La quinta cliente
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Anteprima del libro
La quinta cliente - Costantino Draganete
Pubblicato da Ali Ribelli
Direttore di redazione: Jason R. Forbus
www.aliribelli.com – redazione@aliribelli.com
Costantino Draganete
La quinta cliente
Sommario
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Puntava col dito un dolce da abbinare al caffè, ma allo sguardo sorpreso di Marco s’era voltato verso quello che doveva essere un fatto nuovo. Si trattava di una donna che oltrepassò lentamente la soglia, cogliendo divertita il fermo immagine dell’uomo chino e del barista a bocca aperta che la fissavano.
L’uomo chino s’era tirato su, aveva considerato che conosceva il tipo, aveva vissuto nel mondo di ragazze così qualche anno prima, quando era nel suo momento di splendore, e si chiese come diavolo fosse inciampata in quel baretto di periferia. Non era griffata o ingioiellata ma si capiva dall’aria nitida intorno alla figura, un che di aureo, un vortice brillante. Era una che si muoveva in modo morbido, accurato, senza ondeggiamenti o lievi gofferie, che non mirava a qualcosa di meglio perché l’aveva già da sempre.
Le nuvole con quelle forme e così vaste e alte erano davvero insolite per il mese che segnava l’inizio dell’estate. Durante la notte l’uomo aveva sognato il padre, la palestra, Terradoro e quella ragazza che credeva di aver dimenticato. S’era svegliato pieno di sentimenti confusi, addolciti. S’era alzato lievemente stordito e, dopo un primo caffè, per togliere un peso dal petto e la sabbia dagli occhi aveva passato mezz’ora al sacco. Sentiva che la velocità delle braccia era calata, avrebbe retto al massimo tre riprese. Dopo la doccia era uscito per andare al bar.
In un certo senso presentiva che sarebbe arrivato nella sua vita qualcosa di strano, misterioso. Appena prima dell’ingresso della donna Marco gli aveva detto «Sono finiti i cornetti.»
Si voltò e mise una bustina di zucchero nella tazzina. Notò che lei, riflessa nello specchio, lo guardava e si avvicinava con passi brevi e lenti, scanzonati. Doveva essere una che sapeva di piccole chiese di campagna, con un corpo fresco e unico, magro ma formato con estrema saggezza. Il leggero abito estivo era aderente e la disegnava con splendida grazia. Il viso era incorniciato da capelli castani, indossava grandi occhiali da sole poggiati su un naso gibboso e leggermente storto che le dava l’aria di una che avesse vissuto un po’ troppo. Le labbra erano delineate in modo perfetto, sottili ma sensuali.
S’era fermata davanti al bancone proprio accanto a lui, con una posa morbida, rilassata. Marco le chiese cosa desiderasse.
«Sto cercando Coralli, lo scrittore.» Disse con un sorriso appena accennato.
Il cliente s’era irrigidito mentre il barista s’era proteso stupefatto verso di lei. «Cerca Tommaso Coralli?»
«Mi è stato detto che avrei potuto trovarlo qui.»
Il barista le aveva lanciato uno sguardo smarrito, poi aveva fissato il cliente.
«Ma… è lui Tommi, cioè Tommaso, il nostro grande scrittore!» Puntando l’indice, col dito su e giù come se premesse un interruttore. S’era sforzato di restare serio, ma l’espressione falsamente ingenua rivelò la presa in giro.
Tommaso seguitò a girare il cucchiaino nella tazzina senza guardarli. «Due grandi segugi insieme, che spettacolo.»
La donna aveva fatto un rapido sorriso, era tornata seria troppo in fretta, scostati di poco gli occhiali li aveva fissati e il lampo si impresse nella memoria dell’uomo. Disse: «Ero sicura che fosse lei, ma sarebbe stato davvero imperdonabile scambiarla per un altro, e qui avete il senso dell’umorismo, vedo.» Improvvisamente sembrò una che volesse tirare fuori un coltello e tagliare la gola alle battute.
«Cercava me e mi ha riconosciuto dopo non avermi riconosciuto.» Disse Tommi.
«Vecchie foto su internet dove era più giovane e col naso gonfio. Molto simile ma è diventato un uomo, capisce?»
L’uomo strinse gli occhi, «Tipo lo zio di me stesso, già, ma come mi ha trovato?»
«Le ragazze della sartoria sotto casa sua, dagli squittii sembra che la conoscano molto, troppo bene. Ho citofonato e poi ho chiesto, si fa così.»
«E l’indirizzo?»
«Sul sito della Federazione, lei è ancora sugli elenchi.»
La fissò con attenzione e lei si scusò. «La sto scocciando, lo capisco e mi spiace, ma vorrei solo parlarle per qualche minuto, è possibile?»
«Non mi disturba, mi incuriosisce.»
«La incuriosisco? Questo non me l’ha mai detto nessuno.»
«Senza offesa.»
«Senza offesa, mi chiamo Elsa Siriani.»
Aveva la mano sottile, sembrava fragile, dentro quella indurita e legnosa dell’uomo parve sparire ma la sua stretta si rivelò energica, vigorosa.
«Parlare un po’, va bene, e sa chi ero.» Si chiese se volesse portarselo a letto, no, non sembrava per niente il tipo, non era nemmeno una venditrice di polizze o utenze, aveva lo stile inconfondibile da ragazza ricca, sicura di sé ovunque, uno per cento della popolazione, un bel sorriso, denti perfetti da DNA fortunato o trentamila euro di apparecchi. Sedettero a un tavolino, lui si portò dietro il caffè, lei ordinò un cappuccino e rimase delusa quando scoprì da Marco che non c’erano cornetti alla crema.
«Vedi? La prossima volta prendine di più, tirchio.» Tommaso poi si rivolse alla donna. «Eccoci, di cosa vuole parlare?»
«Della sua collaborazione.»
«Collaborazione?»
«Sì, un lavoro, vede, voglio scrivere un libro ma non so come si fa e così ho deciso di affidarmi a lei per una consulenza editoriale.»
«Lei ha… Capisco, ma è sicura che sia io la persona che cerca? Le mie pubblicazioni sono clandestine e io sono un dilettante. Forse è uno scherzo?»
A Elsa piacque, un altro avrebbe fatto un salto sulla sedia, invece quell’uomo così bello e trascurato aveva solo alzato un sopracciglio e non si fidava. Eccellente! Non era facile da stupire. Cambiò registro e andò al sodo, inutile perdere tempo.
«Vorrei rassicurarla, non sto cercando di farle fare il coglione a favore d’un telefonino nascosto.»
Lui sorrise. «Mi piace la chiarezza e non ho amici abbastanza amici per uno scherzo così raffinato.»
«E picchia bene ed era conosciuto nell’ambiente per la freddezza. Io ci penserei due volte prima di provocarla.»
«Lei sa molte cose, si è informata, perché?»
Lei gli chiese di andare all’interno del locale. «C’è molto vento e ho paura che la polvere m’irriti gli occhi.»
Fece un cenno affermativo e si alzarono. Era un figurino, col corpo perfetto fasciato da quell’abito di eccellente fattura. La percorse con gli occhi.
Le forme della donna sembravano disegnate da un Vargas in gran forma, risaltavano con discrezione senza invadere troppo il territorio, non era una che cercava di toccare il futuro con le tette e il passato col culo e quando si tolse gli occhiali si trasformò in una bellezza particolare dall’ovale prezioso, interessante e fascinoso al massimo grado. Gli occhi verde giada truccati accuratamente erano così luminosi che anche nella notte più buia avrebbero spedito un uomo nella direzione giusta, cioè in fondo a un burrone. Insieme al naso camuso e alla bocca sottile formavano un incantevole e sorprendente volto, come se in quella donna fosse deposto un mistero d’esperienze, luoghi perduti che albeggiavano nella percezione illuminando un magico atlante della vita e del tempo.
Erano accanto alla vetrata che dava sul marciapiedi sconnesso dove il libeccio spingeva torrenti di cartacce, bottigliette di plastica e foglie secche dell’ultimo inverno. I vestiti dei passanti garrivano, c’era un vivo contrasto tra il fermo ordine del locale e il turbinio esterno, tra l’eleganza di Elsa Siriani e la sciatteria del mondo.
«Come le ho detto, avrei bisogno di lei per un sostegno letterario.»
Tommi si schiarì la voce. «Sono stato un semplice assistente alla redazione di brevi biografie di gente di qui, sono passati secoli e quelle pubblicazioni sono sparite dalla circolazione.»
«Hanno venduto?»
Sorrise per non mettersi a ridere. «Venduto? Il committente pagando un tipografo s’è fatto stampare per conto suo non so quante copie che ha regalato ai parenti. In seguito ho pubblicato gli ebook, ma con zero risultati.»
«La vita di persone comuni che smorzano le preoccupazioni condividendole, tipico della working class, ma adesso ci sono i social, cerone secco che viene via subito. No, il mio non sarà un lavoro come quelli, sarà qualcosa di più profondo, intimo e bello, ho storie così interessanti che mi prude la lingua mentre glielo dico, mi creda.»
«Le credo, non mi costa niente.»
«Ha smesso di scrivere però, cos’è andato storto? Se non le scoccia dirmelo ovviamente.»
«Storto? Nulla, anzi sembrava un’attività che potesse decollare e invece no, comunque non ci avrei potuto vivere, era un piacere personale; ha ragione lei, la gente preferisce pubblicare la foto del piatto di fettuccine perché raccontare di sé, mettersi a nudo, cercare di mettere una pezza agli errori, è un’altra cosa.» Aveva tamburellato sul tavolino. «Ma com’è venuta a sapere dei libri? Nessuna pubblicità, poche copie date a mano.»
Lei disse quasi ridendo che circa sei mesi prima era a una festa e aveva visto a terra un volumetto grigio, distrutto dai graffi del gatto di casa. «Ero un po’ ubriaca e ho fatto una pazzia, l’ho rubato! Infilato in borsa così, con molta discrezione. Era destino, senza quel piccolo furto non ci sarebbe stato questo incontro. Tornata a casa pensavo di leggerne qualche riga, farmi quattro risate e buttarlo, era il suo, quello sugli Zandonari, lontani parenti del tipo che dava la festa, evidentemente uno dei destinatari del libro. Beh, non succedeva un accidente ma l’ho divorato.» Aggiunse che nei giorni successivi su internet aveva trovato l’autore – e qui l’aveva indicato con ironia muovendo l’indice come aveva fatto prima il barista – e col print on demand aveva avuto gli altri tre libri. «Mi ha molto sorpreso la sua eccellente e misteriosa vita sportiva. Non avrei dato seguito, si trattava di semplice curiosità, ma poi sono successero cose incredibili e ho pensato che valesse la pena farla lavorare ancora, mi piace il suo stile, mi piace che pestasse gli avversari.»
Il sole s’era fatto largo tra le nuvole, sfolgorò ma quelle serrarono le fila. Lei elencò. «‘Antonio Grisotti, dalla guerra al riscatto’, ‘Il fuoco degli Zandonari’, ‘La mèta di Giancarlo’, ‘Attenzione al capostipite’.»
«Ricorda i titoli, ma lei chi è?» Tommi iniziava a essere interessato a quella faccenda.
Ribatté seria. «Sono una che s’informa bene prima di dare i suoi soldi.»
Lui sembrò parlare a se stesso. «A quei tempi mi sembrò notevole scriverli.»
«Ma davvero non ci ha guadagnato niente?»
Lui disse che aveva preso un compenso simbolico, cento euro. Ripeté. «Fu un piacere privato.»
Elsa tagliò corto. «Era un prezzo onesto per quei soggetti, con me… con noi sarà diverso, valiamo molto, molto di più.»
«Mi sta ricordando le mie biografie da tre soldi per propormene una da trentamila?»
«Anche di più, ma dipende da lei, e non sarà una vera e propria biografia.»
«Lei m’incuriosisce sul serio.»
Le piacque che non si emozionasse davanti alla prospettiva di ricevere molto denaro, eppure si vedeva che ne aveva poco o niente con i jeans consunti e una Lacoste tanto per darsi un tono, superstite di un passato più agiato col colletto sfilacciato e qualche piccolo buco, le scarpe mordicchiate dal tempo. Era un uomo che poteva indossare anche un sacco dell’immondizia e non avrebbe perduto quel fascino classico, a metà tra dolcezza e oscurità. Forse la cosa poteva funzionare, pensò, quei pazzi romantici sarebbero riusciti a far quadrare il cerchio. Bevve con le due mani intorno alla tazza come fa chi vuole scaldarsi, cosa strana quel giorno.
«Voglio offrirle un lavoro e alcune consapevolezze.»
«Consapevolezze?»
Lei esitò prima di parlare. «Sarà un percorso difficile per tutti e due, ma assai fruttuoso.»
Tommi la guardò attentamente. «Le faccio una domanda e lei svicola.»
Non gli badò. «Conoscerà meglio se stesso, ma è una mia supposizione, non mi prenda troppo sul serio.» E prima che lui potesse dire qualcosa, col tono un po’ offeso aggiunse: «Li ho letti i suoi libri, cosa pensa? Potrà seguitare a svalutarsi, ma quelle pagine sono un dato di fatto.»
Tommi scosse la mano, le disse che lui era una Bic, mentre lei aveva bisogno di una Montblanc.
Elsa aveva piegato la testa con un cenno divertito. «M’aspettavo da parte sua una certa simpatica difesa.» L’aveva guardato negli occhi con decisione. «Ma non faccia il modesto. I suoi libri dimostrano un’empatia assai diretta. Lei dice come va la vita senza sprecare aggettivi, niente è lasciato al caso, non ci sono invenzioni o digressioni noiose, la linea narrativa regge, le persone descritte ne escono solide, confermate in pregi e difetti, con un proprio spessore umano che la conclusione lascia intatta nella memoria. Si entra in casa di gente che bisbiglia fatti elementari intorno a un tavolo di fòrmica e soffre facendo economie. È riuscito a rendere commoventi e gloriosi la spesa settimanale, i conti di fine mese, il rubinetto che perde, credo sia ora che riprenda la sua Bic, direi che funziona benissimo.»
Tommi intuì che lei in parte recitava, eppure l’analisi non era sballata. Un tempo, appena prima di un combattimento, guardando negli occhi l’avversario ne capiva istintivamente le emozioni, prendeva in esame le variabili e costruiva una tattica. Guardò allo stesso modo lei. Era attraente, sicura di sé, intelligente e capace, tesa come una corda di violino. Doveva trattarla con cautela, lo stava mettendo alla prova e gli piaceva, era sensuale al modo giusto, ondeggiava sul confine tra provocazione e ritrosia.
Disse. «Ci si può provare.»
Lei sembrò sollevata. «Che bello. Costruiremo insieme il libro, io so molto confusamente cosa dire, lei sa come scriverlo, usi sempre quella sua sottile ironia dissacrante, è bellissima e illumina tutto. L’avviso subito e glielo ricorderò spesso: saremo complici di verità e segreti di cui anche lei si farà carico, sarà complicato, dovrò raccontare un sacco di storie che mi sono state riferite, ho paura di dirle troppo e troppo in fretta e confondere le acque, così ci vorrà molta pazienza.» Aggiunse dopo una breve pausa che molto di ciò che avrebbero condiviso non sarebbe stato scritto.
«Non capisco.»
«Si tratta di fatti che converrà anche a lei tenere segreti.»
«Anche a me… questo è davvero strano, sembra nascondere una minaccia.»
Lei fece un cenno deciso. «Se accetterà non avrà di che pentirsene, mi creda.» S’era protesa lievemente in avanti. «Avrà la sua parte, sia del bene che del male, ci sta?»
Tommi ci pensò. «Non mi piace assolutamente questa storia, puzza d’imbroglio e di guai, ma ci sto.»
Lei aveva carezzato il bordo del tavolo, lo sguardo malinconico, intristito. «Cercherò di spiegarmi meglio in seguito, devo avere le idee chiare su quanto dirle, perché una parola fuori posto combinerebbe un disastro.» Gli spiegò che avrebbero lavorato su due livelli, il primo avrebbe riguardato il testo da pubblicare, «La mia storia d’amore con un uomo che è sparito e che forse non rivedrò più perché potrebbe morire.» Il secondo livello riguardava storie strane, complicate, che non dovevano essere divulgate, ma che erano necessarie a dare il senso a tutto il libro.
L’uomo fece fare un giro alla tazzina col pollice intorno al manico, ancora non aveva bevuto il caffè. «Storie strane… Sembra