Un battito di vita
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Anteprima del libro
Un battito di vita - Annamaria Pollina
633/1941.
I CAPITOLO
La luce che ravviva la stanza si riflette attraverso i vetri della finestra che si affaccia sull'entrata. Sono qui, con i miei pensieri mentre guardo distratto il passaggio delle persone, che veloci si dileguano lungo i corridoi circostanti.
Nonostante sia ammalato, lo ammetto con esitazione, provo rabbia per essere nella condizione di dover subire un evento incontrollabile. Il mio cuore è malato e sono qui in ospedale in attesa di un trapianto di cuore.
Il mio corpo è stato sminuito dagli anni, e il volto è divenuto magro, ma nei gesti e nelle movenze sento d’essere ancora l’uomo di un tempo.
Il solo pensiero di abbandonare per sempre il mio vecchio cuore mi leva la serenità. Potrebbero essere questi gli ultimi istanti, il capolinea della mia esistenza, ma il lamento che odo dentro offusca la paura della morte.
Sento urgente il bisogno di svelare a me stesso la vita, come per davvero l’ho vissuta. Ho la necessità di rimuovere dal mio cuore malato, tutti i momenti importanti e apparentemente dimenticati, e devo farlo prima che me lo levino dal petto.
Per il medico, il cuore è semplicemente un muscolo che spinge in avanti il sangue, è solo un muscolo cui è affidata la vita. La Scienza è la forza della ragione, s’illude di possedere il seme della verità, ma forse gli sfugge l’essenza stessa della vita.
Il ritmo del cuore ha inseguito i miei giorni e scandito i momenti di gioia e delusione. È stato in ogni caso il muscolo più infaticabile del corpo.
Il cardiologo si mostra freddo e insensibile di fronte a queste mie digressioni e mi ripete:
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Confesso che la sua calma mi angoscia e m’irrita. La sua freddezza mi terrorizza.
A questo punto preferirei morire suicida, piuttosto che morire di paura, sarebbe più dignitoso.
Poi penso che debba affidarmi, devo concedergli di giocare con la mia vita e sperare che me la restituisca. Non ho proprio nessuna scelta. Devo prestargli fede!
Afferro con forza l'inferriata del letto d'ospedale e i miei occhi fissano il vuoto. Penso all’ansia sofferta nella ricerca di un cuore compatibile, eppure ora che l’ho trovato, rimpiango già il mio cuore malconcio. L'incertezza e i dubbi mi rendono fragile.
Milla devia con garbo e astuzia i miei pensieri tristi.
Lei è nei miei sogni, la danzatrice infaticabile e bella di una volta. La sua età senza tempo non scalfisce l‘armonia del corpo o la dolcezza del suo sguardo.
Oggi mi capita di vivere più nei ricordi che essere allettato dalle nuove conoscenze, e la consapevolezza del tempo che passa, inesorabile, m'impone una pausa di riflessione.
Probabilmente si ragiona sulle cose della vita solamente nel momento in cui non si ha più la forza di cambiarle. Ecco perché non sono certo di avere la giusta obiettività per voltarmi indietro.
Sono stanco. Vorrei distendermi rilassato nel letto e allungare la mano per cercare quella di Milla.
Mi aspetto che lei, amorevolmente, si accorga e si accosti a rimboccarmi le lenzuola e poi, silenziosa e discreta, esca socchiudendo la porta.
Nella stanza ora regna un silenzio ovattato. A occhi chiusi frugo nella mente.
I ricordi affiorano e spariscono alla stessa velocità. Le sensazioni gratificano e angosciano al contempo.
Vecchi e nuovi colori accendono la mente e frullano in un mare di ricordi, s'immergono e poi affiorano.
Mi pare di navigare nel mezzo di una tempesta.
Il silenzio nella stanza è rotto di tanto in tanto dal barbugliare dei miei sospiri affannati, dalle mie parole mozze. Sono irrequieto e sudo.
Ho desiderato e avuto tanto nella mia vita. Ho incontrato tante persone per la mia strada ed ho scambiato amore con quelle che mi sono rimaste più care, ma i sentimenti e i ricordi più forti sono rimasti nascosti e protetti da una parola chiave
.
Ho sempre considerato il cuore come uno scrigno segreto, capace di conservare ogni palpito, ogni pensiero, ogni sensazione. E’ forse giunto il momento di levare le chiavi dallo scrigno in sfratto e trasferire tutto il contenuto nel nuovo.
Il calore, che mi offre la mano carezzevole di Milla, mi agevola a trovare il senso dei ricordi, a cercare la catarsi e a spingermi nel limbo dei pensieri.
Tra me e Milla c’è il silenzio, forse l’attesa di un evento, ma non provo ansia per questo.
Tra noi c’è sempre stato un dialogo subliminale in cui le parole sembravano non indispensabili.
Milla mi ha sempre dato serenità nei momenti cruciali e la vita insieme ha mescolato le nostre anime. Con gli anni siamo diventate due facce della stessa persona e perciò ho sempre considerato Milla come l’altra parte di me. Mai, ho concepito un’esistenza senza di lei. Mai, la noia della convivenza ha scatenato l’intolleranza.
A un tratto, il silenzio si rompe definitivamente e un medico entra nella stanza con un'invadenza che gli sembra dovuta. I suoi modi sono sbrigativi, ma, ma non arroganti, e legittimati da un sorriso tirato e cortese. Milla rimane fuori ad aspettare, come in punta di piedi, chiudendosi alle spalle la porta.
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L’avevo visto già tante volte e non ricordavo mai il suo nome. Egli aveva uno sguardo deciso e leale, ma i suoi occhi sembravano gettarsi addosso senza pietà.
Mi stropiccio forte il viso.
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Sapevo che non mi avrebbe deluso, perché, già in altre occasioni, aveva parlato senza giri di parole e, brutalmente, aveva spiattellato le mie reali condizioni di salute.
Mi dice:
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Ride e poi:
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Una veloce svista alla cartella, un attimo di riflessione e poi, con un sorriso benevolo, mi chiede:
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Poi d’improvviso si azzittisce e per alcuni secondi e si rimette a fissare in silenzio la cartella clinica, ma senza lasciar trasparire le sue riflessioni.
Quei pochi secondi mi sembrarono interminabili. Scrutai il suo viso per cogliere anche una piccola smorfia che avrebbe lasciato intravedere una minima deduzione. Il suo viso rimase immutabile fino a quando sollevò le palpebre, mi fece un saluto agitando freneticamente la mano e si dileguò.
Subito dopo avvertii la presenza di Milla sopraggiungere con