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Brina sui vetri
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E-book74 pagine1 ora

Brina sui vetri

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Narrativa - racconto lungo (55 pagine) - Che cosa vuol dire essere donna nei primi decenni del Duemila? Amore e sesso possono spesso essere fraintesi...

Brina sui vetri racconta le avventure erotiche di Sabrina, una ragazza che vive fra Firenze e Parigi negli ultimi anni 2000. Alle prese con la propria crescita emotiva, la protagonista indaga le proprie passioni nel delicato passaggio da adolescenza a età adulta. Attraverso le sue riflessioni, ironiche e ricche di citazioni, si delinea un universo amoroso tutto al femminile: talvolta intrappolato nel difficile confronto con il maschile o nel materialistico consumismo del corpo, fra delusioni e rivalse, aspettative e fragilità.

Sabrina Roos è il nome d'arte di una giovane donna fiorentina di origini olandesi. Appassionata di arte e letteratura, ha compiuto studi umanistici presso il capoluogo toscano. Autrice di racconti e poesie, Brina sui vetri è il suo primo romanzo erotico.
LinguaItaliano
Data di uscita11 giu 2019
ISBN9788825409314
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    Anteprima del libro

    Brina sui vetri - Sabrina Roos

    erotico.

    Introduzione

    Un, due, tre

    Anni fa a Parigi Michele chiamò una sua amica ballerina per fare una dimostrazione. Era un'esercitazione per il corso di scenografia sull’uso della luce nella danza contemporanea, che era poi anche l’argomento della sua tesi di laurea al Dams di Bologna, classe 2010. Aveva disposto nel salons des fêtes del Collegio Olandese, alla Cité Universitaire, una fila di bottiglie verdi da 33 cl. che dal fondo della sala raggiungevano l'entrata, dove stava la telecamera. Sullo sfondo, vicino alla mappa alta del soffitto, stava lei, la ballerina: minuta, con il rossetto rosso a coronarle i denti bianchi, una dentatura smagliante che contrastava il verde degli occhi grandi.

    La luce che tagliava di traverso la scena era calda, gialla, lunga contro il legno del parquet della sala. Il gioco era che lei doveva avanzare sulle bottiglie senza farsi male, passo dopo passo, una bottiglia dopo l'altra, in bilico come un’equilibrista, procedendo senza esitare. Il gioco era bello e pericoloso, perché se fosse caduta facendo frantumare i vetri le sarebbe potuto partire un tendine, rincalcagnarsi fino al ginocchio, o le si sarebbero potuti scorticare i bei piedini candidi. Eppure lei avanzava con il suo sorriso e a ogni caduta, a ogni suono di bottiglia riecheggiante ma mai infranto, si rimetteva su, in equilibrio, precariamente.

    Noi spettatori, gli amici di Erasmus, osservavamo la scena come stregati, e siccome quell'anno a Parigi è stato per certi versi per me un anno rivelatore, ho cominciato a pensare che quelle bottiglie fossero come gli uomini della celebre poesia di Nazim Hikmet:

    dalla tua testa

    alla tua carne

    dal tuo cuore

    mi sono giunte le tue parole

    nel punto in cui dice:

    erano tristi, amare

    erano allegre, piene di speranza

    erano coraggiose, eroiche

    le tue parole

    erano uomini.

    I racconti che seguono ripercorrono le varie fasi di un percorso cominciato proprio, forse, nella capitale francese circa dieci anni or sono con quella sorta di scena iniziale. Parigi, meglio nota come la città dell’amore, dove a tratti si vede la Vie en rose – come canta Edit Piaf – o dove l’eros può portare all’orrore, come nel film vietato ai minori Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci. Quante sfaccettature ha il sentimento amoroso? Quali sono gli scogli emotivi più duri da superare per una ragazza di venticinque anni nel primo decennio degli anni 2000? Come si guadagna la fiducia in se stesse? E infine, è forse vero che come scrive Simone de Beauvoir, donne non si nasce, ma si diventa? Questi e altri quesiti sono sorti come fiori alla mia mente. Hanno accompagnato la mia crescita di adolescente e cercano tuttora risposta in queste pagine segrete, come tanti episodi di un’unica serie.

    1. La danza di brina

    Il debutto col botto pare brutto, almeno così dicono. Da anni ormai a Firenze si svolge una fiera internazionale dedicata alla danza e al ballo. Per quattro giorni scuole e compagnie di danza, ballerini, aziende e negozi del settore si incontrano in una delle città dove ebbe origine, alla corte dei Medici, la nostra concezione di spettacolo moderno. Era un’afosa sera di luglio 1539, il 9 precisamente, quando Il Commodo di Andrea Landi veniva messo in scena per i festeggiamenti delle nozze di Cosimo I con Eleonora di Toledo. Sfavillavano le torce nella sala adibita del palazzo di via Larga, illuminando i broccati delle madonne fiorentine.

    Quella fredda e umida mattina del febbraio 2016, invece, più banalmente camminavo svelta fra le pozzanghere di via Valfonda con ai piedi le ballerine nere delle occasioni importanti. Stavo andando a lavorare come interprete per un’azienda italiana specializzata in punte per la danza classica (e non importa aggiungere come fossi vestita…). Dovevo trattare con clienti di tutto il mondo la vendita dei prodotti del catalogo: 100% made in Italy. L’ambiente era molto stimolante e mi tirava fuori da mesi di torpida disoccupazione.

    Era stato al terzo e penultimo giorno della fiera che, sollevando lo sguardo nel marasma delle crocchie di ragazzine dai profili altezzosi – tutti così fragili e uguali – mi ero ritrovata davanti le spalle e la figura portentosa di Claude. Alto, qualche spanna sopra di me, la linea dei suoi muscoli mi aveva colpito subito come un soffio di Zeffiro a primavera. Mi dice: – Salut! Sto organizzando l’edizione del prossimo festival della danza di Parigi e il vostro stand farebbe proprio al caso nostro. – Me lo dice in francese e io, sempre in gallico idioma (quasi sicuramente anche con una voce da gallina), gli rispondo: – Certo! Lasciami i tuoi contatti e vieni che ti presento il titolare. – Era stato colpo di fulmine, almeno per me.

    Scrive Friedrich Nietzsche che La danza in tutte le sue forme, non può essere esclusa da una nobile educazione: danzare con i piedi, con le idee, con le parole, e devo aggiungere che bisogna saper danzare con la penna? Eterna indecisa, timida all’esasperazione, ero stata sorprendentemente lesta con il cellulare quella sera, curiosa di sapere quando sarebbe ripartito: l’indomani, all’ora di pranzo. Troppo presto. Avevo sempre avuto storie lunghe nella mia vita, poche avventure. Non ero certo una mangiauomini. Ma la mattina successiva era venuto lui a salutarmi; e poi avevo casualmente fatto in modo di passargli accanto sulla via del mio caffè,

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