Che bella questa brutta giornata
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A tutti capita di passare momenti difficili e non sempre possiamo fare qualcosa per cambiare gli eventi, ma c’è qualcosa che possiamo fare per viverli diversamente e per trasformarne il ricordo.
La psicologa Cardinaletti ci racconta episodi di vita vissuta in cui è riuscita ad attuare questa trasformazione. Fedele al suo stile, non si perde in teorie e dissertazioni, ma si mette in gioco in prima persona raccontando qualcosa di sé che può essere uno spunto e un aiuto per gli altri.
E poi arriva il bello… ma devi saperlo vedere!
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Anteprima del libro
Che bella questa brutta giornata - Ginevra Roberta Cardinaletti
DAL BARATRO AL BAGLIORE
* * *
Un giorno stavo sbrigando delle pratiche burocratiche e un’impiegata mi chiese che lavoro facessi, io le risposi che facevo la scrittrice e lei: «Che bello! E di lavoro?». Mi ha fatto sorridere. Questo è il mio sesto libro, mi emoziono anche solo a dirlo ad alta voce.
Ho impiegato molto tempo a scriverlo perché avevo tanto da dire, ma avevo anche bisogno di sapere che quello che avevo da raccontare l’avevo attraversato e poi superato. Un po’ come è successo con il mio primo libro Il peggio è passato e gli ho sorriso
: finché il peggio non era passato non sapevo dire se gli avessi sorriso.
Dopo aver affrontato tante difficoltà, è arrivato quello che credo sia stato veramente il periodo più difficile della mia vita e che, a differenza dei precedenti, è anche durato a lungo.
Stavo attraversando un momento di grande fatica interiore, dovuta a tutto ciò che mi era successo negli anni precedenti e che si stava accumulando nel presente, stavo lottando per non crollare, ma proprio durante questa lotta al mio interno, è arrivata la catastrofe da fuori con nuovi problemi da affrontare, tra cui la malattia di mio padre e la sua morte, il tutto per un periodo che mi è sembrato infinito. Mi sono sentita sotto attacco da dentro e da fuori: non avevo diritto di esser triste per i miei demoni perché dovevo lottare contro quelli che il mondo mi stava sbattendo in faccia.
"Ci dicono: «Ma tu sei forte, tu sei una roccia!».
E invece ogni tanto avremmo solo bisogno di arrenderci."
È stata dura, mi si leggeva il dolore negli occhi. Un giorno incontrai una conoscente, ci fermammo a fare due chiacchiere, mi chiese come stavo e le risposi che stavo bene, lei mi guardò e mi disse: «Sei triste, vero?». Sentirlo dire ad alta voce, da una persona che non sapeva niente di quello che stavo attraversando, fu un colpo al cuore, mi vennero gli occhi lucidi e le risposi: «Sì». Proprio io, quella che ha sempre un sorriso per tutti, quella a cui dicono «Si vede che sei felice», ero triste e non riuscivo neanche a dissimularlo.
Rivendico il diritto di crollare ogni tanto.
Qui però non voglio parlare del mio dolore, voglio parlare di come ancora una volta sono riuscita a venirne fuori e stavolta la chiave è stata diversa e inattesa, mi è sembrato un piccolo grande miracolo. È successo un po’ per caso. Mi sono accorta che nel periodo più buio della mia vita c’erano dei piccoli raggi di luce. Non parlo di vie d’uscita, no, non era la cosiddetta luce in fondo al tunnel
, io stavo ancora all’inizio di quel tunnel, anzi, neanche mi sembrava un tunnel, mi sembrava una stanza chiusa senza via d’uscita. Non parlo neanche del famoso lato positivo: si dice sempre che ogni situazione negativa abbia anche un risvolto positivo ed è importante per noi riuscire a coglierlo. No, non si tratta neanche di questo, si tratta di una situazione nera in cui c’è un piccolo punto di luce che non cambia la situazione, non illumina la stanza, ma se riesci a vederlo, in quel momento ti illumini e per un minuto, un secondo o un decimo di secondo sei felice.
A cosa serve un minuto di felicità?
Innanzitutto te ne devi accorgere, lo devi vedere e poi te ne devi saziare. Lo conservi con te e diventerà il ricordo più vivido di quella giornata, da conservare con cura, da custodire segretamente o da condividere con gli altri, e diventerà parte di te. Come sempre mi piace raccontare i fatti più che perdermi in divagazioni e spiegazioni: i fatti spiegano meglio delle teorie.
Così ho deciso di raccogliere alcuni di questi raggi di luce e di raccontarli in queste pagine. Magari qualcuno potrà viverli attraverso il mio racconto, potrà comprenderli e farli suoi, e potrà prendere l’abitudine di notarli nella propria vita e di scorgere piccoli preziosi attimi di felicità.
"Io a un certo punto ho pensato di non farcela.
E forse succederà ancora.
Ma ho deciso che alla fine ce la faccio sempre."
Tempo fa, leggendo Per chi suona la campana
di Ernest Hemingway, sono rimasta colpita da queste righe:
A rifletterci bene, i migliori sono sempre allegri. È molto meglio essere allegri, ed è anche il segno di qualche cosa: è come avere l'immortalità mentre si è ancora vivi
.
Ecco, per me è stato proprio così, riuscire a essere allegra nonostante tutto, mi ha regalato un po’ di immortalità.
UNA RISATA INASPETTATA
* * *
I primi raggi di luce che ho scovato sono state delle risate. Sembra paradossale parlare di risate in un momento di profonda tristezza in cui è un’impresa epica anche solo abbozzare un sorriso, e invece è stato proprio così, ho capito che quelle risate erano i primi raggi di luce che si insinuavano dalla finestra della mia anima.
Nonostante avessi l’umore sotto le scarpe e avessi perso l’entusiasmo in tutto ciò che facevo o che avrei potuto fare, continuava a capitarmi di ridere ad alcune battute e anche di farne io stessa. Usavo