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Skin - Le strade che ci portano qui
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Skin - Le strade che ci portano qui
E-book534 pagine6 ore

Skin - Le strade che ci portano qui

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Info su questo ebook

La vita di Mela procedeva senza intoppi e senza grandi emozioni ormai da anni.
Nella vita, era sempre stata diligente e determinata nel fare carriera. Era passata dall'essere poliziotta a detective, quando un caso andato male l'aveva fatta retrocedere di grado ed era stata denigrata da tutti i suoi colleghi.
Erano mesi che era alle costole di un criminale ed era riuscita a scoprire dove si trovasse quell'uomo che cercavano ormai da anni senza avere mai una pista concreta per trovarlo.
Nessuno al commando di polizia le dava più retta; Mela era considerata un problema e mettersi in squadra con lei poteva significare rischiare di fare la sua fine.

Skin era un criminale. Nato e cresciuto immerso nel disagio, l'unico modo che aveva trovato per affrontare il mondo era quello di trasformarsi in qualcuno che non amava ma che gli garantiva la sopravvivenza.
Portava avanti i suoi piani e il suo club senza intoppi,
finché Mela decisa di presentarsi sotto copertura al suo cospetto.

Mela era riuscita a trovarlo e lui  non poteva più lasciarla andare. L'unico modo per sopravvivere era prenderla in ostaggio finché non avrebbe capito cosa fare di lei.
Ma quella convivenza forzata inizia a far vacillare gli ideali di ognuno di loro.
Mela si rende conto di quanto ha vissuto nel torpore, nelle zone comfort, senza mai esporsi troppo e senza provare nessun brivido.
Skin inizia ad indagare meglio i suoi sentimenti, la sua vita, le sue azioni.
Entrambi scopriranno che non esiste il bene e il male assoluto ma solo persone che fanno il loro meglio per sopravvivere.
Come è potuto succedere che da nemici questi due si trasformassero in complici? 
E che altro porterà alla luce questa nuova relazione?

 
LinguaItaliano
Data di uscita13 gen 2024
ISBN9791222495675
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    Anteprima del libro

    Skin - Le strade che ci portano qui - Zero Bonny

    1. Introduzione

    Billo e Sam e irruppero all'improvviso nel mio ufficio facendomi sussultare sulla sedia.

    Toccai la pistola alla mia destra e feci loro un cenno, facendogli capire che ero pronto ad entrare in gioco in caso di emergenza.

    Ma loro si guardarono in faccia e si misero a ridere sotto ai baffi.

    Li osservai alcuni istanti fino a che capii che non c'erano grandi problemi ma avevano solo voglia di scherzare.

    Coglioni.

    Non è la serata giusta per le vostre stronzate. Non ho intenzione di assecondare nulla di ciò che vi sta passando per la testa. Lasciatemi solo.

    Solo con la mia tristezza e con la mia rabbia.

    Quelle notti di dicembre erano particolarmente malinconiche per me. Non sapevo nemmeno definirne il motivo in realtà, ma la rabbia continuava a diventare tristezza, o viceversa, e quel miscuglio di sentimenti si scioglieva come la neve lasciandomi totalmente vuoto.

    Skin, questa la devi vedere! Era Billo a parlare e continuava a ridacchiare in maniera nervosa.

    Mi innervosii anche io. Odiavo quando non parlavano chiaro e tenevano tutto in sospeso. Era un periodo di merda. Il club si stava facendo più nemici che mai e ogni giorno ne succede una nuova.

    I miei amici sembravano non aver ben compreso la situazione che continuano a prendere sotto gamba, anche perché io cercavo di risolvere il tutto senza farli preoccupare eccesivamente.

    Alzai la pistola e gliela puntai contro giusto per fargli capire quanto mi stavano snervando.

    I due si avvicinarono e si sedettero di fronte a me senza mostrare nessuno paura.

    Erano i miei fratelli d'altronde, sapevano benissimo che non avrei mai fatto loro del male. Avevo i loro nomi tatuati sulla mano e avevo giurato fedeltà ormai oltre vent'anni prima, quando eravamo solo dei bambini.

    Io proteggo loro, loro proteggono me.

    Che cazzo succede, amici? Non fatemi uscire di testa. Gli domandai iniziando a preoccuparmi per tutte quelle risatine.

    La detective. Disse Sam sgranando gli occhi.

    Lo osservai aspettando che proseguisse mentre il pavimento tremava sotto i miei piedi. Non avevo voglia di altre rotture di coglioni. Volevo starmene in pace almeno una sera senza tenebre per la testa.

    Vi decidete a parlare o devo buttarvi fuori di qui?

    È qui.

    Scoppiai a ridere quando Billo comunicò la sciagura che incombeva su di noi.

    Qui? Intendi qui al club?

    Chiesi alzandomi in piedi e andando verso la grande vetrata che dal secondo piano, dove si situava il mio ufficio, mi dava una visuale completa di tutto il mio locale.

    Scrutai ogni angolo come se potessi scorgerla in mezzo a tutte quelle persone che si aggirano come formiche, bevuti, sudati e arrapati mentre guardano il culo delle mie dipendenti che ballano.

    Qui fuori da tuo ufficio.

    Mi voltai di scatto e questa volta davvero pensai di sentirmi male.

    Che stai dicendo? È impossibile che lei..

    Billo osservò Sam ed entrambi dopo uno sguardo di intesa smisero di ridere, probabilmente intuendo il mio disagio.

    Ci ha scoperti. È arrivata fino a qui.

    Ha un mandato?

    Domandao mentre controllavk quante pallottole c'erano dentro " Paula". La misi nella tasca dei pantaloni e il mio sguardo fuggì verso il fucile appeso alla parete. Se era un' imboscata, non bastava di certo una pistola.

    No Skin. Non è qui in veste da poliziotta. È vestita come una mignotta e chiede di poter lavorare qui da noi.

    Fu il mio turno di ridacchiare come un coglione. Era brava la nostra detective.

    Sapevo fosse una con i coglioni, l'unica di quelli che ci stavano alle calcagna, ma non pensavo di ritrovarla nella tana del lupo, pronta ad infiltrarsi tra di noi come se non avessimo idea di chi fosse in realtà.

    Una donna senza paure.

    E io un uomo senza scrupoli.

    Il mio sguardo si perse nuovamente nella folla.

    È sola. Abbiamo controllato più volte. Nessun federale, nessun agente anti droga, nessun collega del cazzo.

    I miei occhi tornarono a guardare Billo e Sam.

    Forse cerca davvero un lavoro. Mi lasciai scappare la battuta facendoli ridere di gusto.

    Quella situazione poteva essere effettivamente abbastanza comica se non implicasse il fatto che ora, dato che quella stupida aveva deciso di venire fino a qui, non potevo più lasciarla andare via.

    E non avevo in programma nulla di simile prima di quel momento.

    Fatela entrare. Dobbiamo eliminarla.

    2. Mela

    Agitata non è la parola giusta.

    Sto morendo, soffocando, sciogliendomi nel mio sudore.

    Mentre guardavo le mie gambe nude e i tacchi vertiginosi con i quali mi sono presentata in questo schifoso locale mi resi conto della stronzata che avevo fatto. Ero sempre stata così io.

    Fin da piccola mio padre mi diceva che non riuscivo a mettere un freno, che non azionavo la testa prima di pensare ma mi lanciavo seguendo i miei impulsi come un animale.

    Ma porca puttana, erano mesi che stavo dietro a questo pezzo di merda e non potevo crederci quando aveva commesso quell'errore eclatante.

    Un mese prima, quando fissavo il cadavere di quell'uomo, ero basita da ciò che i miei occhi vedevano.

    Era una serata di inizio novembre, pioveva forte e tirava un vento incredibile quando ci avevano chiamati dicendoci che c'era l'ennesimo cadavere in un vicolo, con due dita mozzate e quindi non un cadavere qualsiasi, un suo cadavere.

    Mi ero catapultata sulla scena del delitto convinta di non trovarci nulla, come sempre. I suoi corpi erano sempre ben puliti, nudi e seminati nei luoghi più improbabili di Manhattan. Se non voleva che si sapesse l'identità del morto, le sue impronte digitali erano sciolte nell'acido. Altrimenti, erano così ben ripuliti da non avere la minima idea di chi ci fosse dietro al delitto tanto che l'identità del corpo senza vita a poco serviva.

    Avevamo trovato di tutto in quei mesi. Messaggi fuorvianti, piccoli dettagli che erano serviti a depistarci e un sacco di omertà dietro a tutto quello che succedeva in quel cazzo di paese.

    Skin non esisteva. Così dicevano nell'ambiente e mentre stanavo e buttavo dietro le sbarre uno ad uno quei cazzo di delinquenti, nessuno faceva il suo nome in cambio di nulla.

    Era temuto, o forse peggio, era rispettato e questo mi metteva seriamente in difficoltà.

    Persino la polizia copriva le sue impronte.

    Cosa faceva di preciso? Nessuno lo sapeva. Riciclaggio di denaro, di armi, sicuramente di droga forse anche qualcosa di più. Quello che sapevamo per certo era che con il tempo, aveva conquistato uno per uno i quartieri di quella dannata città diventando il boss più potente con il quale avevamo a che fare. Quello che tutti, me in particolare, volevano catturare.

    Sarebbe stato il colpo della vita. Quello che avrebbe messo a tacere quell'ambiente maschilista nel quale dovevo sguazzare ogni giorno e mi avrebbe riscattata dalla trappola dove ero caduta, quella trappola. Quella merda mi era costata mesi di sospensione, senza stipendio, senza gloria, senza pietà. Due sole settimane per il mio partner, un uomo chiaramente.

    Era il mio turno di gioire e di fare vedere a tutti che non ero solo la figlia di Hesen, che mi ero guadagnata il rispetto e il mio distintivo.

    Gli ultimi due anni erano stati una merda. Ero stata degradata a lavori più umili, non potevo più scegliere nessun tipo di intervento, ero la schiava di Chris e non la sua partner. Nessuno si fidava più di me, dopo quel casino al Rio, come se fosse stata solo colpa mia. D'altronde serviva sempre un capro espiatorio ed io ero perfetta.

    Donna, raccomandata, troppo fragile e sensibile per questo lavoro.. Avevo la nausea al solo pensiero di ciò che avevano detto e scritto i giornali.

    Avevo perso totalmente la credibilità e per questo, quando avevo detto al capo di essermi fatta un quadro della situazione e di avere un'idea, lui mi aveva rispedita a fare le fotocopie per Chris e a prendergli il caffè.

    Nessuno mi ascoltava più, si sentivano legittimati a trattarmi come una cretina e io erano due anni che sopportavo in silenzio.

    La depressione, il vuoto, la rabbia..

    Ma questa volta era diverso. Questa volta ero sicura della mia pista e se nessuno voleva ascoltarmi, avrei agito da sola senza condividere con nessuno il mio piano.

    Se fosse andato bene, avrei avuto il riscatto che bramavo così tanto, altrimenti, non avrei più avuto spazio per la sofferenza.

    Non avevo nulla da perdere.

    Era da un mese che gli ero alle costole e con un colpo di fortuna, bam! Mi ero resa conto di averlo sempre avuto sotto gli occhi, in quel lurido locale che faceva parlare di sé in continuazione.

    Non cercheresti mai qualcosa di nascosto se è sotto gli occhi di tutti, no?

    E anche se non avevo le prove, avrei sfruttato ciò che mi aveva sempre messo il bastone fra le ruote da quando ero nata; il mio essere donna.

    Lavorare per lui mi avrebbe consentito di conquistare la sua fiducia e poi, di vedere chi entrava in quel posto, con chi faceva affari, quando entrava e quando usciva, dove andava e soprattutto, che cazzo di aspetto aveva.

    Perché di delinquenti ne avevo già visti, ma la sua faccia ancora no e non vedevo l'ora di scoprirla.

    D'altronde, anche lui non conosceva la mia. Ero sotto copertura da anni, agli occhi del mondo ero un'insospettabile fiorista e questo mi avevo acconsentito di sbattere dentro una buona dose di criminali.

    O meglio, mi correggo, mi aveva permesso di fare in modo che Chris arrivasse a lavoro ultimato, arrestando i criminali che io avevo stanato per finire in prima pagina mentre io venivo risucchiata nell'oblio.

    Ero sotto copertura, d'altronde.

    Signorina! La voce di quell'uomo mi fece sussultare e balzai in piedi, troppo velocemente con ogni probabilità perché sentii la testa girare.

    Tutto bene? Mi chiese il secondo affiancando il suo scagnozzo e toccandosi il rigonfiamento al lato del fianco destro, la sua pistola.

    Volevano farmi vedere che erano armati e che non dovevo scherzare con loro.

    Erano due tipacci, glielo leggevo negli occhi. Conoscevo quelli come loro.

    Alti, vestiti di nero, ricoperti di tatuaggi e con gli anelli d'oro alle dita. Poco passava tra il loro aspetto e quello di un banchiere di successo, in realtà. Ma gli occhi, quelli non mentivano. Quei pozzi neri senza fondo e senza anima dicevano chiaramente chi erano e cosa avevano fatto nella vita. Non potevano scappare da ciò che gli occhi dicevano e questi due, ne avevano combinate di puttanate.

    Ci segua.

    3. Skin

    Quando la vidi entrare, ero quasi tentato di farle un applauso.

    Non solo quella stronza mi aveva trovato ma aveva anche i coglioni di presentarsi in casa mia, dove c'era la mia gente e i miei affari.

    Il suo sguardo curioso mentre si apriva la porta e guardava oltre per vedermi finalmente in faccia mi fece capire quanto stupida potesse essere.

    Cosa sarebbe successo dopo?

    Avrei solo potuto ucciderla. E allora perché era qui? Ne aveva buttati dentro di compagni nel corso degli anni, era stimata nel mio ambiente, molto più che nel suo.

    Chi glielo faceva fare di commettere un errore simile? Come poteva pensare di cavarsela, di imbrogliarmi in casa mia e con i miei uomini a proteggermi? Mi aveva sottovalutato e ne avrebbe pagato le conseguenze.

    Ma ormai la sfida era stata lanciata e non si tornava più indietro.

    Non ero solito fare del male alle donne. Non amavo far del male a nessuno in realtà, finché non era più che necessario. Ma di sicuro, ora che era vicina a capire chi c'era dietro a tutto questo non poteva più andare via. Dovevo ucciderla.

    Peccato. Era bella, giovane e sicuramente una donna brillante nel suo ramo. Amava il successo, era piena di obiettivi e determinata a raggiungerli. Non era piacevole stroncare una vita del genere.

    I suoi occhi scuri si velarono di delusione quando vide che indossavo una maschera bianca.

    Sarebbe stato troppo facile altrimenti.

    Le sorrisi mentre le feci segno di entrare nel mio grande ufficio.

    La vidi sussultare quando la porta si chiuse dietro di lei, a chiave.

    Il suo sguardo corse lungo la parete e la vidi contare le armi. Forse si stava rendendo conto della stronzata che aveva fatto.

    Capo, la signorina Maser è qui per richiedere un posto di lavoro.

    Sam scoppiò a ridere alle parole di Billo e Mela si agitò.

    Incrociò le braccia davanti al petto nascondendo la generosa scollatura del vestito argento che indossava, ormai a disagio per la situazione. La sua spavalderia le moriva pian piano tra le dita.

    La osservai da capo a piedi. Era alta, magra, ben bilanciata. Aveva lunghi capelli neri ondulati, un piccolo naso e delle labbra carnose. Gli occhi erano scuri, mi facevano pensare ai paesi arabi dai quali anche io provenivo.

    Era bella. Bella da scopare, non da uccidere.

    Allora prego, fammi vedere cosa sai fare.

    Le dissi con tono calmo.

    Si guardò intorno spaesata fino a che Sam non fece partire la musica. Non sapeva che stavamo giocando con lei. Era così bella nella sua ingenuità.

    Mi guardò con sguardo sensuale ed iniziò a ballare.

    Non era per nulla male.

    Un peccato. Un vero e proprio peccato.

    Mi alzai in piedi e feci il giro della scrivania appoggiandomi sopra.

    Billo le diede una piccola spinta mandandola verso di me.

    Vidi i suoi occhi spalancarsi dalla sorpresa e io le sorrisi, sotto la maschera.

    Voleva giocare no? Potevamo fare in modo che ne valesse la pena.

    Alzai la mano e presi la sua.

    La feci girare su sé stessa e balzai in piedi stringendola al mio corpo.

    La sentii in tensione sotto le mie mani. Aveva paura.

    Non lo dava a vedere ma ero così abituato a quella sensazione da poterla odorare a chilometri di distanza.

    Era quello che provavano quasi tutti quando erano di fronte a me.

    Balla. Le ordinai mentre lei riprendeva il ritmo.

    Le misi una mano sulla gamba e risalii piano alzandole l'orlo del vestito.

    Era morbida, profumata, sudata.

    Le passai una mano sulla pancia e la sentii fremere.

    Così ligia al dovere ma non impassibile di fronte ad un poco di calore umano.

    Allora era viva anche lei, non era ingessata come mi era sembrata tutte le volte che l'avevo incontrata.

    Che altro sai fare? Le chiesi allora facendola voltare di scatto. I suoi occhi erano spalanchi, un mix tra paura e curiosità. Le labbra socchiuse indecise sulla risposta da dare.

    Le tenevo ancora la mano e anche lei stringeva la mia, in cerca di conforto nonostante fossi la persona lì dentro più pericolosa per lei.

    So fare dei buoni cocktails.

    Billo e Sam scoppiarono a ridere facendola sussultare di nuovo.

    Ci tieni proprio ad avere questo posto?

    Fece un cenno con la testa.

    Le sorrisi di nuovo mettendole una mano alla base della schiena e avvicinandola ancora di più al mio corpo.

    Non reagiva. Era la paura? La voglia di fare bene il suo lavoro?

    Sapevo che di solito era una bella tosta ed agguerrita. L'avevo seguita nel corso di quei mesi, anzi, avevo iniziato a seguirla molto prima che lei iniziasse a seguire il mio caso. Sapevo che era il mio nemico più temibile. Quello invisibile, che aspetta il momento giusto per saltarti addosso non quello che arriva rumoroso a suon di proiettili.

    Era incazzata con la vita, non la mandava a dire a nessuno.

    Piccola casa poco fuori dal centro in un quartiere residenziale dove viveva da sola, un frigo pieno di alcolici e poco cibo, palestra tre volte a settimana e drink con le amiche nel tempo libero. Si scopava Buch, quel pezzo di merda del suo collega ma le stava sulle palle. Lo trattava come un coglione, non le piaceva se non per togliersi uno sfizio.

    Non amava essere toccata di solito, si ritraeva come un gatto selvatico, eppure in quel momento se ne stava tranquilla, vicino al mio corpo, senza opporre resistenza.

    I suoi occhi studiavano i miei e viceversa, in attesa.

    Finché i suoi non andarono a posarsi sulla mia mano e piano piano, la sua testa iniziò a pensare, iniziò a capire.

    Osservò i due nomi, la rosa al centro di una e la pistola al centro dell'altra.

    Un tatuaggio insolito per un fattorino!

    Mi piacciono i videogiochi.

    La vidi realizzare di essere in trappola, i suoi occhi si aprirono oltre ogni limite umano e la sua bocca si spalancò.

    La sua mano si mosse veloce per afferrare la mia pistola, nell'orlo dei miei pantaloni ma io più veloce di lei le bloccai i polsi.

    Scossi la testa e lei si calmò. Non era stupida, non del tutto almeno. Sapeva che ogni mossa avventata era una condanna a morte in quel momento.

    Allontanai una mano dal suo polso e lasciai cadere la mia maschera.

    Ciao Mela. È da tanto che ti aspettavo.

    Il suo sguardo si riempì di orrore.

    Tu..

    Alzò le mani davanti a sé ed iniziò a tempestarmi di pugni.

    Era divertente. E sexy.

    Dietro di lei, Sam si stava avvicinando con la sua pistola in mano.

    La afferrò dalla canna e la abbassò forte sulla sua testa. Una volta, poi la seconda, fino a che non svenne davanti ai miei piedi.

    Il sangue le scorreva dalla tempia.

    È morta? Chiese Billo guardandomi con sospetto.

    Sospirai.

    Temo di no.

    4. Mela

    Sai quale è la differenza tra un buon detective e un detective mediocre?

    Scossi la testa mentre mio padre si stappava una birra usando l'accendino.

    La pazienza e la generosità.

    La generosità? Chiesi non riuscendo a capire.

    Sì. Proprio quella.

    Rimase in silenzio alcuni istanti, gli piaceva creare un poco di suspence.

    Alcuni hanno fretta. Vogliono fare carriera velocemente. Sono avari di successo, non condividono con il partner il percorso ma fanno da soli. Egoisti, ecco cosa sono. E di solito, finiscono con un proiettile in testa. Si toccò la tempia a quelle parole.

    Mi contai le dita della mano, come facevo spesso da quando mamma era morta. Era il mio ancoraggio alla realtà e lo facevo più volte al giorno. Solo dopo tanti anni e tante sedute dal terapeuta avevo accettato che il cancro se la fosse portata via.

    " E quindi cosa bisogna fare?" Gli avevo chiesto dopo un grande istante, più per compiacerlo che per altro. Allora, non volevo diventare un detective. La mia vita non era ancora scritta, volevo libertà di scelta, era una bambina. Ma mio padre sembrava aver già scritto il mio futuro e quando aveva preso una pallottola in testa, come quelli che tanto disprezzava, mi era sembrato quasi un obbligo assecondare il suo volere.

    Non devi mai pensare di essere più furbo di un criminale esperto. Da solo non puoi farcela. Sono solo pochi casi di fortuna quelli che senti in tv. Oppure sono dei film. Devi condividere ogni tuo pensiero con il tuo team, preparare in ogni minimo dettaglio il tuo piano e non andare mai da solo. Certo, i meriti saranno condivisi. Ognuno cercherà di portarsi via la fetta di torta più grossa, ma tu salverai il tuo culo e credimi, nulla è più importante.

    Ero stata avara di successo. Non c'era altro da dire. Papà mi aveva messa in guardia. Ero sicura che nessuno sospettasse di me, che agli occhi di tutti ero anonima ed insignificante. Volevo riscattarmi, ero stanca di fare tutto il lavoro e vedere i miei colleghi premiati più di me. Perché maschi. O perché pensavano che io fossi raccomandata.

    L'adrenalina era una droga. Più la percepivi, più ne avevi bisogno una dose e questo ti faceva abbassare la guardia, ti faceva credere di non essere mai in pericolo. O mai abbastanza perché diciamocelo, una piccola dose di pericolo ci piaceva provarla.

    Ci compiaceva quando i colleghi applaudivano al nostro rientro, ci dicevano che ce l'eravamo vista brutta ma ce l'avevamo fatta. E se io ce l'avessi fatta, tutti i giornali avrebbero parlato di me. Ero caduta in quello stupido tranello e quel bastardo mi aveva fregata.

    L'avevo visto quasi ogni fottuta mattina. Veniva a portarmi il carico di fiori, gli avevo anche offerto una sigaretta.

    Lo trovavo persino bello, qualche volta mi ero chiesta come sarebbe stato se lo avessi invitato ad uscire. Ogni volta che arrivava, io e Lily facevamo battute stupide sui suoi muscoli, sui suoi fianchi stretti e il suo culo rigonfio.

    Aveva lo sguardo gentile, gli occhi puliti. Ero così sicura di poter capire dal solo sguardo se un uomo fosse perbene o una merda. Che stupida.

    Mi aveva fottuta alla grande.

    Forse lo aveva messo lui l'indizio su quel corpo per farmi cadere in trappola, era lui che aveva letto nei miei occhi e ci aveva visto la voglia di riscatto che mi avrebbe fatto rischiare qualsiasi cosa.

    Merda.

    Mossi un piede e poi l'altro. La testa mi faceva male ma non pensavo di aver subito danni neurologici. Non c'erano rumori nella stanza. Faceva caldo ed era profumata quindi non ero ancora finita dentro ad un pozzo. C'era qualcosa di morbido sotto di me.

    Mi concentrai per mantenere il respiro calmo. Non sapevo se ci fossero telecamere ad osservarmi. Dovevo pensare in fretta, capire cosa fare.

    Mossi una mano lentamente per capire se ero legata ma così non sembrava.

    Ho capito che sei sveglia da un po', apri questi cazzo di occhi.

    Sussultai quando sentii la sua voce e mi misi a sedere di scatto. La testa mi diede una fitta allucinante, per alcuni istanti non vidi più nulla.

    Aprii la bocca e non potei fare a meno di svuotare il contenuto del mio stomaco accanto a me.

    Un trauma cranico?

    Non ricordavo più quali erano i criteri per capire se c'era un trauma cranico in atto. Forse il fatto di non ricordarmi i criteri erano un sintomo del trauma cranico, sapevo solo che mi scoppiava la testa.

    Alzai la mano per toccarla. Mi avevano medicata. Avevo un cerotto sulla fronte e sentivo i punti tirare. Non volevano uccidermi? Perché curarmi se avessero avuto l'intenzione di lanciarmi in un fosso? Ero sicura che sarebbe stato rapido ed indolore, l'idea di finire ostaggio non mi era passata per la testa, come tante altre cose d'altronde.

    Avrebbero chiesto un riscatto? Chi avrebbe pagato per me?

    Sarei finita di nuovo sui giornali.

    Mi guardai intorno.

    Una stanza semplice, nessuna finestra però. Un letto, un piccolo armadio, un comodino e un tavolo rotondo, tutto bianco e molto accogliente. Profumava tutto di buono e di pulito.

    Skin era seduto su una sedia a qualche metro da me con una pistola in mano.

    Appoggiai i piedi a terra e mi alzai in piedi.

    Me la puntò contro.

    Non ti conviene. Sei viva perché io ho deciso così ma cambio idea in fretta.

    Mi risedetti. Dovevo essere intelligente. Più intelligente di prima.

    Pezzo di merda. Sputai a denti serrati. Forse non era la cosa più intelligente da dire ma Skin scoppiò a ridere.

    Aveva una bella fila di denti bianchi, un sorriso grande e delle labbra carnose, lo sapevo bene perché quel viso lo avevo visto così spesso, lo aspettavo ogni mattina, mentre fingevo di evolvere gli ordini del negozio ma in realtà studiavo i casi che seguivo.

    Credevi davvero che non sapessi chi tu fossi? Che ti aggiravi nel mio territorio indisturbata? Come hai fatto ad avere tutto questo successo se sei così stupida?

    Sbuffai mentre il suo sguardo non sembrava più così cordiale.

    Si grattò la nuca con la pistola e poi la ripuntò verso di me.

    Come sei arrivata al club?

    Scoppiai a ridere alla sua domanda. Era nervoso, lo potevo percepire benissimo. Gli tremava il labbro e la mano con cui teneva la pistola non era per nulla stabile.

    Non si aspettava che io riuscissi a trovarlo, forse lo avevo addirittura colpito nell'orgoglio. Credeva di essere al sicuro, più furbo degli altri e per questo aveva commesso quegli errori.

    Mi strinsi nelle spalle facendolo incazzare ma mi piaceva quel gioco.

    Non fare la stupida, hai un'arma puntata contro e io non sono uno paziente.

    Schioccai la lingua e dovetti toccarmi nuovamente la ferita quando una forte fitta mi ricordò come mai mi ero risvegliata in quel luogo.

    Dove sono? Chiesi allora rendendomi conto che non ne avevo idea. Non ero più al club e se avevano rischiato il culo per spostarmi era perché non erano così sicuri che mi fossi presentata da sola e non avessi i miei uomini pronti a saltargli al collo. Anche perché quella sarebbe stata la procedura normale.

    Parla cazzo! Mi urlò allora contro facendomi sussultare. La vena gli pompava forte sulla fronte, di sicuro non stava scherzando.

    Che avevo da perdere? Quell'uomo spazzava via vite come se non avessero importanza, non avrebbe risparmiato la mia. Tanto valeva cullarmi nel mio successo prima di lasciare questo mondo.

    Lo guardai con aria di sfida.

    L'ultimo cadavere che hai mollato tra i cassonetti. Non lo hai ripulito bene. Aveva un biglietto con un numero di telefono. Non più funzionante. Ma ho fatto una ricerca incrociata e ogni chiamata ricevuta su quel cellulare era tracciata nel raggio di cinque chilometri dal tuo locale. Ancora non sapevo che fosse implicato nel tutto, questo l'ho capito dopo. Erano mesi che seguivo quell'uomo e indovina dove spendeva quasi tutti i soldi della sua carta di credito?

    Lo vidi stringere le labbra, quasi impallidire alle mie parole.

    Ma non potevo ancora collegare il club a qualcosa di losco. Certo, è segnalato per qualche rissa, sospetto di prosituzione.. Ma al di là di quello, non c'è davvero nulla. O quasi..

    Skin si fece più vicino di qualche passo e percepii che stava trattenendo il respiro.

    Ho fatto un effrazione a casa sua. Del signor Browne intendo. Ho setacciato in lungo ed in largo quel dannato cottage e ho solo trovato una chiave che non avevo idea di che cosa aprisse. Ci ho impiegato giorni, poi mi sono illuminata! Avevo già visto quella dannata chiave! L'avevo vista in televisione quando mostravano il nuovo museo inaugurato in città, il Distopic. C'era un quadro che raffigurava quella chiave.

    Scoppiai a ridere mentre il volto di Skin si faceva sempre più perplesso. Ho setacciato il museo e ho scoperto due cose interessanti. La prima, indovina un poco quale era lo sponsor maggiore di tutte quelle opere d'arte?

    Indicai Skin con un dito sorridendo beffarda. la seconda è che dietro quel quadro c'era una piccola cassaforte. Ho dovuto fare in modo di disattivare allarmi e telecamere con un corto circuito per poterla aprire e rubarne il contenuto. Dentro quella cassetta ho trovato tante cose senza valore e una interessante. Era l'atto di vendita di un attico in centro. L'attico era del signor Browne e vendeva il tutto al club 41 per una manciata di spiccioli. Qualcosa non tornava..

    Mi resi conto di essere esaltata mentre raccontavo nei minimi dettagli come ero riuscita ad arrivare a Skin. Mi trattenni dal sorridere. Ero fiera del mio lavoro fino a quel punto, la cazzata l'avevo fatta presentandomi al club da sola ma con quei pochi elementi, nessuno mi avrebbe permesso un'imboscata.

    "Ho continuato con le mie ricerche. Che cosa aveva comprato il club 41 negli ultimi anni? Molte cose. Nulla di illegale in realtà, ma tutte a prezzo stracciato, molte di esse, rivendute a prezzo stracciato dopo poco tempo e indovina? Ricomprate di nuovo per gli stessi soldi o poco più. Per quale motivo? E più cercavo, più trovavo affari nei quali eravate immischiati. Affari che solitamente sono accessibili a pochi, eppure il club era sempre in mezzo.

    Poi mi sono ricordata che Yoko Ori, il magnante giapponese ritrovato morto l'anno scorso, aveva una grande quantità di alcool addosso quando era stato ritrovato, aveva avuto dei rapporti sessuali e aveva dei capelli fra le sue dita. Capelli non schedati, chiaramente e mai rinvenuti a chi appartenessero."

    Fui io a trattenere il fiato in quel momento. Skin stava capendo.

    La campagna per l'AIDS..

    Feci un cenno con la testa. Avevo creato uno stand vicino al club 41 dove alcuni medici facevano degli esami specifici gratuiti per riscontrare malattie sessualmente trasmissibili. Le ragazze del club avevano partecipato in massa e a tutte erano stati testati i capelli.

    Appartenevano a Marta. Ero sicura che anche quell'uomo era ricollocabile al club.

    Skin scoppiò a ridere.

    Le ho spinte io a fare i test.

    Vuoi che le tue puttane siano pulite? Chiesi rendendomi conto di avere esagerato. Ero sul filo di un rasoio, bastava una parola di troppo per ritrovarmi col cervello sparpagliato sul muro.

    I suoi occhi cattivi si posarono su di me e mi fulminarono.

    Non sono puttane! Dovresti portare un po' di rispetto per chi viene dalla strada ed è una vita intera che annaspa per stare a galla e sopravvivere!

    Mi strinsi nelle spalle colpita dalla sua ira. Sembrava le stesse davvero difendendo e si sentisse offeso dalle mie parole.

    Come vuoi. Tagliai corto per cercare di riportarlo ad un livello più tranquillo.

    Ora, devo solo capire cosa farmene di te.

    Mi guardai intorno cercando una via di fuga.

    Stupida. Doppiamente stupida! Gli avevo anche raccontato tutto e ora davvero non gli servivo a nulla.

    Ucciderti. Oppure venderti a qualche clan. Te ne sei fatta di nemici. Potrei ricavarci qualche soldo ma non vali così tanto. Vuoi ancora il lavoro al club per caso?

    Scoppiò a ridere facendo alcuni passi verso di me.

    Ora mi ammazza.

    Abbassai gli occhi a terra concentrandomi sul mio respiro. Avevo un solo tentativo per salvarmi il culo. Feci finta di tremare, mostrai tutta la paura che potevo cercando di fargli abbassare la guardia.

    Singhiozzai disperata man mano che sentivo i suoi passi avvicinarsi cauti.

    Lo sentii esitare.

    Quello era il momento.

    Gli saltai addosso e gli morsi forte la prima parte di corpo che mi capitò sotto i denti. Lo sentii urlare. Gli diedi un calcio negli stinchi appena i miei piedi toccarono terra e uno nello stomaco.

    Sentii il rumore della pistola cadere a terra ma appena il mio sguardo andò alla sua ricerca, un ceffone fortissimo mi arrivò da destra spaccandomi il labbro.

    Mi abbassai schivando il seguente e poi, con tutta la mia forza, gli mollai un calcio nello sterno, un pugno in pieno viso ed iniziai a correre.

    Spalancai la porta della camera e mi trovai in un lungo corridoio.

    Corsi, corsi a perdifiato. Superai una domestica e poi superai Sam che scoppiò a ridere vedendo la scena.

    Questo era poco confortante perché se nessuno si preoccupava della mia corsa, forse era perché non c'era nessun luogo dove io potessi finire.

    Mi catapultai giù da una lunga scalinata e vidi la porta d'ingresso.

    Corsi verso di essa, unica salvezza, ignorando il dolore alla testa ma quando ero ad un passo da questa, l'uomo che mi aveva fatto entrare al club 41 si mise davanti ad essa e mi fece ciao con la mano.

    Frenai di colpo e caddi a terra. Guardai a destra e poi a sinistra ma era pieno di uomini armati.

    In cima alla scalinata, Skin furibondo mi stava osservando con il sangue che gli colava dal naso.

    Riportatela al piano di sopra e mettetele le manette.

    Ordinò sparendo dalla mia vista.

    5. Skin

    Espirai il fumo caldo dalle narici e spensi la sigaretta nel posacenere.

    Il mio sguardo si perse al di là del vetro per qualche istante. Avevo mal di testa.

    Portiamola in Messico. Conosco gente che potrebbe occuparsene. Oppure mettiamola sotto terra, qui in giardino e addio pensieri.

    Billo mi riportò di nuovo con la mente a quella situazione assurda che stavamo vivendo. Era tutto sotto controllo fino a sei mesi prima.

    Tutto fottutamente sotto controllo.

    Il club funzionava, gli affari andavano alla grande, la detective era ignara di tutto..

    E poi tutto era crollato in un istante. Era stata colpa mia?

    Forse. Ero io d'altronde ad aver premuto il grilletto per primo.

    Non mi piaceva farlo. Al contrario di quello che si pensava, non mi piaceva uccidere. Chi poteva trarre piacere in un gesto tanto subdolo? Vedere una vita che piano piano scivola via e con essa, i suoi ricordi ed il riflesso della persona che poteva essere, di ciò che ancora poteva fare.

    Ma noi venivamo dalla strada, con la morte ci avevamo a che fare da sempre e aveva oscurato una parte del nostro cervello.

    Il mio primo cadavere lo avevo visto a due anni. Quello di mio padre. Overdose.

    E Billo era stato il primo ad uccidere qualcuno. All'orfanotrofio aveva spinto dalle scale il prete che si era infilato nel letto di Sam. Questo aveva rotto un femore e ci era rimasto sotto dopo l'intervento.

    Era qualcosa con cui facevamo

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