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Il principe milionario: Harmony Collezione
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E-book160 pagine2 ore

Il principe milionario: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Dalla Grecia agli Stati Uniti, dall'Italia all'Inghilterra, innamorarsi di un milionario non è poi così difficile.
Ma riuscire a rapirne il cuore non è un'impresa da tutti.


Bethany Vassal ha scoperto presto che il matrimonio con il ricco principe Leo di Marco non è la favola che si era immaginata. Così decide di abbandonare le mura del suo castello, sperando che lui, l'uomo di cui è innamorata, una volta compreso il perché di quel gesto si metta sulle sue tracce. Certo non si aspettava che ci volessero tre anni prima di trovarselo nuovamente di fronte, e proprio nel momento in cui ha raggiunto una nuova consapevolezza.
LinguaItaliano
Data di uscita10 lug 2018
ISBN9788858984116
Il principe milionario: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    Il principe milionario - Caitlin Crews

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Princess From the Past

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2011 Caitlin Crews

    Traduzione di Paola Mion

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-411-6

    1

    Bethany Vassal non ebbe bisogno di girarsi. Sapeva perfettamente chi era appena entrato nell’esclusiva galleria d’arte situata a Yorkville, uno dei quartieri più prestigiosi di Toronto. Anche se non avesse udito il crescente mormorio della folla che sorseggiava cocktail, o non avesse avvertito l’improvviso picco di energia che sembrò attraversare l’ampia sala come un terremoto, lo avrebbe capito. La schiena le rabbrividì, in allarme, e lo stomaco si contrasse. Il suo corpo seppe e reagì immediatamente, i muscoli che si tendevano in risposta. Si fermò fingendo di ammirare i colori vivaci e le forme contorte del quadro davanti a lei, chiudendo gli occhi nel tentativo di respingere i ricordi e il dolore. Tutto quel dolore...

    Lui era lì. Dopo tutto quel tempo, tutta la sua agonia, gli anni di solitudine, lui si trovava nella stessa stanza. Si disse che era pronta.

    Doveva esserlo.

    Si girò lentamente. Si era deliberatamente posizionata nell’angolo più remoto della galleria in modo da poter guardare lungo il corridoio fino alla porta, così da prepararsi per il suo arrivo. Ma la verità, ammise alla fine con se stessa, era che non vi era alcun modo di prepararsi. Non per il principe Leopoldo di Marco.

    Suo marito.

    Che presto sarebbe stato il suo ex marito, pensò con furia. Se se lo fosse ripetuto abbastanza volte, sarebbe stato vero, no? Lasciarlo tre anni prima l’aveva quasi uccisa, ma questo era diverso. Lei era diversa.

    Era stata così distrutta quando lo aveva conosciuto, ancora prostrata per la morte di suo padre in seguito a una lunga malattia, ancora confusa dalla consapevolezza che, all’improvviso, a ventitré anni, poteva fare qualsiasi cosa desiderasse invece di occuparsi del padre ammalato al quale si era dedicata negli ultimi anni. Solo che non aveva idea di cosa volesse. Il mondo che aveva conosciuto fino ad allora era stato così limitato. Si sentiva ancora così afflitta e, d’improvviso, era apparso Leo, come un’alba luminosa dopo secoli di pioggia.

    Aveva creduto che fosse perfetto, il favoloso principe di un romanzo. E aveva creduto di poter essere la principessa di un sogno che diventa realtà. Piegò le labbra in una smorfia. Lui aveva distrutto quella illusione in mille pezzi una volta che erano giunti a casa sua, in Italia. L’aveva esclusa, lasciandola più sola di quanto non fosse mai stata in vita sua, mille miglia lontana da tutto ciò che aveva conosciuto. E poi a un tratto aveva deciso che voleva un figlio, in mezzo a tutta quella disperazione. Ma era stato impossibile, e quella era stata l’ultima goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

    Bethany serrò i pugni, come se potesse scacciare quei ricordi, e si sforzò di respirare a fondo. La rabbia non l’avrebbe aiutata ora. Doveva concentrarsi, aveva degli obiettivi da raggiungere. Voleva la sua libertà, e non poteva permettersi di lasciarsi distrarre dal passato. Alzò lo sguardo e lo vide. Il mondo sembrò contrarsi e poi espandersi intorno a lei. Il tempo si fermò, o forse fu soltanto la sua capacità di respirare che svanì. Lui avanzò lungo la galleria, affiancato da due impassibili guardie del corpo. Era, come sempre, una visione mozzafiato di maschio italiano, capelli neri e occhi scuri. Portava con disinvoltura un elegante abito nero tagliato su misura che lo faceva sembrare ancora più selvaggiamente bello, mettendo in risalto le spalle ampie e il fisico asciutto e muscoloso. Ma Bethany non poteva permettersi di pensare al suo fisico: era troppo pericoloso. In qualche modo, aveva dimenticato che lui fosse così vitale. Nella sua memoria lo aveva ridotto e sbiadito. Lo aveva privato della sua forza, in modo da poter scordare quanto fosse imperioso e assolutamente mascolino il potere virile che irradiava da lui, che costringeva chiunque gli stesse vicino a indietreggiare e a fissarlo come ipnotizzato.

    E che l’aveva resa così profondamente disperata. Deglutì e cercò di scrollarsi via la malinconia. Non le sarebbe stata di aiuto in quel momento.

    Il suo corpo squisitamente scolpito era un miscuglio di energia muscolare e sensuale grazia maschile che si insinuava tra la folla come un liquido che dilaga. Gli zigomi alti e pronunciati spiccavano attraverso la vasta sala. Avanzava come un re, o un Dio. La sua bocca, anche in quella foggia dura e piatta, nascondeva una sensualità che, come lei ben sapeva, poteva essere usata contro di lei come un’arma formidabile. I capelli folti e intensamente scuri erano tagliati a sottolineare in modo perfetto il suo piglio di autoritario magnate, cosa che lui certamente era, tra le altre cose. Tutto quello che indossava, persino il modo in cui si muoveva, sottolineava la sua ricchezza, il suo potere, e il suo oscuro magnetismo sensuale. Era parte integrante di lui, così come la pelle olivastra, i suoi muscoli perfetti e il suo aroma di terra e di bosco, che lei doveva rievocare dal passato, si disse aggrottando la fronte, poiché non gli era ancora così vicino da poter annusare la sua pelle. Né lo sarebbe stata mai più, si ripromise.

    Lui non era il principe di una fiaba a lieto fine, come aveva così innocentemente immaginato una volta. Dovette ingoiare una risata cupa. Non c’erano campanelli, canzoni e finali alla e vissero felici e contenti..., non con Leo di Marco. Bethany aveva imparato la dura lezione nel modo più penoso possibile. Il suo era un titolo antico e riverito, con responsabilità e doveri, e lui ne era un fedele servitore. Prima, durante e per sempre.

    Vide i suoi occhi scuri scrutare impazienti tra la folla. Sembrava annoiato. Di già. Bethany trasse un respiro tremante, e poi, inevitabilmente, lui la scorse. Sentì il suo sguardo colpirla come un pugno nelle viscere e fu colta da vertigini. Era quello che aveva voluto, si ricordò. Doveva affrontare la cosa, alla fine, o non sapeva che cosa sarebbe accaduto di lei.

    Fece uno sforzo per restare dritta, in semplice attesa. Incrociò le braccia, stringendosi i gomiti per cercare di sembrare impassibile mentre la sua vicinanza le provocava la inevitabile reazione che le aveva sempre suscitato. Di nuovo, respinse i ricordi che le si affollarono nella mente. Con il gesto autoritario di un dito, lui congedò le guardie del corpo, lo sguardo fisso su di lei mentre le sue lunghe gambe accorciavano la distanza tra loro. Era imponente e dominante, come sempre, come se potesse eclissare il resto del mondo. Peggio, lo eclissava davvero, come lei ben sapeva.

    La bocca secca, ebbe l’impulso di scappare via, ma lui l’avrebbe seguita, peggiorando le cose. Aveva scelto appositamente quel luogo aperto e affollato, dove chiunque lo avrebbe riconosciuto. Rappresentava la sua protezione contro il potere di lui, e la propria ingovernabile risposta a lui. Non sarebbe stato come l’ultima volta. Leo era stato così arrabbiato e lei aveva assurdamente sperato che per una volta avrebbe potuto funzionare, che lui le avrebbe finalmente parlato, invece di escluderla e ignorarla come sempre. Erano trascorsi tre anni da quella notte, e ancora adesso, ripensando alle cose che lui aveva detto e a come tutto quanto era esploso in quella devastante, inarrestabile e indesiderata passione, si sentiva assalire dalla vergogna... Si raddrizzò e scacciò i ricordi. Lui era lì di fronte a lei, la fissava. Non poté più respirare.

    Leo.

    Subito, quella sua potente e peculiare mascolinità la colpì svegliando parti di lei che credeva morte. Avvertì quel terribile, familiare desiderio che le si gonfiava dentro, spingendola ad avvicinarsi a lui e a sprofondarsi nel suo calore, a perdersi in lui come faceva una volta. Ma era diverso, adesso. Era dovuta sopravvivere a lui; non era più l’ingenua, debole ragazza che lui aveva trattato in modo tanto noncurante nei diciotto mesi del loro matrimonio, la sciocca ragazza incapace di reggersi in piedi da sola. Non sarebbe mai più stata così. Aveva lavorato duramente per tre anni per lasciarsi alle spalle quella persona, per diventare la donna che aveva sempre voluto essere.

    Leo si limitò a guardarla, con gli occhi socchiusi, scuri e duri come li ricordava. Sarebbe sembrato indolente, quasi annoiato se non fosse stato per la rigidità della mascella, e quella nascosta tensione che si intuiva sotto la pelle.

    «Ciao, Bethany» salutò, la voce sardonica più ricca e bassa di come ricordasse. Il suo nome su quella bocca severa era... intimo. La sbeffeggiò con i ricordi che lei si rifiutava di rievocare, eppure allo stesso tempo le tolse il respiro e le mandò il cuore a mille. «Che gioco stai giocando questa notte?» domandò lui morbidamente, la voce controllata. «Sono commosso che tu abbia voluto invitarmi dopo tutto questo tempo.»

    Non poteva permettergli di intimidirla, di farla tremare. Adesso o mai più. Strinse di più le dita intorno ai gomiti, conficcandole nella carne. «Voglio il divorzio» dichiarò, piegando all’indietro il capo per guardarlo in viso. Aveva provato così tante volte quelle parole, nella mente e dinanzi allo specchio, che seppe di suonare proprio come voleva: calma, fredda e risoluta. Non vi era alcuna traccia dello sconvolgimento che imperversava dentro di lei.

    Le parole sembrarono restare sospese nello spazio tra loro. Bethany mantenne lo sguardo fisso su di lui, ignorando la sensazione di calore che le saliva lungo il collo, e fingendo di non essere in alcun modo sensibile al modo in cui Leo la stava guardando attraverso gli occhi socchiusi, come se si stesse preparando a balzarle addosso. Il cuore le batteva come se avesse gridato quella frase in modo così acuto da frantumare i vetri della sala.

    Ma era lui che le faceva quell’effetto. Le stava così vicino che poteva sentire l’ondata di calore e arroganza che emanava dal suo corpo. La guardava con quegli occhi intensi e imperscrutabili, affondando dentro di lei. Era il marito che aveva amato così disperatamente, in modo tanto distruttivo, quando non era neppure in grado di amare se stessa. La tristezza di un tempo la sommerse, portandola sull’orlo delle lacrime, ricordandole tutti i modi in cui si erano fatti del male. Ma non sarebbe più accaduto. Non più.

    Aveva lo stomaco contratto e le mani umide. Dovette sforzarsi per mantenere la visione chiara, e ordinò a se stessa di non assecondare l’istinto di fuggire. Indifferenza, si ricordò. Non doveva mostrargli altro che indifferenza, per quanto contraffatta. Qualsiasi altra cosa l’avrebbe tradita, e sarebbe stata perduta.

    «Anche per me è un grande piacere rivederti» rispose Leo alla fine con una nota inconfondibile nella voce. Il suo inglese aveva un impeccabile accento britannico che tradiva gli anni di studi, con una traccia della sua sensuale pronuncia italiana. Gli occhi scuri ebbero un lampo di fredda disapprovazione mentre prendevano nota dei suoi ricci bruni ingabbiati in uno chignon, il suo trucco minimalista e il severo abito nero. Si era vestita così per dimostrare a entrambi che non vi erano altro che affari tra loro, adesso, e che lei non era più la ragazza che una volta poteva far bruciare di piacere soltanto con lo sguardo sensuale e pieno di desiderio, eppure lui riusciva ancora a farla contorcere. Ancora, lei sentiva le fiamme ardere in ogni punto del corpo che il suo sguardo scuro sfiorava.

    Odiava quello che lui poteva farle ancora adesso, dopo tutto quello che era accaduto, come se il suo corpo non avesse ancora recepito il messaggio che tra loro era tutto finito.

    Leo proseguì, la voce pericolosa, lo sguardo d’acciaio: «Ma non dovrebbe sorprendermi che una donna che si è comportata come te accolga il marito in questo modo».

    Non doveva fargli capire che lui la innervosiva ancora così tanto, quando aveva pensato – pregato – di essersi lasciata ogni cosa alle spalle. Ma si disse che si sarebbe preoccupata più tardi di ciò che significava: aveva davanti anni per analizzare ciò che sentiva per quell’uomo, lo avrebbe fatto quando si sarebbe liberata di lui. E doveva liberarsi di lui. Era arrivato il momento di vivere la sua vita secondo il proprio volere. Era tempo di chiudere con quella patetica, indomabile speranza che aveva continuato ad albergare –

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