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Fear of nothing
Fear of nothing
Fear of nothing
E-book221 pagine2 ore

Fear of nothing

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Info su questo ebook

Anni novanta, New York.
Nina è una ragazza bianca nata in uno dei ghetti peggiori dell'America.
La sua vita è caratterizzata dalla violenza, dalle bande e dalle ingiustizie che il razzismo ha lasciato dilagare in quegli ambienti.
Sua madre è morta, suo fratello è in galera per lo spaccio e lei deve cavarsela da sola in un mondo difficile per tutti ma per le donne ancora di più soprattutto per chi ha la pelle bianca come la sua.
Abita in una roulotte abusiva rubata ad un signore morente e lavora nel bar di Billie insieme alla sua migliore amica Roxy.
Murphy è un rapper. Anche lui è nato nello stesso quartiere e ha una storia complicata alle spalle ma ha anche deciso che nella sua vita sarebbe riuscito a fare cose straordinarie e che avrebbe usato la sua abilità, la musica, per fare in modo che le persone scendessero in piazza a lottare per i propri diritti.
Nina resta spiazzata la prima volta che lo sente cantare. La sua voce, la sua potenza, la sua ironia la colpiscono a tal punto da farla andare ad un altro suo concerto dove verrà scattata una foto di loro due insieme.
Per lui è solo lavoro, per lei quella foto rappresenta la rovina.
Lei che ha sempre cercato di passare inosservata all'improvviso viene additata per strada e ciò rovina il suo equilibrio.
Ma Nina è una donna tosta che sa difendersi da sola come ha sempre dovuto fare nella vita e anche quando viene derubata in mezzo alla strada, estrae una pistola e fa fuggire i suoi aggressori.
Murphy la cerca non riuscendo a togliersi dalla testa quella donna scorbutica e forte che ha incontrato e inizia a stringere un rapporto sempre più profondo con lei tanto da arrivare a farle confidenze mai fatte a nessuno in precedenza.
Il suo successo continua a diventare sempre più forte così come la faida con il suo ex produttore che vuole fargliela pagare ad ogni costo e quindi a colpi di rime e di risse i due iniziano una guerra che sembra non avere fine. Nina viene tirata in mezzo a tutto ciò ma mantiene il sangue freddo. Ha visto così tante cose nella vita da potersela cavare in qualsiasi situazione.
Murphy inizia a contare sempre di più su di lei attaccandosi a lei come se fosse la sua ancora di salvataggio.
Lei inizialmente tenta di mantenere il distacco. Ha paura di soffrire e non si fida di nessuno ma ben presto si renderà conto di quanto sia impossibile resistere a Murphy e mantenere la distanza con lui.
Una fragile storia d'amore riesce a nascere in mezzo alla violenza e alla povertà ricordando ai due che l'amore esiste anche nel ghetto e che talvolta la felicità è fatta di piccole cose.
 
LinguaItaliano
Data di uscita9 lug 2019
ISBN9788834154403
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    Anteprima del libro

    Fear of nothing - Bonny Zero

    53

    1

    Posteggiai la macchina al solito posto e uscii all'aria di quella torrida serata estiva sbattendo la porta dietro di me.

    Maledizione.

    Sussurrai per via del caldo. Mi feci aria con una mano mentre mi avvicinavo all'entrata.

    Odiavo quel posto. Mi dava la nausea,

    Signorina Vazos giusto? Chiese le donna abbassandosi gli occhiali sopra al naso.

    Feci un cenno con la testa.

    Per vedere il Signor Curtis Vazos, corretto?

    Feci un altro cenno e cominciai a riempire la scatola che mi aveva lasciato con i miei beni personali. Non potevo portare nulla con me.

    Un poliziotto mi perquisì per essere sicuro che non mi fossi dimenticata nulla e poi mi scortò verso la sala comune, dove i detenuti ricevevano visite.

    Solo pochi minuti.

    Mi disse l'uomo facendomi accomodare. Ero in ritardo ma il lavoro era andato alle lunghe e non potevo di certo permettermi di perderlo. Curtis avrebbe capito.

    Mi guardai intorno e sorrisi ad un bambino che attendeva impaziente il suo papà.

    Capivo la sensazione. Prima di mio fratello, anche nostro padre era stato in galera e per molti anni.

    Per essere corretti, era il padre di Curtis e il mio padre adottivo in quanto il mio padre biologico era sparito prima ancora che nascessi.

    In ogni caso, proprio in un carcere come quello aveva trovato la morte dopo una rissa andata a finire male con un sud americano.

    In comune noi avevamo avuto mamma.

    Katherina era una bella donna bulgara venuta in America per trovare fortuna, almeno in teoria, ma che trovò solo disgrazie.

    Era morta due anni prima. Cancro al seno fulminante e troppi pochi soldi per far fronte alle spese sanitarie.

    Era quello il momento in cui Curtis aveva iniziato a spacciare. Voleva solamente aiutare nostra madre..

    MI alzai in piedi e sorrisi quando lo vidi arrivare ma un poliziotto si avvicinò immediatamente per farmi risedere. Non potevamo abbracciarci.

    Sei bellissima.

    Mi disse appena lo ebbi di fronte. Sorrisi guardando il suo labbro spaccato in due.

    Aveva un caratteraccio. Sicuramente aveva fatto a botte per una stronzata con un altro detenuto.

    Funzionava così lì dentro. Era un continuo essere messi alla prova. Se mostravi le tue debolezze, non potevi sopravvivere. Dovevi lottare per andare avanti giorni dopo giorno.

    Sono arrivata prima che potevo..

    Gli presi la mano e la strinsi forte per lasciarla andare subito prima che qualcuno avesse da ridire anche su questo.

    Due anni. Gli avevano dato due anni e i suoi continui guai non gli permettevano nemmeno di avere uno sconto della pena.

    Lo so..

    Rispose in un sussurro.

    Sembrava stare bene.

    Era sorridente come sempre e i suoi denti bianchissimi spiccavano con la sua pelle nera.

    Era molto più scuro di me. Io avevo preso molto da mia madre, lui quasi tutto dal padre.

    Era stato più fortunato. I mulatti come me, gli abbronzati come li chiamavano da quelle parti non avevano un gruppo e venivano scartati da tutti.

    Non eravamo né bianchi né neri e dovevamo combattere il doppio per ottenere una posizione sociale.

    Che mi dici?

    Chiese facendosi più cupo.

    Era preoccupato per me e non mi andava di sommare i miei guai ai suoi.

    Funziona tutto a meraviglia.

    Gli sorrisi teneramente ma lui scosse la testa.

    Giungono voci anche qui in galera. Bob è venuto a trovarmi. Hai dato via la casa..

    Sbuffai. Maledetti amici che non si facevano gli affari loro.

    Non riuscivo più a pagare l'affitto. Sto in una roulotte ora. Sto molto più comoda..

    Cercai di farlo sorridere ma vedevo che era preoccupato. Non potevamo più guardarci le spalle l'uno con l'altro ora. Eravamo soli.

    In fondo al quartiere.

    Mi interruppe lui guardandomi intensamente come a volermi leggere dentro.

    Me la so cavare Curtis. Lo sai.

    Fece un cenno con la testa a quelle parole.

    Era così e lo sapeva bene.

    Venivamo da un quartiere molto poco raccomandabile. L'America degli anni novanta era fatta così.

    C'erano quartieri per bene e quartieri dove non ci finivi nemmeno per sbaglio.

    Ora, io ero andata a finire nel fondo di uno di quei quartieri e non era nemmeno nera come gli altri. Insomma, mi ero incasinata la vita in maniera pazzesca.

    E che si dice?

    Continuò lui accarezzandomi il pollice guardandosi intorno furtivo.

    Si sta bene. Sono abusiva, non pago nulla.

    Scoppiò a ridere a quelle parole.

    E dove hai trovato i soldi per la roulotte?

    Storsi la bocca e mi morsi la bocca.

    L'hai rubata? Nina ti sei fottuta il cervello?

    Gli feci segno di abbassare la voce.

    Sei tu quello in galera ricordi? E poi apparteneva a una persona anziana che è deceduta. L'avrebbero rottamata. Abbi fede..

    Continuai facendolo ridere.

    Hai ancora il lavoro?

    Feci un cenno con la testa.

    Quel fottuto bar mi faceva lavorare troppe ore al giorno per troppi pochi soldi.

    Era per quello che la gente spacciava.

    Non c'era lavoro e se c'era era sotto pagato, non si riusciva ad andare a scuola, non si avevano soldi per la sanità..

    L'ingresso ai sedici anni lo si faceva in tre modi.

    Da spacciatore, da prostituta o da cadavere.

    Erano pochi quelli che avevano avuto una vita diversa. Erano pochi che erano riusciti ad uscire da quel carcere a cielo aperto.

    Una sirena suonò facendoci capire che era scaduto il tempo.

    Merda Curt, Non basta mai.

    Trattenni una lacrima e mi misi una mano sul cuore.

    Lui fece lo stesso e poco dopo lo guardai andare via.

    Signorina, è ora di andare..

    Mi sussurrò una guardia risvegliandomi dal mio torpore.

    Balzai in piedi e corsi fuori da quel luogo maledetto.

    Notai che un poliziotto stava studiando la macchina con la quel ero arrivata.

    Sbuffai e afferrai la chiave nella borsa buttandola in un cestino e defilandomi velocemente a piedi.

    Probabilmente avevano già denunciato la scomparsa.

    2

    Entrai nella roulotte e lanciai le chiavi sul piccolo tavolo di quello che io definivo salotto.

    Avevo camminato per oltre venti minuti prima di trovare una fermata del bus ed ero completamente sudata.

    Accesi il ventilatore e presi il pacchetto di sigarette mettendomi all'esterno per fumarne una.

    Salve signora Tompson! Urlai attirando l'attenzione della mia vecchia vicina pazza.

    Questa si voltò guardandomi furtiva e si mise a correre leggermente per fuggire via da chissà chi.

    Il crack le aveva dato alla testa tempo prima.

    Tutto sommato non potevo lamentarmi, c'era chi se la passava peggio. di me

    Le nostre storie in quel luogo si intrecciavano simili una all'altra.

    Eravamo un ammasso di persone che l'America non voleva. Che nessuno voleva a dirla tutta e quindi ci avevano confinato in un luogo dove erano sicuri che nessuno avrebbe provato fastidio a causa nostra.

    Quando la combinavamo grossa, ci facevano fare qualche tempo in prigione e poi ci risbattevano in strada.

    Nessuno insegnava ai nostri ragazzi qualcosa di diverso. Nessuno dava loro la prospettiva di una vita migliore, lontano dalla strada, dallo spaccio e dalla povertà.

    Era un fottuto circolo.

    Si era poveri, non si studiava, si aveva troppo tempo libero e un bisogno crescente di guadagnare denaro, di acquistare una posizione sociale e soprattutto di salvarsi il culo da chi era più forte di te.

    Per questo motivo ci si univa a gruppi e si iniziava a infrangere la legge.

    Più cazzate facevi e più attiravi l'attenzione su di te finendo così non solo in galera ma anche a crearti un sacco di nemici nel ghetto.

    Comunque andava, non era mai facile ma noi eravamo stati fortunati.

    Nostra madre ci aveva amato. Ci aveva amato davvero e in un modo o nell'altro aveva provato a darci tutto quanto.

    Ci comperava i libri a Natale sperando che, quello che la scuola non era in grado di insegnarci, l'avremmo imparato noi da soli.

    Acquistava un albero da decorare e quando i soldi scarseggiavano davvero, attaccavamo insieme solamente le lucine colorate, tanto la corrente elettrica non l'avremmo mai pagata.

    Il mio padre adottivo, Micael, era una brava persona. Non aveva mai alzato la voce una volta né con mamma né con me.

    Era un uomo molto dolce e avrebbe fatto di tutto per noi.

    Purtroppo, era attirato dai soldi facili e questo lo aveva rovinato.

    Aveva provato a fare il giocatore di basket. Era bravo, dicevano.

    Ci aveva sperato con tutto il cuore ma sulla soglia dei trent'anni si era reso conto di non avere più speranze.

    Allora si era dedicato a piccoli furti.

    Funzionava.

    Aveva funzionato finché non gli era venuta la brillante idea di fare la cazzata più grande della sua vita.

    Rapinare una banca.

    Era andato male tutto. Si erano recati alla banca centrale con le calze velate di mia madre sul viso per nascondersi e avevano puntato una pistola contro le guardie.

    Era partito un colpo, non si era mai capito come e perché, ma qualcuno era morto condannando così i due amici a ben quindici anni di galera. Micael non li aveva mai fatti.

    Dopo due anni la vita lo aveva portato via perché lui non era un uomo che se ne stava tranquillo dietro alle sbarre.

    Lo avevo pensato spesso.

    Se lui fosse stato in vita, mia madre forse non avrebbe sofferto così tanto.

    Mi ero spesso chiesta se il suo tumore fosse ricollocabile al dispiacere provato.

    D'altronde, quella donna aveva sofferto una vita intera e quando aveva trovato un poco di pace gliel'avevano portata via.

    Noi la portavamo dai medici migliori che potevamo permetterci. I referti purtroppo erano sempre negativi.

    Ci sconsigliavano la chemio terapia. Così costosa e probabilmente inutile..

    Curtis aveva iniziato a spacciare un poco di cocaina per pagare le visite e avevamo deciso di provarci ugualmente.

    Era troppo esteso. Forse, se avesse avuto un'assicurazione sanitaria e avesse fatto le visite tutti gli anni lo avrebbero scoperto prima e ce l'avrebbero fatta a curarla.

    Ma con i forse non si sopravviveva in quel luogo e così era morta, nel letto di casa sua e con i suoi figli accanto.

    Curtis non aveva più smesso.

    Il brivido di essere forte, di avere i soldi per pagare l'affitto e addirittura comperarsi la macchina e il rispetto dei suoi coetanei gli avevano dato alla testa inebriandolo di quella sensazione così bastarda che lo avrebbe portato a fondo.

    Lo sapevo ma non potevo farci nulla.

    Era inutile spiegare a un adolescente perché lui e tutti quelli che conosceva stavano facendo qualcosa di sbagliato.

    Non poteva essere così ingiusto se lo facevano tutti a cielo aperto, se anche i propri genitori avevano seguito quelle orme.

    D'altronde, di chi ci si può fidare di più se non di mamma e papà? E se loro ritengono che una cosa si possa fare, come si spiega a un ragazzino che non è così?

    Lo avevano buttato fuori di scuola. Spacciava erba ai compagni e da lì c'era stato il declino.

    Passava il giorno intero a cazzeggiare con la sua banda, a bere birra e a vendere roba.

    Potevo ritenermi fortunata anche lì. Né io né lui avevamo mai provato nessun tipo di droga.

    Lui era troppo intelligente e io troppo fifona per farlo.

    In ogni caso, a diciotto anni lo avevano beccato con una grande quantità di polvere nella borsa della palestra. Aveva tentato la fuga e rotto il naso ad un poliziotto.

    Gli avevano trovato addosso una pistola accusandolo di aver pensato di sparargli per difendersi e alla fine lo avevano processato chiudendolo in prigione.

    la cauzione era troppo alta per essere un opzione.

    Non potevo farci nulla ma forse era più al sicuro lì che a casa.

    Il suo migliore amico era morto in una sparatoria. Tutti quanti stavano morendo così.

    La guerra per la droga si stava facendo sentire pesantemente e tutti eravamo a rischio.

    Io me la cavavo. Lavoravo nel bar di Billie da qualche anno.

    Non mi facevo i soldi ma campavo con un lavoro per bene arrotondando con qualcosa di extra quando andava male.

    Ero riuscita a farmi rispettare e ora nessuno mi infastidiva più particolarmente. Mi lasciavano stare anche se ero la bianca, l'estranea, quella che non c'entrava nulla in mezzo a tante persone che si coalizzavano tra loro.

    A che pensi?

    Sussultai alzando lo sguardo.

    La sigaretta mi era ormai morta in mano e Roxanne mi fissava con un sorriso a trentadue denti.

    Non

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