A spasso con Freud
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Anteprima del libro
A spasso con Freud - Davide Cinotti
Bibliografia
1- UNO STRANO INCONTRO
Che bellezza ! Che incantevoli boschi!
Questo pensavo, alla fine del giorno, quando disteso stanco su di un letto del maso che mi ospitava in quel di Renon, rimembravo la passeggiata piacevole che per 5 ore mi aveva impegnato nei sentieri boscosi al di sopra di Bolzano. Ero piacevolmente stanco, ma scesi in cucina per una lauta cena a base di wurstel bavaresi e radicchio rosso. Risalii e mi coricai, cadendo sul letto e citando Dante mormorai…come corpo morto caddi!
. Avevo trascorso il giorno passeggiando per le faggete rigogliose dell’alto Adige, ero ancora inebriato dai profumi della terra e delle foglie secche che nel mese di Aprile si stendevano a milioni creando tappeti naturali con complesse sfumature cromatiche che oscillavano vivacemente dal grigio chiaro al marrone scuro attraversando rossi rubino e arancioni intensi e giallo ocra e verde opaco. Tutto per l’occhio, tutto per la vista ? No. Anche l’udito si lasciava dolcemente accarezzare dalle onde sonore del cinguettio fremente dei passeri e delle cince, bramose dell’aria più tiepida che cominciava ad arrivare dalla pianura, pioniera di una imminente primavera.
Ripensando ai suoni e agli odori , mi rivenne in mente anche il percorso della Freudstrasse che da Soprabolzano costeggiava il promontorio, lì dove il maestro di tutti gli psicoanalisti, veniva a trascorrere puntualmente le sue vacanze estive. Mi rivenne a galla quel desiderio frustrato di non aver potuto conoscerlo di persona, il giorno prima avevo perlustrato il suo
percorso e me lo immaginavo alla ricerca di funghi ed ispirazioni mentre guardava con attenzione, quasi scrutandolo, il sottobosco magari paragonandolo al suo inconscio, a quell’agglomerato misteriosi ed invisibile di emozioni rimosse che appartengono ad ognuno di noi. Mentre blateravo nel mio intimo, fui rapito dal sonno, i miei occhi si appesantirono e si chiusero lasciando ampio spazio al buio. Fu allora che sua maestà il Sogno mi preparò uno scenario dai contorni paranormali, realizzò una traversata inaspettata nel trascendente e mi vidi dall’alto, quasi come coloro che raccontano delle esperienze extrasensoriali, mentre ero disteso si di una panchina nel rigoglioso prato del Renon. Accanto a me ecco giungere un Signore vestito col tipico abito bavarese, con una cappello da alpino e un sigaro tra le dita. Inizialmente non avevo riconosciuto, poi focalizzai meglio , era lui, proprio lui, il Maestro Sigmund Freud. Si accosto alla panchina e mi chiese se avevo dei fiammiferi per riaccendere il suo sigaro, io sbalordito inizialmente gli dissi di no, che non fumavo ma automaticamente frugai nelle tasche del mio K-way, avevo una scatola di fiammiferi, aperta. Li tirai fuori, glieli porsi e lui guardandomi disse : " Non bisogna mai fidarsi troppo dei propri ricordi. Io, fingendo di non averlo ancora conosciuto, strabuzzai gli occhi e chiesi:
Ma Lei è il professor Freud?".
" In persona", mi rispose.
" Allora, dissi io, mi permetta di stringerle la mano, sono un suo fedele studioso e ammiratore!. Abbozzò un sorriso e mi strinse la mano, lo invitai ad accomodarsi per riposare mosso dalla voglia di parlargli di me e della mia attiva psicoterapeutica, delle mie esperienze, insomma di me. Lui disse :
Ci vuole coraggio al tempo di oggi ad essere ancora mio ammiratore, molto coraggio. Di questo La ringrazio, anche perché sono stati più i miei osteggiatori che i miei adulatori, anche se può sembrare strano".
" Mi scusi, dissi io, ma Lei non dovrebbe essere morto? Che ci fa qui, da queste parti, la vede, insomma….in carne ed ossa, in forma."
" Ah, si? –rise- Beh, del perché di questo incontro dovrebbe chiederlo a se stesso, non a me. Lei ora è preda della dimensione inconscia, in questa dimensione tutto è possibile, davvero tutto!".
" Vede professore, forse sarà stato il mio desiderio di conoscerla, ma ci dividono diversi decenni , quindi era un desiderio impossibile da realizzare"
" Come vede, irruppe, nulla è impossibile!".
Cominciammo così un dialogo che riporto, per quanto possibile in maniera fedele, quasi sembrava un incontro tra vecchi amici.
2-LA VITA PRIVATA
Allora eccellentissimo professore, mi vorrei fare un po’ i fatti suoi, mi parli di ciò che molti non sanno di Lei, della sua privacy, del suo intimo, della sua domus.
Beh,…(da una bella boccata al suo immancabile sigaro, fedele compagno di vita ) Devo dire che per quel che attiene la cura della mia persona abitualmente sono stato sempre molto ordinato e sobrio non concedendo nulla alle tendenze dettate dalla moda del momento. L’abito che più amavo indossare, prima della guerra, era un ampio abito scuro con colletto duro e basso, con una cravatta nera a nodo fisso, mentre il copricapo preferito era un cappello nero a tesa larga.
Ho sempre avuto particolare attenzione ai risparmi, non faccia cattivi pensieri sulla mia origine ebraica la prego. Mi sono impegnato allo stremo perchè i miei figli non soffrissero di ristrettezze economiche. Ne ero tanto ossessionato che organizzai un fondo per la famiglia, alla quale mia moglie potesse attingere, e quando poi lasciai definitivamente Vienna per colpa del nazismo, mi preoccupai di depositare una somma di denaro alle mie sorelle. Mia moglie si occupò con dedizione della gestione del menage familiare, riuscendo a coltivare l’interesse legato alla lettura della letteratura contemporanea, che culminava, si figuri, con il ricevere in casa uno dei suoi autori preferiti: Thomas Mann.
Professore, noi psicoterapeuti guadagniamo poco, Lei che onorario aveva?
Se guadagnate poco è un problema che dovreste quanto prima risolvere, dovete prima tutelarvi per lavorare meglio. Date valore alla vostra professione. Ad ogni modo l’introito economico sul quale potevo contare proveniva unicamente dal mio lavoro: il mio onorario prima della guerra era di 40 corone (equivalente dei 50 euro attuali) , mentre i diritti di autore, che furono molto esigui per anni, venivano investiti a titolo di regalo per i figli.
Per i primi quaranta anni di matrimonio, non fui mai seriamente ammalato: del primo episodio doloroso, un ascesso, ne ho parlato nell’ Interpretazione dei sogni
, poi un’infezione alla gola purtroppo mi colpì durante una visita a Praga. Il disturbo che più mi accompagnò, e che era divenuto motivo di scherzo in famiglia, fu una costipazione cronica, che fu diagnosticata di volta in volta come colite, colecistite ecc.un fastidioso ospite dentro le mie viscere.
Sa, parlavo frequentemente della mia paura della morte: d’altro canto i calcoli periodici
del mio amico Fliess mi avevano concesso cinquantuno anni di vita! Quando poi questo termine venne superato, per scaramanzia dissi a Ferenczi che sarei morto nel febbraio del 1918; e allorché anche questa data venne oltrepassata, pensai a quanta poca fiducia si debba riporre nel soprannaturale. (e qui accenna ad un beffardo sorriso)
In questa intensissima esistenza, piena di logoranti impegni lavorativi, Lei può comprendere quanta importanza ricoprissero le vacanze estive per me. Infatti, da buon ossessivo, avevo l’abitudine di effettuare dei sopralluoghi, solitamente durante il periodo pasquale, nelle località che per clima, panorama e quiete, potessero fornirmi la possibilità di riposare durante la permanenza estiva con la mia famiglia. Sceglievo qui, questo posto sempre volentieri: il Renon, alto Adige,o se preferisce sud Tirol. Prima dello scoppio della guerra ero solito trascorrere le vacanze indossando un costume tirolese: pantaloni corti con vistose bretelle ed un cappello verde con un ciuffetto di Gamsbart da una parte. Proprio come adesso. Ero anche munito di un bastone e di una mantella da alpino in caso di pioggia. Veramente un provetto montanaro – si alza e si mostra come farebbe un modello- Come adoro questi posti ! Li sogno ancora –e qui guarda in avanti sospirando, quasi rimpiangendo di non poterci più vivere dentro.
A volte questo abbigliamento mi divertivo a sostituirlo da un paio di pantaloni alla zuava e successivamente da un sobrio abito grigio. Ero un grande camminatore ed ero appassionato della raccolta di funghi, ma mancavo completamente del senso dell’orientamento, mi sono perso diverse volte, rapito dal fascino dei boschi avevo poi difficoltà a tornare sui miei passi. Il periodo di vacanze si prolungava per circa sei settimane. Raramente venivo accompagnato da mia moglie e ne ero puntualmente rammaricato, tanto che, in una lettera scritta da Palermo dove ero in compagnia di Ferenczi, le scrissi, e qui tira fuori dalla giacca grigia un foglietto, poi lentamente legge: " Sono disperato di non poter fare in modo che tutti voi possiate vedere queste belle cose. Per riuscire a goderne con altre sette o nove persone, o magari tre sole, non avrei dovuto fare lo psichiatra né essere riconosciuto come il fondatore di una nuova branca della psicologia, bensì il fabbricante di qualche utilità generale, come per esempio la carta igienica, i fiammiferi o i bottoni da scarpe. Ma è troppo tardi per imparare la lezione, quindi devo continuare a godere egoisticamente, da solo, ma con un profondo rimorso."
Amavo molto scrivere e Le confido che tale attività mi consentisse di metabolizzare l’impatto del lavoro di ascolto in seduta. Veda, nessuno scrive per ottenere la fama, che