I Racconti della Stua
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Anteprima del libro
I Racconti della Stua - Fabio Andruccioli
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Introduzione
Su I Racconti della Stua
(F. Andruccioli)
Ricordo precisamente il momento in cui ho deciso di scrivere I Racconti della Stua
. Era una piovosa giornata di Agosto e desideravo approfittare del meteo sfavorevole a trekking e camminate per visitare il Museo Ladino di Vigo di Fassa. Arrivato alla sezione dedicata al folklore, mentre mia moglie rincorreva nostro figlio di neanche un anno di età per non farlo arrampicare gattonando sulle opere esposte, mi sono lasciato coinvolgere dai racconti e dalle leggende di questa valle dalla storia millenaria.
Vivane, bregostane, salvan e streghe: avevo tutto quello che mi serviva come punto di partenza per raccontare una storia. Scrivendo gli episodi che compongono la trama di questo romanzo ho cercato di creare un fantasy che si ispirasse al folklore fassano e ladino. Certamente non ho effettuato un'operazione etnologica, quindi la dicitura ispirato a
è più che da sottolineare perché è importante capire la differenza tra fiction e ricerca.
Nonostante mi occupi della prima e non della seconda (se non per hobby), ho deciso di inserire delle note a piè pagina citando i racconti e le storie a cui mi sono ispirato e, a fondo di questo libro, una parte dedicata alle varie creature citate, partendo dagli scritti di Hugo de Rossi di S. Giuliana nella versione italiana curata da Ulrike Kindl per l'Istitut Cultural Ladin majon di fašegn
che ho trovato nel fornitissimo book shop del museo intitolato Fiabe e Leggende della Val di Fassa – I Parte
.
A questo punto vi chiederete: ma perché I Racconti della Stua
?
Per spiegare che cosa sia una stua
riprendo testualmente il cartello esposto al Museo Ladino e che, per mia fortuna, ho prontamente fotografato.
"La stua era la stanza riscaldata della casa fassana, accogliente luogo di incontro e di socializzazione.
Nelle serata invernali gruppi di vicini si radunavano in una delle stues più grandi del rione: era l'occasione per tramandare il sapere tradizionale e scambiare opinioni e notizie.
Le donne filavano o cucivano, gli uomini riparavano gli attrezzi da lavoro o intagliavano maschere, giocattoli e figurine in legno. Si giocava a carte, si cantava, si faceva musica.
Era questa la situazione ideale per la narrazione delle tradizionali contìes, spesso affidata a cantastorie specializzati.[...]"
Non potevo che partire da questo luogo così particolare per raccontare una nuova storia che parlasse di vendetta, amore e montagne ghiacciate.
Note bibliografiche:
Per la descrizione delle creature e dei personaggi tipici del folklore ladino ho preso spunto dal testo di Hugo de Rossi di S. Giuliana intitolato Fiabe e Leggende della Val di Fassa – I Parte
(titolo originale Märchen und Sagen aus Fassatale).
L'autore originario di Fassa è stato pubblicato dall'Istitut Cultural Ladin majon di fašegn
nel 1984 a cura di Ulrike Kindl.
I Racconti della Stua
Fabio Andruccioli
La Canzone del Lungo Inverno
Tremate bambine, tremate bambini
che il Lungo Inverno è arrivato.
Chiudetevi in casa, adulti e piccini
Scaldatevi, stringetevi, fino a che non è passato.
È quando la notte accorre più presto
e la valle si specchia nel buio profondo
che emergono paura, violenza ed incesto
demoni e streghe che danzano in tondo.
Temi le stelle che affrontan l'oscuro,
scappa dalla bufera e dal vento che grida,
nasconditi dal ghiaccio che rende il passo insicuro
e dalla belva affamata che, ancora, la morte sfida.
Nella notte profonda ti attendono cose
che non si nominano, se non per errore.
Vivane bellissime, bregostane pelose,
draghi, negromanti e altre storie del terrore.
Tremate bambine, tremate bambini
che il Lungo Inverno è arrivato.
Chiudetevi in casa, adulti e piccini
Scaldatevi, stringetevi, fino a che non è passato.
Prologo
La Processione
L'uomo cammina lento a capo della blasfema processione. Assorto ascolta il suono della campana per poi voltarsi verso la sinistra compagine e gridare, senza paura di essere udito.
Sorelle e fratelli, il Lungo Inverno anche quest'anno non accenna ad affacciarsi. La festa dei Morti è passata e ancora possiamo vagare nella notte senza congelarci. Ci hanno chiamato streghe e stregoni, ma noi siamo il futuro e il passato di questa valle. Ci danno la caccia e noi dimostreremo di non avere paura.
Urla di giubilo si alzano nella notte. Poi l'uomo riprende la parola.
Il mio nome lo conoscete, ma per i nuovi mi presento: sono Korbella, colui che tormenta i sogni degli infanti e gli incubi degli adulti. Distruggeremo il campanile del monastero che anche oggi suona a festa. Pensano di spaventarci e al contempo di rincuorare i fedeli in una notte che minaccia tempesta. Questo non avverrà.
La processione si avvia verso il monastero, mentre i frati cercano rifugio e pregano. Le porte cedono sotto i colpi degli assedianti e Korbella entra seguito da pochi eletti, mentre gli altri attendono danzando e cantando blasfeme litanie nel cortile. Il piccolo gruppo sale le ripide scale in legno e arriva all'antica campana in metallo. Lo stregone si affaccia dall'alto sulla valle immersa nell'oscurità, poi un fulmine squarcia la notte violentando le stelle.
Forse è il fato o Iddio in persona che fa propria la carica della tempesta per colpire Korbella, che viene scagliato dal campanile, mentre i suoi quattro compagni ardono vivi rotolando giù per il monastero.
Le streghe e gli stregoni bestemmiano verso il cielo e cercano invano il loro capo per minuti interminabili. Ma non riescono a trovarlo: si dirigono verso il vicino paese di Altorivo per sfogare la propria rabbia. Corrono e ringhiano per i sentieri illuminati dai lampi, fino a che la campana non suona di nuovo. Spaventata la processione si divide, fino a scomparire. Quello che non sanno è che Korbella è ancora vivo, bloccato in una profonda voragine nei pressi del monastero.
Egli si sveglia che è quasi l'alba.
Quei bastardi mi hanno lasciato qui a marcire
, sussurra tra sé.
Chiede aiuto, implora pietà. Lo fa verso l'unico essere in grado di salvarlo che non lo scaglierebbe nei più profondi gironi infernali.
Orco del Picco Nevoso, Vento Tempestoso, aiutami. Sarò tuo servo fedele, mi prodigherò per il ritorno del Lungo Inverno. Salvami in questa notte sfortunata e la mia anima sarà tua.
In quell'istante l'aria si fa più fredda, il vento fischia più forte, le cime degli alberi si piegano. Korbella chiude gli occhi.
Molto bene, stregone
tuona una voce nel buio sarai mio Vescovo ed esecutore, il portatore del Coltello dalle Nove Croci. Porterai nuovamente la paura in queste valli. Servimi, e vedrai il ritorno del Lungo Inverno.
Korbella perde i sensi, le mani strette intorno ad un pugnale dalla strana foggia. Il vento gelido gli ferisce la pelle, si sente librare nell'aria, indeciso se considerarsi ancora vivo. [i]
[i] Questo prologo è ispirato alla storia Lo stregone Korbella
e al suo tentativo di distruggere una delle campane che in Val di Fassa suonavano contro i temporali. Egli viene colpito dal battaglio e scagliato in una profonda voragine da cui viene