Vale solo l'amore
Di Jole Lorenti
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Anteprima del libro
Vale solo l'amore - Jole Lorenti
Nicolò.
PREFAZIONE
Ho pensato molto a come riempire lo spazio che Jole mi ha donato un po’ di tempo fa, questo spazio bianco che non è altro che un piccolo sipario di questa storia. Ci ho pensato molto perché quando qualcuno mi dona qualcosa di suo, e parlo di emozioni, di qualsiasi forma, ho sempre una gran paura di non rendere abbastanza giustizia alla questione. Ma, alla fine, eccomi qui.
Il libro di Jole è un esordio importante, un esordio in cui non sai assolutamente come andrà a finire, e hai quasi paura di iniziare. Sono così, gli esordi importanti.
Se poi parliamo di un libro in cui la persona che scrive ci mette tutta sé stessa, ogni cosa è amplificata a mille.
E quando dico di metterci tutta sé stessa
non parlo solo dell’impegno, che non è mai in discussione, ma parlo proprio di tutta sé stessa. Non conosco Jole come persona, ma credo di aver imparato, negli anni, a riconoscere la differenza tra una storia realistica e una storia vera.
Per scrivere una storia realistica puoi essere anche semplicemente molto bravo dal punto di vista esecutivo, puoi essere anche totalmente l’opposto di ciò che scriverai, puoi non provare più emozioni da un sacco di tempo e non sapere più nemmeno come recuperarle (anche se quest’ultima cosa, a mio avviso, di solito si capisce sempre). Ma per scrivere una storia vera, devi amare forte.
Devi amare in un modo che quasi non ti bastano le pagine, che non ti basta l’aria, per scrivere una storia vera devi fare anche la parte più difficile: metterti a nudo esattamente come sei. Con tutti i tuoi difetti, tutte le tue paure, alcuni atteggiamenti infantili, a tratti antipatici, con tutte le domande apparentemente stupide che però almeno una volta nella vita tutti ci siamo posti. Ci vuole coraggio, per fare questa cosa qui. Ci vuole coraggio a non voler creare per forza dei personaggi perfetti, inattaccabili, quei personaggi che poi alle persone fanno dire esistono solo nei film e nei libri
.
E Jole ha questo coraggio.
Fluida, sincera, un treno di ricordi e odori, un flusso continuo che rallenta e accelera secondo il volere dell’autrice. Potenziale erede di Giulia Carcasi, e questa cosa qui mi permetto di dirla con tutta l’umiltà che può avere un mio parere.
Le conclusioni dei capitoli sono sempre un pugno allo stomaco, sembra avere la stessa capacità nei finali di quella che ha Coez nei ritornelli. Spero di aver reso l’idea.
E ci sono anche carezze, tra le pagine, ci sono i baci, ci sono le cose che uno non riesce sempre a dire, e neanche Jole forse le riusciva a dire.
Meno male che è arrivato questo libro, allora.
Perché, secondo me, Jole non vedeva l’ora di dirle.
Tommaso Fusari
PUNTO ZERO RISCOPRITI FARFALLA E VOLA da Giulia a Giulia
Ti hanno insegnato che magia e bellezza si alternano i giorni con rabbia e tristezza e ti sei arresa all’idea di una te disillusa che sogna sì, ma non troppo.
Io ti dico, invece, di volare alto, che a stare con i piedi per terra si creano radici, è vero, ma si costruiscono ali di piombo sulla schiena.
Ti hanno detto che valevi, un attimo dopo che ti sei pensata sola e non un momento prima, quando cercavi un sorriso silenzioso che sapesse cullarti le paure.
E invece io ti dico di abbracciarti e afferrarti a due mani, prendere in braccio i tuoi incubi e averne cura come se fossero tuoi figli, fratelli, amanti, perché solo così non ti mangeranno più.
Sei fiore, non farti spaventare dalla pioggia.
L’acqua sa passare e sa far crescere.
Aggrappati a quello che senti quando nessuno ti guarda, quando una melodia ti muove le viscere e ti rimette insieme il cuore.
Sogna sempre e sogna in grande.
Ricordati di guardare lontano tenendo alle spalle la strada di casa, saprai ritrovarla.
Lei sarà lì per te.
SALVARE L’INSALVABILE
«Di un amore finito ti mancano
anche i momenti brutti,
anche l’infelicità.»
Ivan Cotroneo
Ti fanno parlare di quello che non conosci perché è più semplice gestire il caos che puoi creare.
Ho sempre fatto giri immensi parlando di quello che non conoscevo, perché avevo paura di mostrare quello che avevo dentro. Adesso parlerò di una delle cose che conosco meglio.
Le separazioni ti lacerano lo stomaco e non è una sensazione che si placa nei giorni di pioggia, si acuisce e basta. Quando sei piccola e inerme, il mondo ti passa accanto senza che tu possa davvero fermarlo e prendere le tue decisioni. Quando cresci ti accorgi che qualcuno ha scelto già mille volte al posto tuo e non sempre ha fatto ciò che credevi fosse più giusto per te. Col senno di poi, molte sono le occasioni che avrei voluto afferrare a sette anni per rincollare i pezzi della mia famiglia. E anche a nove, per non lasciarla andare in frantumi totalmente, per cambiare il corso degli eventi.
Il divorzio ti colpisce come un boomerang perché sviluppa pienamente i suoi effetti collaterali nel momento in cui smetti di cercare una risposta a ciò che è stato e ti arrendi nella ricerca dell’idea di ciò che avrebbe invece potuto essere.
Del periodo in cui i miei genitori si sono lasciati ricordo soltanto che la mia risposta era un secco e deciso: no
.
No, non volevo cambiare casa. No, non volevo lasciare la mia città.
No, non volevo smettere di avere mamma e papà sotto lo stesso tetto, non volevo abbandonare i nostri pranzi della domenica.
Io volevo continuare a rimanere sotto le lenzuola il sabato mattina tra le forme dei miei giganti.
Volevo guardarli e trovarci amore. Pensavo che mettendo da parte il mio, loro avrebbero scelto di salvaguardare ciò che li teneva uniti.
Ci mettevo amore nel tenerli entrambi per mano. Ci mettevo amore nel baciarli la mattina durante la colazione.
Mettevo altrettanto amore nel guardarli litigare e ogni parola era un passo avanti, sì, ma verso una distanza difficile da colmare. Non si recuperano i silenzi di un giorno, figurarsi quello che si è taciuto per anni.
Alla gentilezza che è sempre stata omessa, io, alla fine, ho risposto con la rabbia cercando le parole giuste per dosare il dolore davanti a chi non capiva.
Inutile dire che poi io sia rimasta in silenzio a cercarmi negli angoli.
Un po’ mi sono ritrovata.
Un po’ no.
INCONTRARSI…
«C’è un incontro fissato,
ancora senza ora e senza data
per trovarci.
Io sarò lì, puntuale, non so tu.»
Julio Cortàzar
Era novembre e stavo correndo in Piazza Maggiore, il rumore della pioggia battente aveva lasciato spazio al silenzio sotto i portici. Eravamo tutti troppo impegnati sui nostri cellulari. Dicono che ci rubino il futuro, ma voltandomi notai un ragazzino lasciare attaccata su di un muro una poesia. Le gocce d’acqua l’avevano già un po’ sciupata, ma non abbastanza da farle perdere bellezza:
«Spesso vado via
ma molto più spesso
sogno di essere rincorsa.
Ma io lo so
che amare
non è una gara,
non si gioca a guardia e ladri.
E poi
Diciamocelo
mi viene il fiatone troppo presto.»
Allora dell’amore conoscevo solo la parte stropicciata dalle ferite altrui. Avevo amato solo una volta, per un tempo che mi era sembrato essere nulla e ora invece, guardando indietro, mi rendo conto di quanto quella infinita distesa di momenti mi aveva spinta a essere ciò che ero.
La prima volta che t’innamori sembra tutto facile e veloce, è come riscoprire il sole: ti svegli un mattino, sono le cinque, magari non hai proprio dormito, e ti ritrovi con un’alba pronta a urlarti in faccia che è giunta l’ora di non nascondersi più.
Quando decisi di non rifiutare tutte le mie emozioni trovai due mani già impegnate a sostenere di un altro cuore, ma non me ne fregava nulla se non il poter sentire un fuoco che scendendo dritto giù per la gola si propagava veloce nella pancia e nelle vene, avvolgendo ogni mia parola appena sussurrata, ogni parola che non avevo avuto il coraggio di urlare ad alta voce.
Tutto il mio amore ce l’avevano due occhi nemmeno troppo vicini che, però, sapevano scrutarmi benissimo. Due braccia che mi sembrava di aver abbracciato troppo poco.
Dei millenovantacinque giorni passati ad amare certe labbra sottili e certe spalle che sono diventate grandi col tempo, ho sempre preferito ricordare la luce, senza soffermarmi troppo sull’ombra arrivata dopo.
Ho ingoiato tutte le parole che mi hanno detto e anche quelle che non ho osato dire io. È stato come graffiarsi la gola di spine, ma qualche volta deve andare bene così, devi chiudere gli occhi e aspettare che passi per poi riprenderti in braccio e tornare alla normalità. Non importa quanto tu sia spezzata.
Smettere di parlare di certe persone non vuol dire dimenticarle. Nemmeno evitare di incrociarle per strada cancella il fatto che di lacrime da sprecare, se solo ci si lasciasse andare, ce ne sarebbero ancora parecchie.
La prima volta che mi sono innamorata, quando è finita, volevo solo urlare che ci s’inventa grandi cose pur di rimanere a galla ed è una tecnica che ho sperimentato spesso. Non dire