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Pervertimento dell'etica: La via di S. Tommaso e la malattia mortale nel mondo di oggi
Pervertimento dell'etica: La via di S. Tommaso e la malattia mortale nel mondo di oggi
Pervertimento dell'etica: La via di S. Tommaso e la malattia mortale nel mondo di oggi
E-book98 pagine1 ora

Pervertimento dell'etica: La via di S. Tommaso e la malattia mortale nel mondo di oggi

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Info su questo ebook

Il sovvertimento dell’etica oggi non è solo un progetto teorico di pochi intellettuali, ma tende a diventare, per molti, pratica quotidiana, con costi umani di inaudita gravità. Ciò è frutto di ideologie, alcune delle quali proposte in forme inedite e propagandate da un certo uso – funzionale al potere che ne dispone – dei mezzi di comunicazione di massa, sempre più pervasivi e persuasivi nel mercato globale.      
         Si tratta, però, di una persuasione che troppo spesso risulta da una ricezione acritica di certi messaggi, che misconoscono e/o deformano la realtà, contribuendo a un certo contesto sociale di accecamento. Poiché è una persuasione senza verità. Tuttavia, in genere la tensione naturale della mente e del cuore alla verità e al bene non è   del tutto spenta e si rivela inestinguibile, in quanto, almeno, riesce ad avvertire i frutti amari e disumanizzanti di quel sovvertimento e ne prova ripugnanza. Purtroppo, però, per lo più si rifiutano i frutti, ma non si ripudiano le cause che li generano.
         Dunque, per usare il linguaggio della medicina, bisogna considerare attentamente i sintomi per arrivare a scoprire le cause del male, onde poter proporre la terapia. Ora, l’attuale patologia morale ha certamente molteplici cause interagenti, ma, tra queste, le radici filosofiche non sono secondarie. Infatti, anche se molti ignorano che certe idee sono state proposte da determinati filosofi, tuttavia le accettano acriticamente, in quanto non conoscono le argomentazioni che le sorreggono e quindi non sono in grado di valutarle.
         Perciò c’è bisogno di ricerche su posizioni filosofiche che costituiscono le radici dell’attuale situazione, per valutarle e proporre alternative. È quanto si intende fare in questo libro, le cui indagini (che non hanno alcuna pretesa di completezza e di esaustività e che anzi inducono ad ulteriori ricerche) vertono su questioni e posizioni ineludibili ai fini di una diagnosi e di una conseguente terapia della situazione del nostro tempo. Il dialogo critico si attua con filosofi moderni e postmoderni come: Cartesio, Kant, Hegel, Marx, Lenin, Gramsci, Sartre, Heidegger, Del Noce, Fabro, Taylor, nonché i sostenitori del relativismo.             
Umberto Galeazzi, si è laureato in Filosofia con il massimo dei voti nell’Università Cattolica del S. Cuore di Milano, dove è stato poi borsista e Assistente volontario di Filosofia morale. È stato: Assistente ordinario di Filosofia teoretica nell’Università di Macerata dal 1973 al 1982 e inoltre Professore incaricato, poi associato e quindi Professore ordinario (fino alla pensione, 31-XII-2011) di Storia della filosofia nell’Università di Chieti-Pescara. Negli a. a. 2012-13; 2013-14; 2014-15 è stato Professore invitato di Filosofia morale nella Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Urbaniana di Roma.
È Accademico ordinario della Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino. 
 
LinguaItaliano
EditoreChorabooks
Data di uscita15 mag 2019
ISBN9789887961888
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    Anteprima del libro

    Pervertimento dell'etica - Umberto Galeazzi

    IV

    Introduzione

    Il sovvertimento dell’etica oggi non è solo un progetto teorico di pochi intellettuali, ma tende a diventare, per molti, pratica quotidiana, con costi umani di inaudita gravità. Ciò è frutto di ideologie, alcune delle quali proposte in forme inedite e propagandate da un certo uso – funzionale al potere che ne dispone – dei mezzi di comunicazione di massa, sempre più pervasivi e persuasivi nel mercato globale.

    Si tratta, però, di una persuasione che troppo spesso risulta da una ricezione acritica di certi messaggi, che misconoscono e/o deformano la realtà, contribuendo a un certo contesto sociale di accecamento. Poiché è una persuasione senza verità. Tuttavia, in genere la tensione naturale della mente e del cuore alla verità e al bene non è del tutto spenta e si rivela inestinguibile, in quanto, almeno, riesce ad avvertire i frutti amari e disumanizzanti di quel sovvertimento e ne prova ripugnanza. Purtroppo, però, per lo più si rifiutano i frutti, ma non si ripudiano le cause che li generano.

    Dunque, per usare il linguaggio della medicina, bisogna considerare attentamente i sintomi per arrivare a scoprire le cause del male, onde poter proporre la terapia. Ora, l’attuale patologia morale ha certamente molteplici cause interagenti, ma, tra queste, le radici filosofiche non sono secondarie. Infatti, anche se molti ignorano che certe idee sono state proposte da determinati filosofi, tuttavia le accettano acriticamente, in quanto non conoscono le argomentazioni che le sorreggono e quindi non sono in grado di valutarle.

    Perciò c’è bisogno di ricerche su posizioni filosofiche che costituiscono le radici dell’attuale situazione, per valutarle e proporre alternative. È quanto intendo fare in questo libro, le cui indagini (che non hanno alcuna pretesa di completezza e di esaustività e che anzi inducono ad ulteriori ricerche) vertono su questioni e posizioni ineludibili ai fini di una diagnosi e di una conseguente terapia della situazione del nostro tempo. Il dialogo critico si attua con filosofi moderni e postmoderni come: Cartesio, Kant, Hegel, Marx, Lenin, Gramsci, Sartre, Heidegger, Del Noce, Fabro, Taylor, nonché i sostenitori del relativismo.

    A ben vedere, proprio da questo dialogo critico scaturisce l'interesse – riscontrabile in alcuni tra i pensatori più illuminanti del nostro tempo – per la riscoperta del pensiero di Tommaso d’Aquino, che nasce non da un'evasione erudita nel passato, ma da un'attenzione preoccupata per il presente, alla ricerca di un'alternativa non apparente né effimera rispetto ai mali che ci affliggono. E in effetti l’alternativa, che qui propongo si ispira al genio speculativo dell’Aquinate. In questa prospettiva la libertà è considerata in una nuova luce e non si riduce solo alla possibilità di scelta (cfr. Cap. I).

    Perciò l'esercizio critico della ragione, sebbene oggi sia arduo, è indispensabile, per discernere e valutare nell'attuale confusione babelica. Questa confusione da alcuni è esaltata come ideale anomico, cioè senza criteri, senza regole, senza norme etiche, alle quali si rimprovera di essere rigide. Queste, per emendarsi da tale presunto difetto, dovrebbero – si sostiene – diventare elastiche, fino a capovolgersi nel loro opposto, onde soddisfare le esigenze di una soggettività permissiva e di un potere dispotico (anche sulle coscienze), che misconoscono l'autentica dignità della persona.

    Questa confusione, che risulta da discorsi contraddittori, non è altro che il rifiuto teorico e pratico della verità.

    Ma questo rifiuto non è indolore, come ci insegna il nostro grande Giambattista Vico quando critica «gli stolti dotti», che si sono dedicati «a calonniare la verità» (SN, 1102), andando incontro alla «barbarie della riflessione» (ivi, 1106). Non tutti i dotti, ma quelli che sono diventati stolti a causa del loro calunniare la verità. Tale denuncia vichiana è illuminante su tutto un itinerario regressivo, che dal suo tempo arriva, aggravandosi, fino ai nostri giorni, nei quali si avvertono i sintomi di questa barbarie ricorsa.

    Questo calonniare è arrivato, oggi, a parlare di violenza della verità, senza considerare che la violenza ha senso in riferimento alla verità, alla vera natura di un essere: infatti fare violenza significa ledere, menomare, danneggiare la vera natura, la verità dell’essere umano. Se ne fosse misconosciuta la vera natura non si vede in base a che cosa si potrebbe giudicare violento un certo comportamento invece del suo opposto. Sicché o si riconosce la verità, o vera natura di un essere, che ne delimita e garantisce il rispetto, permettendo di discernere che cosa è violenza, oppure, se si rifiuta la verità, svanisce pure la significanza della parola violenza.

    Siamo di fronte ad uno dei discorsi contraddittori appena menzionati.

    Poiché oggi si rinnega la verità e la natura degli esseri, nominalmente non esiste più la violenza, ma in realtà è legittimata e si moltiplica a dismisura, perché non è considerata più tale. Addirittura alcuni sostenitori della non violenza, come esito della loro lotta progressista, incitano a fare violenza a chi ha posizioni teorico-pratiche diverse dalle loro.

    Ciò deriva dal crescente e tragico disprezzo per la vita umana, con aberranti pratiche disumane e disumanizzanti, frutto di molteplici ubriacature ideologiche, che contribuiscono al formarsi di un nuovo senso comune di un soggetto talmente autoindulgente da giustificare ed esaltare qualsiasi trasgressione. Ma quest’ultima come può essere compatibile con il rispetto delle persone, degli esseri umani? Da ciò la disumanizzazione presente nel nostro tempo.

    Su temi di così scottante attualità, che viviamo dolorosamente sulla nostra pelle, mentre dei nostri fratelli e sorelle vengono eliminati in stragi sempre più frequenti, i detentori del potere in questo mondo tra Caino e Abele cercano di non prendere posizione, ma favoriscono in effetti il primo, sia per un calcolo miope, impegnato in questioni politicamente corrette (ma, in verità, con il tradimento del fine della politica), più alla moda e quindi foriere di successo mediatico e di consenso, catturato facendo leva sul degrado morale , sia perché evitano come la peste di chiamare Caino con il proprio nome. Ne fanno addirittura un operatore di pace, per avere il suo favore.

    Chi ha vissuto i tremendi anni di piombo oggi sperimenta una situazione, forse, peggiore, perché di fronte ad una patologia morale così preoccupante viene proposto l'ultimo ritrovato risolutivo: la malattia, o male morale non esiste, vietato vietare, tutto va bene, tutto è lecito, secondo l'asserto ripreso e condiviso da Sartre, di cui ci occuperemo nelle pagine che seguono.

    Ora, nei confronti di queste posizioni espresse da una cultura che ha tradito il suo compito – che è sia di far sì che l'uomo e la donna crescano nella propria umanità, sia di difenderne la vita, l'identità e la dignità –, Th. W. Adorno ha ritenuto doveroso manifestare apertamente, nella sua opera maggiore, una ferma condanna: «Auschwitz ha dimostrato inconfutabilmente il fallimento della cultura» (DN, p. 331). Onde si impone agli uomini «un nuovo imperativo categorico, organizzare il loro agire e pensare in modo che Auschwitz non si ripeta, non succeda niente di simile» (DN, 330). Ma di fronte al ripetersi dell’orrore, sia pure in forme diverse, si tratta, comunque di «filosofare in modo da non doversi vergognare di fronte alle vittime» (TF, p. 159).

    Oggi certi moralisti a buon mercato, inflessibili con gli altri (specie se avversari ideologici) e indulgenti con se stessi e con i propri servili sostenitori, sono screditati da non lievi complicità, e non sono tali da «non doversi vergognare di fronte alle vittime». Perciò sono urgenti delle indagini critiche, magari contro corrente, anche se il libero dibattito non è molto amato. Infatti se qualcuno dissente dal pensiero unico e dagli assetti di potere, se canta fuori dal coro, si provvede subito a calunniarlo, ad insultarlo e addirittura a minacciarlo, onde evitare di fare i conti con quello che dice.

    Tra le posizioni, pur

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