Sposami nuda sulla riva del mare
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Anteprima del libro
Sposami nuda sulla riva del mare - Annamaria Pollina
Indice
I Capitolo
II Capitolo
III Capitolo
IV Capitolo
V Capitolo
VI Capitolo
VII Capitolo
VIII Capitolo
IX Capitolo
X Capitolo
XI Capitolo
XII Capitolo
XIII Capitolo
XIV Capitolo
XV Capitolo
XVI Capitolo
XVII Capitolo
XVIII Capitolo
XIX Capitolo
XX Capitolo
XXI Capitolo
XXII Capitolo
Annamaria Pollina
Sposami nuda sulla riva del mare
Youcanprint Self-Publishing
Titolo | Sposami nuda sulla riva del mare
ISBN | 9788831617086
Prima edizione digitale: 2019
© Tutti i diritti riservati all’Autore
Youcanprint Self-Publishing
Via Marco Biagi 6, 73100 Lecce
www.youcanprint.it
info@youcanprint.it
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I Capitolo
Guarda davanti a te, raccontami cosa vedi e cosa pensi, ma sappi distinguere quello che vedi da quello che desideri, perché l’errore più grande che puoi fare è proiettare nella realtà la tua visione della verità; considerando che i sogni sono solo illusioni che sfuggono al controllo della verità, dammi un riscontro di cosa consideri vero, quanto valuti ciò che stai guardando nello specchio della tua realtà.
Questo il pensiero con cui nasce la storia. Non preoccupatevi di capirlo, è troppo presto; per adesso leggete senza farvi domande, sono certa che vi appassionerà.
Il tempo è nemico della nostra vita, perché troppe cose accadono nel momento sbagliato, quindi nel tempo sbagliato, due storie lontane chilometri che arrivano a lambirsi, per poi incrociarsi: per cui, in questo libro, vivrete due esperienze diverse, ma quale sarà il finale dovrete attendere, perché nessuno di noi due al momento lo conosce.
Immaginare il proprio domani sarà umanamente improbabile, programmarlo è nella consuetudine, realizzarlo rientra in una dimensione che ancora non conosciamo.
«Scusami se invado la tua privacy, ma scrivi delle cose fantastiche, hai delle immagini stupende e da quanto leggo sei circondata da una famiglia meravigliosa, concedimi un pizzico d’invidia» così esordisce Riccardo Orsini su di un social scrivendo un messaggio a una sua amica, virtuale, Arianna Pellin.
«Anche tu scrivi cose molto belle: è da un po’ che ti seguo con discrezione, fa parte di me la riservatezza, anche se l’apparenza può indurre conclusioni sbagliate» rispose Arianna.
«Assolutamente lontano da questi falsi pregiudizi, ho un mio vissuto che non nego e non posso cancellare, pesa già da solo e mi rende difficile la vita. Tu sei una persona solare, allegra sensibile, dolce. Sei particolarmente colorita nelle tue espressioni: nulla di sarcastico, solo una mia osservazione.»
«Non ho capito bene il colorito a cosa si riferisca.»
«Preciso, mi riferisco non ai termini usati ma ai concetti espressi. È molto diverso.»
«Ora possiamo andare d’accordo, per un attimo avevo pensato di trovare un critico letterario, ma preciso che non è mio costume chattare con gli estranei, però tu m’ispiri fiducia e voglio seguire questa strada, anche se la mia indole mi tiene legata, frenata e mi consiglia di non darti molto spazio.»
«Io non ti ho chiesto nulla e se ti ho importunato … scusami, mi faccio da parte, non volevo e non voglio.»
«Tranquillo, non penso che tu possa nuocermi per quattro chiacchiere in chat. Da quello che posti sembri una brava persona.»
"Se mi consenti, Arianna, sono una brava persona, non vado reclutando nessuno sul social, non nego di essere presente in tre di questi social ma non certo per rastrellare qualcuno, giusto per precisare la mia posizione. Io sono un professionista stimato e rispettato da tutti, qui ci sono per divagarmi con la mente, non per altri scopi impudichi.»
«Lo so bene, altrimenti non ti avrei dato spazio per chattare.»
«Che cosa fai di bello nella tua vita? Ho visto che hai delle belle immagini, ma sei molto misteriosa non so ancora se per scelta o per difesa ma se iniziamo a dialogare, forse ci scopriamo entrambi.»
«Se il tuo fine è una semplice amicizia, tutto ci può stare se si rispettano le distanze e le minime note di buona educazione; dalla tua home leggo che sei un medico, io ci lavoro con i medici e spero che tu sia corretto altrimenti ti banno e chiudiamo subito sul nascere ogni equivoco.»
«Devo dire che non usi mezzi termini, nessun problema per me.»
«Neanche per me, per cui se hai accettato le regole della mia vita, benvenuto fra i miei amici. Premetto che quelli che tu vedi sono tutti reali, l’unico virtuale sei tu e non deludermi per averti accettato.»
«Io penso di aver superato l’esame ma, se ne hai degli altri, sono qui non mi tiro indietro, mi piace troppo quello scrivi e quegli splendidi incroci di linee, cui dai le forme volute, che chiami scarabocchi. Sei molto brava, complimenti.»
«Grazie ma per me restano tali, sono l’esternazione dei miei pensieri in grafica animata, come li vedo io ovviamente, salvo che tu oltre che poeta e scrittore non sia anche un critico d’arte.»
«Assolutamente nulla di quanto hai scritto, sono solo un umile servitore della mia anima che guida la mia mano.»
«Direi interessante.»
Il dialogo in chat prosegue per almeno una decina di minuti, sembrava che la barriera del virtuale fosse appannaggio di schemi indottrinati, dialogavano con piacere e trasporto come due persone che si conoscevano da qualche tempo. Riccardo riusciva a intuire ogni suo pensiero, e lei si meravigliava di tutto questo, ma nel frattempo lo trovava serenamente piacevole. Arianna era una donna molto semplice cresciuta con forti valori morali, e aveva inculcato i suoi pensieri ai suoi due figli, avuti in tenera età. Era il pilastro centrale della sua famiglia, prodiga a ogni occasione per distribuire sicurezza e consigli ma, in particolare, era una pluristellata dell’arte culinaria, e la figlia Greta, sotto la sua esperta guida stava seguendo le sue orme. Ma c’è un personaggio di una simpatia indefinibile in questo quadretto familiare, la piccola Emma, la dolcezza nelle sembianze di una bambina.
Arianna assolveva costantemente vari ruoli: oltre a quello di moglie, madre e nonna, lavorava e cercava di trovare il tempo per tutto e tutti. Svolgeva un lavoro abbastanza importante, perché quando si parla di salute, si parla di vita fisica e lei era sempre in prima linea nel lavoro, senza rifugiarsi in compiti di comodo. In altre parole, imboscarsi non era suo costume, non era la sua indole, lei è una persona responsabile e bandiva queste forme di rifugio temporaneo per non assolvere i propri incarichi di lavoro, perché sapeva bene che sarebbero ricaduti su altre persone e lei non amava scaricare sugli altri le proprie mansioni.
Riccardo aveva un compito un po' più ricco di responsabilità, era il dirigente di un’unità operativa, che definirla con il suo nome reale nessuno ci capiva nulla, per cui diceva direttamente consultorio e tutti capivano al volo. Un punto strategico di lavoro dove si attuava la prevenzione di tutto ciò che concerne la donna, la maternità, il bambino e il servizio vaccinale che ricadeva nella sua giurisdizione, e un braccio sociale e psicologico. In sintesi, i problemi non gli mancavano per nulla.
Iniziarono a sentirsi sempre più spesso nella chat e nei vari dialoghi che si proponevano, emergevano tante affinità fra loro ma sempre nel rispetto dei canoni imposti da Arianna che Riccardo rispettava. D’altronde non gli risultava difficile: era una persona sopra le parti, poteva sembrare quello che non era ma una frase storica, che Riccardo soleva ripetere era Nulla è come vi appare
di Luigi Pirandello. Come a dire, non fermatevi alle apparenze, una persona va giudicata conoscendola direttamente e non da quello che appare a voi dai suoi errori; sì perché sono quelli che si commettono nella nostra vita, a falsare la nostra immagine agli occhi di chi ama giudicare senza ascoltare. Un errore commesso da molti che non si riesce a stroncare.
Era l’inizio del mese di luglio e nessuno dei due era ancora in ferie, Riccardo non aveva alcun programma se non un viaggio nella città dell’arte, che lui amava tanto, Firenze, per il mese di settembre; mentre Arianna, nello stesso mese, aveva in programma le sue amate e desiderate ferie al mare, di cui era innamorata. Spesso nei dialoghi diceva sempre di essere figlia del mare, e di vedersi nata non sotto il classico cavolo, oppure la fantastica cicogna che consegna i bambini, bensì da una meravigliosa conchiglia bianca. Da piccola soleva ripetere, all’amato padre, che lei era nata dal mare dentro una conchiglia grande, grande, e allargava le sue braccia per indicare la grandezza di questa conchiglia: il padre si poneva davanti a lei con le braccia allargate per farle notare che erano più grandi delle sue tenere braccia, questa conchiglia era parte della sua fantasia. D'altronde era dotata di una fantasia fuori dalla norma, per i suoi cosiddetti scarabocchi, in cui riusciva a esprimere tutto il suo turbamento interiore; era una splendida persona e ogni giorno Riccardo si sentiva sempre più attratto da lei, ma era frenato da qualsiasi parola fuori luogo perché non voleva perdere quel rapporto così speciale che si era creato tra loro due. Nulla era stato cercato o voluto, il legame si faceva sempre più forte ma senza che nessuno dei due ne facesse menzione. Ambedue si sentivano compiacenti quando chattavano, anche delle cose più banali: d’altronde il bello della vita è questo, non bisogna vivere con delle mete prefisse, ma vivere di quello che la vita ti propone. Lui non era alla ricerca di nulla: provato dalle precedenti esperienze, fuggiva se notava qualcosa, ma questa volta, consapevolmente, continuava su di una strada che non sapeva dove l’avrebbe condotto, aveva solo una tenue speranza e null’altro.
«Disturbo o sei impegnata, spero che a quest’ora tu sia scevra da impegni familiari.» così esordisce Riccardo.
«Nessun disturbo, sempre un piacere leggerti. Ho visto che hai postato qualcosa di nuovo, un bel piatto, sei abbastanza bravo.»
«Certamente non al tuo livello, direi che tu sei una Master Chef, d’altronde da quello che mi hai raccontato della tua preadolescenza, hai assunto un ruolo nel momento in cui dovevi esplorare il mondo che ti circondava, e non sostituirti a tua madre, per la conduzione delle attività domestiche. Devo dire che te la sei cavata alla grande ma celi dentro di te i vuoti di quel tempo, in parte colmati dalla solida famiglia che hai creato, dando anima e corpo, ma altri rimasti vuoti e non per causa tua. Tutto questo ti fa onore ma, perdonami, in te leggo anche una piccola sofferenza.»
«Strano, non me ne sono mai accorta.»
«Forse troppo impegnata a rimarcare il ruolo di madre che hai incarnato in un’età in cui avresti voluto dedicarti ad altro e in più il carico morale e fisico di tua sorella, sotto quest’aspetto sei da premio Nobel. Mi sembra di rivivere i periodi dell’immediata dopoguerra, che nessuno di noi due ha vissuto; non conosco la tua età ma non ti darei oltre i cinquantadue anni ben portati, dalle foto che penso di aver intravisto, perché a tutt’oggi sei misteriosa e schiva, non per consuetudine però ma per una nota di timidezza che ti rende adorabile. Perdonami, mi è sfuggita.»
«Perdonarti per essere galante? Direi che sarebbe eccessivo rimproverarti ma come sempre hai centrato in pieno, per l’età ti confesso che ti lascio il dubbio dell’incertezza e non ti dico quanti anni ho, d'altronde non è educato chiederlo.»
«Direi che sei brava ad addolcire la pillola.»
«Grazie, sono schietta e diretta, non amo le mezze misure, ho un’alta stima di me stessa e tutto questo mi aiuta ad affrontare la giungla del lavoro, dove vedono solo la preda e non la donna. Certi episodi nell’ambiente di lavoro sono irriguardosi e stomachevoli e non solo sul lavoro.»
«Hai perfettamente ragione ma stai tranquilla che non sono un cacciatore e tu per me non sei una preda, nel modo più assoluto, solo una donna che si racconta attraverso parole non dette, immagini scelte con oculatezza per esprimere i sentimenti che provi in quel momento perché sei dolce in ogni tua espressione e in particolare nei rapporti sociali, rinnovo l’aggettivo adorabile che mi hai consentito di usare.»
«Riccardo, scusami ma devo lasciarti: ho sentito la piccola Emma chiamarmi, Greta l’ha lasciata un po’ con me mentre era impegnata in delle commissioni, sono felice di averti conosciuto, ti rinnovo che sei una bella persona dentro di te.»
I complimenti reciproci avevano addolcito il loro rapporto, al punto di convincere Riccardo che non avrebbe accettato nessuna nuova delusione, la vita gliene aveva date abbastanza e un’altra sarebbe stata fatale per il suo equilibrio morale, messo a dura prova da tutto quello che esulava dal rapporto, epistolare, con Arianna. Con lei gli sembrava di vivere in una dimensione fuori da ogni più ragionevole presunzione, era così dolce ogni loro dialogo che, quando chiudeva la chat, si fermava davanti al suo notebook e diceva tra sé e sé spero che non sia solo un sogno ma ho paura che … lasciava tutto in sospeso e non pronunciava alcuna parola. Aveva paura, paura di aver frainteso, di aver interpretato male qualcosa, che tutti questi momenti non gli appartenessero e che stesse solo illudendosi per l’ennesima volta.
Esiste la realtà che è il dramma maggiore, dove tutto può essere solo affrontato e risolto ma munendosi di buon senso senza lasciarsi andare a preziosismo, errori che non sono tali ma visti in una situazione disdicevole.
Riccardo aveva anche un account su Twitter che usava per propagandare il suo blog, dove aveva tutti i libri che aveva pubblicato e, non essendo dotato di un editore, si era affidato a un self publishing. A sue spese pubblicava il libro, aveva l’obbligo di comprarne un minimo e poi il suo libro era messo in vendita, sullo store del self publishing e sugli store nazionali e internazionali. La pubblicità che è l’anima, a ben ragione, del commercio, toccava a lui: per questo aveva creato quest’account su Twitter e aveva scelto un pubblico avvezzo alla lettura delle poesie. Proponeva loro una sua poesia con un collegamento ipertestuale che lo indirizzava sul suo blog, dove erano presenti anche i suoi libri; nessun altro interesse aveva, se non questo. Le persone le conosci nella realtà e si trasformano rendendoti amara la vita, figuriamoci nel virtuale, dove chiunque può essere chiunque, per cui le buone regole di Arianna erano perle: solo persone che si conosce personalmente. Lui su questo non poteva, perché non aveva la possibilità di fare una presentazione dei suoi libri. In quelle occasioni gli autori vendono anche i propri libri, cosa che a lui dava fastidio perché implicava una forma di richiesta, ne parlava con tutti e diceva loro che era in vendita su tutti gli store; riuscì anche a creare un canale attraverso una libreria dove, chi voleva, poteva richiedere il libro, evitando le spese di spedizione che incidono negativamente sulle vendite singole. In sintesi, non aveva scelta se non adattarsi sulle sue sole forze, cosa che aveva già fatto da sempre nel suo passato: figlio di genitori anagrafici troppo impegnati nel loro egoismo, cresciuto senza affetti, risentiva dell’assenza di una vera famiglia che invidiava in chi l’aveva, sul tasto passato era il suo punto debole.
Solo chi non è nato non ha un passato.
Questo era il suo dramma peggiore, ma come sempre le strade sono fatte per essere percorse e solo percorrendole abbiamo la possibilità di crescere, di confrontarci, sperare di fare buoni incontri; sì, a volte bisogna sperare di fare incontri adatti alle nostre esigenze, ma quando esistono mancanze dentro di noi è facile commettere degli errori. È facile non osservare bene la realtà, com’è facile distorcerla e imbruttire una persona per qualcosa che non ha mai fatto, anche quando le circostanze depongono contro, perché chi guarda, osserva e dubita; senza fiducia non c’è alcun rapporto e all’inizio di ogni storia tutto è vacillante. La stabilità si ottiene nel tempo, conoscendosi, confrontandosi, discutendo, ed è brutto dirlo, litigando perché si osserva il vuoto che si crea dentro di noi e si capisce l’importanza e il valore di un sentimento.
Una storia fantasticamente vera, quella che stavano vivendo due persone che non si erano ancora incontrate, che si conoscevano solo attraverso le foto che si scambiavano e i pensieri che viaggiavano da una parte all’altra. Uniti da un filo sottile, invisibile a tutti, teneva legate quelle due anime, quasi inscindibili, che cercavano il tempo in cui potersi mettere in contatto, nei loro momenti di libertà, dai relativi obblighi, dettati da una parte da svariati problemi, per Arianna, e minori per Riccardo, che viveva da solo dilettandosi a cucinarsi qualche piatto più succulento, almeno dal punto di vista estetico. Questo quando non scriveva un romanzo, oppure non era sollecitato a scrivere una poesia, cosa che gli capitava di frequente, con Arianna che era la sua musa.
Un giorno fu trascinato al notebook da un richiamo senza precedenti, sentiva il bisogno di parlare con lei, la donna virtuale che aveva invaso la sua vita, la sua anima, i suoi pensieri, una donna affascinante di cui non conosceva che il nome e i luoghi che amava, in particolare il mare, che era la sua vera madre. Dietro ogni persona c’è una storia, vissuta e mai scritta, e senza collaborazione è difficile leggerla. Ognuno di noi tende a celare la sua sofferenza e Arianna non era da meno: tutti vedevano lo scarabocchio, così come definiva le sue opere, ma Riccardo vedeva altro: la sofferenza di Arianna, quella che non conosceva e certamente non era attuale, ma doveva camminare nel suo trascorso e solo con lei poteva arrivare alle radici di questa sofferenza che lei si portava silenziosamente dentro. Era forte anche in questo: Riccardo la immaginava sempre sorridente ma si ripeteva per quanto tempo potrà accettare tutto questo, non è giusto che una persona soffra e non lo è ancora di più quando questa sofferenza ha radici nel vissuto, e viaggiare nel passato doloroso non è facile. Bisogna avere una compliance notevole da parte della persona interessata e, per il suo bene, Riccardo voleva scoprire questo suo male per aiutarla, rifiutava la sua sofferenza e anche di chiedersi perché si sentiva così attratto da lei. I suoi post non erano i soliti format ma vere riflessioni personali, elegantemente imprigionate in un susseguirsi di parole che deviavano chi legge in modo superficiale ma non chi legge oltre le parole come Riccardo, non aveva mai aperto l’argomento ma si stava rendendo conto che doveva farlo, nell’interesse di Arianna.
Aveva bisogno dell’opportunità e non può scendere su argomentazioni così delicate all’improvviso, doveva aspettare quando lei avrebbe abbassato la sua difesa e quindi sarebbe stato più semplice andare oltre le frasi di pragmatica.
«Buona sera Arianna.» Scrisse e restò in attesa, era doveroso, era una donna sposata e sebbene la loro fosse un’amicizia virtuale, avevano entrambi dei doveri da rispettare. Passarono alcuni minuti, forse anche troppi più del solito ma lei non rispose, il tutto preoccupò non poco Riccardo che non poteva far nulla oltre attendere: il suo unico mezzo di comunicazione, al momento era sola questa chat, non aveva alcun recapito telefonico e quindi non poteva accedere alle chat da cellulare, senza considerare che non sapeva nulla delle sue abitudini familiari, se non per sommi capi.
Uno dei problemi più grossi delle amicizie virtuali è questo, non sai mai se stai disturbando o no, per cui era buona norma far capire che si era in chat e attendere, anche perché nessuno dei due era sempre in chat, Riccardo aveva scambi di opinioni pubblici e qualche volta in privato, quando gli erano richiesti consigli di carattere medico. Rispettava molto la privacy delle persone, lui considerava la chat alla sorta di uno studio medico e quindi si atteneva ai parametri del buon senso.
L’attesa fu lunga e vana ma Arianna non si fece sentire e Riccardo iniziò a stare male, si poneva mille domande ma tutte senza risposta. Alla fine, tutto confluiva in una sola considerazione, speriamo che stia bene, tutto il resto è di poca importanza vicino alla sua salute: da quello che conosceva, oltre alla lombaggine e un mal di testa, non si era mai lamentata di altre cose, era abbastanza giovane per non considerare patologie cardiovascolari ma non sapeva che fare o dire e tutto questo lo rendeva abbastanza nervoso al punto che il tutto si rifletteva nell’ambito del lavoro.
Il suo strano malessere si placò solo quando senti il bip del cellulare: lui non aveva notifiche per nessuna applicazione solo per la chat con Arianna, un rumore che era un tuffo nel mare della vita, dove si era già perso troppe volte e dove non sarebbe mai più voluto cadere, ma stava accadendo.
«Riccardo buon pomeriggio, scusami per ieri ma mi ero isolata da tutto e tutti, una cefalea violenta mi sta massacrando e ho sentito il bisogno di starmene un po’ da sola. Vana illusione: il cellulare ha dato i numeri perché le persone, per quanto amiche, spesso non hanno rispetto per la tua sofferenza e io per essere un po’ tranquilla l’ho dovuto mettere in posizione riposo, in modo tale che nessuno potesse distrarmi. Vedere la luce del cellulare, sentire il rumore, parlare era come massacrarmi la testa ed io avevo bisogno di starmene un po’ da sola al buio e di chiudere gli occhi.»
«Tranquilla, ma la notte non riposi bene Arianna?» chiese Riccardo con un tono molto dolce.
«Dormo poco, e mi sveglio di frequente.»
«C’è qualcosa che ti preoccupa?»
«Al momento nulla,