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Considerazioni attuali sulla guerra e la morte
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E-book102 pagine1 ora

Considerazioni attuali sulla guerra e la morte

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Sigmund Freud (Freiberg 1856 - Londra 1939) medico austriaco,fondatore della psicoanalisi, cominciò ad occuparsi di psicopatologiacon gli Studi sull'isteria, scritti in collaborazione con]. Breuer(1892 - 1895). Nel 1900 pubblica L'interpretazione dei sogni, in cuiconfluiscono i dati della propria autoanalisi. Gli scritti dei decennisuccessivi definiscono il movimento psicoanalitico nei suoi aspettiteorici (Tre saggi sulla teoria della sessualità, 1905; AI di là del principiodel piacere, 1920; L'Io e l'Es, 1923), sociali (Il disagio della civiltà,1930; Mosè e il monoteismo, 1939), antropologici (Totem e tabù,1912 - 1913).
LinguaItaliano
Data di uscita19 mag 2014
ISBN9788876926044
Considerazioni attuali sulla guerra e la morte
Autore

Sigmund Freud

Sigmund Freud (Freiberg 1856 - Londra 1939) medico austriaco, fondatore della psicoanalisi, cominciò ad occuparsi di psicopatologia con gli Studi sull'isteria, scritti in collaborazione con]. Breuer (1892 - 1895). Nel 1900 pubblica L'interpretazione dei sogni, in cui confluiscono i dati della propria autoanalisi. Gli scritti dei decenni successivi definiscono il movimento psicoanalitico nei suoi aspetti teorici (Tre saggi sulla teoria della sessualità, 1905; AI di là del principio del piacere, 1920; L'Io e l'Es, 1923), sociali (Il disagio della civiltà, 1930; Mosè e il monoteismo, 1939), antropologici (Totem e tabù, 1912 - 1913).

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    Considerazioni attuali sulla guerra e la morte - Sigmund Freud

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    CONSIDERAZIONI ATTUALI SULLA GUERRA E LA MORTE

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    Sigmund Freud

    A cura di Michele Bertaggia

    Collezione Filo di perle 44

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    Edizioni Studio Tesi

    Copyright

    CONSIDERAZIONI ATTUALI SULLA GUERRA E LA MORTE

    di Sigmund Freud

    A cura di Michele Bertaggia

    Collezione Filo di perle 44

    Edizioni Studio Tesi

    Titolo originale: Zeùgemèsses ùber Krieg und Tod

    Copyright © 1982 by Editori Riuniti spa

    Edizione su licenza di Editori Riuniti spa

    di Edizioni Studio Tesi srl Via Cairoli, 1 - 33170 Pordenone

    I edizione maggio 1991

    ISBN 978-88-7692-604-4

    Prima edizione digitale 2014

    © Copyright 2014 by Edizioni Studio Tesi

    Via Flaminia, 109 - 00196 Roma

    www.edizionimediterranee.net

    Versione digitale realizzata da Volume Edizioni srl - Roma

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    Introduzione

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    Pax melancholica

    I. 1915, 1932: Considerazioni attuali sulla guerra e la morte e Risposta ad Albert Einstein: sono i due poli del Vom Kriege di Freud.

    Apici: situazioni momentanee del pensare, che - in modo affatto diverso - magari nell' understatement della ripetizione e riassunzione dei risultati di una teoria, si raccolgono nell'emergenza che il reale, per la sua esteriorità, provoca.

    Ma, appunto: emergenza delle occasioni. Ché, nonostante le migliori intenzioni dell'interprete, è assai arduo individuare, tra questi poli ed eventi, la continuità di uno sviluppo concettuale effettivamente determinante l'oggetto. Insomma, pare proprio che tra questi termini non possa in alcun modo rinvenirsi lo sviluppo di un freudiano "discorso della guerra. Il che non è privo di conseguenze principalmente negative", soprattutto per chi cerchi in questi testi di Freud la via di un'opposizione risolutiva al grande male che destina l'umanità ai suoi ultimi giorni.

    Per tali orientamenti alla redenzione finale dell'Uomo dalla malattia radicale che lo attanaglia, le considerazioni freudiane si mostrano deboli, debolissime. Specie nel nostro presente, così palesemente provato dalle conseguenze estreme, ben più tragiche di quelle note a Freud e al suo tempo, della totalizzazione contemporanea della guerra (e, insieme, della pace apparente che ne è conseguita ...).

    Non c'è, in realtà, alcuna estirpazione del male. La ricerca psicologica - anzi, più esattamente, psicoanalitica - mostra piuttosto che, nella sua essenza più profonda, l'uomo è costituito da moti pulsionali di natura elementare [...] Questi moti pulsionali, in sé, non sono né buoni né cattivi [...] Ciò su cui si può concordare è che tutti quegli impulsi che sono condannati dalla società - esemplarmente nominiamo gli impulsi egoistici e quelli crudeli - sono tra questi moti primitivi (Considerazioni attuali, 1).

    De bello ac pace si rivela, dunque, per la riflessione di Freud, oggetto di una radicale ablazione che, eventualmente, mira ad altro: ed è, ovviamente, l'Altro della psicoanalisi.

    Per questo, forse, il ritmo e il tono dei cenni freudiani sulla guerra non sono mai quelli della concitazione e della straordinari età, bensì quelli della normale cura di una condizione naturale dell'uomo, e dell'uomo afflitto dal suo desiderio e dal suo dolore, senza che per ciò la teoria debba ancora patire qualcosa di quel biologismo positivista che caratterizza la primitiva «scienza» psicologica.

    Per questa scienza sÌ sarebbe stato, forse, non solo possibile ma anche necessario tematizzare de bello, specialmente, per decostruirne nei suoi elementa la macchina e così comprenderne positivamente l'anima.

    Viceversa, l'orizzonte su cui oscillano i fenomeni che chiamano Freud anche all'osservazione della guerra è, ormai, quello tracciato dalla grande svolta metapsicologica, il fronte d'urto della cui esplosione sospinge irrevocabilmente psicoanalisi verso «speculazione», al di là - certo - del semplice paradigma scientifico e della sua economica. Non per questo, come pure si è sostenuto, reinventandosi una passione per filosofia, mai troppo amata da Freud - almeno finché resti, come prevalentemente a quei tempi, fissata al posto dominante di visione del mondo; semmai accettando, invece, il rischio di un ulteriore mascheramento mitologico: all'insegna del più classico (o arcaico) peri physeos, nell' arduo percorso labirintico delle relazioni che vincolano Eros a Thanatos.

    Forse Lei ha l'impressione che le nostre teorie siano una specie di mitologia, in questo caso neppure festosa. Ma qualunque scienza della natura non si arena forse in una specie di mitologia? Non è così oggi anche per Lei, nel campo della fisica? (Risposta ad A. Einstein, Vienna - settembre 1932).

    In questo modo, Freud incontra - anche inconsapevolmente e ancora per negativo, quasi a calco - i problemi attuali della metafisica nella stagione più alta del nichilismo, lungo i percorsi tentativi di ogni possibile Ùberunndung di essa, dove il pensare azzarda le prove ultime di sottrarsi, nel compimento e dunque nel gesto tardivo dell'epigono che riassume la maschera del cercatore d'Origine, alla spiritualizzazione totale prodotta dal dominio, potente ma infine fragile, della moderna Soggettività.

    Bisognerebbe cercare di più, nell'orizzonte di questo riferimento, per comprendere il senso, per la verità assai poco trasparente nonostante la facilità di molte vulgate, della diagnosi freudiana circa il «disagio» della civiltà. Oltre ogni psicologistica riduzione alle tonalità, volta a volta, ottimistiche o pessimistiche del discorso. Questo colorismo andrebbe in ogni caso dissolto, perché occulta il nucleo essenziale del problema che ha a che fare con i limiti di ogni intenzione terapeutica in quest' ordine; e reciprocamente, quindi, con la possibilità stessa di restare ad una definizione pseudoclinica dello Unbehagen. Definizione che non sa ancora giudicare della cosa stessa, fissandosi invece al decorso delle apparenze, presumendone l'evoluzione e tentando di condizionarne gli esiti con retoriche o idealistiche metodologie di cura preventiva, le quali tutte appaiono a Freud inconcludenti quando non addirittura fuorvianti.

    Ed è proprio nei termini di questa inanità della terapia applicata alla collettività e alla civiltà, che Freud riassume, nelle dure pagine conclusive del Disagio della civiltà (1929), la sua originaria, costante, mai abbandonata polemica contro l'etica: polemica con cui aveva, ad esempio, fin da principio contrastato le improprie contaminazioni intese dal pastore Pfister tra psicoanalisi ed Evangelo. Con un'asprezza quasi inaudita, senza alcuna disponibilità a concessioni, e... nonostante il trauma della guerra e le illusioni della pace (dati i tempi ...):

    C'è un punto di cui non sono soddisfatto: quando Lei controbatte la mia teoria sessuale e la mia etica. Vale a dire: lascio a Lei la seconda: l'etica mi è estranea e Lei è pastore d'anime. Non sto molto a rompermi la testa sul bene e sul male, ma, in media, ho trovato poco bene negli uomini. Secondo le mie esperienze essi non sono per la maggior parte che gentaglia, sia che professino questa o quella dottrina etica, o nessuna. [...] Se proprio bisogna parlare di etica, allora professo un ideale elevato, dal quale la maggior parte di coloro che ho conosciuto si discostano in modo assai desolante. [...] Dal punto di vista terapeutico, non posso che invidiarLa per la Sua possibilità di ricondurre la sublimazione alla religione. Ma il bello della religione fa certo parte della psicoanalisi. E naturale che qui, nella terapia, le nostre strade si dividano [...] (A Pfister, Vienna - 9 ottobre 1918).

    Ora, all'altezza del 1929, proprio riconoscendo che l'«esperimento terapeutico dell'etica», realizzazione superiore ad ogni altra della civiltà, ne tocca perciò il punto più vulnerabile; l'etica religiosa, l'etica naturale e l'etica socialista sono abbracciate insieme dalla medesima critica che la psicoanalisi rivolge al Super-io individuale, sovrapponendolo qui perfettamente - nell'analogia - al Super-io della civiltà (fonte degli ideali etici). Si mostra, allora, ancora una volta, come la metodologia psicoanalitica rimanga propriamente praticabile solo nello spazio dell'individuo, rendendosi quindi assai problematica ogni generalizzazione delle sue opportunità, specie - al nostro proposito - nel senso di un nuovo universalismo umanistico. Come il Super-io individuale non si preoccupa della felicità dell'Io, sottovalutando le resistenze contro l'ubbidienza

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