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La Sete di Sangue
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La Sete di Sangue
E-book352 pagine5 ore

La Sete di Sangue

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Info su questo ebook

Primavera, 1945. La guerra in Europa sta finendo, ma nel quartiere francese di New Orleans le notti afose nascondono un pericolo ancora maggiore per l'umanità.

Contro l'antico e sanguinario male si erge lo scienziato Philippe Dumont, che corre contro il tempo per curare una malattia che assomiglia alla febbre gialla, ma non lo è.

La ricercatrice in erba Daphne Delaney si unisce a Philippe, sperando di prevenire il piano del loro potente nemico. Ma né Daphne né Philippe possono percepire la portata del pericolo che corrono, né la passione che scopriranno l'uno per l'altra.

Dalla New Orleans urbana alle profondità del bayou, Philippe dovrà inseguire il mostro per salvare la donna che ama. Ma il Re dei vampiri non avrà pace finché gli amanti non gli apparterranno... per tutta l'eternità.

LinguaItaliano
Data di uscita20 set 2020
ISBN9781393605300
La Sete di Sangue
Autore

Simone Beaudelaire

In the world of the written word, Simone Beaudelaire strives for technical excellence while advancing a worldview in which the sacred and the sensual blend into stories of people whose relationships are founded in faith but are no less passionate for it. Unapologetically explicit, yet undeniably classy, Beaudelaire’s 20+ novels aim to make readers think, cry, pray... and get a little hot and bothered. In real life, the author’s alter-ego teaches composition at a community college in a small western Kansas town, where she lives with her four children, three cats, and husband – fellow author Edwin Stark. As both romance writer and academic, Beaudelaire devotes herself to promoting the rhetorical value of the romance in hopes of overcoming the stigma associated with literature’s biggest female-centered genre.

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    Anteprima del libro

    La Sete di Sangue - Simone Beaudelaire

    Ringraziamenti

    Voglio ringraziare Julie.

    Con i tuoi tanti ruoli... amica, compagna di critiche, editor e editrice.

    Non avrei potuto farcela senza di te.

    Dedica

    Al mio meraviglioso marito,

    Edwin Stark

    Mi hai insegnato a non temere l’oscurità dentro di me,

    e avevi ragione, come al solito.

    Prologo

    New Orleans, 1903

    La notte stringeva i suoi artigli intorno alla città, soffocando vita e luce a favore del cupo terrore. Nella penetrante oscurità, un gatto urlava, un bambino piangeva. Un uomo, dal volto giovane e maturo al tempo stesso, come se nel fiore degli anni eppure antico, appoggiò il braccio sul davanzale di una finestra. Dietro di lui, i festaioli scacciavano il buio con risate selvagge. Li ignorava tutti, come se i suoi occhi potessero penetrare la fila di lampioni gialli vicino al cortile fino all’invisibile strada che si trovava aldilà.

    So che sei là fuori, ringhiò sotto il suo respiro. So che sei lì. Resta dove sei. Non avvicinarti. Non dobbiamo farlo.

    La notte non fornì alcuna risposta, non che se ne aspettasse una.

    Philippe, sospirò una donna, il suo respiro caldo sull’orecchio di lui mentre le sue dita chiudevano attorno al suo braccio.

    Si voltò verso la padrona di casa. Camille. Il suo cuore martellante rallentò alla vista del volto familiare di lei, i capelli scuri tenuti blandamente da un nodo distratto sulla nuca e il suo abito scarlatto era scandalosamente scollato sul seno generoso. 

    Philippe, amore mio, perché guardi in quel tetro cortile, chiese lei in inglese, delicatamente accentato dal francese, quando tutti i bei fiori della Louisiana sbocciano proprio sopra la tua spalla?

    Philippe lanciò uno sguardo alle prostitute tutte truccate. Sebbene le trovasse adorabili, il loro fascino non riusciva a distrarlo completamente dalla consapevolezza che da qualche parte, al di là della luce delle torce, una creatura gli dava la caccia. Ma non ancora, Signore, implorò silenziosamente. Sono così stanco. Così stanco di tutto questo. Mi dispiace di essere un cattivo ospite, Camille, disse con tutta l'umiltà necessaria.

    Sciocco. Lei agitò una mano, accettando le scuse mentre fingeva di respingerle. Non preoccuparti per me, ma temo che Geneviève avrebbe il cuore spezzato se non le facessi visita. Ha un vestito nuovo che vuole mostrarti. Allungò un braccio nudo dal quale penzolava un semplice brandello di manica, il suo colore scarlatto attirò il suo sguardo verso la pienezza seducente del suo seno pallido.

    Philippe accettò l'offerta, prendendola sottobraccio e permettendole di condurlo nell’affollato salotto. Lì, le signore si sventolano con i ventagli contro l’afa della sera, pizzi neri che svolazzano sui volti con sfumature che andavano da crema a caffè.

    Philippe li adorava tutti. La bellezza di una donna non gli era mai sfuggita, che fosse bianca, nera o una qualche miscela di queste. Esaminò ogni volto, ricordando una serata passata con una, un’ora con un’altra e sentì per ognuno un’ondata di affetto. Poi un fruscio di taffetà attirò la sua attenzione verso le scale. Vestita in bianco ghiaccio, Geneviève scese, sottobraccio con un signore corpulento, un sorriso falso dipinto sulle labbra piene.

    Philippe passò lo sguardo sul bel viso di lei, dai capelli—castani e ricci, viticci che sfuggivano al loro nodo fitto e ornato—alla fronte larga e alta, occhi troppo scuri e naso troppo largo per fornire la prova dell’ascendenza europea da lei rivendicata. I loro occhi si incontrarono e lei arrossì.

    Grazie, mia cara, ansimò il signore corpulento, accarezzandole la mano. Lei si voltò, gli sorrise, poi lasciò cadere il braccio e si allontanò. Catturò di nuovo lo sguardo di Philippe con un’occhiata provocante, di traverso, e si comportò come se volesse sgattaiolare via da lui.

    "No, non lo farai, m'mselle," ringhiò Philippe, afferrandole il braccio.

    Perché, signore! la mano di lei svolazzò intorno al petto. Mi tolga subito le mani di dosso. Lei arricciò il naso.

    Non senza un bacio. Philippe abbandonò il tono pseudo-aggressivo e aggiunse, Mi sei mancata, Gen.

    Lei si immobilizzò, il suo sorriso si affievolì. Poi, lo condusse verso la porta.

    Geneviève, abbaiò Camille.

    Non temete, mia signora, disse Philippe, intercedendo, comprerò tutta la sua serata.

    Un sorriso da mercenario balenò sul volto della signora e salutò la coppia mentre superava la porta verso l’oscurità. 

    Geneviève si lanciò tra le braccia di Philippe. Lui la avvolse. Lei alzò il viso e lui rivendicò le sue labbra carnose con affamata urgenza. Geneviève gli si aggrappò al collo e alla bocca. Lui le portò una mano alla nuca e con l’altra le accarezzò la schiena.

    Sono ancora stupito che tu permetta tutto questo, mormorò.

    Lei gli sorrise contro le labbra. Sei speciale, Philippe.

    Lo dici a tutti? chiese lui, sondando gli occhi di lei. Non discutevano mai del lavoro di lei, ma stanotte lui doveva sapere. 

    Lei aggrottò le sopracciglia, fissandolo come se capisse le sue intenzioni. Poi, voltò lentamente la testa da un lato, poi dall’altro. Questo è speciale, almeno per me. Gli altri... non hanno nulla a che fare con il mio cuore, con i miei sentimenti. Faccio il mio lavoro, niente di più.

    E io? chiese lui, sperava ardentemente.

    Il sorriso di lei si fece malinconico. Hai smesso di essere un lavoro per me molto tempo fa, Philippe. Poi, interruppe il contatto visivo, distogliendo lo sguardo. "Ma inutilmente. Io sono... sono quello che sono. Come potrebbe una putain come me significare qualcosa per uno come te?"

    Uno come me? Lui scoppiò a ridere senza umorismo. "Cosa credi che io sia, Gen? Ricco? Potente? Sono tutte queste cose e hai ragione. Uno come me dovrebbe volere che una vergine innocente si occupi del suo maniero e porti in grembo i suoi enfants."

    Lei deglutì con forza. Il movimento della sua gola rivelò la sua pena.

    Philippe le mise un dito sotto il mento e le sollevò il viso. "Ma, minette, io non sono come quegli uomini. Quello che ho visto... quello che ho sopportato..." lasciò che un minuscolo brandello di vergogna e rabbia si rivelasse nella sua espressione.

    Lei spalancò gli occhi. Lui aspettò che lei si allontanasse, ma invece, lei gli passò le dita tra i capelli. Incoraggiato, continuò. "Cosa devo farci con giovinezza e innocenza? Spaventerei a morte una giovane fanciulla. Solo una che ha camminato attraverso il fuoco può essere mia pari. Quindi, per rispondere alla tua domanda, minette; per un uomo come me, potresti sembrare buona solo per una sera, ma per quanto mi riguarda... le accarezzò una guancia. Significhi speranza e non speravo da tanto tempo."

    Geneviève posò la fronte contro le sue labbra, strofinandosi come il gattino a cui lui aveva dato il nome di lei. Cosa stai dicendo, Philippe?

    Sto dicendo, iniziò lui, accarezzandole dolcemente la pelle di seta. che vorrei portarti via da questa vita. Preferirei che tu rimanessi con me. Sei disposta a farlo?

    Come tua amante? Di nuovo, il suo sguardo si allontanò da quello di lui, ma non prima che lui vedesse i pensieri conflittuali che lei cercava di nascondere.

    Forse si potrebbe dire così, disse, "ma ricorda, il futuro contiene molti misteri, e il mondo è grande. Devo essere onesto con te, minette. Stare con me non sarà facile per te. Non sono quello che pensi, e sono costantemente in pericolo. Se sei d’accordo, condividerai questo rischio. Dobbiamo essere sempre in fuga, non rimanere mai a lungo in nessun posto, non creare mai rapporti perché potrebbero tradirci. Scambieresti l’ombra di una vita per un’altra. Non posso offrirti di più."

    Geneviève si prese un labbro tra i denti. Mi dai molto a cui pensare, ammise. Mi piace l’idea di avere un solo uomo, un uomo che mi dice cose così gentili e premurose, invece di una banda di clienti che mi accarezzano la testa come un buon cane. Passò una mano lungo la schiena di Philippe. Lui tremò mentre le dita di lei gli stimolavano la pelle. Che tipo di guai tiene in fuga un uomo ricco e potente?

    Lei alzò gli occhi verso di lui, e lui si chiese cosa vedesse nel suo viso – nei suoi occhi troppo neri che avrebbero dovuto essere blu, dato il pallore della sua pelle. Riesci a vedere cosa sono? Riesci a capire, minette? Come posso aspettarmi che tu lo capisca? Metà leggenda, metà mostro, non dovrei esistere, eppure combatto non solo per sopravvivere, ma per vivere, vivere davvero.

    Il suo cuore soffriva anche se pieno di speranza, perché sapeva che alla fine l’avrebbe persa. Anche se creiamo un futuro perfetto insieme, un giorno finirà. Mettendo da parte la solitudine adesso, si sarebbe assicurato il dolore più avanti. Eppure, il profumo pesante del gelsomino e della magnolia che veniva dai capelli di lei, la morbidezza infantile della sua pelle fulva, la speranza luminosa nei suoi occhi scuri lo attiravano in un luogo che sembrava pericoloso come... l’amore.

    "Vorrei poterti offrire di più, minette. Vorrei poterti comprare una piantagione con una bella casa e servitori a soddisfare ogni tuo desiderio. Vorrei renderti la bella di ogni ballo. Non può essere. Posso offrirti solo ombre e pericoli... e ogni angolo del mio cuore malconcio. Lo accetterai, Geneviève?"

    Si sfiorò la bocca con le dita. Dici sul serio, Philippe? sospirò lei, esalando un profumo di menta piperita e di spezie esotiche.

    Lui si chinò e le toccò la fronte con le labbra. Sì. La parola portava il peso di un voto, un voto che non avrebbe mai potuto fare, ma che tuttavia stava facendo.

    Lei incontrò i suoi occhi con una solida certezza. Lo accetto.

    La gioia gonfiò il cuore di Philippe alla sua semplice dichiarazione. Allora venite, mia signora. La vostra casa vi aspetta.

    Oh! lei sbatté le palpebre. Ma cosa faremo con Madame Camille? Si arrabbierà se sparisco. Dice sempre che non posso andarmene, che nessuno di noi può, perché le dobbiamo dei soldi. Abbassò lo sguardo, arrossendo. Siccome io sono... mista, le devo più degli altri.

    Pensava che non lo sapessi? Amore mio, non credo che una persona possa possedere un’altra persona, e non molto tempo fa questa nazione ha combattuto una guerra per dimostrarlo. Ora, tutte le persone sono libere, salvo quando un cuore permette a un altro di possederlo. Se ti preoccupa, posso pagarla... non per comprarti, ma per liberarti da ogni pretesa che potrebbe avere.

    Geneviève fissava gli stivali di lui quando fece un breve cenno. Quanto deve essere umiliante pensare che la tua stessa esistenza sia reclamata come posseduta da qualcuno. Il suo sangue la rende solo speciale.

    Dire tali pensieri ad alta voce, anche in privato, avrebbe portato guai, e così lui si mise all’opera per dimostrarle quanto ci tenesse, sollevandole il mento e rivendicando le sue labbra in un bacio di dolorosa tenerezza. Lo colpì quanto fosse sembrata sacra la loro conversazione, come se il loro rapporto, anatema per la società e non sancito dalla Chiesa, portasse il peso della benedizione di un sacerdote. Vieni, amore. Domani regolerò i conti con Camille. Stasera festeggiamo.

    L’espressione di Geneviève mutò in gioia radiosa, così la sua carnagione abbronzata brillò come topazio sotto i lampioni tremolanti.

    All’improvviso, sentendosi esposto, Philippe si allontanò in parte dal volto della sua amata e la condusse attraverso il cancello fino alla strada.

    Qui, l’oscurità divenne palpabile e minacciosa – non il vago senso di presagio che aveva provato all’interno del bordello, ma un pericolo più viscerale che gli fece venire voglia di correre verso il fiume e di allontanarsi sulla prima barca... o di noleggiarne una.

    Sembrava che la tensione di Philippe si trasmettesse a Geneviève. Lei gli si avvicinò, avvolgendosi il mantello intorno al vestito troppo scollato, come per nascondersi. Sembrava che lei lo strattonasse, esortandolo ad affrettarsi, ma senza capire chiaramente dove fossero diretti.

    "Dai, minette, la esortò, cercando di alleggerire la tensione con una battuta, non c’è bisogno di affrettarsi così. Abbiamo una lunga notte per il tuo piacere."

    Lei rise, la sua solita risatina che ricordava le campane, anche se lui percepiva che non era del tutto vera. Oh, e dovrei comportarmi come una sposa che arrossisce? scherzò lei. Dovrei nascondermi sotto le lenzuola nella mia camicia da notte più coprente? 

    No, mia signora. Il calore è troppo forte. Ti scioglieresti e io rimarrei a devastare una pozzanghera. La trascinò in un angolo buio. In lontananza, il morbido sciabordio dell’acqua sulla pietra lasciò il posto al lugubre grido del Natchez che dondolava nei suoi ormeggi. Qualcosa di piccolo si abbatteva su di loro, appena visibile al chiaro di luna. Geneviève si scansò con uno squittivo mentre ali coriacee svolazzarono sopra la sua testa. 

    Stasera qualcosa non va, Philippe, commentò, la sua spavalderia vacillava su ogni parola.

    È così, convenne lui. Temo che il pericolo che mi perseguita si stia avvicinando. Portano sempre un tale senso di terrore. Non potremo trattenerci a lungo in città.

    Ce ne andremo presto, allora? chiese lei, un po’ senza fiato. Non sono mai stata fuori da New Orleans. 

    Come prima cosa domattina, replicò lui brevemente. Temo che Madame Camille dovrà sopravvivere senza pagamento. Ha guadagnato una fortuna con il tuo svilimento. Ne ha avuto abbastanza.

    Suppongo di sì, concordò Geneviève, ma, oh, Philippe, ho paura. Paura di Camille, della notte, anche del buio, e io sono una creatura delle tenebre.

    Lui rise, una risata bassa e senza umorismo. "Minette, tu sei pura luce del sole, e non hai nulla in comune con le vere creature delle tenebre. Io lo so."

    Lei si fermò in un fascio di luce lunare argentea. Philippe, sei in grado di muoverti di giorno?

    Lui si immobilizzò, bloccato dal suo movimento improvviso e dalle sue parole inaspettate. Come fai a sapere queste cose? domandò lui con durezza.

    Mia nonna, rispose Geneviève, incontrando gli occhi di lui senza timore. "I suoi antenati venivano dal Senegal, ma prima di allora, chi lo sa? Non ha mai dichiarato la sua origine, non so se la conoscesse, ma da qualche parte in quella terra lontana, parlavano di creature, né vive né morte, che sono sorte dalla terra per nutrirsi dei vivi e trasformarli a loro volta in ombre. Sei una creatura del genere, Philippe? Sei quello che mio padre francese chiamava... vampyr?"

    Sei molto più intelligente di quanto credi, mormorò lui, e poi scosse la testa. "No, minette, non sono un vampiro, ma hai davvero dato un nome al mio nemico."

    Geneviève sussultò, sbiancando quando si rese conto di cosa avrebbe affrontato – a cosa avesse acconsentito.

    Vuoi tornare al bordello? le domandò. Lì sei molto più al sicuro. In effetti, è stato egoista da parte mia portarti via. Forse, col tempo, potresti comprare la tua libertà. Ti porto a casa, Geneviève?

    Lei rifletté per un lungo silenzioso momento. "A casa, Philippe? Pensi davvero che quel posto sia la mia casa? No, mon amour. La mia unica casa... sei tu."

    Una struggente miscela di amore e senso di colpa turbinò dentro Philippe. "Finché ci sarà fiato nel mio corpo, minette, finché vivrò, darò la mia vita per proteggere la tua."

    Lei annuì, accettando la debole protezione che lui poteva dare. Prego che non tu sappia mai quanto debole sia veramente.

    Ancora una volta, il pipistrello lanciò sulla coppia, puntando un banchetto notturno di insetti e Geneviève si scansò. Finalmente ripresosi, Philippe fece avanzare la sua amante, affrettandosi per le strade buie fino alla porta della sua casa di città, un edificio in mattoni bordeaux scuro con una ringhiera in ferro battuto, intorno alla quale si attorcigliava l’edera. Girare rapidamente la chiave nella serratura non gli impedì di sentire un brivido di tensione sul collo. Tirò a sé Geneviève. Finalmente, la porta si aprì verso l’interno e loro entrarono, sbattendosela alle spalle per tenere le cose oscure nella notte. 

    Philippe sospirò di sollievo e avvicinò un fiammifero allo stoppino di una lampada ad olio su un tavolo vicino alla porta. Il minuscolo raggio di luce fece arretrare l’oscurità dalla stanza, facendola rintanare negli angoli e sotto tavoli e divani. 

    Doveva essere così diverso, si lamentò Philippe. "Avevo organizzato una serata così romantica per te, minette."

    Lei sorrise, labbra piene che si curvavano in un’espressione di vera felicità. "Non preoccuparti, mon amour. Ora siamo al sicuro."

    Lui afferrò la lampada con una mano, la sua signora con l’altra e la condusse in salotto. Vorrei che questa fosse la tua casa per sempre.

    Lei scrollò le spalle. Mi piace l’idea di andare in un posto nuovo, in un posto dove molto probabilmente non incontrerò ex clienti a cena e non dovrò guardare le loro mogli negli occhi.

    Capisco il tuo punto di vista. Lui abbassò il mento in un cenno di comprensione. Ebbene, mia cara, vogliamo ritirarci dal momento che abbiamo navigato con successo per le strade? Sento che dovremmo festeggiare. Poi, abbandonando la sua provocante formalità, aggiunse, "Sei in grado di godertela, minette, o il tuo lavoro ti ha lasciato stanca... o impaurita?"

    Lei si morse un labbro. "Non ne sono certa. Di solito, non faccio molta attenzione, tu vois? Cerco di scollegarmi, di pensare ad altre cose. Forse dovremmo... esercitarci?" La speranza negli occhi di lei fece risorgere la sua.

    Le parole sembravano superflue, quindi lui si diresse semplicemente verso le scale, conducendola al secondo piano, dove la sua camera da letto li aspettava. Aveva arredato la spaziosa stanza con un letto, con una rete che aveva un duplice scopo ornamentale e di protezione dalle zanzare, un grande scrittoio, un armadio e una sedia. Di tavoli, lampade e altri fronzoli, non ce n’erano. Forse Gen potrà aiutarmi a trasformare la mia dimora in una casa. Lo spero proprio.

    La vena della gola di lei pulsava in maniera visibile, attirando lo sguardo di lui, nonostante la luce fioca fornita solo da un sorridente frammento di luna che sbirciava attraverso la finestra. È nervosa, si rese conto lui. Mi chiedo se sia perché ha paura del suo datore di lavoro... o perché teme che io continui a trattarla come una puttana. Il pensiero lo infastidiva, nel profondo. Aveva fatto pace con la professione di lei da tempo, ma improvvisamente si rese conto che non aveva ordinato alla sua volontà di non trattarla in quel modo. Io ero suo cliente. Come si passa da cliente ad amante? Sebbene tenesse molto a Geneviève, si rese conto che il suo passato - il loro passato comune - poteva interferire con il loro futuro.

    "Minette, vuoi farlo davvero?", chiese con dolcezza.

    Lei aggrottò le sopracciglia scure e lo guardò, arricciando le labbra di lato con espressione interrogativa.

    Voglio dire, chiarì, vuoi ‘esercitarti’, come dici tu, stasera? Possiamo aspettare, lasciar sbiadire i ricordi per un po’, se preferisci.

    L’espressione interrogativa sfumò in uno sguardo di sorprendente tenerezza. Philippe, capisco cosa significhi essere la tua amante. Non sono riluttante. Le sue dita cominciarono a muoversi sui bottoni sul retro del vestito.

    Le posò una mano sulle sue, fermando il movimento, sicuro più che mai che questo sarebbe stato un passo falso. "No, minette, non in questo modo. Faremmo meglio a stare insieme un’altra volta, quando sarai pronta e desiderosa come me. Non posso più sopportare di essere un cliente per te. Non ti chiedo di scambiarne molti per uno solo."

    Le accarezzò la mano con il pollice e avanzò un suggerimento che gli fece male, anche se sapeva che era giusto. Se non puoi accettare questo tra noi, allora ti farò un’offerta diversa. Viaggiamo insieme, lontano da questo posto, come abbiamo detto. Viaggeremo, e quando troveremo un posto che pensi ti piacerebbe, resterai lì. Ti fornirò i mezzi per prenderti cura di te stessa.

    Geneviève spalancò gli occhi. Faresti una cosa del genere per me? Poi il sospetto investì la sua espressione. Perché?

    Lui allungò una mano e le accarezzò una guancia. Ti amo, disse semplicemente. Voglio che tu sia felice. Certo, preferirei essere io a procurarti quella felicità, ma se non riesci ad accettarla da me, puoi ancora vivere una vita significativa, lontano da tutto questo. Questo sarebbe sufficiente. Il suo cuore si contorceva mentre pronunciava le parole, ma non le ritirò in alcun modo. La sua felicità è tutto ciò che conta.

    Geneviève lo fissò. I suoi occhi diventarono brillanti come stelle, e una lacrima di cristallo le scese sulla guancia. Le sue dita si posarono sul davanti della sua camicia bianca e poi scivolarono verso l’alto, fino ad accarezzare il pallore della sua guancia. Lui aspettò, non capendo cosa significasse il suo gesto, e lei lo tirò in avanti, rivendicando le sue labbra in un bacio che lo scioccò per la sua innocente dolcezza.

    Gen? borbottò contro le labbra di lei. 

    Io... lei fece una pausa prima di riportare le labbra su quelle di lui. Ti amo. Non credevo fosse possibile, ma capisco che ne sono capace dopotutto e... Il discorso appassionato di Geneviève si interruppe bruscamente quando Philippe prese il comando del bacio, rendendolo sensuale con un colpo di lingua. Mmm, mormorò lei.

    Dolce ragazza. Le labbra di lui scivolarono lungo il mento e la gola di lei. Lei inclinò la testa all’indietro, confidando che lui baciasse quella vena che lo tentava. Trascinò la lingua sopra l’arteria. Il suo profumo, caldo e vivo, stuzzicava la bestia feroce che viveva dentro di lui, ma la fiducia di lei, soprattutto alla luce di tutte le sofferenze che gli ultimi anni della sua vita le avevano portato, la respingeva. Le strinse la bocca sopra la gola, non per mordere, ma per succhiare, rivendicandola come sua con un marchio di passione.

    La schiena di Geneviève si inarcò, spingendo i seni pieni contro il suo petto.

    Philippe le liberò la gola prima che la tentazione potesse travolgere la sua nobiltà. Fissò l’oscura bellezza della sua donna. La mia donna. Quanto tempo è passato dall’ultima volta che ho avuto qualcuno che mi amasse?

    Rabbrividì per gli oscuri ricordi che quel pensiero gli provocava. Quello non era stato amore. Questo lo è. Geneviève, mia cara gattina, che riposa avidamente contro il mio cuore. Forse è egoista reclamarla. Forse dovrei portarla in un posto sicuro e andare avanti, ma come posso?

    Gli occhi scuri di lei brillavano al chiaro di luna. Le sue labbra brillavano umide, piene e tentatrici. Lui abbassò la testa, assaporando quell’inebriante morbidezza. Può essere sbagliato amare qualcuno? Qualcuno che ha tanto bisogno di amore quanto me? Io so cosa significa essere usati, e usare gli altri. Prego che possiamo superare tutto questo e forgiare qualcosa di reale.

    Nel suo bacio, lui riusciva ad assaporare il desiderio crescente di lei. Gli diede speranza. Gen, mormorò dolcemente contro le sue labbra, sei mai stata amata da un uomo prima d’ora?

    Lei lo guardò in modo strano, stringendo gli occhi.

    "Intendo amata, amato davvero, minette, non per lavoro."

    Da molto, molto tempo, ammette, guardando verso l’alto attraverso ciglia spesse e seducenti. Anche allora, non ne sono sicura. Potrebbe essere stato amore... o potrebbe essere stata una giovane ragazza ingenua che ha ceduto a un seduttore casuale. Chi lo sa. In quel momento, sembrava reale. Da allora, c’è stato solo lavoro... anche se ormai da un bel po’ di tempo tu hai eliminato i confini.

    Il senso di colpa gli trafisse il cuore. Puoi perdonarmi per averti usato in questo modo? Lo sapevo, eppure...

    Eppure, fino a pochi istanti fa, ero una donna di una certa professione. Come potevi vedermi come qualcosa di diverso da un corpo da usare? Era il mio lavoro.

    So cosa vuol dire essere un oggetto da possedere, ammise Philippe, arrossendo. Geneviève spalancò gli occhi. So cosa significa non possedere il mio corpo. Mi dispiace di averlo fatto a te. Mi perdoni, amore mio? E ti prego, non dire che va tutto bene. Non va bene.

    Lei annuì. Ti perdono, disse, assumendo il tono serio che lui aveva sperato. Vieni ora, mio caro. Sdraiamoci, va bene? Ricominciamo da capo?

    Alle sue parole, Philippe sentì un amore innocente fresco e appena nato e un tenero affetto. I legami oscuri dell’abuso cadevano ad ogni passo mentre si avvicinavano al letto, spostarono il lussureggiante broccato blu che ricopriva il letto, e rivelarono le lenzuola immacolate. Geneviève si morse il labbro, l’immagine di una giovane sposa nervosa, nonostante l’abito scandaloso che indossava. La sua espressione si fece indifesa e lui vide l’eccitazione nervosa che le brillava negli occhi. Ricominciamo, concordò Philippe. Insieme, amore mio, possiamo rendere tutto nuovo. Lasciare il passato con i morti nel cimitero e fare una nuova vita, solo per noi.

    Le labbra di lei si incurvarono in un sorriso sensuale che lo riscaldò fino in fondo alla sua anima congelata. Lei interruppe il contatto visivo e un colore sospetto le colorò le guance, mentre le sue dita tornavano nuovamente verso le chiusure dell’abito. Questa volta, lui glielo permise. La aiutò, lavorarono insieme per liberarla dai nastrini e dai bottoni finché il tessuto cadde in una pozza accartocciata ai suoi piedi. Sotto, indossava le scarpe, di raso bianco con piccoli fiocchetti, e nient’altro. La sua pelle brillava come l’ambra nella luce tremolante della lampada.

    Anche se lui l’aveva già portata a letto tante volte, stasera sembrava un’estranea; le curve del suo corpo non gli erano familiari agli occhi. Con dita gentili le accarezzò la pienezza del seno, la morbida curva della vita, l’esile rotondità della coscia.

    Lei rimase in piedi, immobile ma tremante davanti a lui, accettando il suo tocco. Le sue narici si allargavano mentre inspirava con agitazione. 

    Lui ammirò la sua bellezza femminile mentre si toglieva i vestiti. Camicia, pantaloni e indumenti intimi si unirono al mucchio sul pavimento. Nella sua lunga vita, Philippe era andato a letto con centinaia di donne, ma non ricordava di essersi mai sentito così vulnerabile. Quella vulnerabilità si rifletteva negli occhi della sua amata. Lei allungò una mano timida e gli accarezzò i muscoli del petto. Le catturò le dita, intrappolandole contro il suo cuore in modo che lei potesse sentirne il battito.

    Philippe attirò a sé Geneviève, allineando i loro corpi. Le fece scorrere una mano lungo la schiena e le strinse il sedere. Lei lo abbracciò di nuovo, attirandolo verso il basso per un bacio. Philippe si meravigliò di come, anche se il suo corpo bruciava di prontezza, il suo cuore non poteva che soffermarsi sulla purezza del loro amore inaspettato. Lei cambiò posizione. I capezzoli duri dei suoi seni strusciarono contro i peli ruvidi del petto di lui. La sua erezione le accarezzò la morbidezza vicino all’ombelico.

    Philippe lasciò che le sue mani vagassero sul

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