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Le dodici porte: Sacrificio d'amore
Le dodici porte: Sacrificio d'amore
Le dodici porte: Sacrificio d'amore
E-book297 pagine4 ore

Le dodici porte: Sacrificio d'amore

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Info su questo ebook

Con il cuore in subbuglio, Aley affronta il ritorno in Egitto, decisa a ritrovare il grimorio custodito dalla sua famiglia. Rimasta nella foresta in compagnia di Nahil, Aley sarà rapita da Giose, un giovane dall’aspetto intrigante e misterioso. È proprio nei cuniculi sotterranei in cui verrà portata che Aley si ritroverà faccia a faccia con una vecchia conoscenza: Taria. Qualcosa, però, sembra essere in lei cambiata. Nonostante il legame d'amicizia che in passato legava la famiglia Al - Kahim agli Amira, nulla impedirà alla Principessa d’Egitto di farla sua prigioniera, nemmeno le parole del miglior amico e consigliere, catturato e, a sua volta, imprigionato nelle segrete insieme al Generale Muahddib e al resto dei compagni. Nel frattempo, il potere di Darchonir continua a crescere, divenendo sempre più minaccioso e pericoloso persino nei sogni di Aley che si trasformano in veri e propri incubi. Segreti sconvolgenti, confidenze, e timori non tarderanno a venire alla luce, ma una sola domanda turberà gli animi dei prigionieri: come tornare alla libertà?
LinguaItaliano
Data di uscita6 giu 2019
ISBN9788834133675
Le dodici porte: Sacrificio d'amore

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    Anteprima del libro

    Le dodici porte - Veronica Pellegrino

    compiuta

    Prefazione

    Che Veronica sia un talento giovane e prolifico è ormai scontato.

    Nei suoi libri, però, a differenza di tanti fantasy, l’elemento principe è soprattutto riferito alla crescita umana del personaggio, come se la sua evoluzione fosse, in fondo, collegata non solo a quella dell’autore ma all’intera umanità. Il suo personaggio principale, Aley Amira, compie ogni gesto fondamentale che compiamo noi lungo il percorso, forse meno magico, che l’esperienza terrena porta con sé: la scoperta dei doni o dei talenti, la loro gestione affinché essi non si discostino da una certa eticità, l’acquisizione di una coscienza pienamente sviluppata che ci fa uscire dal dormiveglia per acquisire la responsabilità necessaria per essere eroi di tutti i giorni, e l’incontro con l’ombra, con quel demone che sconvolge la tranquilla routine, che rende ogni azione a rischio di crollare nell’abisso. Eppure, l’eroe, quei lati oscuri, quei draghi, deve poterli affrontare e non sconfiggere ma addomesticare.

    L’intera maestosa opera della Pellegrino è improntata a una ricerca dell’autenticità stilistica, priva di fronzoli e di regole eccessive, ma ricca di contenuto. Dosare perfettamente descrizioni, emotività, azione, amore e dolore, è il suo mantra: e come una novella parca intreccia il suo arazzo con una grazia invidiabile, ma soprattutto, ella riverisce il lato umano dei suoi personaggi, non più eroi avulsi dal contesto reale, ma eroi che dal sogno creano una realtà, se non alternativa, altamente possibile. Il nemico è qualcosa di concreto e per nulla indefinito. È colui che minaccia ogni giorno il nostro mondo, i nostri valori più importanti, il benessere e la società.

    La ricerca dell’equilibrio si fa strada attraverso la bellezza della purezza: i suoi personaggi sono, dunque, sì profondamente umani, fragili e imperfetti, ma al tempo stesso così puri, così integri, che fungono da modelli positivi per ogni lettore. La stessa Veronica, con la sua dolcezza, la sua educazione e la sua fantasia sana si racconta attraverso le pagine, rendendo la sua stessa esistenza dedita al principio dell’armonia. Esempio da cui trarre ispirazione.

    Un libro che non è solo di evasione, ma di riflessione. Un libro che non crea mondi lontani ma ricrea, attraverso il demiurgo potere della parola, il nostro di mondo. Ecco che da questi viaggi, attraverso queste avventure, un vero e proprio viaggio dell’eroe, si avvince totalmente il lettore, tanto che dalla parola fine ne esce straordinariamente cambiato. E non è, forse, questo il vero potere di un libro?

    Buon viaggio. Micheli Alessandra.

    Sentimenti contrastanti

    Correva, correva a più non posso. Il fiato corto, i battiti del cuore accelerati. Avvolta da una muta oscurità, ricercava la luce che sembrava allontanarsi a ogni passo. Fermarsi e abbandonarsi del tutto era ciò che avrebbe voluto, ma qualcosa le impediva di farlo; un dovere, la consapevolezza che qualcosa di ancora incompiuto la attendeva. Una soffusa voce in lontananza le diceva di tornare indietro, di lottare, di non arrendersi. Sapeva che doveva ascoltare quelle parole, doveva raggiungerle, eppure, sembravano così distanti, cosi…irraggiungibili. Si fermò, non sentiva stanchezza, né energia scorrerle nelle vene, ma solitudine e inquieta voglia di tornare a vivere, a gioire e risorgere dalla valle di desolazione in cui adesso si trovava. Per questo, tornò a correre verso la fioca speranza, incitata da quella presenza che sembrava non volerla abbandonare, mai. Riusciva a percepirla, era lì per lei, e per essa doveva continuare a sperare. Non poteva arrendersi, non adesso.

    Un dolce raggio di Sole estivo scaldava il viso di Aley regalandole una sensazione calda e avvolgente. Presto, aprì gli occhi. Si trovava nella sua stanza, nel suo letto. Era tornata alla torre di magia. Aveva l’impressione di aver dormito per lunghi anni. A malapena ricordava cosa fosse accaduto dopo il salvataggio di Naria, i ricordi erano confusi, sfumati, voci e suoni si mischiavano insieme senza senso logico, una sola consapevolezza; era viva, era uscita da quel buio e infinito cunicolo che sembrava averla imprigionata per lungo tempo. Ancora intorpidita, provò a sollevarsi, ma una leggera fitta di dolore all'altezza della vita la fece tornare distesa. Fu allora che notò delle bende fasciarla per intero, e capì che, forse, era salva per miracolo. Si guardò intorno, tutto era come l'aveva lasciato, nulla era cambiato. Era felice, una felicità indescrivibile, mai provata. Ringraziava la vita per averle dato una seconda opportunità, e mentre tentava di ricucire i pezzi di un lungo e travolgente Conclave, la porta della sua stanza si aprì.

    «Finalmente ti sei svegliata, mia bella addormentata».

    Un sereno e cortese sorriso diede il benvenuto a Naria. Aley era sinceramente contenta di rivederla.

    La maga si avvicinò, sollevò la sedia posta vicino la scrivania e la posizionò accanto al letto, poi si sedette con la grazia che la caratterizzava «come stai?»

    «Me la sono davvero vista brutta».

    Naria annuì, un velo di dispiacere in volto «temevamo che non ti saresti più risvegliata».

    Aley era stata fortunata, più di molti altri compagni deceduti durante il lungo Conclave. Il pensiero volò alle parole della zia, Juhanah, quando l’avvertiva della pericolosità dei raduni treoniani, e dovette riconoscerle di avere ragione. Fortunatamente, il peggio era passato, adesso voleva solo guardare all’immediato futuro, ringraziando gli Dei per la nuova vita concessa.

    «La ferita tira e mi costringe a star distesa, mi…».

    Non ebbe bisogno di ultimare la frase che Naria sembrò leggerle il pensiero «ti aiuto a sollevarti un pò, così starai più comoda» la maga tentò di non farle male, sollevandola con delicatezza «ricordi cosa è successo?»

    «Qualcosa».

    In verità era alquanto frastornata.

    «Sei stata avvelenata da uno di quei luridi Viscidi. Il graffio che ti ha provocato, all’apparenza insignificante, era in realtà profondo, ingannevole se osservato senza l'accurata attenzione. Come una sciocca, non ho insistito per dargli un'occhiata».

    «Credevo che la debolezza che pian piano debilitava il mio corpo derivasse da giorni interminabilmente difficili. Non immaginavo che…» toccò la ferita fasciata dalle bende.

    Naria le accarezzò i capelli «poteva esserti fatale. Eravamo tutti molto preoccupati, sai?»

    «Ho deluso tutti» abbassò il viso.

    «Perché dici questo?» Naria portò la mano al mento della giovane, sollevandole il volto per guardarla negli occhi.

    «Giurai al Faraone di essere pronta alla battaglia. Credeva in me…» lo sguardo sdegnato, quella ferita era simbolo del suo fallimento come guerriera.

    «Ti sei battuta valorosamente, sono tutti orgogliosi di te, Iske più di chiunque altro. Ha visto in te determinazione e grande coraggio».

    Finalmente sorrise, rincuorata da quelle parole, ma allo stesso tempo sapeva di esser stata imprudente, ciò era inammissibile «il Generale Muahddib è in collera con me?»

    La Somma Arcana la guardò sbalordita.

    «So che avete…come dire…» Aley non voleva offendere la Maestra, o supporre qualcosa di inesistente, tuttavia, non riuscì a frenare le parole «un rapporto speciale. Ti avrà sicuramente detto qualcosa al riguardo. Sii sincera con me, Naria».

    «Durante il viaggio di ritorno abbiamo parlato a lungo. Come già detto, eravamo molto preoccupati per te, Aley. La febbre saliva in fretta, e avevi subìto un intervento d'urgenza. Nonostante le difficoltà, il veleno fu completamente rimosso grazie all’esperienza di Isabel, ma dovevamo portarti immediatamente alla torre per farti riposare e medicare la ferita con delle erbe magiche che ti avrebbero aiutato a guarire. È stato proprio Mib a portarti qui, in camera tua, e ha vegliato su di te per tutte le notti trascorse».

    Aley non riusciva a crederci, sbalordita dalle rivelazioni della Maestra. Possibile che il sempre distaccato Muahddib si era così tanto preoccupato per lei? Quel pensiero la riportò indietro al ricordo della sensazione provata quando la speranza sembrava averla abbandonata. Era lui che percepiva quando si sentiva ormai perduta, era la sua voce quella udita, l’unica che le aveva donato la forza di andare avanti. Nonostante la gioia si riflettesse come uno specchio sul suo viso, Aley tenne per sé la consapevolezza che affermava la veridicità delle parole di Naria.

    «Quanto ho dormito?»

    «Dodici notti».

    La consapevolezza del rischio corso le si catapultò addosso come un’onda che s’infrange sugli scogli.

    «Non ti ha lasciato sola nemmeno per un istante».

    «Dove si trova, adesso?»

    «Gli ho ordinato di riposare. Lo conosci, sai che se non glielo avessi imposto, avrebbe continuato a far di testa sua».

    Risero insieme.

    Il pensiero che Dib si fosse prodigato per lei le dava speranza, forse, qualcosa in lui era cambiato, o era solo senso del dovere? Non voleva illudersi, in fondo erano in discussione i suoi stessi sentimenti. Il Generale era sempre stato un enigma a causa dei duplici atteggiamenti che da sempre aveva manifestato nei suoi confronti. Le premurose attenzioni potevano essere dovute a un semplice legame d’amicizia, giustificate dal tempo e dalle avventure vissute insieme. Riteneva che l’amore fosse altra cosa, ma cosa ne sapeva lei dell’amore? Per la prima volta, cuore e mente erano in comune accordo; non poteva legarsi a un uomo così volubile. Proprio in quel momento, qualcuno bussò alla porta, destandola da ogni fantasia.

    «Maady, sei tu!» Era davvero felice di vederlo.

    «Disturbiamo?» Un gran sorriso lo illuminava.

    Aley si accorse che non era solo. Con lui vi erano anche Nahil e Sisto. Fece loro cenno di entrare.

    «Sarà meglio che io vada, ho molte cose da fare. Quella trascorsa è stata solo una delle innumerevoli battaglie che verranno, la guerra contro la quinta è appena cominciata» le accarezzò il viso «adesso riposati e guarisci in fretta» si chinò su di lei e la baciò sulla fronte. Prima di uscire dalla stanza, Naria avvertì gli allievi di fare attenzione a non far stancare troppo Aley, era ancora debole.

    Maady si sedette vicino alla giovane, sulla sedia prima occupata da Naria. Sisto, invece, si appoggiò alla finestra mentre Nahil si sedeva sullo scrittoio.

    «Ti sembrano scherzi da fare? Dormire per dodici lunghe notti…non si fa, Aley!» Canzonò.

    «Perdonami Maady, non era mia intenzione farti preoccupare».

    Un attimo di silenzio, poi risero insieme.

    «Ti fa male?» Domandò indicando la ferita fasciata.

    «Non molto, per fortuna rimarrà solo un semplice brutto ricordo».

    «Isabel sembrava essere impazzita» rivelò ridendo «sosteneva che eravamo stati degli sciocchi a non averti portata subito da lei e, nonostante continuassimo a ripeterle che non sapevamo fossi stata ferita, insisteva con la predica».

    «Bla, bla, bla, quante inutili chiacchiere. Com’è pesante quella donna! Insopportabile…» intervenne Sisto, ma fu subito interrotto da un leggero bussare alla porta.

    Ricevere visite faceva sentire Aley apprezzata e ben voluta, così invitò la persona che attendeva paziente a farsi avanti.

    «Posso entrare?»

    «Vladhymiria…non devi chiedermi il permesso» le sorrise e le fece cenno di accomodarsi.

    Sisto andò verso di lei e la baciò, lasciando tutti di sasso, poi si volsero verso i commilitoni. Il Ramonno era visibilmente emozionato e rosso in viso «volevamo farvi sapere che presto…insomma…che il prima possibile, io e Vlada, convoleremo a nozze».

    ― Vlada, mi piace ―, Aley pensò fosse un nomignolo davvero grazioso per la nuova amica, un nomignolo intimo che la riportò a Muahddib e al suo modo di chiamarla Al.

    «Ma dovete giurare di non proferir parola al riguardo con il Generale Kalin, mio fratello, non accetterebbe la nostra unione» continuò la giovane.

    «Il Generale Vladimir diventerebbe una furia» Nahil era sollevato per non essere nei panni di Sisto «ma…sapete che vi dico? L’unica cosa che conta è la vostra felicità!»

    Un solo attimo di silenzio, poi tutti i presenti applaudirono per condividere la gioia dei giovani amanti.

    «Mi congratulo con voi, Sisto e Vladhymiria, vi auguro felicità e una lunga vita insieme».

    «Grazie, Aley».

    Il viso di Vladhymiria era radioso, l’amore provato nei confronti del secco e silenzioso soldato era immenso e si percepiva anche da un semplice sguardo a lui rivolto.

    «Io vi auguro di fare molti, moltissimi, figli!»

    «Grazie, Maady, il tuo pensiero è sempre molto franco» rispose Sisto, sarcastico e terribilmente imbarazzato.

    Tutti risero di gusto, ma le successive parole di Vladhymiria furono serie, abbracciate da un alone di malinconia «mio fratello non dovrà mai sapere, o almeno, non adesso. Non sarebbe d'accordo con la mia scelta di unirmi a Sisto, il miliziano. Vlad desidera vedermi sposare un uomo importante e potente. Non capirebbe la mia scelta, non capirebbe il nostro amore, e cercherebbe di impedire l’unione».

    «Stai tranquilla, Vladhymiria, custodiremo il segreto, e solo quando sarai pronta, tu stessa parlerai a tuo fratello. Credo sia meglio così, e vedrai, capirà» Aley cercò di infonderle coraggio, mentre gli altri annuivano in segno di assenso.

    «Grazie davvero, amici» Sisto si sentì sollevato dalla promessa, credeva nel giurato silenzio dei compagni.

    «Adesso, però, diteci, a quando le nozze?» Aley era sinceramente entusiasta, e si stupì di sé stessa nel domandarsi se un giorno anche lei avrebbe convolato a nozze. La divertiva immaginare che, prima o poi, il momento sarebbe giunto anche per lei, e la consapevolezza di non sapere con chi avrebbe fatto quel così importante passo la faceva sognare.

    «Tutto sarà svolto in segreto per evitare qualunque tipo di intrusione. Solamente io, Vlada e un sacerdote».

    «È comprensibile».

    «Ci dispiace non rendervi partecipi all’evento, spero capiate che per noi…» la voce di Vladhymiria si fece tremante «è l’unico modo per realizzare il sogno».

    «Come ha ben detto Nahil, l’unica cosa che importa è la vostra felicità» Aley sorrise dolcemente, rincuorando il timido miliziano e la giovane promessa sposa.

    «E Sisto si sposa!» Esclamò Nahil, facendo ripartire l'applauso.

    «Cosa si festeggia?»

    Cassandra.

    Presi dall’eccitante notizia, nessuno di loro si era accorto della regale presenza.

    La donna aveva saputo del risveglio di Aley e si era precipitata da lei facendo irruzione nella stanza senza nemmeno bussare.

    L’imbarazzante silenzio calato nella stanza immobilizzò Sisto, visibilmente teso, incerto nel rivelare o meno la lieta notizia alla sovrana d’Egitto.

    «La Regina è informata di tutto. Mi fido di lei e della sua completa riservatezza» Vladhymiria tranquillizzò l’amato futuro sposo.

    «Rinnovo le mie congratulazioni per il lieto evento» rivolse uno sguardo compiaciuto al secco miliziano, poi a tutti i presenti «mi dispiace porre fine ai festeggiamenti ma, ahimè, devo invitarvi a uscire dalla stanza di Aley».

    Cassandra sapeva imporre gli ordini con grazia e delicatezza.

    Uno alla volta si inchinarono alla Regina in segno di congedo e uscirono dalla camera richiudendo la porta alle loro spalle .

    «Vediamo di farti guarire presto» sorrise. Cassandra sedette sulla solita sedia posta dinanzi al letto della fanciulla, il suo sguardo era disteso e sereno, confortante e dolce, come sempre.

    «È bello rivederti, adorata Cassandra».

    «Non sai quanto ho pregato affinché tu riaprissi gli occhi. Gli Dei mi hanno ascoltata».

    «Non era mia intenzione darvi pena».

    Cassandra seppe confortarla con un lungo e semplice caldo abbraccio.

    «Se solo fossi stata un po’ più attenta…».

    «Anche i più valorosi combattenti cadono e trovano la forza di rialzarsi. Lo farai anche tu e, vedrai, da questa esperienza ne uscirai fortificata nello spirito e nel corpo» le carezzò la guancia «permettimi di medicarti, aiutami a togliere le bende».

    Così fecero, con cautela.

    «Sono ben lieta di constatare che la ferita si sta rimarginando del tutto» le sorrise dolcemente.

    Cassandra era premurosa come una madre, quella madre che la giovane maga non aveva mai avuto modo di vivere, anche se in realtà Juhanah l’aveva cresciuta come figlia sua. Anche quest'ultima, come Cassandra, la accudiva e la rassicurava con teneri abbracci. Ricordò alcuni momenti dell’infanzia, quando da bambina si sbucciava le ginocchia giocando, o quando si risvegliava dopo aver sognato terribili incubi, ma preferì lasciar andare i ricordi per non farsi prendere dallo sconforto, dalla tristezza nel sapere i suoi cari lontani da lei. Nahila le mancava tanto, avrebbe voluto raccontarle tutto ciò che aveva affrontato e che provava, ma non poteva, e si domandava se mai avrebbe nuovamente avuto la possibilità di riabbracciare la migliore amica.

    «Ciò vuol dire che già domani potrei essere in grado di partire e affrontare il viaggio?»

    «Sì, al sorgere del nuovo Sole ti sentirai come rinata».

    Aley strinse i denti per un secondo e a Cassandra questo non sfuggì.

    «Il dolore che senti è causato dall'intervento che hai subito, ma sono certa che passerà una volta che la ferita si sarà rimarginata del tutto».

    «Il dolore è solo un po' fastidioso, posso sopportare» il volto di Aley si era improvvisamente corrucciato.

    «Dimmi, cosa ti preoccupa?»

    «La missione che mi è stata affidata…so che non sarà semplice. Ho paura…paura di non essere all'altezza, di non farcela e…di morire».

    «Non sarai sola. Il Generale Muahddib sarà al tuo fianco, lui ti proteggerà» Cassandra continuava a medicare la ferita della giovane con meticolosa cura.

    «È valoroso e un gran combattente, mi fido di lui, ma nessuno sa cosa succederà una volta che il portale sarà aperto» Aley la guardò fissa negli occhi, aveva esposto le sue perplessità in completa sincerità.

    Cassandra fermò ciò che stava facendo per l’importanza che richiedeva la discussione «Aley, mentirei se dicessi che l’esecuzione del rito delle dodici porte sarà facile come bere un bicchier d’acqua, ma la profezia…la profezia non mente e, se le nostre ipotesi sono esatte, solo tu potrai far risplendere l’Egitto. So che, nonostante le avversità e le sfide più ardue, tu e Muahddib riuscirete nell’impresa e farete un trionfale ritorno in terra drepanica».

    «Sì, andrà come avete predetto» voleva crederle, doveva crederci fino in fondo.

    Cassandra ultimò la medicazione prendendo delle bende pulite e avvolgendole nuovamente sulla vita di Aley , solo dopo, la sposa d'Egitto aprì la bisaccia e le porse qualcosa «è arrivata stamane prima che giungessi qui da te».

    «Per Aley Amira…» sussurrò.

    Era da parte di Juhanah.

    Subito la aprì e lesse in modo che anche Cassandra potesse conoscerne il contenuto.

    «Cara Aley, nipote mia adorata, avevo giurato a me stessa di non scriverti per non farti pesare la nostra mancanza, ma più forte è stato il desiderio di stendere poche parole affinché giungessero fino a te. Da quando abbiamo fatto ritorno nella terra d’infanzia, nulla è più come prima. Nahila è assente, distante, distaccata. Trascorre ore e ore nella tua vecchia stanza, e legge, legge fino a notte fonda, ogni cosa le ricorda te, persino quei libri che tanto adoravi. Vuole capire, vuole conoscere. Come te, vuole spiccare il volo, andar via per intraprendere un nuovo cammino, e questa volta non mi opporrò. Triste sapervi entrambe lontane, voi, le mie due uniche figlie, perché questo siete per me. Prego gli Dei affinché nulla di grave possa accadervi, ne morirei. Non posso oppormi al destino, tua madre me lo ripeteva sempre, ma solo adesso ho compreso la veridicità delle sue parole. La lascerò andare per permetterle di inseguire il sogno di divenire un’incantatrice, sono certa che sarai fiera di lei e, chissà, forse riuscirai a perdonare anche me per i passati errori commessi. A questi vorrei rimediare. Ebbene, all’interno della missiva troverai una vecchia pergamena. Spero tu capisca che l’amore di un genitore non conosce limiti. Ti abbraccio, mia adorata nipote, e ti bacio, augurandoti buona fortuna. Mi raccomando, regala alle fiamme queste parole, il male è in agguato. Ricorda che ti amo, come una madre ama una figlia, non dimenticarlo mai».

    Cassandra capiva perfettamente ciò che la donna provava. Conosceva bene il dolore dell’abbandono, l’angosciante consapevolezza di non far parte della vita di un figlio, la sconfortante lontananza che impedisce di poterlo abbracciare, e il dovere di sacrificare ogni cosa per il suo bene.

    Aley ripiegò la missiva inviata dalla zia, il pensiero volto a Nahila. L’avventura in Egitto l’aveva certamente segnata. In cuor suo provava dispiacere per non esserle stata accanto, ma il cammino che aveva deciso di intraprendere era l’unico che meritava di essere calpestato. Era forse stata egoista? Sì, probabilmente era così che doveva sentirsi, ma sapeva che Nahila avrebbe capito i motivi che l’avevano spinta a separarsi da lei. Conosceva il grande interesse che l’amica provava nei confronti dell’Ordine degli incantatori, e la scelta di partire per inseguire quel sogno la rendeva orgogliosa di lei. Subito, prese l’antica pergamena di cui la zia le aveva parlato, curiosa di leggerne il contenuto.

    «Chi scrive?» Anche Cassandra era mossa da curiosità.

    «Mio padre…» nessun velo di malinconia calò sul viso di Aley, adesso serena.

    La Regina la invitò a leggerne.

    Così fece.

    «Amata figlia mia, quando, e se mai leggerai queste mie parole, io e tua madre non faremo più parte di questo mondo. Voglio che tu sappia che ti amiamo molto, come Geb amava suo figlio Osiris a cui fu affidato il Regno della terra, assassinato dall'invidioso fratello Set che ne sparse le membra nelle acque del Nilo, ricomposto nel corpo dalla sposa e sorella, Isis. Da allora è signore dell'Oltretomba, a lui affideremo la nostra anima, affinché essa sia pesata al fine di essere ritenuta degna di beneficiare della luce di nostro Dio, Ra. Il tuo cammino non sarà facile, bambina mia, per questo ti affido a lui, disco solare nascente, e a Isis, Dea della famiglia e della magia, affinché tu possa trovare la Luce, ma fai molta attenzione alle mie parole…» Aley riprese fiato, un nodo in gola. Questa volta le lacrime non avrebbero bagnato il suo viso, non poteva cambiare l’infausto

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