La solitudine delle regole
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Anteprima del libro
La solitudine delle regole - Giorgio Carnevale
vivere
1 - L’incontro
Dario è un ragazzo nato e vissuto in una famiglia benestante. Benessere ereditato dai nonni, proprietari di una gioielleria al centro di Roma. Il padre, Mario, è un orafo alla vecchia maniera, che oltre a vendere gioielli e orologi, mantiene un antico laboratorio in cui si realizzano montature su ordinazione, anche delle più prestigiose. Inoltre con la sua gestione ha introdotto un efficiente laboratorio di orologeria, dove tratta prevalentemente riparazioni e manutenzione di vecchie pendole.
L’attività si tramanda di padre in figlio, da almeno tre generazioni degli Altieri. All’entrata della gioielleria, vicino alla porta del laboratorio, si impone una targa, fatta incidere da nonno Altieri:
In questa bottega, non si trovano mai gioielli pronti
ma solo abili mani capaci di realizzare ogni desiderio, ogni fantasia.
Da qui escono quei gioielli che si tramandano da madre in figlia, che non seguono mode ma intrecciano storie e ricordi.
Pezzi unici destinati ad aumentare il valore nel tempo.
Giuseppe Altieri
La gioielleria è frequentata da una clientela di alto bordo, poiché situata a poche centinaia di metri dal Parlamento. Esiste quindi la clientela parlamentare, che già di suo garantisce notevoli introiti, alla quale si aggiunge una clientela di simpatizzanti parlamentari, cioè tutte quelle persone che hanno bisogno di incontrare, in maniera apparentemente casuale, personalità importanti dello Stato. Inoltre va ricordato che storicamente è sempre esistito uno stretto rapporto tra il Mecenatismo della Chiesa e il mondo orafo romano. Questo rapporto affonda le sue radici addirittura nel ‘700 quando, durante il pontificato di Papa Benedetto XIV, gli argentieri romani hanno creato il meglio della propria storia per gusto, raffinatezza ed eleganza.
Per tutti questi motivi gli Altieri sono da sempre impegnati nell’attività familiare ma anche a mantenere solida la loro tradizione e notorietà, dedicando tutto il loro tempo al lavoro.
L’incontro tra Mario Altieri e Teresa Scanni avvenne in un paesino della Calabria, Brancaleone.
Gli Altieri, sempre fedeli alle tradizioni famigliari, trascorrevano le vacanze estive a Brancaleone nella casa di famiglia.
Ai tempi del loro fulminante incontro Brancaleone era ancora diviso in una parte antica, devastata prima dal terremoto del 1908 e poi dall’alluvione di qualche anno dopo e da una parte moderna che si affacciata sul mare. Gli Altieri possedevano una villa a Brancaleone Marina, mentre Teresa viveva ancora nel paese vecchio, Brancaleone Superiore, praticamente semi abbandonato.
Il loro incontro fu complicato dalla famiglia di Teresa, molto severa e all’antica, che ostacolava in modo ossessivo contatti con i forestieri. Ma le complicazioni venivano anche dal fatto che Mario era un ragazzo molto timido e appesantito dal sostenere l’eredità Altieri. Quando si avvicinava a qualche ragazza o qualche ragazza si avvicinava a lui, si ritraeva immediatamente poiché non conosceva quale margine di libertà esistesse nelle sue scelte. Le ragazze eccessivamente raffinate, di alto bordo, idonee agli Altieri, non gli piacevano. E lui non piaceva a loro, in quanto troppo timido, impacciato e anche un po’ tirchio. A lui piacevano le ragazze semplici, poco formali. Ma queste non erano presentabili in casa Altieri.
Gli incontri con Teresa, una bellissima ragazza mora, generosa di corpo e di spirito, proprio quel genere di ragazza che lui desiderava, erano scanditi dall’acquisto giornaliero di uova fresche. Mario si presentava alle nove in punto da Teresa, dopo aver percorso in bicicletta la strada che collega Brancaleone Marina a Brancaleone Superiore. Tutte le mattine era lì, per comprare un po’ di uova fresche e un po’ di verdura.
Gli incontri tra Teresa e Mario erano apparentemente formali, ma lui non si accorgeva che pian piano, visita dopo visita, si stava innamorando di lei. Non se ne accorgeva perché Teresa, nella sostanza, era una donna vietata agli Altieri. Ed essendo vietata, inconsapevolmente, si vietava di amarla. Ma amori e passioni non possono essere regolamentati e così, giorno dopo giorno, cresceva il desiderio di averla.
Teresa, che invece sentiva forte e chiaro l’amore per Mario, lo studiava meticolosamente e ogni giorno inventava qualche piccola scusa, o bugia, per intrattenerlo qualche minuto in più del necessario. Sapeva che quel ragazzo, che la faceva ribollire e da cui si sentiva attratta e innamorata, veniva a prendere le uova sempre alla stessa ora, alle nove. Si innamorava ogni giorno di più del suo sguardo, maturo e sicuro, così come degli eleganti orologi che indossava. Quando i loro incontri si prolungavano oltre il tempo prestabilito, dieci minuti circa lui, con una qualunque scusa, se ne andava evitando accuratamente momenti di confidenza e di intimità. Tutto questo alimentava in Teresa una serie di stratagemmi per intrattenerlo, ma tutti fallirono, a causa dell’atteggiamento sfuggente di Mario, che sul più bello se la svignava. Ci fu un’eccezione a tutto questo, apparentemente casuale. Vedendo consumare la vacanza di Mario senza possibilità di approfondire la conoscenza, organizzò una specie di imboscata. Una mattina fece sparire tutte le uova dal pollaio e quando Mario si presentò alle nove in punto, ebbe una valida scusa per trattenerlo. Lo convinse con poche parole bugiarde dicendogli che, quando la luna è calante, le galline fanno poche uova. Per farsi perdonare dell’attesa promise che non appena le galline avrebbero fatto le uova, gliele avessero regalate. Sapeva di fare una cosa assolutamente vietata dai suoi genitori. In primo luogo perché le uova vendute nel periodo estivo rappresentavano un’entrata di denaro importante e in secondo luogo perché mai e poi mai si trattiene un uomo, per giunta se forestiero. Ma lei sfidò il pericolo, spinta da una forza che non poteva più domare.
Mario era impacciato ma estremamente affascinato da quella ragazza fresca, genuina, che sprizzava felicità da tutti i pori della pelle. Da un lato la vedeva come una ragazzina, ma le sue forme risvegliavano in lui sensazioni travolgenti, che quel giorno gli fecero dire sempre sì, cosa a cui non era abituato.
Non sapendo bene cosa fargli vedere e vergognandosi per la modesta abitazione, Teresa lo portò a visitare gli animali. Capre, maiali, conigli e galline e poi l’orto, meticolosamente curato.
Mario osservava cose semplici a cui non era abituato, sempre immerso nei meccanismi di orologi e pendole. La cosa di cui rimase colpito, paradossalmente, fu l’armonia che governava tutto quell’ambiente. Ma in realtà l’armonia che ammirava era solo quella che avrebbe voluto avere dentro di sé, per riuscire a gestire quelle emozioni che pian piano premevano con prepotenza.
Sfruttando la scusa del caldo torrido, Teresa propose di andare al fienile a prendere un po’ di fresco, rassicurandolo che da lì a poco, la gallina avrebbe fatto le uova tanto attese.
La proposta fece aumentare immediatamente la sudorazione di Mario, ma la seguì comunque, come se stesse fiutando un odore che lo avrebbe portato verso qualcosa di buono.
Una volta nel fienile le inibizioni, che fino a quel momento avevano governato i loro incontri, crollarono per lasciare posto alle emozioni e con un gesto di enorme dolcezza ma al contempo carico di passionalità, le loro labbra si incontrarono.
Nessuno di loro aveva mai baciato, per questo rimasero per qualche secondo così, labbra contro labbra. Non sapevano come andare avanti ma non volevano interrompere quel momento così magico. Ma in pochi secondi la situazione si sbloccò, prendendo una strada a loro sconosciuta alla quale si abbandonarono, non pensando più alle galline, al caldo e qualsiasi cosa fosse intorno a loro. Momenti in cui il mondo così come il tempo non esistono.
Senza sapere cosa stesse succedendo, seguendo semplicemente i rispettivi istinti si abbandonarono l’uno all'altro.
Nei giorni a seguire si incontrarono ancora con la differenza che Teresa non doveva più raccontare frottole, ma solo godere, insieme a Mario, di quei momenti di passionalità e amore.
Dal canto suo Mario si sentiva governato da una forza sconosciuta, che lo guidava a vivere cose meravigliose che finalmente lo scollavano da quel mondo scandito da complicati meccanismi, sia delle pendole sia della sua famiglia che, in modo altrettanto meccanico, organizzava la sua vita.
Le vacanze finirono e i due si lasciarono scambiandosi indirizzi e numeri di telefono, pensando di alimentare il loro amore scrivendosi e saltuariamente sentendosi telefonicamente.
Mario tornò al suo lavoro ma più che altro tornò ad osservare rigidamente le regole famigliari, trasgredite durante la vacanza e che ora poteva solo trasgredirle nella fantasia.
Non si sentirono e non si scrissero, fintanto che Teresa scoprì di essere rimasta incinta.
Non vedendo arrivare il ciclo e sentendo ingiustificate nausee, si accorse di essere in stato interessante. Quando ne fu certa non seppe che fare. Mario era partito, tornato al suo mondo cittadino, praticamente scomparso nel laboratorio della gioielleria e lei non sapeva con chi confidarsi, con chi condividere quel momento, che se da una parte la riempiva di gioia, dall’altra portava angoscia e disperazione.
Era certa che nel momento in cui l’avrebbe rivelato ai suoi genitori, sarebbe scoppiato un gran casino.
Provò a telefonare varie volte a Mario ma il numero che gli aveva lasciato era quello della gioielleria, dove rispondeva regolarmente una donna. Probabilmente la madre, pensò e lei riagganciava sempre, non aveva il coraggio di parlare. Chiedere di Mario e poi raccontargli dell’accaduto, avrebbe significato raccontarlo a tutta la famiglia Altieri. Così rimuginava su cosa fare, sopraffatta da pensieri ossessivi, spesso distruttivi. Nei momenti più bui arrivò a pensare al suicidio, poiché spesso, di fronte a situazioni estreme dove non si intravede una via d’uscita, sembra essere l’unica soluzione possibile.
Ma nonostante lei fosse giovanissima, appena ventenne e fossero passati poco più di due mesi dagli incontri nel fienile, la sua prospettiva di maternità riusciva a scacciare pensieri brutti e distruttivi, come quello del suicidio. La sua mente era governata da un carosello di pensieri ed emozioni che urtavano tra loro, senza portare da nessuna parte.
Una mattina qualsiasi, mentre insieme alla madre stava imbastendo la tavola per la colazione, pronunciò due parole:
«Sono incinta!»
La madre rimase impietrita, poi iniziò ad urlare frasi incomprensibili in dialetto strettissimo, che furono però comprensibili a distanza dal padre. Con la faccia mezza rasata e mezza