Iris il fantasma
Di Max Careddu
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Anteprima del libro
Iris il fantasma - Max Careddu
Indice
Copertina
Iris il fantasma
Presentazione.
Questo racconto è frutto della fantasia, sebbene tragga spunto da alcuni fatti di cronaca avvenuti alcuni anni or sono, come i casi legati a nomi tali quali Dutroux, Fritzl o Kampusch, tanto per citarne alcuni fra i tanti.
Soprattutto, mi è stato d’ispirazione il caso di Anatoly Moskvin.
Tali fatti mi turbarono molto, al punto da spingermi ad espellere attraverso la scrittura, nella misura del possibile, una parte dell’angoscia.
Nella narrazione, quelle vicende si fondono per dare vita ad una situazione incresciosa, che Iris affronta con la sua usuale ingenuità, ma anche traendo la propria forza d’animo da quell’istinto selvatico che lo contraddistingue.
Per la stesura del testo, si sono rese necessarie alcune ricerche inerenti i maniaci seriali, ma, nonostante questo, è stato molto difficile il processo d’immedesimazione riguardante personaggi così efferati.
Onestamente, non sono sicuro di essere riuscito nell’impresa, forse perché la mia mente si è rifiutata di fare subire al mio personaggio preferito le sofferenze più estreme, forse anche perché certi deviati meccanismi mentali sono per me inconcepibili.
Oltre a ciò, la figura del maniaco appare forse più umana
per il fatto che, inconsciamente, vi ho aggiunto qualcosa di mio, così come mi accade di fare rispetto ad altri personaggi dei miei racconti, che finiscono per apparire meno maligni di quanto siano probabilmente nella realtà.
D’altro canto, sebbene ci siano dei tratti d’unione, delle similitudini nella psicologia dei perversi, è pur vero che ogni persona è un’entità a sé, con il proprio vissuto e la propria eredità genetica.
Ma poco importa: il personaggio principale rimane Iris, con la sua infantile purezza di spirito, mista a quell’istinto animale che gli fa sormontare le avversità.
Concludo con una nota: il personaggio negativo del racconto s’interessa d’esoterismo e culti oscuri, sebbene nella narrazione questo aspetto non sia approfondito; si tratta semplicemente di uno stereotipo il cui scopo è quello di rendere la figura del maniaco più fosca ed inquietante.
Iris - 2° Episodio
Il fantasma.
Iris risaliva lentamente da un oscuro baratro.
Si sentiva leggero, come sublimato in un vapore emergente dalle viscere della terra.
Eppure, poco a poco, cominciava a sentire di avere un corpo.
Ciò avrebbe dovuto rassicurarlo, ma, a misura che cresceva in lui la percezione della propria essenza materiale, sentiva un dolore aumentare d’intensità.
Per un attimo, cercò di fermare la propria ascesa, arrivando persino a formulare il desiderio di ricominciare a sprofondare nel buio, pur di lenire il dolore crescente.
Ma la vita, contro la sua volontà, si ostinava a riportarlo poco alla volta in superficie, fino a farlo levitare sul letto dove egli giaceva, semicosciente.
Con sua grande sorpresa, il fanciullo si accorse di avere persino gli occhi aperti, sebbene questi vedessero solamente delle macchie indefinite, in un mondo fatto di nebbia.
Si accorse anche di avere la boccuccia aperta, allorché sapeva di doverla tenere sempre chiusa, così come aveva imparato durante gli ultimi tre anni di vita selvatica.
Le esperienze accumulate nel tempo, passato ad arrampicarsi sugli alberi, a gattonare furtivamente nei giardini del villaggio e, più avanti, a sopravvivere nella foresta, gli avevano insegnato che bisognava tenere le labbra chiuse, per evitare di ritrovarsi in bocca degli insetti che avrebbero anche potuto essere pericolosi.
Inoltre, durante quegli anni selvatici, aveva temuto che, tenendo la bocca aperta, i suoi ansiti fossero uditi dalla gente del villaggio, sebbene le sue scorribande avessero avuto atto durante le ore notturne, quando il suo terreno di caccia era stato deserto e silenzioso.
Cercò di serrare le labbra, ma, con dispetto, si accorse di non avere il controllo del proprio corpo.
Era forse morto? La risalita dall’abisso, era forse stata un’ascesa verso il paradiso, piuttosto che un ritorno alla vita terrena?
Eppure, c’era quel dolore al braccio sinistro, così reale ed intenso, a dargli il sospetto di essere vivo.
Ci sarebbe mancato solamente che, dopo tutte le sofferenze patite in vita, si dovesse provare dolore anche in paradiso!
Prese coscienza del proprio debole respiro e si convinse di non essere ancora morto.
A dispetto del suo desiderio di annientamento, anche la sua mente, spinta da un istinto irrefrenabile, cercò di risalire attraverso la nebbia, o forse cotone, che l’avvolgeva.
Dove si trovava? Perché era in quel limbo irreale e come c’era finito?
Poco alla volta, dei ricordi confusi cominciarono ad emergere: un lupo-umano l’aveva morso, mentre lui si teneva sul tetto di una cripta, ritto dietro alla statua dell’angelo in agonia, quello che assomigliava alla sua mamma.
Si rivide, barcollante e dolorante, seguendo il proprio istinto animale, cercare un posto nella foresta, dove morire in pace.
Udì nuovamente, nella sua reminiscenza, la voce della sua nuova mamma che lo chiamava, un richiamo al quale non aveva resistito e che l’aveva spinto a tornare sui suoi passi, fino al parcheggio del cimitero.
Qui era crollato sull’erba, dove, non sapeva quanto tempo dopo, un angelo biondo era venuto a raccoglierlo, per poi tenerlo amorevolmente e delicatamente fra le sue braccia.
Poi tutto era divenuto buio e da quel momento in avanti era solo morte.
Come diavolo aveva fatto, dunque, a tornare alla vita?!
D’un tratto, udì dei suoni provenire da qualche parte di quel mondo fosco nel quale galleggiava.
Riconobbe il rumore della porta che si apriva direttamente sul cimitero, poi un volto dai lineamenti indefiniti apparve nel suo campo visivo: era l’angelo biondo che l’aveva raccolto morente…no, era piuttosto Alina, la sua nuova mamma.
Forse, l’angelo che l’aveva preso fra le braccia e Alina erano la stessa persona.
- Iris, come stai, tesoro mio? - disse infatti, in tono ansioso e dolente, la voce conosciuta.
Come stava? Se non fosse stato per il dolore, quella sensazione di essere quasi incorporeo, di fluttuare in quel limbo ovattato, avrebbe anche potuto essere piacevole, tanto ch’egli vi si sarebbe abbandonato per l’eternità, rassicurato dalla presenza dell’angelo biondo che lo vegliava.
Se la morte somigliava a tutto ciò, allora questa non doveva essere poi così spiacevole.
Ma l’angelo lo esortava a farsi coraggio e forza, gli prometteva che si sarebbe ristabilito e lui, per amore nei suoi confronti, cercò di aggrapparsi alla realtà.
Non potendo muoversi e nemmeno parlare, si sforzò di aprire nuovamente gli occhi e riuscì a voltare lo sguardo verso la presenza cara, cercando di metterne a fuoco l’immagine.
Fu di fronte al sorriso e alle lacrime della sua nuova mamma, che il cherubino morente tornò alla vita.
Alina vide gli occhi scuri del suo amorino voltarsi verso di lei.
Quel lieve movimento, quella piccola espressione di vita bastò a suscitare in lei un sorriso ed un singulto di gioia.
Corse verso il telefono, per poi comporre il numero di suo fratello.
- Pronto, Paolo?! Sono io! Iris ha appena aperto gli occhi!! - singhiozzò, eccitatissima, nella cornetta.
Breve silenzio.
- Come sarebbe a dire ci mancherebbe altro
?! Nello stato in cui era, più morto che vivo…che c’entra?... Mica sto mettendo in dubbio le tue capacità di medico…ho capito, ma non è che perché sei mio fratello e medico, questo ti renda perfetto e infallibile! Va be…chi, IIIOOO?! Ma, se sei stato tu il primo a dire che non sapevi se Iris se la sarebbe cavata! Oh, insomma, non è il momento di fare le tue solite polemiche…certo che devi venire a cambiare la fasciatura, la ferita è ancora fresca e ho paura di fare qualcosa di sbagliato…e poi, lo sai che m’impressiono…va bene…d’accordo, ti aspetto, ciao. -
Alina riagganciò quasi in malo modo, strabuzzò gli occhi, gonfiò le guance e sbuffò.
- Uffa, quel Paolo!! - mormorò, trottando verso il