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I Misteri Orfici nella antica Pompei
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E-book110 pagine1 ora

I Misteri Orfici nella antica Pompei

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Info su questo ebook

Nel 1909 veniva scoperta a Pompei una domus patrizia suburbana risalente al II° secolo a.C. Lo scavo degli archeologi portò alla luce una grande sala di sette metri per cinque riccamente affrescata, le cui enigmatiche pitture meravigliarono il mondo intero. Quello straordinario ciclo pittorico, comprendente ventotto figure a grandezza naturale, fece subito capire che il grande ambiente sulle cui pareti era stato così mirabilmente realizzato doveva essere una sala destinata alle iniziazioni di uno dei vari culti misterici diffusi all’epoca a Pompei come nel resto dell’Impero Romano. Quella domus, che proprio da tali affreschi prese il nome evocativo di Villa dei Misteri, è ancora oggi una delle più celebri e visitate di Pompei.
Nino Burrascano, non molti anni dopo questa straordinaria scoperta archeologica, nel 1928 scrisse questo saggio che oggi riproponiamo nella nostra collana di studi misterici ed iniziatici Telestèrion, corredato da una prefazione di Boris Yousef e da un saggio introduttivo di Nicola Bizzi.
LinguaItaliano
Data di uscita2 apr 2019
ISBN9788898635412
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    Anteprima del libro

    I Misteri Orfici nella antica Pompei - Nino Burrascano

    Τεληστήριον

    NINO BURRASCANO

    I MISTERI ORFICI

    NELLA ANTICA POMPEI

    Edizioni Aurora Boreale

    Titolo: I Misteri Orfici nella antica Pompei

    Autore: Nino Burrascano

    Collana: Telestèrion

    Ristampa dell’edizione originale del 1928

    Con prefazione di Boris Yousef e saggio introduttivo di Nicola Bizzi

    Editing e illustrazioni a cura di: Nicola Bizzi

    ISBN versione e-book: 978-88-98635-41-2

    Edizioni Aurora Boreale

    © 2019 Edizioni Aurora Boreale

    Via del Fiordaliso 14 - 59100 Prato

    edizioniauroraboreale@gmail.com

    Questa pubblicazione è soggetta a copyright. Tutti i diritti sono riservati, essendo estesi a tutto e a parte del materiale, riguardando specificatamente i diritti di ristampa, riutilizzo delle illustrazioni, citazione, diffusione radiotelevisiva, riproduzione su microfilm o su altro supporto, memorizzazione su banche dati. La duplicazione di questa pubblicazione, intera o di una sua parte, è pertanto permessa solo in conformità alla legge italiana sui diritti d’autore nella sua attuale versione, ed il permesso per il suo utilizzo deve essere sempre ottenuto dall’Editore. Qualsiasi violazione del copyright è soggetta a persecuzione giudiziaria in base alla vigente normativa italiana sui diritti d’autore.

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    PREFAZIONE

    Riproponiamo, nella nostra collana di studi misterici ed iniziatici Telestèrion, un interessante breve saggio di Nino Burrascano, I Misteri Orfici nella antica Pompei, uscito nel 1928 per i tipi di Edoardo Tinto Editore, nella collana tascabile Biblioteca dei curiosi, e oggetto di ulteriori ristampe nel corso degli anni ’30 nella medesima collana da parte dell’Anonima Romana Editoriale.

    Si tratta di un’opera, a nostro avviso, che, pur nella sua sinteticità e nella semplicità del suo linguaggio divulgativo, e pur peccando di alcuni non trascurabili errori interpretativi di fondo (quali, ad esempio, un’eccessiva assimilazione fra i Misteri Orfici e il deleterio culto di Dioniso) non certo dovuti all’ignoranza dell’autore, bensì alla comune visione e interpretazione storico-religiosa del suo tempo e all’accettazione spesso letterale di alcune antiche fonti storiche, meritava di essere ripubblicata e riproposta così ai nostri lettori.

    Considerata la complessità del tema trattato, chiaramente questo breve saggio di Nino Burrascano non può certo essere considerato esaustivo sull’argomento Orfismo e sullo sviluppo che l’Eleusinità orfica assunse nello specifico nella nostra penisola in età romana imperiale e, in particolare, nella florida, vivace e cosmopolita città di Pompei, distrutta e immortalata - nel vero senso del termine - dalla terribile eruzione del Vesuvio del 79 d.C.

    Al tempo in cui Burrascano scriveva il suo saggio – era, come abbiamo detto, il 1928 - erano da pochi anni venuti alla luce, grazie agli scavi degli archeologi, gli splendidi affreschi parietali di una domus patrizia suburbana scoperta nel 1909 nel fondo Gargiulo, fuori dalla Porta Ercolanense; una domus che proprio da tali affreschi prese il nome evocativo di Villa dei Misteri.

    La villa in questione, oggi una delle più celebri e visitate del sito archeologico di Pompei, fu costruita nel II° secolo a.C. ed ebbe il periodo di massimo splendore durante l’età augustea, nel corso della quale fu notevolmente ampliata ed abbellita. Si trattava originariamente di una villa d’otium dotata di ampie sale e giardini pensili, sorta in una posizione panoramica, a pochi passi dal mare, ma, in seguito al terremoto del 62 d.C. (che precedette quindi di diciassette anni la tragica fine della città), sarebbe rimasta fortemente danneggiata, venendo trasformata in villa rustica con l’aggiunta di diversi ambienti destinati alla spremitura dell’uva e alla produzione e alla vendita del vino. Non se ne conosce il nome proprietario, ma solamente quello del custode che l’ha abitata durante l’età augustea, tale Lucio Istacidio Zosimo, come testimoniato da un sigillo ivi rinvenuto.

    Lo straordinario ciclo pittorico della villa, che consiste in una serie di pitture a encausto che ricoprono interamente le pareti di un grande ambiente misurante sette metri per cinque, oltre a costituire, per dimensioni ed importanza, il più importante documento pittorico di età imperiale a noi pervenuto nella sua integrità, rappresenta una chiara ed evidente raffigurazione di un percorso iniziatico misterico, con precisi passaggi e relative simbologie rituali. Ventotto figure umane, dipinte a grandezza naturale con una tecnica chiamata megalographia, ispirata fortemente alla pittura greca, ci dicono chiaramente che il grande ambiente sulle cui pareti sono state così mirabilmente realizzate da un anonimo artista del I° secolo d.C. doveva essere una sala destinata alle iniziazioni di uno dei vari culti misterici diffusi all’epoca a Pompei come nel resto dell’Impero.

    Partendo da Nord, la prima scena raffigura una donna, certamente un’inizianda, che si acconcia i capelli per prepararsi alla cerimonia, circondata da amorini che reggono degli specchi; segue una figura seduta su di un trono, secondo alcune interpretazioni la sacerdotessa che controlla le fasi del rito, secondo altre la stessa iniziata che ripensa alle tappe effettuate durante la cerimonia; la terza scena è quella della catechesi dove a sinistra è affrescata la sposa con il velo in testa, al centro una sacerdotessa con ai piedi un fanciullo che legge testi sacri e alla destra la sposa che porta tra le mani i testi sacri; segue la scena dell’agape: una sacerdotessa seduta di spalle versa del vino su di un ramo di mirto, attorniata da due assistenti e da un sileno che suona la lira; la quinta scena raffigura una satiressa che allatta un capretto, accompagnata da un satiro che suona il flauto e con la sposa che spaventata dalla situazione cerca di proteggersi avvolgendosi in un mantello; viene poi raffigurata la catottromanzia, ossia la divinazione attraverso lo specchio rappresentato da un sileno, che in questo caso funge da sacerdote, che porge ad un giovane una coppa nella quale si specchia; la scena di Dioniso e Arianna è la più rovinata della serie e raffigura Dioniso tra le braccia di Arianna; l’ottavo affresco è

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