che avete detto, cercherei i suoi genitori.»

    «Come?»

    Kate fece una pausa, non voleva ammettere di non avere una risposta. «Parlerò con lui, cercherò di ottenere la sua fiducia, gli chiederò di portarmi a casa sua. Come avete fatto voi.»

    «Pensate di andare per i quartieri poveri a bussare alle porte?»

    «Lo farei se fosse necessario.»

    «Non ne dubito, ma credo che vi trovereste nei guai. No, è meglio che me ne occupi io.»

    «D’accordo, ma, se non vi dispiace, verrò con voi.»

    «Non mi pare una buona idea, signorina...» Si fermò, aspettando che lei gli dicesse il suo nome.

    «Non sono una signorina, mi chiamo Mrs. Meredith e non sono un fiore delicato, cresciuto in una serra. Perciò potete smetterla di guardarmi con indulgenza.»

    «Vi chiedo scusa, signora. Dottor Simon Redfern, al vostro servizio.»

    «Dunque, Dottor Redfern, vogliamo vedere dove ci porta questo giovanotto?»

    «Penso che ve ne pentirete.»

    «Mi pentirei se lo abbandonassi.»

    «Perché? Ho forse l’aria di uno che maltratta i bambini?»

    Kate lo guardò negli occhi e arrossì al pensiero che lui avesse male interpretato le sue parole. «Scusatemi, il fatto è che mi sento responsabile e non sarò tranquilla finché Joe non sarà a casa sua.» Guardò il bambino, che sembrava confuso più che impaurito. La vita era già stata dura con lui. Lo prese per mano e gli chiese con voce gentile: «Ci fai vedere dove abiti?».

    Simon soffocò una risata. «Lascio fare a voi.» Non poteva abbandonare né lei né il bambino.

    Si incamminò al suo fianco. La donna parlava con vivacità a Joe, che si limitava a risponderle con un dito puntato che non indicava una direzione precisa. Quando gli chiese se la strada era quella giusta, lui annuì.

    «Ho l’impressione che non sappia dove si trova» dichiarò Simon mentre il bambino, una volta usciti dal parco, li conduceva al fiume dove sguazzavano alcuni monelli alla ricerca di rottami da vendere. Quando il dottore chiese loro se conoscevano Joe, scossero il capo. «È lontano, ma possiamo andare a Covent Garden» propose. «Preferite che lo accompagni da solo?»

    «No, sono venuta fin qui, non rinuncerò ora. La sua mamma sarà in grande apprensione.»

    «Sempre che si sia accorta della sua scomparsa.»

    «Siete cinico!»

    «Ho i miei buoni motivi. Voi non avete idea di come vadano le cose da queste parti.»

    Kate rifletté sulle sue parole, poi decise di non ribattere. Quando Joe fu stanco di camminare, Simon se lo caricò sulle spalle, incurante del fatto che gli avrebbe sporcato gli abiti.

    «Se non troveremo i suoi genitori, cosa faremo?» gli chiese.

    «Lo porterò in un istituto per bambini bisognosi.»

    «Parlate del Foundling Hospital?»

    «No, il Foundling ospita i figli di ragazze madri, a patto che siano disposte a cercare un lavoro e a redimersi. Pensavo a Hartingdon Home.»

    «Hartingdon?» domandò sorpresa.

    «Sì. La conoscete?»

    «No, ma ha forse a che fare con il Conte Hartingdon?»

    «Non il conte, ma sua figlia. Lady Eleanor è la principale benefattrice. Perché, la conoscete?»

    «Siamo lontane parenti» dichiarò Kate con un sorriso timido. «Non sapevo che avesse dato il suo nome a un orfanotrofio.»

    «È più di un orfanotrofio. È la sede della Society for the Welfare of Destitute Children. Troviamo anche delle famiglie affidatarie per alcuni casi.»

    «Voi lavorate per l’associazione?»

    «Sì, sono un membro del consiglio. E sono convinto che per un bambino l’affetto di una famiglia sia molto meglio del ricovero in un istituto, anche se a volte non ci sono alternative.»

    «Sono d’accordo con voi, ma quante sono le famiglie disponibili? Ho sentito racconti terribili di madri affidatarie che percuotono i bambini che hanno preso in carico e non li nutrono a sufficienza. E non succede solo a Londra, in campagna la situazione a volte è addirittura peggiore. Non riesco a capire perché quelle donne accettino l’incarico se non amano i bambini.»

    «È un modo per guadagnare qualche soldo» spiegò Simon. «E si può fare mentre ci si prende cura dei propri figli.»

    «Ma è proprio questo il problema. Se devono scegliere tra nutrire i propri figli o quelli affidati, è evidente chi avrà la meglio, non credete? Lo sapete che meno della metà dei bambini affidati sopravvive?»

    «Sì, lo so. E deploro quanto voi l’abitudine di allontanare quelli più piccoli dalle loro case, Mrs. Meredith. I borghesi lo fanno per liberarsi di una presenza inopportuna, ma di solito scelgono una donna che conoscono e di cui si fidano. Poi ci sono le madri indigenti, senza marito o con mariti inaffidabili, che per qualche penny alla settimana accettano di prendersi cura di figli altrui pur non essendone in grado. È questo il vero problema.»

    Era stato proprio l’incontro casuale con una madre affidataria a spingere Simon a occuparsi di quei bambini. La guerra contro Napoleone si era conclusa, e lui stava facendo ritorno a Groove Hall, la proprietà di suo zio, perché non sapeva dove altro andare.

    Aveva deciso di fare una sosta in una locanda sulla strada. Era seduto all’aperto, gustando un boccale di birra al tramonto mentre un garzone si occupava del suo cavallo. A un tratto aveva visto tre bambini, vestiti di stracci, al seguito di una megera dall’aspetto lurido che li aveva legati con una corda e li tirava come se fossero animali. La donna si era fermata nel cortile, aveva legato i bambini al palo dei cavalli ed era entrata nella locanda.

    Vi era restata a lungo mentre i piccoli, che non potevano muoversi, si erano lasciati cadere per terra in attesa che tornasse. Erano pelle e ossa, gli occhi infossati nelle orbite, sulle braccia portavano segni di percosse. Simon si era avvicinato, si era accovacciato per cercare di parlare con loro, ma era stato ricambiato da uno sguardo spento. Era rimasto disgustato. Era entrato nel locale e aveva trovato la donna seduta a un tavolo, davanti a un boccale di birra e a un pasticcio di carne. «Scusate, non dividete il vostro pranzo con i bambini?» le aveva chiesto educatamente.

    La donna aveva risposto in malo modo invitandolo a farsi gli affari suoi. «Se credete che io sia pagata a sufficienza per trattarli a pasticci di carne, vi sbagliate. Avranno la loro zuppa quando saremo a casa.»

    Simon aveva cominciato a discutere con lei, definendola un’indegna rappresentante del genere femminile e altro ancora. Era talmente adirato da non accorgersi che gli altri clienti assistevano alla scena in silenzio, finché uno di loro si era deciso a parlare. «Lasciateci in pace. La colpa è dei bellimbusti come voi, che si divertono senza pensare alle conseguenze delle loro azioni. Quei bambini sono stati abbandonati dalle loro madri, e se Mrs. Cody non si fosse presa cura di loro, sarebbero morti in un fosso.»

    «Non è una buona ragione per trattarli come animali.» Simon non si era fatto intimidire, ma aveva rinunciato a far ragionare gente come quella. Aveva anzi dato alla donna mezza ghinea invitandola a comprare del cibo per i bambini, dopodiché se ne era andato riflettendo sulla triste sorte di quelle creature. Quanti innocenti subivano vessazioni del genere? Non era il caso di controllare le persone a cui venivano affidati, ispezionare le loro abitazioni regolarmente?

    Se non fosse stato profondamente deluso dall’accoglienza ricevuta a Groove Hall, probabilmente avrebbe dimenticato lo spiacevole episodio. La zia, che era meno severa e inflessibile del marito, era stata felice di rivederlo, ma la presenza di Isobel, che era stata la sua fidanzata e poi aveva sposato suo cugino, aveva riportato alla luce antichi rancori. Per quanto amasse quel luogo, Simon non poteva restarvi. Doveva sfogare la sua energia, fare qualcosa di utile per placare il suo spirito irrequieto. E si era ricordato di quei poveri bambini. Non bastava dichiarare che bisognava fare qualcosa, era necessario agire. Così era nata la Society for the Welfare of Destitute Children. I primi bambini che aveva salvato erano stati proprio quei tre incontrati alla locanda, anche se Mrs. Cody gli aveva chiesto una cifra esorbitante per rinunciare al loro affidamento che le permetteva di sopravvivere.

    «Allora mi stupisco che lo accettiate.» La voce di Kate interruppe le sue riflessioni.

    «Quando affidiamo un bambino a qualcuno, siamo molto prudenti» dichiarò con sussiego. «Facciamo un colloquio con le aspiranti madri, visitiamo le loro case.»

    «Capisco. E immagino che quelle cerchino di fare buona impressione. Ma cosa succede appena voi ve ne andate?»

    «Siete cinica. Non dovreste fare di ogni erba un fascio. Ci sono anche persone perbene.»

    «Scusatemi, a volte sono troppo schietta. Comunque il problema non si pone se questo bambino ha dei genitori che lo stanno cercando.»

    «Farò il possibile per trovarli. L’istituto è sovraffollato in questo momento e non c’è posto per Joe.»

    La zona intorno a Covent Garden brulicava di gente. Ambulanti, facchini e contadini con i carri carichi di merce correvano qua e là, come se non avessero un minuto da perdere. Simon si domandò se fosse il caso di continuare la ricerca.

    Si fermarono a ogni bancarella, parlarono con i gruppetti di bambini che si radunavano lì intorno nella speranza di ricevere o di rubare del cibo. Nessuno riconobbe Joe. «E ora cosa facciamo?» chiese Kate.

    «Proviamo laggiù» rispose Simon indicando i gradini di una chiesa.

    Joe emise un grido e cominciò ad agitarsi sulle spalle di Simon. Quando fu a terra, corse verso una donna che, seduta su un carretto, allattava un neonato in mezzo a frutta spiaccicata, foglie di cavolo ed escrementi di cavallo. Alzato lo sguardo dall’infante si rivolse a Joe: «Dove sei stato, piccolo brigante? Te la farò vedere io. Ti avevo detto di non scappare, non è vero?». E accompagnò le sue parole con un ceffone sull’orecchio.

    Kate fu stupita dalla sua giovane età. Sembrava più vecchia, ma non poteva avere più di vent’anni. Quando ebbe finito di rimproverare il figlio, alzò lo sguardo su Simon e Kate e spalancò gli occhi trovandosi davanti una coppia di borghesi. «L’avete riportato voi?»

    «Sì, si era allontanato parecchio» rispose Simon.

    «Allora vi ringrazio.» Dopo una pausa aggiunse: «Mi sembra di avervi già visto».

    «È possibile. Sono il Dottor Redfern.»

    «Ho sentito parlare di voi. So che prendete i bambini e date loro una casa, abiti, cibo e istruzione.»

    «Sì, ma solo a certe condizioni e se i genitori sono d’accordo.»

    «È per questo che siete venuto, per chiedere il mio permesso?»

    «No, pensavo foste preoccupata per lui.»

    «Infatti, ma non posso tener d’occhio lui e lavorare contemporaneamente. Devo occuparmi della bancarella, e poi c’è anche la piccolina.»

    «Volete affidarlo a me?»

    «Sarebbe meglio per lui che scappare di qua e di là.»

    «Vostro marito sarebbe d’accordo?»

    «Potete chiederglielo, se riuscite a trovarlo» affermò la madre di Joe senza scomporsi. «Non vedo Alf da sei mesi e non so proprio dove sbattere la testa.»

    Era proprio la situazione tipo per cui l’associazione era stata creata. Dopo avere chiesto alla donna come si chiamava, Simon le domandò di mostrargli dove abitavano.

    Mrs. Janet Barber li condusse a Seven Dials, un quartiere degradato, e si fermò davanti a una casa popolare con i gradini neri di sporcizia e la porta scardinata. «Siamo arrivati.»

    Kate, che si aspettava che il dottore se ne andasse disgustato, fu sorpresa quando lui fece cenno alla donna di procedere.

    Entrarono in una stanza sudicia, inadatta persino a ospitare degli animali. C’erano una specie di letto, coperto di stracci, un tavolo e due sedie, qualche barattolo e dei tegami su una mensola. Ogni cosa era ricoperta da uno strato di sporcizia, e un lezzo nauseante stagnava tra quelle quattro mura.

    «Lo prenderete, allora?» chiese Mrs. Barber. Kate era rimasta sulla soglia non osando entrare.

    «Se siete sicura della vostra decisione, lo porterò via finché le cose non si saranno aggiustate. Quando potrete occuparvi di lui, Joe tornerà a casa.»

    La donna rise. «Sì, chissà quando questo sarà possibile.»

    Simon le diede mezza corona, che fu molto gradita, poi disse a Joe di salutare la mamma e lo caricò sulle spalle.

    «Detesto separare le famiglie» spiegò a Kate mentre si dirigevano verso Hartingdon Home. «E non lo farei, se ci fosse un’alternativa.»

    «Non si potrebbe dare loro un po’ di denaro e farli restare

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