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Una sfida dal passato
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E-book164 pagine3 ore

Una sfida dal passato

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Info su questo ebook

Una notte bollente, un segreto da non svelare.
Angel Urquart, splendida modella, non ha firmato per quello. Un servizio fotografico su un'isola paradisiaca? Certo! Lavorare accanto ad Alex Arlov? Assolutamente no!
Sei anni prima, lui le ha mostrato cosa significhi la vera passione, così intensa e travolgente da sembrare quasi un sogno, ma dopo quella notte Angel ha deciso di farlo uscire dalla sua vita e da ogni suo pensiero senza alcuna esitazione. Adesso però trovarsi accanto a lui e restare indifferente è una sfida persa in partenza.
LinguaItaliano
Data di uscita10 feb 2021
ISBN9788830525214
Una sfida dal passato
Autore

Kim Lawrence

Autrice inglese, rivela nei suoi romanzi la propria passione per le commedie brillanti.

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    Anteprima del libro

    Una sfida dal passato - Kim Lawrence

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    A Secret Until Now

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2014 Kim Lawrence

    Traduzione di Sonia Indinimeo

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-521-4

    Prologo

    Londra, estate 2008, un albergo

    Gli occhi di Angelina si erano abituati al buio, ma da dove era sdraiata non riusciva a vedere il display illuminato della sveglia, coperto dalla spalla di lui. Tuttavia, la lingua di luce che penetrava nella stanza dalle tapparelle abbassate, annunciava la mattina.

    La mattina dopo...

    Sospirò e lasciò vagare lo sguardo in quella stanza anonima. L’arredamento era quello ormai tipico degli hotel a cinque stelle, concepito come se tutti ordinassero la cena in camera.

    Per quanto poteva, Angelina evitava camere come quella perché la deprimevano... Deprimevano... Sorrise all’uso del passato e si sollevò su un gomito. Nonostante l’elegante banalità, in quella stanza c’era qualcosa di molto diverso. Non era sola.

    Quando l’uomo al suo fianco borbottò nel sonno, riportò l’attenzione su di lui. Sussultò quando lo vide sollevare un braccio sulla testa, contraendo la massa armonica dei muscoli. Non riusciva a vedere il suo viso, ma il suo respiro era profondo e regolare.

    Avrebbe dovuto svegliarlo?

    Le occhiaie scure sotto quegli occhi spettacolari suggerivano che avesse un gran bisogno di una dormita. Le aveva notate subito insieme a ogni più piccolo dettaglio del suo viso, che le si era impresso nella mente come un marchio a fuoco indelebile.

    Nonostante i segni evidenti della stanchezza, era un viso stupendo. C’era uno stanco cinismo nei suoi profondi, inquieti occhi blu e tutto in lui tradiva una rabbia quasi palpabile.

    Era stato molto brusco con lei, ma non era stata la sua furia incandescente o il fatto che le avesse salvato la vita quando aveva visto la morte in faccia, a farla capitolare. Tutto in lui aveva contribuito. La sua aura di pura mascolinità aveva avuto un effetto devastante. Era stata sommersa da una travolgente ondata di lussuria, che l’aveva scaraventata in un profondo abisso di emozione. Un’emozione così nuova e intensa che le aveva tagliato il respiro.

    Non c’era stato un momento preciso in cui aveva fatto una scelta consapevole. Aveva solo sentito di dover stare con lui. Lo desiderava e aveva letto nei suoi occhi che la cosa era reciproca.

    Che altro importava?

    Davvero l’ho pensato? Che altro importa?

    Un alibi assurdo, degno di una persona famelica e stupida. Angelina sapeva di non essere né l’una né l’altra cosa ed era conscia del fatto che quel particolare dialogo interiore avrebbe dovuto aver luogo prima e non dopo...

    Ma la notte precedente non c’era stato nessun dialogo interiore. Se almeno avesse bevuto troppo, si sarebbe aggrappata a quella scusa. Ma non aveva scuse. Le si affacciarono alla mente le parole di un romanzo d’amore che aveva letto anni prima, più per curiosità che altro, con una punta di superiorità. Al momento quelle parole l’avevano fatta sorridere, ora non riusciva a scacciarle dalla mente. Sentivo una brama profonda, un doloroso languore nel corpo e nell’anima, che non avevo mai immaginato possibile.

    Alzò gli occhi al cielo, poi si voltò a guardarlo. Ammise che, sì, l’uomo nel letto accanto a lei era bellissimo ed eccitante, ma ne aveva incontrati altri. Aveva riso del loro machismo, non si era mai fatta affascinare o trascinare dall’esteriorità. Era sempre stata una donna indipendente e le piaceva così.

    Di solito guardava ai maschi con nobile disdegno, ma quello in particolare le aveva salvato la vita, pensò, anche se ciò che stava provando non aveva niente a che fare con la gratitudine.

    «Dio, sei così bello.» Il suo sussurro era dolce e velato di meraviglia, quando tese una mano per toccare la testa bruna, concedendo alle dita di sfiorare le ciocche luccicanti. Anche Angelina era mora, ma i capelli di lui erano di due toni più scuri e la sua pelle abbronzata, la faceva sembrare quasi pallida, nonostante avesse una carnagione di un caldo colore olivastro. Quel contrasto l’aveva affascinata dal momento in cui aveva visto i loro corpi avvinghiati. Un contrasto che non riguardava solo il tono della pelle, ma la sensazione tattile della rude virilità di lui contro la sua femminea morbidezza.

    Angel non aveva dormito per tutta la notte, eppure si sentiva benissimo. Non provava spossatezza, ma una languida sensazione di piacere. Quando sollevò le braccia sulla sua testa, stiracchiandosi con grazia felina, sentì guizzare muscoli che non sapeva di avere. Chi voleva dormire quando era finalmente accaduto? L’uomo dei sogni era una realtà e lei aveva trovato il suo!

    Era stato il destino!

    Corrugò la fronte. Credere al destino non era da lei. Quando l’avevano accusata di non avere una traccia di romanticismo nelle vene, l’aveva preso come un complimento e non come una mancanza. Non aveva mai voluto essere quel genere di persona che si innamora a prima vista e si disinnamora con altrettanta facilità. Sua madre era così, ma nonostante la sua apparente fragilità che induceva a prendersi cura di lei, era refrattaria alle emozioni.

    Angelina sapeva di non ispirare sentimenti cavallereschi negli uomini e nemmeno ci teneva a farlo. Il solo pensiero di non essere indipendente la terrorizzava. Da piccola, due sole cose l’avevano salvata da una vita di solitudine e isolamento, suo fratello e la sua immaginazione. Ma mai, nemmeno da bambina, aveva confuso i sogni con la realtà.

    Angel non si era mai aspettata che le sue fantasie si concretizzassero.

    Allungò la mano verso di lui, combattendo la tentazione di toccarlo, di abbassare ancor di più il lenzuolo che gli copriva il basso addome. Si era meravigliata di poter avere simili pensieri senza il minimo imbarazzo. Lo stesso era successo quando si era spogliata per lui. Le era solo sembrato giusto e tremendamente eccitante.

    Nessuna fantasia aveva mai eguagliato l’attrazione che aveva provato per il suo corpo. Sentì fremere i muscoli dello stomaco, nella calda e bramosa attesa di esplorarne di nuovo ogni centimetro.

    «Assolutamente magnifico» sussurrò ancora.

    Alex...

    Quando si era presentato e le aveva chiesto il suo nome, gli aveva risposto Angelina, anche se nessuno l’aveva mai chiamata così. Quando era nata, suo padre aveva detto che sembrava un piccolo angelo e aveva scelto quel nome, per lei.

    Si tese quando Alex mormorò nel sonno e si girò sulla schiena, allungando il braccio fino a sfiorare la testata del letto.

    Angelina sentì un fremito di eccitazione mentre lo guardava rapita, tra il meravigliato e il bramoso. Era la cosa più bella che avesse mai visto o immaginato.

    Alla luce che ora riempiva la camera, la sua calda carne olivastra brillava come oro. Avvertì un formicolio sotto i polpastrelli. Perfetto poteva sembrava un termine abusato, ma nel suo caso calzava a pennello. Aveva gambe lunghe e possenti, le ampie spalle e un petto decisamente muscoloso, spolverato da una nera peluria che si compattava in una linea sottile verso il ventre piatto, dai muscoli scolpiti. Non c’era un grammo di grasso su quel corpo da statua. Ma Alex non era una statua. Era un uomo in carne e ossa e stava condividendo il letto con lei.

    Un sorriso frastornato le attraversò il viso quando sentì una fitta al ventre. La scorsa notte era stata semplicemente perfetta. Non c’era stato il minimo tormento o imbarazzo.

    Per natura non conosceva vie di mezzo. O tutto o niente. Ripensò alle sue pagelle disseminate nella stessa misura di Eccellente e Insufficiente. Neppure quella notte c’era stata una via di mezzo. Non si era risparmiata, gli aveva dato tutto senza riserve.

    «So che non è il momento giusto, ma c’è un problema.»

    Le parole di uno dei suoi dirigenti erano state come musica per le orecchie di Alex. «Dimmi.»

    L’uomo lo aveva messo al corrente e lui aveva agito. Risolvere crisi gestionali era la sua specialità. Era solo una questione di concentrazione.

    Era andato dritto dal funerale al suo ufficio, dove aveva passato gran parte dell’ultimo mese. Si era lavato, aveva mangiato e chiuso gli occhi per qualche minuto sul sofà. Andava bene così. Non c’era nessun motivo per tornare a casa. Ma dopo aver risolto brillantemente i problemi con il consiglio di amministrazione, non era riuscito a trovare una buona scusa per non tornare nel suo appartamento, dove se possibile aveva dormito ancora meno. Aveva provato ad andare a letto, ma dopo un paio d’ore era di nuovo in piedi.

    Ecco perché ora gli sembrava così strano svegliarsi da un lungo sonno profondo e vedere la luce che splendeva attraverso le persiane della sua stan... Di una stanza non sua! Ma dove diavolo...?

    Strabuzzò gli occhi e mise a fuoco il viso della donna più bella che avesse mai visto. Stava lì seduta a guardarlo, completamente nuda, vestita solo di una cascata di capelli neri che le coprivano i seni come tende di seta... Seni che avevano riempito perfettamente le sue mani e che...

    D’improvviso ricordò tutto.

    Maledizione!

    «Buongiorno.»

    Il suo corpo reagì alla tranquilla promessa nel sorriso della donna ma, ignorando i pressanti segnali che lei gli stava inviando e il desiderio che gli scaldava il sangue, digrignò i denti e mise i piedi giù dal letto. Crescendo, il senso di colpa gli ostruiva la gola come un’ondata acida. Doveva limitare i danni e non ripetere l’errore, per quanto allettante potesse apparire.

    Lei era una sirena incantatrice con una voce sensuale e un corpo da urlo, ma era stato un errore e ora doveva porvi fine.

    «Credevo che non ti saresti mai svegliato.»

    Alex si irrigidì al contatto delle dita di Angelina sulla pelle. Cancellò dal viso tutte le emozioni e si voltò ad affrontarla.

    «Avresti dovuto svegliarmi. Spero di non averti fatto far tardi per qualcosa.»

    «Tardi...?» ripeté lei con voce tremula.

    Alex si alzò e si guardò intorno, in cerca dei suoi vestiti. «Ti chiamo un taxi?»

    «Io... io pensavo che noi...» Le si spense la voce quando incrociò il suo sguardo gelido.

    «Senti, la scorsa notte è stata... È stata davvero fantastica, ma io non sono disponibile.»

    Disponibile? Angelina non riusciva a capire.

    Alex sentì pesare il senso di colpa, ma non aveva nessuna voglia di prolungare questa scena. Aveva fatto un errore colossale, fine della storia. Un’analisi a posteriori non avrebbe cambiato le cose.

    «Pensavo...»

    Le si avvicinò. «La scorsa notte si è trattato solo di sesso.» Centellinò le parole come se stesse cercando di spiegare qualcosa a una bambina o parlando a un’imbecille.

    Lo guardò, confusa dalle sue parole e dal gelo dei suoi occhi blu. «Ma stanotte...»

    «Come ti ho detto, è stato fantastico, ma è stato un errore.» Un grande errore, ma un uomo imparava dai propri errori e lui non avrebbe ceduto alla tentazione di ripeterlo.

    Quando lo vide infilarsi la camicia e tirarsi su i pantaloni, Angelina cominciò a sentirsi male. Meccanicamente si allungò a raccogliere l’oggetto che gli era caduto dalla tasca e che era rotolato sul pavimento, fermandosi proprio di fronte ai suoi piedi. Una fede nuziale.

    «È tuo?» gli chiese.

    Lui prese l’anello dal suo palmo teso, evitando accuratamente di sfiorarla.

    «Sei sposato?»

    Per un istante pensò di ammettere la verità, dicendo che lo era stato, ma ora non più e che teneva l’anello in tasca perché gli amici continuavano a dirgli che era tempo di andare avanti con la sua vita.

    Poi realizzò quanto sarebbe stata più facile e meno dolorosa una bugia. Non avrebbe alleviato il senso di colpa che stava provando, ma avrebbe reso quella scena meno complicata e le avrebbe permesso di confidare alle amiche che il bastardo era sposato.

    «Mi dispiace.»

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